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Autore: Clementine84    16/09/2022    0 recensioni
“Come ti chiami?” le aveva chiesto lui, rendendosi conto solo in quel momento che non aveva notato nessun cartellino con il nome.
“Emily, ma tutti mi chiamano Emi” aveva risposto lei. “E tu sei?”
Donnie aveva strabuzzato gli occhi, sorpreso. Possibile che non l’avesse riconosciuto?
La ragazza, però, continuava a fissarlo con espressione curiosa, quindi dedusse che non aveva idea di chi lui fosse.
“Donald,” disse, porgendole la mano “ma tutti mi chiamano Donnie”.
Emi gli aveva stretto la mano ed entrambi avevano esclamato, nello stesso momento “Piacere”, dopodiché erano scoppiati a ridere.
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Se Donnie la voleva morta, quello era sicuramente un buon modo per ottenere il suo scopo.
La persona in piedi, davanti a lei, era Nick Carter dei Backstreet Boys, la celebrità per cui aveva una cotta pazzesca da ragazzina.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Carter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nulla di quanto narrato è reale o ha la pretesa di esserlo. Questo scritto è frutto della mia fantasia e non vuole, in nessun modo, offendere le persone rappresentate. I personaggi originali, invece, appartengono alla sottoscritta e ogni riferimento a persone reali è da considerarsi puramente casuale.

CHAPTER 1 - Emily

 

Just a small town girl
Livin' in a lonely world

 

Emily sentì suonare il campanello che segnalava l’ingresso di un cliente nella caffetteria e diede istintivamente un’occhiata all’orologio appeso al muro del locale.

Le 16:38. Era quasi l’ora di Donnie.

Come a voler confermare la sua teoria, un istante dopo sentì la porta richiudersi e l’inconfondibile voce gutturale di colui che era diventato, contro ogni previsione, uno dei suoi più cari amici esclamare “Dio, che tempo da lupi!”

Ridacchiando, Emily si sporse dal retro del locale, dov’era andata a prendere un sacco di caffè con cui riempire la macchina, e replicò, di rimando “Tempo ideale per un caffè alla nocciola”.

“Caffè alla nocciola?” chiese l’uomo, incuriosito “È nuovo?”

Emily fece un cenno affermativo con la testa e suggerì “Vai a sederti vicino al calorifero, così ti asciughi. Te ne porto una tazza”.

Mentre si avvicinava al tavolino dove si sedeva di solito e si toglieva il cappotto, mettendolo a sgocciolare sullo schienale della sedia, Donnie guardò fuori dalla finestra, dove la neve cadeva fitta, coprendo New York City di una coltre bianca che era sicuramente molto suggestiva per i turisti, ma una vera scocciatura per chi, invece, aveva delle faccende da sbrigare, perché rendeva i marciapiedi impraticabili e congestionava il traffico, già di per sé sempre piuttosto intenso.

Senza che potesse farne a meno, Donnie si trovò a ripensare alla prima volta in cui era entrato in quella caffetteria, qualche mese prima, e al suo primo incontro con Emily.

 

**Flashback - ottobre 2010**

 

Era stata una giornata massacrante. Aveva dormito poco, la notte precedente e, come se non bastasse, una volta arrivato sul set di Blue Bloods, aveva scoperto che erano in grande ritardo sulla tabella di marcia a causa di un guasto alla linea elettrica.
La stanchezza aveva compromesso la sua concentrazione ed era stato costretto a ripetere la stessa scena almeno dieci volte, prima che uscisse come il regista aveva in mente. Era una cosa che non gli succedeva quasi mai e quando, alle cinque passate, aveva lasciato il set, Donnie non riusciva a decidere se si sentiva più stanco o più frustrato. Forse un mix tra i due.

Aveva deciso di fare due passi, nonostante la pioggia, che cadeva fitta sulla città fin dalla mattina, rendesse il clima decisamente poco adatto alle passeggiate. 

Non importava. Donnie sapeva che camminare gli avrebbe disteso i nervi.

Aveva sollevato il colletto dell’impermeabile e si era avviato, mischiandosi alla folla che riempiva i marciapiedi.
Dopo aver camminato per un tempo imprecisato sotto l’acqua, aveva iniziato a sentire il freddo e l’umidità entrargli nelle ossa quindi, quando aveva notato l’insegna luminosa di una piccola caffetteria all’angolo di una strada poco trafficata, vi si era diretto senza esitazioni.

