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Autore: LadyHeather83    26/08/2022    1 recensioni
La presente storia ha partecipato al Contest Delle Rose indetto dal gruppo telegram Miraculous Fanfiction (2° classificata)
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Si lasciò cadere sul letto sfatto, la gente che abitava lì doveva aver lasciato di fretta e
furia l'appartamento. E come poterli biasimare. Mai sperava in qualche modo che
quella famiglia si fosse salvata.
Il cuscino era morbido, un tenero massaggio per la sua testa dolorante e pesante, Mai
infine chiuse gli occhi stanchi.
Genere: Azione, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mirai!Bulma, Mirai!Mai, Mirai!Trunks
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Storia Seconda Classificata al Contest delle Rose indetto dal gruppo telegram Miraculous Fanfiction
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Mai era rimasta immobile e con gli occhi sbarrati.
Un alito di vento le mosse i capelli lunghi e corvini mandandoglieli davanti al viso
senza farla scomporre minimamente.
Attorno a lei aleggiava lo spettro della morte e della distruzione, assieme all’odore di
bruciato e napalm che si propagò presto nell’aria circostante.
Corpi dilanianti e sanguinanti dei suoi compagni giacevano mezzi sepolti tra le
macerie dei palazzi crollati e fumanti. Era stata proprio lei a condurli alla morte ed il
senso di colpa la stava lentamente divorando l’anima.
Eppure di guerre nella sua vita ne aveva combattuto tante, ma doveva ammettere che
quella era una situazione più grande di lei, nonostante il suo coraggio da leonessa la
costringesse ogni giorno a prendere il fucile in mano e a sparare contro quell’essere
invincibile e sadico. Perché lei doveva provarci ad ogni costo e prima o poi sarebbe
riuscita a trovare il suo punto debole, sebbene il suo amico Trunks le avesse
esplicitamente detto che quello non era un nemico alla sua portata.
Trunks, per fortuna c’era lui a salvarle puntualmente la vita.
Dal fianco destro si stava propagando il dolore provocato dalla lacerazione della
carne a causa di un attacco inaspettato di Black Goku.
Si era inginocchiata al suo cospetto quando quest’ultimo l’aveva colpita con un laser
di energia partito da un indice e le sue giunture inferiori avevano ceduto facendole
mancare l’aria.
“Questo era solo un avvertimento!” Le aveva detto riluttante levitando in aria con le
mani alzate verso il cielo mentre formava una Sfera Energetica gigantesca che gli
serviva per spazzare via quella città e le persone rimaste in vita, compresa lei.
Aveva stretto gli occhi a causa della luce attendendo il giudizio finale.
Poi un urlo improvviso aveva squarciato il silenzio tombale di quel luogo distrutto
“MAI! SCAPPA!”
E lei non se lo fece ripetere due volte. Ancora con gli occhi chiusi e pulsanti iniziò
una corsa sfrenata per la sopravvivenza tenendosi il fianco destro, li aprì poco dopo e
voltò la testa a ringraziare il suo salvatore.
Ancora una volta lui: Trunks.
Mai era riuscita a rifugiarsi in un condominio abbattuto qualche tempo prima durante
una battaglia tra la Resistenza, di cui ne era a capo, contro il nuovo nemico che
minacciava quell’epoca futura.
Quell’appartamento dov’era riuscita a trovare una protezione momentanea, era
l’unico, assieme ad un altro paio del complesso ad essere rimasto ancora intatto
grazie alla sua collocazione al piano terra, e buona parte di quelli superiori erano solo
ridotti ad un mucchio di polvere e macerie.
Ben nascosti dalle travi ed i calcinacci, Mai si era infilata in una piccola apertura con
l’intento di nascondersi da lui e curare in qualche modo la ferita sanguinante.
Ormai stanca e sfinita, aveva aperto la porta semi abbattuta con un calcio ben
assestato ed era entrata senza pensarci troppo.
