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Autore: LorasWeasley    05/09/2022    2 recensioni
future|fic [kagehina|matsuhana]
Cosa succederebbe se il figlio esaltato, solare e sempre felice di Hinata e Kageyama stringesse amicizia con il figlio tranquillo e sonnolento di Makki e Mattsun?
Eccovi la storia di come Youta e Sho sono diventati amici e poi qualcosa di più.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Issei Matsukawa, Shouyou Hinata, Takehiro Hanamaki, Tobio Kageyama
Note: Kidfic | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Future Fic with Babies'
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Ciao! Rieccomi qui!
Questa storia segue le stesse regole di "Adatto a te", ovvero: fa parte della serie dei bimbi nelle future|fic che ho sempre detto si possono leggere separatamente e con l'ordine che si preferisce, ma consiglio di leggerla solo se avete già letto di Youta e Sho in altre storie perché altrimenti si capirebbe davvero poco.
Saranno in totale quattro capitoli: 2 parti della storia principale e 2 extra. La storia sarà incentrata sugli adolescenti ma nonostante ciò spunteranno anche i genitori (e volete forse perdervi la Kagehina che da consigli d'amore al figlio adolescente?)
Inoltre ci tengo a precisare che il lavoro che ho dato a Hinata e Kageyama una volta ritirati dalla pallavolo è solo un mio headcanon.
I capitoli verranno pubblicati tutti entro questa settimana, a presto!
Deh






 
Club di Teatro

Parte 1
Youta Kageyama era… particolare.
Era solare, altruista, felice e trovava sempre il lato positivo nelle situazioni. Quello che lo rendeva particolare era il non comprendere perché la gente si facesse problemi per cose inutili.
Di solito i bambini piangevano quando compravano un pacchetto di figurine e non trovavano l’immagine del loro personaggio preferito, mentre lui era felice semplicemente perché aveva ricevuto quelle figurine.
I bambini si annoiavano in fila ad attendere l’acquisto di un nuovo gioco o alle giostre, mentre lui era solo felice che avesse ricevuto quella possibilità.
Molto spesso le persone gli chiedevano come potesse stare con dei genitori come i suoi, che litigavano per la minima cosa e non facevano altro che discutere. Ma Youta non capiva quale fosse il loro problema. Lui sapeva che i suoi genitori si amavano, sapeva che magari lo facevano in modo differente dal resto delle coppie, ma qual'era davvero il problema? Stava bene con i suoi papà, era felice con loro, perché le persone dovevano giudicare?
Youta era quindi quel tipo di bambino che si godeva ogni singola cosa nella sua vita, che non piangeva per quello che gli mancava ma che rideva per quello che aveva. Non lo faceva perché era povero e quindi doveva godere di quel poco che riusciva a ricevere, anzi, la sua famiglia era più ricca della media considerando il lavoro di entrambi i genitori e questi non gli avevano mai fatto mancare nulla. Semplicemente era il suo modo di essere.
E fu soprattutto per questo suo modo di pensare che divenne amico di Sho Matsuhana.
Per buona parte della sua vita, Youta non aveva avuto una casa stabile. In base agli impegni dei suoi genitori e in che squadra venivano chiamati per giocare, si trasferivano in una parte diversa del Giappone, qualche volta anche oltreoceano. Non passò mai più di due anni nello stesso luogo, ma Miyagi era una meta sicura: era il luogo dove abitavano i suoi nonni ed era anche una certezza della sua estate.
Durante l’estate dei suoi cinque anni si trovava al parco con i nonni, questi lo tenevano d’occhio mentre chiacchieravano seduti su una panchina e lui giocava in giro con gli altri bambini. Era sempre stato molto bravo a fare amicizia sul momento, esattamente come il padre che aveva il suo stesso colore di capelli.
Stavano giocando a nascondino, Youta aveva adocchiato la “casetta delle bambole” dietro lo scivolo che di solito usavano le bambine e vi entrò.
Evidentemente non era stato l’unico ad aver avuto quell’idea poiché c’era già un’altro bambino al suo interno con i capelli castani tagliati a scodella, gli occhi azzurri e assonnati e le labbra socchiuse.
-Ciao- salutò Youta -posso nascondermi con te?
Il bambino sembrò riscuotersi dal suo sonno ad occhi aperti e scrollò le spalle -Non sto giocando.
-Perché?- chiese sinceramente sorpreso.
-Non vogliono che gioco, dicono che quando mi addormento diventa noioso.
-Perché ti addormenti? Ti annoi?
-No… non lo so perché lo faccio, mi piace dormire.
Youta sorrise -non dovrebbero prenderti in giro per questo, papà dice che a ognuno piacciono cose diverse e che bisogna accettare tutti!
Sho lo guardò come se gli fosse cresciuta una seconda testa, Youta non capiva il perché di quella reazione, ma si limitò a mantenere il suo sorriso e dire -Mi chiamo Youta, tu?
-Sho- sussurrò.
-Puoi essere mio amico, ci divertiremo! E va bene se vuoi metterti a dormire qualche volta.
Fu così che passarono il resto dell’estate insieme incontrandosi ogni giorno al parco, diventando migliori amici. Ma anche l’estate era destinata a finire, Youta dovette tornare a trasferirsi dai suoi genitori per iniziare la scuola e non vide più quel bambino con la passione del sonno.
 
