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Autore: Elanor92    12/08/2022    1 recensioni
Alex Black non è mai stato un normale bambino. Questo lo sapeva fin dai suoi primi momenti di vita. D'altronde, essere un mago, fa di te sempre una persona un po' fuori dal comune. Se poi sei cresciuto in un villaggio babbano, da tuo nonno, visto che tuo padre non se la sentiva di prendersi cura di te a causa della sua condizione e l'altro beh..era un'assassino, sapevi già che la tua vita era un po' segnata da quando avevi emesso il primo vagito. Era praticamente un destino segnato. Oppure no?
Questa storia parla di come, una volta ah Hogwarts, troverà la sua strada.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Famiglia Potter, Harry Potter, I Malandrini, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora, Remus/Sirius
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate | Contesto: Più contesti
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Prologo


In una stanza semi-buia, di un appartamento londinese, un uomo dai capelli neri e ricci cullava una neonata che stava dormendo, finalmente. Era stato in pedi tutta la notte, quindi il suo bel viso dai lineamenti nobili, era rovinato da profonde occhiaie da mancanza di sonno. I capelli ricci, sempre in ordine, ora erano una coda allegata alla meglio peggio, con ciuffi che uscivano da essa. Non si sarebbe mai aspettato, di ritrovarsi solo con lei, una volta lì con lui a sostenerlo e dargli il cambio, ci sarebbe stato il suo ragazzo, il padre di sua figlia, ma ormai non si vedevano quasi più e quando lo facevano litigavano. Non c’era più la fiducia di un tempo, erano arrivati a darsi la colpa a vicenda di aver tradito l’ordine, i loro amici, la loro causa. Erano giorni, che non si faceva vedere, e non sapeva come, la bambina lo percepiva. Era come se lo cercasse, piangendo disperata. Razionalmente, sapeva che una bambina di quattro mesi non poteva essere conscia di nulla, ma era una cosa istintiva che gli comunicava ciò.

Quel giorno, poi, era particolarmente irrequieto. Doveva andare a controllare Peter, lo faceva ogni settimana, ma non sapeva come fare con la bambina. Di solito se non c’era Remus, la lasciava a Elisabeth, la strega che aveva aiutato lui e Remus ad avere loro figlia, ma era venuta a mancare pochi giorni prima insieme a tutta la sua famiglia. Quello era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, avevano litigato pesantemente, accusandosi l’un l’altro del tradimento. 

Da allora, il suo Lunastorta, non aveva più messo piede nell’appartamento che condividevano dalla fine della scuola. Non sapeva dov’era, se stava bene o no, se erano vere le sue accuse e lui stesse solo fingendo l’altro giorno, provando a ingannarlo scaricandogli la colpa su di lui, o se invece era davvero innocente.

Sospirando, quando ormai non poteva più rimandare, decise di fare un ultimo disperato tentativo. L’ultima volta, non era andata benissimo, l’aveva accusato di essere un menefreghista idiota perché non si fidava più dell’uomo che amava, ma non aveva altra scelta. Prese le cose della piccola, aggiungendo per precauzione un triplo di tutto, la infagottò per bene e andò a prendere la moto. Se Remus fosse stato lì, l’avrebbe ucciso per aver preso la moto con la piccola, ma lui non c’era e questo faceva male. Solo non aveva scelta, non poteva smaterializzarsi con una bambina così piccola o usare passaporte, quindi, una volta fatto un incantesimo per tenere al caldo e al sicuro la piccola, contro di lui, un po’ come quei marsupi che aveva visto usare alle mamme babbane, partì in direzione di casa Tonks. Fortunatamente, non ci volle poi molto, una mezz’ora e sentì gli incantesimi di protezione che attraversò indenne. 

Arterò vicino al laghetto, non molto distante dalla casa, un cottage tipicamente inglese, e attraversò il giardino in direzione della porta d’ingresso. Un tempo, sua cugina Ninfadora, che ora aveva poco più di sette anni, gli sarebbe corso incontro felice di vederlo, ma ormai non erano più tempi felici e non si poteva più lasciare i bambini liberi di giocare e vivere. Ora prima di poter fare qualsiasi cosa, si doveva controllare ogni istante chi c’era vicino, addirittura tra parenti e amici. Erano tempi veramente bui. Una volta alla porta, bussò in codice, aspettando che Ted o Andromeda arrivassero per fargli le domande di rito. Ormai non bastava più avere un modo segreto per bussare o una password, con la tortura uno le poteva estorcere facilmente, purtroppo. 

