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Autore: AMYpond88    16/08/2022    1 recensioni
"Una gita?"
Yaga lo guarda al di sopra degli occhiali scuri, lanciando un'occhiata stanca e disillusa che pare dire "Gojo che devo farci con te".
Sa che l'uomo ha smesso di stupirsi da tempo e che è consapevole che perderà anche questa battaglia, ma se vuole mettere su la solita recita, è lieto di accontentarlo.
"Già, con tanto di pranzo al sacco e..." "Gojo, tu sai che siamo all'Istituto di arti occulte e..."
Il preside fa per interromperlo, ma lui continua. Davvero Yaga non si è ancora rassegnato?
O come mi piace chiamarla, quella che sembra una storia senza angst
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Geto Suguru, Gojo Satoru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"Una gita?"
Yaga lo guarda al di sopra degli occhiali scuri, lanciando un'occhiata stanca e disillusa che pare dire 'Gojo che devo farci con te'.
Sa che l'uomo ha smesso di stupirsi da tempo e che è consapevole che perderà anche questa battaglia, ma se vuole mettere su la solita recita, è lieto di accontentarlo.
"Già, con tanto di pranzo al sacco e..."
"Gojo, tu sai che siamo all'Istituto di arti occulte e..."
Il preside fa per interromperlo, ma lui continua. Davvero Yaga non si è ancora rassegnato?
"...viaggio in treno. Potremmo anche giocare alla Linea Yamanote..."
"... Gojo ho fatto finta di non sapere chi ci fosse dietro alla partita di baseball..."
"Giornata divertente vero? Alla fine sono un bravo ragazzo che si prende cura dei suoi studenti".
"E tu ora vuoi portarli al mare?"
Annuisce. Incredibilmente soddisfatto di sé. Come sempre, del resto.
Quando Yaga si stringe il ponte del naso tra le dita, sa di essere vicino alla vittoria.
Si porta una mano al mento, prendendo un'espressione pensosa, ignorando l'ennesimo tentativo dell'uomo di prendere la parola.
"Potremmo dirlo anche ad Utahime ed ai suoi studenti! Mi sembra che Yuji e Aoi Todo abbiano legato..."
Il preside alza un mano, tirando un sospiro che si potrebbe dire di sollievo, quando a mettere un freno al suo sproloquio.
L'uomo pare anche godersi un minuto il silenzio che aleggia nella stanza, prima di parlare.
"È per Itadori, vero?"
Gojo si blocca. Per la prima volta in tutta la discussione la sua espressione si fa seria.
Come quella del preside, anche di più.
"Sono ragazzini, Yaga. È per tutti loro".
E con questo volta le spalle all'uomo,  consapevole di aver vinto anche questa partita.
Affonda la mano in tasca, dove conserva i biglietti acquistati quella mattina.
Sorride sornione. Lo sapeva.

Sono partiti presto, in modo decisamente più ordinato e organizzato di quanto Gojo si sarebbe mai aspettato.
Yugi e Megumi trascinando, il secondo decisamente più controvoglia del compagno, gli eccessivamente pesanti (e altrettanto inutili, ma non per questo meno prevedibili) bagagli di Nobara, quest'ultima impegnata a minacciate Itadori in caso qualsiasi incidente fosse capitato ad uno a caso dei suoi vestiti, sempre restando allacciata al braccio di Maki.
Cielo, quelle due riescono a spaventare anche lui.
Toge l'ha salutato con un "Shake", seguito da un cenno del capo di Panda.
Imperturbabile. Una certezza.
Ha ottime sensazioni per le ore che li aspettano.