-
 
Quando Youta iniziò il liceo, la sua vita divenne più stabile. I suoi genitori avevano infine deciso di ritirarsi dalla loro carriera pallavolistica ma senza abbandonare lo sport. Tornarono a trasferirsi a Miyagi e Kageyama fu preso come allenatore per bambini in una palestra della prefettura, mentre Hinata come allenatore del club di pallavolo nella scuola Shiratorizawa. Youta riuscì a entrare anche in quest’ultima scuola ma più per una questione di facilità nel dirigersi a scuola insieme al padre che per vero interesse verso la struttura privata.
Una volta iniziato il liceo, tutto il mondo si aspettava che il figlio di ben due pallavolisti della “generazione dei mostri” avrebbe seguito le loro orme, ma il rosso se ne teneva lontano. Non era che a Youta non piacesse la pallavolo, anzi, si divertiva a giocare insieme ai suoi genitori o al mare con gli amici, era anche molto bravo e abbastanza alto e la sua prima parola era stata “palla”, solo che era… troppo stressante. C’erano troppo aspettative su di lui, persino la scelta di un ruolo avrebbe fatto offendere l’uno o l’altro padre, se non anche la zia Natsu. Youta voleva giocarci, ma non agonisticamente, quindi niente club.
Shoyo e Tobio avevano capito il suo pensiero e gli avevano detto di non farsi problemi, di seguire quello che più preferiva.
Così l’adolescente aveva passato la sua prima settimana a provare ben cinque club differenti come arte, atletica, nuoto, economia domestica, basket… ma nulla di questo lo prese davvero.
Nella seconda settimana ne provò altri tre fino a quando non capì la sua vocazione: il teatro.
Fu una rivelazione per se stesso e per i suoi genitori quando glielo raccontò, ma erano tutti curiosi di quella nuova svolta degli eventi e volevano solo scoprire come sarebbe andata avanti.
Era la sua seconda settimana al club e c’era già fermento tra tutti loro perché dovevano preparare lo spettacolo di primavera.
Youta stava aiutando portando fuori scena degli strumenti che avevano utilizzato per le prove quando, dietro le quinte, inciampò su un cespuglio di cartone facendolo cadere e cadendoci lui stesso sopra.
L’adolescente era confuso perché il cartone doveva essere piatto, giusto? Allora perché sembrava che ci fosse qualcosa di corposo sotto? E soprattutto, perché questo aveva appena detto “ouch”?
Mentre Youta pensava a quello che era appena successo, la voce continuò a parlare -Potresti toglierti da sopra di me? Non sento più la sensibilità alle gambe.
E solo a quel punto il ragazzo si rese conto che dietro il cespuglio c’era una persona.
Si scostò di scatto mettendosi al suo fianco in ginocchio e aiutandolo a liberarsi del cespuglio in cartone che andava ormai decisamente rifatto -Scusami! Sono inciampato, ti ho fatto male?
Il ragazzo sembrava più piccolo di lui, ma Youta aveva conosciuto tutti quelli del primo anno che si erano uniti al club e lui non c’era, quindi doveva essere del secondo o del terzo anno. Quello che gli aveva dato l’impressione che fosse “piccolo” era la corporatura minuta e snella, i capelli castani tagliati a scodella e probabilmente anche l’altezza era di qualche centimetro più bassa di quella del rosso.
-Sto bene- lo rassicurò il ragazzo con un sospiro -mi hai solo spaventato nello svegliarmi così di soprassalto.
-...svegliarti?
-Stavo dormendo- ribadì come se fosse ovvio che lo stesse facendo e Youta fosse quello scemo a non averlo capito.
Quella semplice frase accese una lampadina nella mente del più piccolo, i suoi occhi si spalancarono e chiese incerto -Sho…?
Il ragazzo alzò lo sguardo su di lui con circospezione, lo scrutò a lungo e infine la consapevolezza illuminò anche il suo sguardo -Youta?
-Sì!- urlò il rosso saltandogli addosso e abbracciandolo con talmente tanta foga che caddero di nuovo a terra.
-Ahi, ahi, mi fai ancora male!- esclamò l’altro ma con la voce che adesso era anche leggermente divertita.
 