Qualche minuto dopo, la voce di Ted dall’altra parte chiese-Chi sei?-e lui rispose-Sirius Black, conosciuto anche come Felpato e fiero malandrino. Con me c’è mia figlia, Alex Black nonché futura malandrina e cugina adorata di tua figlia.-le sue risposte erano sempre un po’ lunghe, cercava ove possibile anche di metterci qualche battuta, perché in quel periodo più che mai c’era bisogno di ridere. Solo che ora era troppo preoccupato e sotto pressione, per trovare qualcosa di divertente da dire e di solito a lui, veniva sempre qualche battuta. Sentì la voce aldilà della porta sbuffare sonoramente, prima di chiedere-Qual’è stata la prima magia di mia figlia?-e lui quasi rise quando si ricordò di ciò. Con un sorriso rispose-Voleva un giocattolo acquatico che tu avevi tirato fuori la vasca. Lei lo fece volare da lei, ma non riuscì a prenderlo e finì in acqua con un tonfo, allagando te e il bagno. Sempre detto, che quella ragazzina è una grande. Ora a me, qual’è stato il regalo che ho fatto a Dora l’anno scorso?-e dall’altra parte Ted rispose-La sua prima scopa da corsa, cosa che ti è costata quasi la testa visto che Andromeda era contraria.-e la porta finalmente si aprì lasciando entrare Sirius e richiudendo velocemente dietro di lui. Non si potevano permettere di tenere la porta aperta oltre il tempo necessario far sgusciare dentro velocemente l’ospite.

L’uomo che aveva aperto al neo-papà, era un giovane con un fisico da padre inglese, con la pancetta e i capelli biondi, che vendo la bambina sorrise e allungò le mani verso di lei dicendo-Ehi piccolina, vieni dallo zio! Andromedra è di là in sala Sirius.-e ovviamente Alex, che intanto si era svegliata, si lasciò prendere senza fare un fiato. Anzi ridacchiò, muovendo le braccia, felice di sentire una voce diversa da quella del padre, probabilmente. Quella bambina era la socialità fatta persona, ancora si chiedeva da chi aveva ripreso quel tratto. Lui non lo era mai stato così tanto, non si era mai fidato così di sconosciuti, almeno che ricordasse. Forse da piccolo, era stato così o lo era stato Remus. Pensare a lui gli faceva male, così scacciò quei pensieri, sorridendo un po’ triste alla piccola. 

Scuotendo la testa, poi guardando l’orologio, dicendo-Gli parlerò quando torno a prenderla Ted. Sono in ritardissimo, faccende per Silente. Ero venuto solo a chiedervi se potevate tenerla per qualche ora, farò il prima possibile.-al che il cugino annuì comprensivo, mentre probabilmente attirata dalla conversazione, arrivò di corsa una bambina, che quel giorno sfoggiava capelli viola, con la divisa da giocatrice di Quidditch delle Holyhead Harpies, buttandosi addosso a lui urlando-Sir!Sei venuto a giocare!-e a lui si sbriciolò un po’ il cuore a doverla deludere. Una volta, giocavano spesso insieme, ma ormai tra le missioni per l’ordine, la bambina e le liti con Remus che lo mettevano tutt’altro d’umore incline a giocare, non la vedeva quasi mai. Ovviamente, dietro la bimba, arrivò anche la madre, una donna con cui condivideva i tratti nobili del viso, i capelli neri e ricci, anche se quelli di lei erano molto più mossi dei suoi, e gli occhi grandi anche se quelli di lei erano neri, al contrario dei suoi grigio-azzurri. Si guardarono per un attimo, lui con uno sguardo colpevole, lei con uno accusatorio, mentre staccava la figlia dicendo-Vieni Dora, Sirius non è venuto qui per restare. Immagino che sei venuto solo a lasciare la bambina da noi e andare.-usò un tono accusatorio, non perché non volesse tenere la bambina, ma perché lui se era lì non aveva chiarito ancora con l’altro padre di sua nipote. Sospirando, guardando l’orologio decise di mandare giù la rispostaccia che le era venuta e ignorarla, non aveva tempo per discutere con lei, così diede un bacio in fronte a Alex sussurrandole ‘papà ti vuole bene piccolina’ e poi guardò la cugina più piccola dicendo-Quando tornerò a prendere Alex, giocheremo insieme, promesso. Ora devo andare.-e poi uscì di corsa. Era già tardi, doveva sbrigarsi, o conoscendo Codaliscia sarebbe andato nel panico. 

Rimontò in sella, mettendosi il casco, e partì guardando nello specchietto retrovisore la casa farsi sempre più piccola. Quando ormai sparì del tutto, diede gas e partì a tutta velocità verso il nascondiglio dell’amico senza sapere che quella era stata l’ultima volta in cui vedeva quella casa o sua figlia per molto tempo.

 

 

Angolo autrice:

Eccomi qui con il prologo della mia storia! Sarà un lungo percorso, ho intenzione di raccontare tutto o quasi il percorso scolastico di Alex, quindi ne vedremo delle belle. 

  
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