Si appoggiò ad una parete cercando di riprendere fiato, ma ora che l’adrenalina
andava sempre di più scemando, il dolore pulsante al fianco riprese senza sosta,
mandando così alle ortiche tutti i progressi fatti fino a quel momento.
La prima cosa da fare era trovare degli analgesici e delle bende per fasciare quella
lesione sanguinante prima che si infettasse.
Mai non l’aveva ancora capito, ma aveva perso molto sangue. Colpa del cappotto
lungo e pesante che mascherava la reale gravità della situazione, e non solo di quello,
anche il buio totale in cui era avvolto quell’appartamento non aiutava per niente.
Se solo ci fosse stato un qualche spiraglio di luce, si sarebbe resa conto che anche la
vista stava scomparendo.
Il respiro di Mai iniziò a farsi pesante e il dolore presto si impadronì di lei.
Strinse i denti ed annaspò più volte.
Ma non era ancora finita, no, non poteva dargliela vinta così presto. Mai avrebbe
lottato per la sua sopravvivenza con le unghie e con i denti, perché quella gente
innocente che stava proteggendo e che si era rifugiata nelle fogne per scampare alla
furia omicida di quel pazzoide, aveva ancora bisogno della sua guida per non
arrendersi.
Il tanfo di muffa e chiuso le avevano invaso le narici, ma nessun odore di metano
aleggiava nell’aria, così, Mai accese un accendino preso dal suo taschino per farsi
luce e dare un’occhiata in giro.
A parte il tavolo di legno rotto dell’ingresso contro il quale aveva sbattuto il fianco
ferito e sanguinante, qualche documento sparso sul pavimento, polvere, ed altri
oggetti lasciati lì, tra i quale una bambola sporca, quel luogo sembrava del tutto
sicuro.
Claudicò fino a raggiungere una porta bianca e l’aprì: il bagno.
Velocemente aprì l’armadietto e lo svuotò dai medicinali presenti, per sua fortuna ci
trovò anche una torcia per le emergenze.
L’accese e l’appoggiò sul marmo rosa del mobile.
La prima cosa che fece fu quella di buttare giù un paio di pillole non curandosi della
data di scadenza, poi tolse il pesante cappotto che fece cadere a terra e fu allora che si
accorse della gravità della situazione.
“Merda!”
La maglietta bianca era intrisa di sangue che continuava a fuoriuscire, non riuscì a
togliersela normalmente a causa del dolore, così Mai decise di strapparsela
letteralmente di dosso con i denti soffocando gemiti di dolore. Ma non pianse, anche
se ne aveva letteralmente bisogno, perché non solo se n’era andata con la coda tra le
gambe come una codarda, ma aveva lasciato da solo il suo compagno di avventura a
combattere contro quell’essere.
Aprì il rubinetto dell’acqua lasciando scie di sangue sulla ceramica bianca, non ne
uscì mezza goccia.
“Cazzo!” Imprecò picchiando contro il materiale freddo del lavandino.
Per sua fortuna in quell’armadietto c’era una bottiglia di disinfettante, scaduto, ma
sempre meglio di niente, ne svuotò l’intero contenuto su quella lacerazione.
Bruciò come le fiamme dell’inferno e Mai strinse i denti per non urlare.
“Porca putt…” Ansimò trattenendosi alla ceramica del lavabo tremando.
Mai aveva bisogno di qualche punto di sutura altrimenti si sarebbe dissanguata in
poco tempo e la sua esperienza militare la ripagò per questo.
Non aveva trovato in giro per casa del filo chirurgico, ma solo quello per il cucito.
Poco importava, del resto non si trovava in ospedale e la gente comune si rivolgeva a
quest’ultima struttura se mai ne avesse avuto bisogno.
Ritornò in bagno e puntò la luce sullo squarcio, un brandello di pelle inferiore
penzolava leggermente, ma non impressionò affatto la donna, ben abituata a vedere
dell’altro.
Mai bevve d’un sorso un bicchiere di whiskey che aveva preso dalla vetrina semi
distrutta degli alcolici, e poi con il liquido restante si disinfettò nuovamente la ferita e
l’ago che avrebbe utilizzato subito dopo.