Una tazza di caffè bollente era proprio quello che gli ci voleva.

Non appena messo piede all’interno, si era accorto che il locale era deserto e, per un istante, si era perfino domandato se non fosse chiuso. 

L’inconfondibile aroma di caffè appena fatto, però, sembrava indicare tutto il contrario. 

Un istante dopo, infatti, sentì una voce, proveniente con tutta probabilità dal retro del locale.

“Si metta comodo, arrivo subito”.

Lasciandosi sfuggire un sorriso, Donnie si era diretto verso il tavolino più vicino al termosifone, aveva tolto l’impermeabile ed era rimasto in attesa.

Non aveva dovuto aspettare molto. Dopo un paio di minuti, si era trovato di fianco una ragazza, capelli castani raccolti in uno chignon spettinato, cappellino con il logo del locale, grandi occhi marroni luccicanti e un sorriso cordiale. Indossava un paio di jeans e un grembiule coordinato al berretto, ma quello che lo colpì maggiormente, fu la t-shirt, su cui faceva bella mostra di sé la locandina del film Lo squalo.

"Buonasera e benvenuto da Coffeholic. Sa già cosa gradisce o vuole che le porti il menù?”

Donnie aveva ricambiato il sorriso, senza però riuscire a staccare gli occhi dalla maglietta della ragazza di fronte a lui, e aveva risposto, distrattamente “Solo un caffè, grazie”.

“Americano, long black o espresso?” gli aveva chiesto lei, professionale.

“Americano,” aveva precisato Donnie e poi aveva aggiunto “ma fammelo bello forte”.

Il sorriso della ragazza si era allargato ancora di più e a Donnie era parso di notare una punta di orgoglio nel suo tono di voce, mentre dichiarava “Sono mezza italiana, non so farlo altrimenti”.

Quando, qualche minuto dopo, era tornata per portargli il caffè, Donnie aveva deciso di attaccare bottone.

Era annoiato e quella ragazza aveva qualcosa che lo incuriosiva.

“Quindi sei mezza italiana, eh?” le aveva chiesto.

Lei aveva annuito, prima di spiegare “Mamma italiana, papà americano. Papà era nell’esercito e si sono conosciuti mentre era di stanza là”.

“Sei nata in Italia?” le aveva domandato Donnie, sempre più interessato.

La ragazza aveva scosso la testa.

“No, io sono nata qui. Mia sorella maggiore è nata in Italia, invece. Però ho vissuto là per un periodo, tra i sei e quindici anni”.

“È lì che hai imparato a fare un caffè così buono?” osservò Donnie, dopo aver assaporato un sorso della bevanda che gli aveva portato.

Lei aveva sorriso e, con un’espressione soddisfatta, aveva replicato “Può darsi”.

“Come ti chiami?” le aveva chiesto lui, rendendosi conto solo in quel momento che non aveva notato nessun cartellino con il nome.

“Emily, ma tutti mi chiamano Emi” aveva risposto lei. “E tu sei?”

Donnie aveva strabuzzato gli occhi, sorpreso. Possibile che non l’avesse riconosciuto?

La ragazza, però, continuava a fissarlo con espressione curiosa, quindi dedusse che non aveva idea di chi lui fosse.

“Donald,” disse, porgendole la mano “ma tutti mi chiamano Donnie”.

Emi gli aveva stretto la mano ed entrambi avevano esclamato, nello stesso momento “Piacere”, dopodiché erano scoppiati a ridere.

 

**Fine flashback - dicembre 2010**

 

Da quel loro primo incontro, Donnie aveva continuato a frequentare la caffetteria dove lavorava Emi. Il caffè era ottimo e quella ragazza gli piaceva.

Ogni volta che ne aveva la possibilità, Emi si fermava a fare quattro chiacchiere con lui e, alla fine, Donnie aveva scoperto parecchie cose sul suo conto.

Emi aveva ventisei anni ed era originaria del Connecticut. I suoi genitori si chiamavano Robert e Francesca e aveva una sorella più grande di quattro anni che si chiamava Martha e viveva in New Jersey con il marito, Tom, anche lui nell’esercito.

