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Autore: LaTuM    22/09/2022    1 recensioni
"Allora, ti ho strapazzato abbastanza?"
"Puoi fare di meglio Kuroo-san. Anche se non credo Daichi sarebbe felice di sapere come i giocatori di altre squadre strapazzano i suoi primini..."
"Non serve che lo venga a sapere..."
| KuroTsuki - seguito di Come il Gatto catturò la Luna |
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Gatto e la Luna'
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E venne la Luna che morse il Gatto

Diclaimer: Haikyu! non mi appartiene e da questa storia non ci ricavo neanche uno zellino.

Nelle puntate precedenti:
- Come il Gatto catturò la Luna


E venne la Luna che morse il Gatto



“Quindi… ripetimi cos’è che ti ha detto Sawamura” mormorò Kuroo avvicinando le labbra all’orecchio di Tsukishima.

Al biondo vennero i brividi sentendo quel sussurro appena accennato, la voce dell’altro improvvisamente seria, priva di scherno ma provocante ed eccitante. Le sue labbra che gli sfioravano la pelle ma senza toccarlo davvero.

Kei non l’avrebbe mai ammesso a voce alta, ma gli era mancato quel contatto. Gli era mancata la sensazione del corpo di Kuroo accanto al suo, delle sue labbra calde da cui uscivano parole in grado di annullare le sue resistenze, trasformandolo in qualcuno che lui stesso faticava a riconoscere.

Seduti sul letto di Kuroo un sabato pomeriggio a Tokyo, avevano entrambi saltato gli allenamenti con la scusa di un raffreddore improvviso… ma ne era valsa la pena.

Un pomeriggio in palestra non li avrebbe resi più bravi a murare, ma quelle ore passate insieme a casa a casa del capitano del Nekoma con i suoi fuori casa per il weekend, avrebbero sicuramente allentato la tensione. Circa.

Un braccio di Kuroo era appoggiato alla spalla sinistra di Tsukishima, vicino all’orecchio dove ancora le sue labbra stavano indugiando, mentre con l’altra mano si era appoggiata sul muro a cui davano le spalle, quasi a volerlo intrappolare in quello spazio ristretto, decisamente troppo piccolo per due ragazzi della loro stazza.

“Allora…?” lo incoraggiò il moro spostando le labbra verso la sua guancia, liscia e quasi priva di imperfezioni.

La pelle di Kei era calda e, data la vicinanza, Kuroo poteva vedere gli zigomi del biondo aver assunto una leggera colorazione rosata. Gli venne da sorridere mentre con la punta del naso gli dava una piccola spinta, a metà tra una carezza e l’invito a inclinare la testa… cosa che l'altro fece senza protestare, inspirando profondamente quando le labbra di Kuroo andarono ad accarezzargli la pelle del collo.

“Ti ha divertito così tanto?” gli domandò invece Tsukishima con il suo tono di scherno ma senza la solita freddezza che era solito contraddistinguerlo.

“Parecchio. Soprattutto perché non sa che non sei veramente a casa con il raffreddore.”

Kei sbuffò dal naso quella che a tutti gli effetti sembrava una risata e si schiarì la voce, in modo da poter interpretare la migliore imitazione del capitano del Karasuno.

Non capita tutti i giorni di farsi strapazzare dai giocatori di altre squadre...”

Kuroo rise di gusto prima di andare a congiungere, senza esitazioni, le sue labbra con quelle di Kei, dandosi finalmente quel bacio che entrambi volevano scambiarsi da che si erano visti ma che non sapevano come iniziare.

La mano del moro lasciò il muro a cui era appoggiata per raggiungere la guancia di Tsukishima, carezzandogli la pelle con il pollice e inclinandogli leggermente la testa per approfondire il contatto. Kei non si fece pregare, socchiuse le labbra e lasciò che il bacio diventasse caldo e languido, portando una mano tra quei terribili capelli neri che gli erano mancati così tanto. Kuroo gli si avvicinò ulteriormente, facendo quasi aderire i loro corpi, prima che Kei, scomodo per quell’assurda posizione, lo non facesse spostare quel tanto che bastava per sdraiarsi sul morbido materasso e trascinare con sé l’altro ragazzo. Questo gemette per la sorpresa e aspettò che entrambi distendessero per bene le loro lunghe gambe, prima di avventarsi con fame e desiderio sulla bocca e sul corpo del biondo.

