Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: sakusadokja    13/08/2022    1 recensioni
[eruri, 1623 parole]
28 erano i centimetri che intercorrevano tra Erwin e Levi, per questo il loro primo bacio era stato tutt'altro che accidentale. Doveva esserci l'intenzione e dovevano incontrarsi a metà strada, Erwin tenerlo per una spalla e Levi strattonarlo verso il basso tirandogli il colletto, con forza, con entrambe le mani
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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28 erano i centimetri che intercorrevano tra Erwin e Levi, per questo il loro primo bacio era stato tutt'altro che accidentale. Doveva esserci l'intenzione e dovevano incontrarsi a metà strada, Erwin tenerlo per una spalla e Levi strattonarlo verso il basso tirandogli il colletto, con forza, con entrambe le mani. 

Insomma, dovevano volerlo sul serio, tanto e da tanto. La rincorsa in effetti c'era stata, lunga e logorante. Una strada lastricata di dubbi e incomprensioni. C'erano stati l'odio e la diffidenza iniziale, poi la curiosità e una promessa. Alla fine si erano scommessi a vicenda, l'uno contro l'altro e l'uno su l'altro. Chissà chi farà il passo falso. Chissà chi pugnalerà l'altro per primo. 

Ad osservarsi e studiarsi così da vicino però avevano finito per rispettarsi, incantarsi ed innamorarsi senza via di scampo. Ed era stato chiaro ad entrambi: il momento esatto in cui ciò era avvenuto incerto, il risultato cristallino. 

Se lo erano detti in silenzio, con un paio di scambi diversi dal solito, ma comunque vicendevoli, come quando si accordavano in campo aperto, in sella ai loro rispettivi cavalli, a metri e metri di distanza. Forse proprio lì era accaduto. Un cenno del capo o delle ciglia, un indizio insospettabile ma che entrambi sapevano leggere. Quel silenzio voleva dire Sì, anche io. Ma non posso. 

Le ragioni erano tante, interminabili. Ma lo stesso erano i motivi per aversi, almeno finché gli sarebbe stato concesso. E quando quel limite sembró fare capolino all'orizzonte, accadde: il primo contatto, la collisione, l'apocalisse.

Per quanto ogni missione del Corpo di Ricerca avesse sempre il gusto dell'ultimo pasto pre mortem, quello più di tutti pareva l'addio definitivo. Era iniziato come sempre: la sera prima ci si riuniva, strategie e mappe alla mano, lume di candela, Hange in escandescenza. E tutto era finito uguale: volti smunti che si ritiravano nelle proprie stanze, nessuno salutava la buonanotte. 

Nel grande stanzone sotterraneo, ormai, non c'era più nessuno e la cera delle luci ombreggiava e macchiava il tavolone in mogano, era solo un ricordo e il resto era buio pesto. Sulla soglia indugiavano solo due figure, sagome scure. Quella più alta aveva preso possesso della maniglia e impediva all'altro di sfuggirgli.

"E' una missione suicida"

"Lo so, perchè lo ripeti? Inizi a perdere colpi, matusa?"

"No. Ma ti è chiaro, Levi?" gli chiese Erwin, sporgendosi.

"Cristallino. Come sempre. Che cazzo ti prende?"

Il Comandante cercò gli occhi dell'altro nella stanza. Li immaginò, non trovandoli, inquisitori come sempre. "Non pensi che io sia un folle?"

"Certo"

Erwin indugiò alla schiettezza dell'altro, Erwin non indugiava mai. Soprattutto non di fronte ad una risposta ovvia come quella. In fondo la sua era una domanda retorica.

"Eppure non hai detto nulla"

"Purtroppo mi fido ciecamente di te"

"Vedi è questo il punto. Io e te e..." sbuffò irrequieto facendo una pausa. "E se io non mi fidassi di me stesso?"

Levi salì sulle punte, percorrendo 5 dei centimetri che li dividevano. "Cos'è Erwin? All'improvviso ti sei fatto crescere una coscienza? Mh?"

"Pensi che io non ce l'abbia?" il tono da cane bastonato e al Capitano Ackerman quasi venne da ridere. Perché, ovviamente, no, Levi non la pensava assolutamente una cosa del genere, ma sapeva che l'altro non aveva timore più grande di quello: perdere la propria umanità, ingigantirsi.

"Uno che impedisce ad un altro soldato di dormire forse sì" ironizzò il più basso dei due lasciando l'altro spiazzato.

Colto alla sprovvista, Erwin indirizzò lo sguardo verso la maniglia della porta. Non si era accorto che la stava stritolando, imprimendogli sopra tutta la tensione che si teneva dentro. Era elettrico, febbricitante, quello schiaffo di realtà del suo sottomesso non lo aveva stordito, ma più rimesso in riga per qualche secondo. 

"Da quando in qua tu dormi?"

"Parlavo di te, infatti. Erwin, che cazzo ti prende? Vatti a fare una dormita e non rompere. Stasera sei più pesante del solito. E pure troppo vicino"

Un silenzio pesante ciondolò all'improvviso tra i due dopo quella steccata e Levi decise di ritoccare terra con i talloni. 

Perché questa sera tutti questi dubbi. E perché questa sera così vicino

Al solo pensiero il Capitano Ackerman si rese conto che a respirare più forte, con tutti i polmoni, a non bisbigliarsi di fretta quelle frasi sconnesse, gli avrebbe potuto sfiorare il petto. E che se la luce fosse stata accesa, se si fosse reso conto di quanto poco si distassero, lo avrebbe spintonato via come meglio avrebbe potuto, con le mani, a calci, volendo anche a testate. Allora perché anche lui non riusciva a sottrarglisi? E' questo che significava aver paura di restare soli? O di diventare uno in due?