Oltre a lavorare nella caffetteria, Emi frequentava un corso di fotografia e sperava di riuscire a diventare una fotografa professionista in futuro.

La ragazza aveva una passione per le magliette buffe e ne sfoggiava una diversa ogni giorno, per la gioia di Donnie, che lo trovava esilarante e non perdeva occasione per fare qualche commento a riguardo.

Dopo le prime chiacchierate, Donnie le aveva ovviamente confessato di essere un attore e di avere una parte fissa in Blue Bloods. Le aveva anche raccontato della sua famiglia e di suo fratello Mark, che lei aveva iniziato a chiamare scherzosamente quello veramente famoso.

Emi non gli era sembrata particolarmente colpita dal fatto che fosse un attore e aveva continuato a trattarlo allo stesso modo.

Per qualche motivo che nemmeno lui sapeva spiegarsi, però, Donnie non le aveva detto dell’altra sua carriera con i New Kids On The Block. Non che se ne vergognasse o temesse il giudizio della ragazza, semplicemente non ne aveva mai avuto l’occasione.

Sapeva che avrebbe dovuto farlo, però, specialmente dato che, a forza di chiacchierare, i due erano diventati buoni amici ed Emi gli aveva confidato cose molto personali, che l’avevano fatto sentire onorato che avesse scelto di aprirsi con lui.

Oltre a essere simpatica e divertente, Emi era anche piuttosto carina e Donnie l’aveva notato subito. Non una di quelle bellezze mozzafiato che fanno girare la testa agli uomini per strada, ma piuttosto una bellezza semplice, acqua e sapone, più da ragazza della porta accanto. Non vestiva mai in modo appariscente e non portava lunghe unghie laccate - che sarebbero risultate fuori luogo nel suo contesto lavorativo - ma aveva uno degli sguardi più profondi che Donnie avesse mai incrociato e i suoi lunghi capelli castani - che Donnie aveva avuto modo di vedere sciolti, una volta - le incorniciavano il viso, rendendone i contorni più morbidi e riuscendo, in qualche modo inspiegabile, a far risaltare ancora di più gli occhi, sempre delineati da una sottile linea di matita nera.

Insomma, a Donnie piaceva Emi e, dopo qualche settimana di conoscenza, aveva iniziato a farle un leggera corte, sperando di riuscire strapparle un appuntamento. 

Per sua sfortuna, però, Emi gli aveva subito fatto capire che non c’era storia e, per spiegare il motivo del suo rifiuto, gli aveva raccontato la sua storia.

Fin dalle scuole superiori, Emi era stata fidanzata con un compagno di scuola. Lui era il classico bravo ragazzo, studente eccellente, borsa di studio per Princeton, adorato da tutti, genitori di Emi compresi. Chiunque, compresi loro stessi, erano fermamente convinti che si sarebbero sposati non appena Derek, così si chiamava il ragazzo, si fosse laureato in legge, e avrebbero finito con l’avere la classica famigliola felice da pubblicità degli anni trenta, corredata di casa con la staccionata bianca e cane giocherellone sullo sfondo.

Purtroppo, le cose non erano andate secondo i piani. 

Subito dopo il diploma, Emi aveva iniziato ad avere dei problemi di salute e le era stato diagnosticato un cancro alle ovaie in stadio già piuttosto avanzato. Superato lo shock iniziale, la ragazza si era sottoposta a tutti i trattamenti necessari, che però non avevano funzionato, quindi, l’unica soluzione possibile rimasta per salvarle la vita, era stata sottoporla a un’operazione, che le aveva sì permesso di continuare a vivere, ma l’aveva lasciata senza ovaie e utero e, quindi, totalmente incapace di avere figli.

Per quanto la situazione non fosse delle più felici, era assolutamente superabile. I due ragazzi non avrebbero nemmeno dovuto rinunciare a essere genitori, bastava che iniziassero le pratiche per l’adozione. Derek, però, pareva non volerne sapere e aveva iniziato a mostrare chiari segni d’insofferenza nei confronti della povera Emi, che doveva ancora riprendersi del tutto dall’operazione.

Un giorno, la ragazza aveva deciso che ne aveva abbastanza e aveva parlato al fidanzato, pregandolo di spiegarle cosa c’era che lo turbava. Era venuto fuori che uno dei traguardi fondamentali della vita, per Derek, era non solo diventare padre, ma tramandare i suoi geni alla sua progenie e il fatto di sapere di non poterlo fare lo mandava letteralmente in paranoia.