Il calore che proveniva dalla loro pelle sembrava bruciare sotto i vestiti: sapevano entrambi essere solo suggestione ma, nonostante gli strati di stoffa che ancora li dividevano, gli sembrava di riuscire a percepire ogni singola cellula dell’altro.

Si erano rivisti dopo il campus estivo durante un breve ritiro prima delle qualificazioni ai Nazionali, ma il tempo a loro disposizione era stato poco e, come sempre, tiranno.

Il quel momento però non c’era nessuno da cui dovevano nascondersi, non c’erano compagni di squadra rumorosi e ficcanaso, professori e coach che si aggiravano per l’istituto che li ospitava per essere certi che non arrecassero danni o infastidissero le ragazze.

In quel momento c’erano solo loro due, le loro labbra e i loro respiri che si erano finalmente incontrati di nuovo e che potevano assaporarsi il momento: con calma o impazienza, non aveva importanza, c’erano solo loro due, una casa silenziosa e le loro mani curiose che finalmente avevano la libertà e il permesso di sfiorarsi.

Dita veloci andarono a insinuarsi sotto i bordi delle rispettive magliette, i polpastrelli, così allenati a percepire ogni singola grinza e vibrazione del pallone che stavano murando, si ritrovarono improvvisamente sopraffatti da quello che riuscivano a cogliere della pelle l’uno dell’altro.

Le dita di Tsukishima, leggermente tremanti - forse insicure - ma al tempo stesse determinate, iniziarono a tracciare una mappa sulla schiena e sui fianchi di Kuroo, sentendo la pelle incresparsi al passaggio. Cercavano di memorizzare ogni singolo centimetro, quasi la pelle del moro fosse un libro scritto in Braille che Kei non vedeva l’ora di sfogliare.

Un gemito risalì dalla gola di Kuroo perdendosi sulle labbra del biondo che, con il sangue che sembrava essere diventato un fiume di lava pronto a incendiargli il cuore e il respiro, ribaltò le loro posizioni, andando a sovrastare il corpo di Kuroo. Aveva imparato che non gli dispiaceva lasciarsi andare, perdere quel briciolo di inibizione, divenendo succube e dominante seguendo l'istinto. Si spinse su Tetsurou, cercando tutto il contatto possibile perché quello che aveva non era abbastanza.

Non lo era neanche per Kuroo che ne approfittò per impossessarsi della pelle del biondo, senza limitarsi a sfiorarla, ma stringendo e graffiando, quasi volesse marchiarlo come suo e suo soltanto.

“Kei…” mormorò Kuroo sulle labbra dell’altro, una domanda inespressa, difficile da porre e ancor più difficile accettare la risposta, qualunque fosse stata.

La mano destra del biondo strinse il fianco del capitano del Nekoma nella speranza che un semplice gesto bastasse per capirsi e far si che le barriere che c’erano ancora tra di loro finissero dimenticate sul pavimento, lasciando spazio a quel calore totalizzante che sembrava ardergli dentro, fomentato dal mantice che era il loro respiro, troppo intenso perché placasse la fame e il desiderio di volersi assaporare.

I loro corpi inesperti ma audaci non smettevano di cercarsi, alla ricerca di quel qualcosa che potesse spegnere – almeno per un po’ - le fiamme che sembravano volerli bruciare.

Kuroo gemette di sorpresa e di piacere quando la lingua di Kei iniziò a percorrere il suo corpo, proseguendo una discesa inesorabile, carica di imbarazzo e aspettative. Le dita di Kuroo si unirono a quelle incerte di Kei che non voleva più attendere che fosse l’altro il primo a muoversi, a decretare il ritmo di ciò che erano e che sarebbero stati.