Fece un bel respiro profondo ed iniziò a spingere l’aculeo nella carne per unire i
lembi di pelle.
Ci mise un bel po', perché ogni affondo le faceva mancare l’aria ed in più le mani le
tremavano visibilmente, ma alla fine riuscì nell’impresa.
Bendò il tutto velocemente e si diresse a fatica in camera da letto con la torcia in
mano camminando in maniera lenta, trascinandosi la gamba destra per non
sovraccaricare il fianco appena cucito. Aveva bisogno di riposo e riprendere fiato
prima di tornare alla base.
Quella luce soffusa metteva ancora di più in risalto il suo viso provato e stanco.
Si lasciò cadere sul letto sfatto, la gente che abitava lì doveva aver lasciato di fretta e
furia l’appartamento. E come poterli biasimare. Mai sperava in qualche modo che
quella famiglia si fosse salvata.
Il cuscino era morbido, un tenero massaggio per la sua testa dolorante e pesante, Mai
infine chiuse gli occhi stanchi.
*
Il bip incessante del monitor l’obbligarono ad aprire gli occhi lentamente.
Ci mise qualche secondo prima di riuscire a mettere a fuoco e capire dove si trovava.
La piccola stanza era totalmente bianca ed asettica, nessuna finestra alle pareti.
C’era solo lei sopra una lettiga attaccata ad una flebo contenente un liquido
trasparente a metà e ad uno schermo che controllava costantemente i valori vitali.
Mai fece per tirarsi tu con la schiena, ma il dolore lancinante al fianco destro la
costrinse a ritornare della medesima posizione di prima.
Il monitor cambiò il suono, trasformandolo in uno di allarme vero e proprio.
Sembrava un’oca starnazzante.
Trunks e Bulma comparvero di fretta e furia dopo pochi secondi.
L’azzurra si prodigò subito ad alzare le lenzuola candide e a controllare la ferita della
corvina, in quanto, grazie a quella sua mossa, il camice si era macchiato di rosso.
“Per fortuna non ti si sono strappati i punti.” Sospirò Bulma prodigandosi a cambiare
il bendaggio.
“C-come mi avete trovata?” Fece Mai.
Ricordava di essersi nascosta bene dopo lo scontro avuto con Black Goku, dove
ovviamente i terrestri avevano avuto la peggio.
L’esercito della Resistenza era stato decimato e Mai era l’unica sopravvissuta, stava
per fare anche lei una brutta fine, ma Trunks era riuscito ad arrivare in tempo e a
respingere quell’Onda Energetica di proporzioni bibliche che l’avrebbe sicuramente
mandata all’altro mondo, oltre che a spazzare via l’intera città lasciando solo un
enorme cratere a ricordo di quel luogo.
“Trunks ti ha cercato dappertutto.”
“E io che pensavo di essermi nascosta bene.” Mai guardò in direzione dell’amico,
sorridendogli.
Trunks avvampò.
Mai l’avrebbe protetta e inseguita per l’intera galassia se ce ne fosse stata la
necessità.
“È stato facile, trovarti.” Biascicò timidamente mentendo.
Mai strinse gli occhi quando Bulma le applicò la garza premendo sulla ferita ancora
fresca.
“Scusami, cara.”
“Non ti preoccupare, mi hai solo colta alla sprovvista.” Sogghignò.
“Eri messa male, ti ho portata qui.” Disse Trunks.
“Avevi perso molto sangue e ho sostituito i punti che ti sei messa da sola.” Rispose
Bulma.
“Pensavo di aver fatto un buon lavoro, si vede che il buio della stanza non mi ha
aiutata.”
“Se non lo avessi fatto, saresti sicuramente morta, ma nonostante questo continuavi a
perdere sangue. Quando Trunks ti ha trovata eri svenuta e non riusciva a svegliarti.”
Le spiegò Bulma con la faccia seria e preoccupata.