La giornata è assolata, azzurra.
Ogni cosa sembra spensierata e per una volta, anche quei ragazzi.
Attirato dal vociare disordinato dei suoi studenti, puntella un gomito sulla sdraio, mettendosi a sedere.
Sorride, guardando come anche Megumi sembri compiaciuto mentre affonda i piedi nella sabbia calda, le braccia abbandonate lungo i fianchi e lo sguardo stranamente rilassato.
Almeno finché Yuji gli tira l'acqua addosso.
Anche da diversi metri può vedere come la mascella del ragazzo si contragga, prima che parta all'inseguimento del compagno.
A pochi metri, Maki si è caricata su una spalla una, nonostante gli sforzi, non molto minacciosa, ma decisamente indispettita, Nobara, decisa a lanciarla in acqua.
Toge trotterella attorno a Panda, che pare addormentato.
Gojo decide che il momento vale una foto. Cerca il telefono, apre l'applicazione della fotocamera e scatta.
Immortala la risata di Yuji, il cipiglio soddisfatto di Megumi, che è riuscito a vendicarsi, il rossore delle guance di Nobara.
E Maki. E Toge. E Panda.

La prima volta che il suo cuore balza, è per la ragazzina dalla lunga traccia nera che correndo, attraversa in un lampo l'inquadratura.
E fa un po' male. Quel tanto che basta dal distrarlo e fargli seguire con lo sguardo la figura sempre più piccola.
Ritorna con i piedi per terra quando si accorge che il suo attimo di esitazione ha permesso a qualcuno di sfilargli il telefono dalle mani.
Con un sorriso caldo e ampio, di quelli che ha promesso di difendere, Yuji precede la sua richiesta di spiegazioni.
"Fai una foto, prof?"
È ancora stordito dallo scherzo della sua mente, perché la ragazzina dalla treccia nera è solo una ragazzina dalla treccia nera.
Perchè se Riko fosse ancora viva, sarebbe una donna adulta o null'altro che un contenitore, vuoto, 'cancellata', per Tengen.
In ogni caso, non sarebbe su quella spiaggia.
"Prof?" Lo richiama Yuji, che ora lo guarda preoccupato.
"Certo, scusa" borbotta, sorridendo allo studente.
"Certo che vi faccio una foto".
Itadori sorride, riprendendo ancora una volta dalle sue mani il telefono, scuotendo la testa.
"Ma no, Prof! Fai una foto con noi".
E si sente leggero anche lui, mentre quasi saltella verso i suoi studenti.

Tornato sulla sdraio, sfoglia la galleria.
Di foto alla fine ne hanno fatto una decina. Mentre decide che la sua preferita è quella con Itadori sotto un braccio, Kugisaki sotto l'altro e Megumi con il broncio al loro fianco, la sua mente gli gioca un secondo scherzo.
E questo fa decisamente più male. È quasi crudele.
Perché il ragazzo a qualche metro da lui, con l'acqua che arriva fino alle ginocchia, ha i capelli neri raccolti sulla nuca.
Ha le spalle larghe e la vita stretta.
Sembra quasi sul punto di girarsi.
Fa così male che non bastano i bombottii di Fugushiro che insegue (ancora?) Itadori. Non basta il tono indignato di Nobara, né gli "shake" di Toge o il russare di Panda.
Fa così male che mentre il ragazzo si volta verso di loro, Gojo deve chiudere gli occhi.


Quando li riapre c'è ancora il rumore del mare, ma nessuna voce.
In effetti, nessuna voce può arrivare dove è rinchiuso.
Prima di trovarsi intrappolato, non avrebbe pensato che la sua mente potesse essere tanto crudele.
Lascia che si perda nei ricordi, per poi riportarlo nella sua prigione.
Tra le memorie che si sono presentate, quella non era ancora comparsa.
Se quel ricordo sia arrivato per pietà o per infliggergli un'ulteriore tortura autoinflitta, non riesce a capirlo.
È definitivamente impazzito?
Perché c'è il mare?
È lì, lo circonda. Grigio, pesante, oscuro.
Eppure non lo sente. Non sente le onde lente che lambiscono i suoi piedi.
Non c'è brezza. Come potrebbe?
Il cielo è plumbeo, pesante.
Quale cielo? Non c'è un cielo, né un mare dove è rinchiuso.
A cosa servirebbero? Nemmeno il tempo si degna di scorrere qui...