Ferita e delusa dal comportamento del fidanzato, Emi si era rifiutata di permettergli di farla sentire in colpa per qualcosa che non dipendeva da lei ma che, anzi, aveva dovuto subire, e l’aveva mandato al diavolo, per la felicità di Derek, che poco dopo era partito per Princeton e si era fidanzato - e poi sposato - con una ragazza conosciuta lì, dalla quale aveva già avuto un bambino.

Emi, dal canto suo, era rimasta con il cuore spezzato, finché non si era rimessa in forze e aveva trovato il coraggio di riprendere in mano la sua vita. 

Si era trasferita a New York, si era iscritta a un corso di fotografia e, soprattutto, aveva giurato di averne avuto abbastanza e che non avrebbe mai più avuto a che fare con un uomo in vita sua, quanto meno a livello sentimentale. 

Bene, quindi, essere amici, se a Donnie poteva bastare, ma non avrebbe mai ottenuto nulla di più, da lei.

Colpito dal racconto delle vicissitudini che Emi aveva dovuto affrontare, Donnie aveva decretato che la ragazza gli piaceva troppo per rinunciarci e che sì, essere amici poteva tranquillamente bastargli.

Emi ne era stata entusiasta perché anche a lei Donnie piaceva moltissimo e non voleva rinunciare al loro rapporto.

Da quel giorno, la loro amicizia era diventata ancora più profonda.

Quel freddo martedì di dicembre, a ridosso delle vacanze di Natale, Donnie era andato a salutare Emi prima di partire per Boston, dove avrebbe trascorso le vacanze natalizie da sua madre, insieme ai suoi due figli e ai fratelli, con le rispettive famiglie. Aveva deciso che era arrivato il momento di raccontare a Emi dei New Kids e, per questo, le aveva portato un regalo.

Si rallegrò, quindi, nel notare che la caffetteria era praticamente vuota, fatta eccezione per un ragazzo seduto a un tavolino accanto alla finestra, che digitava al computer con aria concentrata, sorseggiando quello che, a giudicare dalle tazze sporche accanto a lui, doveva essere almeno il decimo caffè della giornata.

Emi passò accanto al ragazzo con un vassoio e liberò il tavolo dalle tazze sporche, dopodiché sparì nuovamente sul retro, tornando poco dopo con in mano due tazze di caffè appena fatto. Ne posò una accanto al ragazzo con il computer, poi andò al tavolino a cui era seduto Donnie, gli mise l’altra tazza di fronte e prese posto sulla sedia davanti a lui, spronandolo “Forza, assaggia e dimmi cosa ne pensi. È una novità che stiamo valutando di inserire sul menù”.

Donnie bevve un sorso e sorrise.

“Buono,” commentò “per me è un sì”.

“Spolveratina di cacao?” domandò la ragazza, interessata.

Donnie fece sì con la testa.

“Sarebbe perfetto” approvò.

Emi gli rivolse un sorriso a trentadue denti, poi incrociò le braccia sul tavolo e gli chiese “Cosa mi racconti, Wahlberg?”

Prendendo l’ultimo sorso di caffè, Donnie posò la tazza e la guardò negli occhi, prima di rispondere “Finito le riprese per quest’anno. Domani vado a prendere i ragazzi da Kim e andiamo a Boston da mia madre”.

“Passerete il Natale lì?” si informò Emi.

Donnie annuì.

“Ci saranno anche i miei fratelli e sorelle, con le rispettive famiglie. Una grande riunione Wahlberg” annunciò.

La ragazza sollevò un sopracciglio e gli rivolse un’occhiata furba.

“Ci sarà anche il fratello veramente famoso?” lo canzonò.

Donnie rise.

“Sì, ci sarà anche Mark”. Poi, lanciando all’amica uno sguardo divertito, aggiunse “Se fai la brava, vedo se riesco a rimediarti un autografo”.

Questa volta fu Emi a ridere di gusto, commentando “Beh, grazie. Sarebbe proprio un bel regalo di Natale”.

“In realtà, ti avrei preso un’altra cosa, per Natale” replicò Donnie, porgendole un pacchetto, la cui carta con gli orsetti polari si era purtroppo bagnata a causa della neve.

