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Autore: lolloshima    11/09/2022    1 recensioni
"Là, dove erano cresciuti i fiori, adesso cadevano solo le foglie.
Lui non aveva bisogno di tornare in quella casa, per trovare se stesso. Da quel momento, avrebbe creato un nuovo se stesso. Senza Kuroo.
No, non ci sarebbe andato, a Tokyo.
Non voleva vederlo mai più."
*
Con la tristezza dei sostenitori e la gioia degli avversari... anche le cose più belle, prima o poi, finiscono.
Questa storia partecipa alla challenge #leaveschallenge indetta dal Gruppo Facebook Non solo Sherlock.
CITAZIONI:
“Conta i fiori del tuo giardino, mai le foglie che cadono"
“Non avevi detto che non saresti tornato?”
"Pensi mai a dove ti porterà il futuro?" "Se resterai sulla mia strada, sinceramente non me ne importa”
“La vita non è trovare te stesso. La vita è creare te stesso”
“Morirei cento volte per viverti ogni volta anche solo un istante"
“Separati come corpi. Come anime mai”
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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La grande porta a vetri del palazzetto si chiuse automaticamente alle sue spalle, e Kei rabbrividì, stringendo con una mano il bavero dell’impermeabile.

L’aria era fresca e carica di umidità. Si stava avvicinando un temporale.

L’autunno era arrivato prepotente a Sendai, portando con sé molta pioggia e un vento fastidioso che giocava con le foglie già rossicce degli aceri.

Kei sentì il rombo di un tuono e vide le prime gocce di pioggia allargarsi in piccoli cerchi irregolari sull’asfalto grigio della strada.

Estrasse il telefono dalla borsa e digitò velocemente un messaggio. Infilò l’apparecchio nella tasca dell’impermeabile e aprì l’ombrello giusto in tempo per ripararsi dall’improvviso, violentissimo scroscio di pioggia che si stava abbattendo sulla città.

Si avviò verso casa. Aveva ancora un paio d’ore prima di prendere il treno per Tokyo.

*

Kuroo uscì dall’ufficio chiudendo lentamente la porta alle sue spalle. Vi rimase appoggiato qualche istante, pensieroso, prima di incamminarsi lungo il corridoio, verso l’uscita.

Quando fu all’aperto, fu costretto a socchiudere gli occhi, tanta era la luce del sole, che ancora brillava prepotente nel cielo terso e limpido di settembre.

L’autunno fino a quel momento era stato clemente a Tokyo. Faceva ancora caldo e, se non fosse stato per qualche isolata foglia rossastra che vagava nell’aria, si poteva pensare di trovarsi ancora nel pieno della lunga estate appena trascorsa.

Quando arrivò al parcheggio, sentì il telefono vibrare in tasca. Lesse il messaggio di Kei.

Tsukki<3

Colloquio appena finito. Penso bene. Ho chiesto tempo per pensarci, ma ho già deciso. Ne parliamo di persona stasera”.

Sì, decisamente era meglio parlarne di persona, e non solo del suo colloquio, pensò Kuroo fissando il display.

Aveva mille cose da fare prima che Kei lo raggiungesse, quella sera.

Sentiva però il dovere di rispondergli subito. Digitò velocemente una risposta.

TetsuK

So che avrai fatto la scelta migliore

Subito dopo, di getto, aggiunse un altro messaggio.

TetsuK

Ma per quanto mi riguarda, è finita. Mi dispiace. Hai ragione, stasera avremo molto di cui parlare. Ora chiudo il telefono. Ci vediamo più tardi a casa mia”.

*

Kei lesse i messaggi appena uscito dalla doccia.

Non poteva credere ai suoi occhi.

Eppure, gli occhiali li aveva messi, non poteva aver letto male. Li tolse e pulì accuratamente le lenti con un asciugamano. Li inforcò di nuovo e riprese il telefono.

Era chiarissimo. “...è finita.”

Aveva letto bene.

Così, di punto in bianco, senza spiegazioni.

Stronzo!

Stronzo, stronzo, stronzo!

Dopo tutto quello che avevano passato, dopo tanti anni di felicità e sacrifici, lo liquidava con un messaggio!

Avrebbe forse dovuto accontentarsi del suo ipocrita “mi dispiace”?

E ci mancherebbe altro, che ti dispiace, stronzo!