Non c'è un mare, non c'è un cielo, non c'è tempo.
Ma c'è ancora quel ragazzo, di fronte a lui.
Gli da le spalle.
Non serve che si giri.
Lo ha già vissuto. È già successo, mille e una volta.
È una costante nel ripresentarsi dei suoi ricordi.
C'era cascato la prima volta, o sarebbe meglio dire le prime dieci o cento volte, ma ora ha imparato la lezione.
Sa che non è Suguru.
Sa che quando si volterà verso di lui, avrà una cicatrice ad attraversargli la fronte. Lo sguardo freddo, un sorriso che è un ghigno.
Quel fottuto bastardo sarà lì a dargli un motivo per resistere, a ricordargli che uscirà da lì e gli farà pagare ogni secondo.
No, non il tempo passato in quel limbo che è la Soglia dei dannati .
Pagherà ogni istante che ha osato passare nel corpo di Suguru.
Dovesse rinchiudersi con lui per un millennio nel suo dominio, lo farà.
Passerà il resto del suo tempo, del tempo, a tenerlo vivo, ancora e ancora, fino a vederlo rimpiangere di non essere morto sul colpo nel momento in cui ha deciso di usare quel corpo.

Quando si volterà, non sarà Suguru.
Sarà l'altro.
E lui potrà odiare.
E lui potrà tenersi lucido a furia di attacchi di rabbia che gli bruciano la pelle, conficcandosi le unghie nella carne fino a sanguinare.
Sì, lui, intoccabile per chiunque, sanguinare.
Per provare un millesimo del dolore che infliggerà.
E potrà annegare ancora in tutto questo ribollente e vivo dolore il senso di colpa, quella voce che gli ripete che lui Suguru l'ha ucciso.
Anzi, peggio. Lui Suguru non l'ha salvato.

Lo sa, deve solo aspettare ancora qualche istante. O quelli che immagina siano istanti, in questo purgatorio schifoso in cui anche il tempo ha paura di annoiarsi.
Ma quando lui si volta, non c'è pietà.
Quando lui si volta, non servono i suoi Sei Occhi.
Non c'è cicatrice. Non c'è nessun ghigno.
Nessuno sguardo freddo.
Quando si volta, Geto è così... giovane. Lo sono mai stati veramente, così tanto?
Suguru sorride, lo fa con le labbra e con gli occhi, con ogni fibra del suo essere e Gojo sa cosa dirà.
In fondo quello è un suo ricordo.
E anche se sa che pochi esseri nell'universo possono essere crudeli come può esserlo lui con sé stesso, questa volta si è superato.
Ha scelto il più doloroso di tutti.

La risacca brilla della luce del mezzogiorno, sembra sfigolare mentre sfiora i piedi.
Riko e Kuroi sono al baretto e la spiaggia pare tranquilla. È una tregua.
Fa caldo, sta bramando l'ombra e un sorso di acqua gelata o un ghiacciolo. Qualcosa che gli faccia rischiare una congestione, insomma.
Suguru però sembra non volersi allontanare dall'acqua.
Gli va incontro, ma prima che riesca a raggiungerlo, lui lo guarda da sopra la spalla e sorride.
Sembra imbarazzato. Ha negli occhi lo sguardo di chi ha appena realizzato qualcosa, di tanto inaspettato quanto scontato.
Inevitabile.
Lo guarda, abbassa gli occhi un istante, prima di sorridergli ancora.
Pesa le parole, come se avesse paura di quello che sta per dire.
Quello che sa Gojo, è che lui ha decisamente paura di ascoltare.
"Satoru..."


"Satoru..."
Quando Suguru si volta, inizia dicendo il suo nome.
E sorride.
Anche qui, anche nella memoria, anche in questo limbo senza tempo e lui gli concede (si concede) in risposta l'ombra triste di un sorriso.
"Suguru sei crudele".
Gli parla, anche se è inutile: è solo un ricordo, non lo sa che sta per spezzargli di nuovo il cuore.
E quindi aspetta che continui e ascolta, pronto a lasciarsi lacerare l'anima ancora una volta.
Perché permettere che il suo ricordo lo faccia a pezzi, è tutto quello che gli rimane di lui.


"...Satoru ti amo".



Questa storia era presente nella raccolta, ma mi piace decisamente più della altre, quindi ho preferito farne un pezzo a sé. Un abbraccio, Amy
   
 
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