-Allora? Che ci fai qui? Non avrei mai pensato di trovare una persona come te in un club tanto caotico.
Sho sorrise. Il club era finito e i due stavano parlando mentre lasciavano la scuola.
-Appunto perché è un club tanto caotico, nessuno si accorge di me.
Youta lo fissò confuso e l’altro decise di spiegare meglio -Non c’è un club dove posso dormire in santa pace, ho anche provato a crearne uno ma non hanno accettato la mia richiesta, quindi ho capito che questa era la mia unica soluzione. Mi sono iscritto per partecipare alla costruzione delle scenografie, ma tutti sono sempre così di fretta che nessuno si accorge se sparisco. Mi basta dipingere qualche cespuglio di tanto in tanto e poi posso rilassarmi. Sai quanti posti per dormire ci sono dietro le quinte del teatro? Neanche immagineresti. Inoltre, di tutta la scuola, le poltrone della sala sono il luogo più comodo.
Youta rise apertamente -Tu sei un genio, davvero!
Le guance di Sho si imporporarono -Se ti sentissero gli insegnanti ti direbbero di non assecondarmi in queste idee assurde e per nulla produttive.
Il rosso ridacchiò ancora -Qual è il problema? A ognuno piacciono cose diverse, non è questa la bellezza degli esseri umani?
Sho si bloccò e si voltò a guardarlo con uno sguardo strano.
-Cosa?- chiese l’altro in imbarazzo.
-Mi ha ricordato quello che hai detto quando ci siamo incontrati la prima volta.
Youta gli diede un leggero pugno sul braccio -Idiota, se ti blocchi in quel modo mi fai preoccupare! Comunque ero serio da bambino e sono serio adesso. Per me non è un problema, siamo ancora amici, giusto?
-Sì- sussurrò piano e velocemente.
Il rosso annuì soddisfatto e lo salutò sventolando la mano in aria, gli promise che si sarebbero rincontrati l’indomani e corse verso la palestra di pallavolo, pronto a trascinare suo padre a casa. E se durante il tragitto si accorse che il suo cuore stava battendo più veloce del normale, ignorò la cosa.
  
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