Con un banale messaggio….

Davvero, pensava di valere qualcosa di più.

Meno male che lo stronzo aveva avuto almeno la delicatezza di aspettare che finisse il suo colloquio con i Sendai Frogs, per dargli il benservito, altrimenti non avrebbe avuto neppure la forza di presentarsi.

E pensare che lui aveva deciso di rifiutare, era disposto a rinunciare alla proposta di ingaggio della squadra di Sendai, e alla possibilità di giocare da titolare nella V-League, pur di non dover stare lontano da Tetsurou. Maledetto!

Gliel’avrebbe fatta vedere lui, a quell’egoista.

Cercò nella rubrica il numero del manager della squadra e senza pensarci scrisse “Non ho bisogno di pensarci, ho deciso. Accetto la vostra offerta. Fatemi sapere quando posso passare e firmare il contratto”.

Ecco. Non avrebbe rinunciato più a niente per Kuroo Tetsurou!

E di certo non si sarebbe fatto più di 400 chilometri in treno solo per farsi mollare!

Col cazzo! Col cazzo che sarebbe andato a Tokyo, quella sera.

Kuroo poteva impiccarsi con il suo “mi dispiace”. Poteva campare altri 1000 anni, ma lui non si sarebbe mai più fatto vedere, non avrebbe mai più messo piede a casa sua!

Perchè adesso era diventata casa “sua”.

Certo, quel piccolo appartamento alle porte di Tokyo era, a tutti gli effetti, la casa di Kuroo.

Ma fino a quel momento era sempre stata, semplicemente, “casa”. Il nido dove loro due avevano condiviso tutto, dove avevano riposato la stanchezza, sfogato le loro più eccitanti pulsioni, asciugato le lacrime. Dove avevano scoperto tutto, l’uno dell’altro.

Adesso, lo stronzo ci teneva a specificare che quella era la “sua casa”.

Là, dove erano cresciuti i fiori, adesso cadevano solo le foglie.

Lui non aveva bisogno di tornare in quella casa, per trovare se stesso. Da quel momento, lui avrebbe creato un nuovo se stesso. Senza Kuroo.

No, non ci sarebbe andato, a Tokyo.

Non voleva vederlo mai più.

Neanche se l’avesse pregato in ginocchio, neanche se lo avesse trascinato di peso. Mai e poi mai avrebbe preso quel treno.

*

La pioggia era sempre più insistente e violenta.

Dal finestrino del treno si vedevano solo le catinelle d’acqua che correvano orizzontali sul vetro e l’atmosfera plumbea del cielo grigio.

Kei si sentiva vuoto. Straziato, dilaniato e vuoto dentro.

Il groppo che aveva in gola non si decideva a sciogliersi. Neppure i litri di lacrime che aveva già versato erano riusciti a ridurre quel magone che pesava come un macigno sul suo cuore.

Era stato costretto a mettere gli occhiali da sole, nonostante fosse quasi buio e le condizioni atmosferiche pessime lasciassero ben poche speranze sull’arrivo di tardivi raggi di sole.

Ma era l’unico modo per nascondere agli altri passeggeri due occhi gonfi ed arrossati, ancora pieni di un pianto che premeva dolorosamente sulle palpebre, impaziente di colargli sul viso.

Ogni tanto doveva alzarsi e fingere di dover andare in bagno, per costringere il proprio cervello a pensare ad altro ed evitare di scoppiare a piangere lì, davanti a tutti.

Non avevi detto che non saresti tornato?” si rimproverava guardandosi nello specchio della toilette.

Naturalmente aveva ceduto. Voleva delle spiegazioni, e le voleva dalla viva voce di Tetsurou. Aveva anche provato a chiamarlo al telefono. Ma, come aveva scritto nel messaggio, il suo telefono era spento.

D’altra parte, se Kuroo diceva una cosa, ci si poteva contare. Coerente ed affidabile anche nella stronzaggine!

Perché? Perchè gli aveva fatto questo? Come aveva potuto?

Come poteva pensare che la loro storia fosse finita, così, all’improvviso?

Dove aveva sbagliato?

Non poteva vivere senza Tetsu, non sarebbe più stato in grado di mangiare, di respirare, di pensare, senza di lui.

Era vero, aveva vissuto ben 16 senza Kuroo e solo poco più di due insieme a lui.

