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Autore: ame tsuki    18/08/2022    4 recensioni
Eruri | AU - WWI
Dal testo: "Oltre la trincea, la battaglia è già un labirinto di scintille e morte, e in quel caos innaturale l’unica bussola è il nemico avanti a sé. Levi si sente bruciare le gambe. Eccoli, gli eroi senza paura della Grande Guerra: uomini disperati vestiti da soldati, lanciati contro il loro destino."
Genere: Drammatico, Guerra, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Bussola
 
 
 
Levi stringe il fucile al petto e tra le mani. Guarda avanti a sé. Respira il più possibile.
Di fronte agli occhi ha solo il muro di terra della trincea, e allora gira la testa verso i suoi compagni tutti uguali: fucile al petto e tra le mani, sguardo fisso, respiri profondi. Le dita strette all’arma sono pallide come fantasmi – presagio di morte, spettro della paura.
Levi volta ancora la testa; alla sua destra, il profilo di Erwin è definito come sempre. Gli guarda le dita grandi e rosee, ne ricorda il calore sulla pelle: sono dita di cui si fida.
Fuori dal suo sguardo ci sono le urla di chi comanda, gli spari, i cadaveri a terra. Levi attende il numero del suo battaglione – il naso di Erwin ha una linea marcata, gli occhi brillano alla luce del sole e lui… Lui respira un po’ meglio. Quando l’ordine arriva, non lo coglie impreparato: si volta, punta il fucile e inizia a correre.
Oltre la trincea, la battaglia è già un labirinto di scintille e morte, e in quel caos innaturale l’unica bussola è il nemico avanti a sé. Levi si sente bruciare le gambe. Eccoli, gli eroi senza paura della Grande Guerra: uomini disperati vestiti da soldati, lanciati contro il loro destino.
Levi non ha più paura, né si sente un eroe: può accettare qualsiasi fine gli spetti, purché sia rapida. Non è per se stesso che teme la morte, ed è in mezzo al fuoco nemico che inizia a cercare Erwin: spicca tra la folla per natura, persino tra le uniformi tutte uguali – o è Levi che, per natura, è abituato a trovarlo. Lo vede correre da lontano, con la schiena dritta, e per un solo istante ha l’impressione che quegli eroi da propaganda esistano davvero.
Ma è una sensazione che dura pochi secondi; l’attimo dopo, il terreno esplode sotto ai piedi di Erwin e lui cade tra terra e polvere.
Levi non ha tempo né voglia di pensare; è un uomo pratico che si fida del suo istinto e non torna mai indietro dopo aver preso una decisione. Il suo corpo si muove da solo verso l’uomo che ama, e tanto basta. Lo raggiunge ancora incredulo, col sangue che rimbomba nelle orecchie più forte degli spari. Si china; Erwin è svenuto o morto, giace in una pozza rossa che si allarga dal braccio destro tranciato a metà. Levi guarda senza vedere – senza voler conoscere la verità. In pochi gesti automatici posa a terra il fucile e ne stacca la tracolla di pelle scura. Gliela assicura sul moncone tirando con disperazione – le dita pallide, sì, come fantasmi.
 
***
 
“Combatti per la Patria, combatti per il popolo”.
Levi non ha mai creduto agli slogan, e la forza per combattere l’ha trovata pensando di poter tornare al suo piccolo pezzo di terra, con un pollaio tutto da ricostruire.
Eppure, lì tra i letti degli infermi, al capezzale di Erwin, sente quella forza mancargli del tutto. Erwin è troppo bianco in volto – la fascia al moncherino troppo rossa. Levi gli asciuga la fronte sudata, lo imbocca sfidando le occhiatacce di chiunque, osserva il suo profilo marcato che è l’unica certezza rimastagli.
Quel giorno Levi è fortunato, perché Erwin si sveglia e parla con un filo di voce.
«Sei triste?».
«No». Mente.
Erwin sorride: l’ha scoperto. «Per me?».
A quella domanda non c’è bisogno di rispondere: Levi riprende il fazzoletto di tela e torna ad asciugargli la fronte; sente il calore attraversare la stoffa – è come toccarlo sul serio.
«Non esserlo». È quasi un sussurro. «Non ne vale la pena».
Levi indurisce lo sguardo perché è l’unico modo che ha per rimproverarlo. Non funziona: gli occhi di Erwin sono lucidi di febbre, ma ancora vivi. Brillano come alla luce del sole.
«Siamo persi senza di te».
«Chi?».
Levi fissa una piega del lenzuolo, vorrebbe dirlo – “io” – ma anche a quella domanda, in fondo, non c’è bisogno di rispondere. Invece: «Per cosa hai combattuto?», chiede.
«Per me stesso». Il tono di Erwin è più duro, più sofferto. «Per inseguire un ideale che non ha più futuro». Guardano entrambi il moncherino e la macchia rossa al centro delle bende: non si può usare il fucile con un braccio solo.
«Quindi ora che vuoi fare? Arrenderti alla febbre e morire? Posso renderlo più rapido e soffocarti nel sonno questa notte, se vuoi».
Erwin ride, sospira. «Ucciso dal mio uomo: che dolce morte sarebbe».
«È una morte che non ti meriti». Levi sente sulle labbra la voglia di urlare e baciarlo e poi urlare ancora. «Te lo dico io cosa farai», dice invece. «Guarirai e uscirai da qui, e quando tutta questa merda sarà finita verrai a cercarmi». Stinge i denti, fa in modo che il messaggio sia più chiaro possibile. «Per allora avrò trovato un modo di farti rendere utile anche con un braccio solo».
Suona come una minaccia, e gli occhi di Erwin ora brillano di gratitudine.
È una promessa.

 
 
 
Scritta per la challenge “A Summer of Secrets” del gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia, col prompt: “X e Y sono soldati. X viene coinvolto in un’esplosione davanti agli occhi di Y, distante”.
 
È poco più di una flashfic, in realtà, ma è quanto di meglio sia riuscita a fare dopo un blocco di mesi.
Alla prossima,
Tsuki
   
 
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