Mai volse poi uno sguardo verso Trunks, il quale stava guardando da un’altra parte
timidamente.
Lo vide torturarsi le mani sudaticce ed arrossire.
“Grazie.” Mormorò lei.
Bulma accarezzò la mano di Mai “Torno al mio lavoro, la macchina del tempo ha
ancora bisogno di alcune modifiche.” Lasciò la stanza subito dopo.
Trunks tremava internamente e rimanere lì da solo con Mai stava diventando difficile.
Il cuore gli vibrava nel petto ed iniziò improvvisamente a sentire caldo.
Nervosamente si alzò dallo sgabello trascinandolo all’indietro facendo stridere il
pavimento “Vado anch’io.”
“Aspetta!” Lo fermò Mai “… non andare.”
Trunks ritornò indietro e guardò negli occhi la ragazza senza proferire parola,
attendendo fosse lei a parlare per prima.
“Scusami se sono scappata lasciandoti lì da solo...”
Il lilla deglutì rumorosamente.
“… metti in pericolo anche te stesso, e sai bene che potresti non farcela. Black Goku
è molto forte.” Continuò lei. “… e se ti succedesse qualcosa per causa mia, non
potresti più tornare indietro e chiedere aiuto.” Ricordò molto bene la conversazione
che i due avevano avuto qualche tempo prima in occasione del salvataggio di Trunks
e la sua conseguente permanenza nell’appartamento di fortuna di Mai quando ancora
non si conoscevano.
“Non m’importa.” Fu tutto quello che riuscì a dire scuotendo la testa.
“Trunks!” Esclamò quasi stizzita.
“Dimmi pure che sono una persona sconsiderata, ma questo non cambierà il fatto che
sarò sempre lì per te.”
Mai gli scoccò un’occhiata languida e sovrappose una mano alla sua.
Lui sussultò.
“Anch’io ci sarò sempre per te. Siamo una squadra, no?” Ammiccò lei con un mezzo
sorriso.
“E soprattutto non dimenticherò mai la prima volta che tu mi hai salvato.” Fece lui di
rimando.
Seguì qualche secondo di silenzio da parte di entrambi.
“No, in realtà non te ne sei reso conto, ma sei stato tu a salvare me. Mi hai dato un
motivo per continuare a lottare, mi hai dato speranza. Ora posso guardare quella
gente innocente negli occhi e dirle che presto sarà tutto finito, e questo grazie a te.”
Il cuore di Trunks si riempì di una gioia immensa nell’udire quelle parole sincere,
soprattutto perché provenivano dalla bocca di una persona che ammirava per il suo
coraggio e tenacia, nonostante fosse a conoscenza che Black Goku non era un nemico
della sua portata e del suo esercito, ma questo non impediva alla corvina di lottare al
suo fianco giorno dopo giorno.
Trunks le accarezzò il volto con i polpastrelli e lei si lasciò cullare da quel gesto
pieno di calore.
“Però la prossima volta dimmi dove hai intenzione di nasconderti, così non rischierò
di trovarti morta stecchita questa volta.” Disse velocemente per smorzare la tensione,
facendo scoppiare a ridere Mai.
“Beh! Potresti sempre tornare indietro con Hope ed evitarlo.” Rispose sarcastica.
“Cos’è? Siamo gelose forse…” Chiese di sottecchi.
“Allora è vero che hai un debole per la macchina del tempo.”
Le loro risate cristalline risuonarono all’interno del corridoio, propagandosi fino al
laboratorio dove Bulma stava apportando le ultime modifiche a Hope. L’azzurra tirò le labbra, era da tanto che non sentiva quel suono così vero e sincero.
Si rimise a lavorare in modo che quella non fosse né la prima e né l’ultima volta che
udiva tale melodia soave dopo tanto tempo, ma perché nel mondo, quella fosse
l’unica vibrazione diffusa nell’aria.
Non più boati improvvisi. Nessuna guerra o distruzione.
La gente doveva ritornare a ridere.
Speranza.
C’era ancora speranza.
*
FINE

 

  
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