Sedici anni che adesso gli sembravano tristi ed inutili, perché la sua vita era vuota. Sedici, lunghissimi anni, senza Tetsurou.

Il poco tempo passato insieme aveva dato un senso a tutto. Sarebbe stato disposto a morire cento volte per poterlo rivivere ogni volta, anche solo per un istante.

Per Kuroo, invece, il loro rapporto non aveva avuto alcuna importanza, tanto che si poteva liquidare con un banale messaggino.

Fu tentato di scendere dal treno ad ogni fermata, ma l’orgoglio, alla fine, ebbe il sopravvento.

Meritava, come minimo, una spiegazione. E avrebbe trovato il modo, ne era certo, per rendere a Kuroo pan per focaccia e per farlo pentire di aver preso quella decisione.

Sistemò sulle orecchie le cuffie e fece partire in loop la loro canzone.

*

Arrivò a casa di Kuroo che era già ora di cena.

A Tokyo non pioveva, il cielo era terso e già si intravedevano le prima stelle della sera.

Tetsurou gli aprì la porta e lo accolse senza le consuete smancerie, che Kei fingeva ogni volta di trovare estremamente irritanti, ma che adesso desiderava più di ogni altra cosa.

Nel tempo che gli servì per togliere le scarpe e appendere l’impermeabile in entrata, Kuroo era già in cucina e gli dava le spalle.

Poco dopo si girò e allungò un braccio verso il tavolino già preparato per due.

“Accomodati”, gli disse sbrigativamente. “Come è andato il viaggio?”

Nonostante tenesse lo sguardo basso, a Kei non sfuggì che anche lui aveva gli occhi gonfi e rossi. L’ennesima conferma che la decisione era presa.

Se c’era una cosa che si doveva riconoscere a Kuroo, era la sua coerenza e la sua affidabilità. Anche nelle brutte notizie.

Kei non rispose alla sua domanda, e Kuroo parve non accorgersene nemmeno.

In quella stanza era calato un gelo palpabile, nonostante la grande finestra fosse spalancata sulla calura afosa che ancora, a settembre inoltrato, incombeva sulla città.

Un clima molto diverso da quello freddo e piovoso che Kei aveva lasciato poche ore prima.

L’impermeabile e l’ombrello chiuso lasciati in entrata, erano il simbolo della distanza che separava le loro città, le loro esistenze, e adesso anche i loro cuori.

Nell’imbarazzo generale, Tetsurou si sedette a tavola, come sempre preparata con cura ed eleganza, imitato poco dopo da Kei. Nell’aria era diffuso un delicato profumo di cibo appetitoso.

“Allora, Kei. Dimmi del tuo colloquio di oggi.”

“Tutto bene, ho accettato. Inizio gli allenamenti tra un mese.”

“Ah. Quindi ti allenerai a Sendai. Pensavo che ne avremmo parlato.”

“Preferirei parlare della tua decisione, se non ti dispiace” ribattè irritato.

“Sì, Kei, hai ragione. Sono davvero addolorato. Ci ho pensato, ci ho riflettuto. Poi, visto quello che mi hai appena detto, mi sono convinto ancora di più che sia la scelta migliore.”

“Ah, quindi adesso sarebbe colpa mia?”

“No, ma cosa dici? Però, sai, la distanza…”

“Finora la distanza non è mai stato un problema, mi pare!” Kei era fuori di sé. Sembrava rabbia, la sua, ma non era altro che un ultimo, disperato tentativo di fargli capire quanto assurda e insensata fosse la decisione di lasciarsi.

Avrebbe voluto prenderlo a pugni, ma solo per aggrapparsi a lui, per avvinghiarlo tra le sue braccia e non farlo andare via.

“Le cose cambiano, Kei. Alla mia età, voglio qualcosa di più. Se continuassi, prima o poi sarei in secondo piano, arriverebbe sicuramente qualcuno più giovane e prestante a prendere il mio posto.”

“Ma cosa stai dicendo? Tu sei la persona più importante, e lo sarai sempre! Per me non ci sarà mai nessun altro come te!”

“Ti ringrazio Kei, tu sei molto gentile. Ma purtroppo non basta…”

Sono molto gentile? E quello che provo io non gli basta?

Due lacrime rabbiose solcarono silenziosamente il volto di Kei.