“Scusa, si è un po’ sciupato venendo qui” si giustificò, dispiaciuto.

Emi scosse la testa e gli rivolse un sorriso imbarazzato.

“Non dovevi prendermi niente,” lo rimproverò, dolcemente “io non ti ho fatto un regalo”.

Donnie si strinse nelle spalle e confessò “In realtà è un pezzo che voglio dirti una cosa, ma non sapevo bene come fare, e il regalo mi facilita il compito”.

Emi gli lanciò un’occhiata tra lo stupito e il preoccupato e Donnie scoppiò a ridere.

“Tranquilla,” la rassicurò “nulla di compromettente. Aprilo e vedrai”.

Visibilmente più rilassata, Emi iniziò a strappare la carta che avvolgeva il regalo, portando alla luce una maglietta. La spiegò e se la alzò davanti agli occhi, per vederla meglio. Quando ritenne di averla studiata a sufficienza, la posò sul tavolo e guardò Donnie, con un mezzo sorriso.

“Grazie, questa mi mancava” sentenziò.

“Figurati” ribatté Donnie. “Ho pensato che dovessi averla”.

“Ti piacciono i New Kids On The Block?” gli chiese lei, incuriosita.

Donnie sorrise e rispose “Sono il mio gruppo preferito”.

“Una boy band?” domandò Emi, stupita, e lui si limitò ad annuire

“Curioso” commentò la ragazza, ripiegando meticolosamente la maglietta.

“Trovi?” le chiese Donnie, divertito.

Emi fece spallucce e confessò “Non ti facevo il tipo da boy band”.

“Potrei stupirti” replicò lui, con un sorrisino malizioso.

La ragazza colse subito la provocazione e lo sfidò “Oh, fallo, ti prego”.

Donnie le prese la maglietta dalle mani e la stese sul tavolino, in modo che si vedesse bene l’immagine stampata. Poi alzò lo sguardo su Emi e le disse “Guarda bene la maglietta. Noti niente?”

La ragazza abbassò gli occhi sulla t-shirt e iniziò a scrutarla attentamente, seguendo con l’indice della mano destra i profili delle figure dei cinque ragazzi in fotografia. Dopo qualche istante, alzò il viso e puntò i profondi occhi marroni in quelli di Donnie, prima di dichiarare “Sai che questo tipo un po’ ti somiglia? È un tuo parente?”

Donnie sorrise e sentenziò “Sono io”.

Emi spalancò gli occhi e restò a fissare l’amico con espressione sconvolta. Poi abbassò lo sguardo e studiò di nuovo la maglietta. Infine, tornò a fissare Donnie, senza parole.

Quando, finalmente, riuscì a riprendere possesso delle sue facoltà mentali, farfugliò “Davvero?”

Donnie si limitò ad annuire, senza nient’altro da aggiungere.

“Credevo facessi l’attore” osservò Emi, confusa.

“Anche. Ma i New Kids sono stati il mio primo lavoro,” spiegò Donnie “i ragazzi sono come i miei fratelli”.

Emi restò un istante a guardare l’amico, in silenzio. Poi gli domandò “Perché non me l’hai detto subito?”

Sentendosi un pochino in colpa, Donnie alzò le spalle e ammise “Non mi hai riconosciuto e poi non sapevo più come dirtelo”.

Un guizzo divertito attraversò gli occhi di Emi, poco prima che commentasse “Troppo giovane per conoscere i New Kids”.

Fingendosi offeso, Donnie esclamò “Mi stai dando del vecchio per caso?”

Emi si affrettò a fare no con la testa e, per giustificarsi, gli rammentò “Cresciuta in Italia, ricordi?”

“Salvata in extremis” sentenziò Donnie, senza riuscire a trattenere una risata.
“Quindi non sei famoso solo come attore, ma anche come cantante” osservò la ragazza, impressionata.
Donnie annuì, poi, preoccupato che la rivelazione potesse in qualche modo intaccare il rapporto che si era creato tra loro, le domandò “Cambia qualcosa?”

Emi scosse la testa, poi, con un sorrisino divertito, sentenziò “No, nulla. Vorrà dire che da adesso sarai anche il mio cantante preferito”.
 
  
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