Quando percepì Erwin farsi ancora più avanti, chinarsi, mangiarsi questa volta 8 dei centimetri che li dividevano in un colpo solo, Levi temette che l'altro gli avesse letto nel pensiero e si sentì sconfitto. Non riuscì a ritrarsi o scappare via. Gli sembrò che d'un tratto la stanza stessa si fosse ridotta del tutto e che alle spalle, intorno, non avesse altro che mura. 

Gli stivali del Comandante scivolarono sulla terracotta del pavimento fendendo il buio e il silenzio, la sua uniforme lo sfiorò. Giacca, pantaloni. Tutto d'un pezzo: Levi pensò di aver sfiorato la parete, un altro muro addosso.

"Domani potremmo morire. Anche due come noi potrebbero morire. Io e te"

"E due più due fa quattro"

"Levi, temo-"

"Mi sto spazientendo. Siamo chiari. Hai paura di non farti una scopata prima di crepare, Erwin?"

Troppo buio per vedere il sopracciglio del Comandante saltargli a metà fronte. "Lo sai benissimo che la morte è l'ultima delle mie preoccupazioni. Quello che temo sul serio è-"

"Allora allontanati. Che mi stai con il fiato sul collo"

"Scusami, io-" Erwin indietreggiò appena. Pochissimo. Gli stivali non si mossero.

"Ti scuso solo se ora mi formuli una frase di senso compiuto, te la smetti con tutti questi giri di parole e te ne vai in camera tua"

"Lo so, è che... Mi scoppia la testa. Non so da dove iniziare"

"Da dove ti pare, però muoviti"

"Ascolta, Levi-" iniziò avvicinandosi ancora, altri centimetri in meno, in altezza, in lunghezza, diagonale, gli stava addosso, ovunque. "Prima che sia domani, io... Se domani-"

"Merda, ma che hai? Sembri una cazzo di gatta in calore, mi sento il tuo pacco addosso e la zuppa di cipolle che ti sei calato a pranzo su per il naso. Ripeto, levati dalle palle e calmati, o se vuoi una scopata prima di crepare hai solo da chiedere"

"Levi, da dove ti esce questa storia della scopata"

"Dal tuo fiato corto. Dal tuo cazzo addosso al mio. Non farmi ripetere. Levati o scopami, vedi tu cosa devi fare"

"Levi"

"Non farmi ripetere"

"Levi"

"Lo so, come mi chiamo, smettila"

"Io-"

"Tu cosa? Speravi in qualcosa di più romantico? Di danzarci attorno, luci soffuse, il tuo bel letto fatto? Allora? Lo sapevi a cosa stavi andando incontro..."

"Ti starebbe bene qui?"

"Erwin. Stiamo per crepare, lo hai detto anche tu, che sia contro questa parete sudicia, con questo puzzo di incenso e di morte, con le tue manone tremolanti perché te la stai facendo sotto, o in un castello marcondirondirondello, non penso cambi qualcosa a questo punto"

L'altro avrebbe potuto dissentire, ma se ne sarebbe uscito con l'ennesimo Levi a vuoto. Il Capitano lo precedette, avvicinandosi a capo chino.

"Lo so come mi chiamavano Nile e quegli altri coglioni dei piani alti quando mi hai portato qui. La puttana dei bassifondi. Lo credono già tutti che mi scopi senza pietà nella tua cameretta. Almeno falli contenti"

"No, Levi, a me non sta bene. Non è così che doveva andare" 

Era patetico a dirsi ma... Erwin aveva un discorso pronto. E aveva anche intenzione di danzargli attorno, luci soffuse e bel letto fatto. Di chiamarlo in camera sua, fare le cose con calma e la morte alle porte.

"Lo sai che non mi frega un cazzo di loro, sì?"

"Non ne ho dubbi, ma non è così che doveva andare. Non dovevo ridurmi all'ultimo o forse non dovremmo proprio a prescindere... Capisci che intendo? Questo volevo dirti. Io non so più cosa sia giusto o non giusto fare. Io-"

"Erwin, senti. Se quelle palle di lardo alte sei metri, quei giganti di merda, ci hanno insegnato qualcosa, è che a differenza loro noi siamo umani. Anche i folli come te. E quelli come me che ti seguirebbero fino all'inferno ad occhi chiusi. Anche domani. Come domani. Non c'è nulla di male nel ricordarselo. Nell'avere paura di non farsi una bella scopata prima di crepare"

"Levi, l'unica paura che ho prima di crepare è che io non riesca a dirti che io ti-"

"Baciami"

"Cosa?"

"Non mi frega un bel niente di quello che hai da dirmi. Lo so e piuttosto taci..." se solo Erwin avesse potuto leggergli anche in faccia cosa quel lo so gli aveva scavato dentro, cosa gli era uscito su per l'epidermide... "E baciami. Poi scopami. Scopami fino a farmi perdere i sensi, fino a farmi scordare che stiamo per crepare. Facciamola finita. Qui. Ora"

E così accadde, Levi lo strattonò verso il basso tirandogli il colletto, con forza, con entrambe le mani. L'altro gli si aggrappò ad una spalla, ancora dubbioso e tremante, nel lento declino dei rimorsi. 

Così accadde e il Capitano Ackerman scoprì che le labbra di Erwin erano esattamente come le aveva immaginate e bramate. Piene ma dure come i calli sulle sue mani; intense, da perdercisi dentro, come i suoi grandi occhioni blu. Quando poco dopo Erwin gli sprofondò tra le gambe, prendendolo lì contro quella parete sudicia, circondati da quel puzzo di incenso, e comunque con la morte alle porte, scoprì invece di non aver mai avuto una paura così fottuta di crepare.

 

   
 
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