“Tsukki, ma che fai, piangi? Dovremmo festeggiare, visto che tu potrai continuare a giovare a pallavolo ad alti livelli” Kuroo allungò un braccio attraverso il tavolo, fino ad avvolgere la guancia di Kei con la mano, che si bagnò delle sue lacrime.

“Pensi che mi importi della pallavolo? In fondo, è solo una squadra.”

“Quindi sei triste per me? Non devi, Kei, io troverò la mia strada. Ho già un paio di idee…”

Il cuore di Kei si fermò definitivamente. Quindi, lo aveva già rimpiazzato.

Anche gli occhi di Kuroo si erano riempiti di lacrime. Lui ritirò la mano e si alzò da tavola, iniziando ad armeggiare sul lavello, dandogli le spalle.

“Quindi… è finita?” Kei aveva raccolto ogni minimo residuo di forze da ogni fibra del suo corpo, per riuscire a sussurrare al piatto quelle parole.

Kuroo si girò a guardarlo, in piedi, appoggiato con il bacino al piano della cucina. “Sì Kei. E’ finita. Ormai ho deciso. Sento di aver già dato tutto quello che potevo dare, e di non avere altro da offrire.”

“A me piaceva quello che offrivi. E ne vorrei ancora…”

“Tsukki, dovevamo arrivare a questo punto perché tu tirassi fuori un po’ di dolcezza?” scherzò Kuroo, che sembrava un po’ più sereno.

“Davvero, non ho più voglia di giocare.”

Giocare...

“Quindi è sempre stato solo un gioco per te?”

Tetsurou tornò serio e spalancò gli occhi arrossati su di lui.

“Come mi conosci bene, Kei. Nessuno può capirmi meglio di te.” Tornò ad abbassare lo sguardo. “No. Non è solo un gioco. La pallavolo non è mai stato solo un gioco, per me. Per questo è così triste dirle addio. E’ un po’ come quando finisce un grande amore. Ma ormai ho deciso. Con la pallavolo ho chiuso. L’ho già comunicato ai vertici della squadra, stamattina. Meno male che ci sei tu! Che sei il mio vero, unico e grande amore!”

Kuroo sembrava aver ritrovato il consueto buon umore. Girò attorno al tavolo e si tuffò su Kei, avvolgendolo completamente con le braccia a affondando il viso sul suo collo.

Kei, di nuovo, aveva smesso di respirare.

Stupido! Era solo uno stupido! Un cretino! E un grande, grandissimo egoista!

Aveva pensato solo a se stesso senza considerare, per un attimo, che Tetsurou potesse soffrire per qualcosa che non riguardasse la loro storia!

Sapeva quanto Tetsurou amasse la pallavolo, e quanto avesse sofferto gli ultimi due anni, per non essere un titolare nella squadra di cui faceva parte, e per essere costretto a guardare dalla panchina i compagni giocare.

“Non sarò mai all’altezza di Koutaro, o di Oikawa, o di quel genio di Kageyama” gli diceva leccandogli l’orecchio e accarezzandogli la schiena. “E vogliamo parlare di Wakatoshi?”

Ogni nome era un bacio o un morso, che moltiplicava i brividi sulla pelle di Kei.

“E adesso?”

“Adesso mi è passata la fame. Ti toglierò tutti i vestiti e ho intenzione di scoparti fino a domani mattina…” Kuroo era tornato quello di sempre. Gli tolse gli occhiali, e iniziò a lasciargli piccoli baci umidi su tutto il viso.

“Scemo, mi riferisco al tuo futuro…” disse Kei, mentre Kuroo gli sfilava la camicia dalla testa.

“Il futuro?” Kuroo era passato a slacciargli i pantaloni.

“Hai pensato a dove ti porterà questa scelta?” Calzoni e boxer erano già a terra.

“Se resterai sulla mia strada, sinceramente non me ne importa” sussurrò Tetsurou con occhi famelici, mentre si distendeva sul tappeto, sopra il corpo nudo del compagno.

Kei inarcò il busto contro di lui, consentendo al braccio forte di Kuroo di avvinghiarlo, alle sue unghie di graffiarlo sulla schiena. Lo strinse ancora di più, facendolo aderire al suo petto.

Non aveva più alcuna paura delle differenze tra loro, della distanza, del futuro. Potevano anche essere singoli, come corpi. Ma come anima, mai.

 

 

   
 
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