Una bocca calda e inesperta accolse la sua eccitazione. Kuroo si impose calma e pazienza, facendo appello a tutto il suo autocontrollo per poter godere a pieno di quel momento, così inaspettato e al tempo stesso così atteso. Non aveva avuto il coraggio di chiederlo, figurarsi di reclamarlo, imponendo un ritmo o dei gesti che avrebbero potuto in qualche modo infastidire il biondo.

Kei si lasciò andare, memore delle promesse che si erano scambiati a voce ai campus o scritti nel segreto delle chat su Line che poi venivano prontamente cancellate affinché nessuno potesse anche solo per sbaglio posare lo sguardo su quelle parole, tanto audaci dietro uno schermo ma che sembravano così timide e ingenue dal vivo.

Le sensazioni reali però erano soverchianti.

Kuroo inarcò il collo e sollevò il bacino quando al calore in cui era sprofondato si unì la presa salda di una mano curiosa, che assecondava i movimenti, scendendo di tanto in tanto ad esplorare zone ignote che portavano verso un abisso sconosciuto ma ne quale avrebbe voluto tuffarsi. Kuroo quasi faticava a respirare per il troppo piacere oramai imminente che sembrava un incendio pronto a divampare. Con quel lieve barlume di consapevolezza che ancora gli era rimasto, portò una mano ai capelli del biondo, cercando di allontanarlo. Non voleva bruciarlo, non così, non così presto. L’altro capì, ma non abbastanza in fretta perché le ondate del suo piacere non lo colpissero in pieno viso, annebbiandogli la vista, macchiandogli le lenti, colando impietose sulle guance.

Gli mancava l’aria, aveva del tutto perso la facoltà di ragionare, parlare sembrava davvero uno sforzo che non sarebbe mai più riuscito a compiere, eppure aprì la bocca, mormorando sconnesse parole di scuse, mortificate e dispiaciute.

“Non deve essere l’ultima volta...” rispose il Kei, con il viso dello stesso colore delle lenzuola. Rosse come la divisa del Nekoma.

Kuroo sorrise per poi afferrare un lembo di stoffa, carezzando il viso di Kei e liberandolo da quel marchio che era così vergognoso quanto eccitante. Gli tolse gli occhiali, pulendo le lenti quel tanto che bastava, prima di appoggiare con delicatezza sul comodino quel prezioso artefatto che tanto contraddistingueva il centrale del Karasuno.

Le sue mani poi si posarono sulle guance di Kei, sfiorandogli gli zigomi con i pollici, quasi volesse lavare con la sua stessa pelle le tracce che gli bruciavano e annebbiavano la mente. Lo baciò con bisogno, stanco e con i sensi ancora annebbiati, alla ricerca di un piacere che voleva anche l’altro provasse. Kuroo si ritrovò quasi ad arrossire a sua volta al pensiero che quella bocca gli aveva regalato quel momento di estasi. Spinse il bacino verso quello dell’altro ragazzo, percependo la stessa eccitazione e lo stesso bisogno che Kei gli aveva appena saziato.

“Tsukki sei...”

“Non chiamarmi Tsukki” lo interruppe immediatamente l’altro, afferrandogli con forza i capelli e costringendolo a reclinare la testa. Un gemito gutturale risalì dalla gola del moro, che in tutta rispose spinse la sua eccitazione appena chetata verso quella di Kei, gettando benzina sul fuoco, fomentando quel piacere non ancora saziato, che aspettava solo il corpo dell’altro per venire soddisfatto.

Kuroo spinse Kei e sdraiarsi sul materasso, spogliandolo dei vestiti e della vergogna che sembrava improvvisamente essersi impossessata di lui, nonostante lo slancio d’iniziativa mostrato prima e che aveva lasciato l’altro completamente senza parole.

Non velenosa come quella del biondo, ma la lingua tagliente e provocatrice di Kuroo cominciò a tracciare un percorso bel preciso, lento e inesorabile.

Una scia calda solcava la pelle di Tsukishima, tracce bollenti di preludio al piacere raggiunsero la sua eccitazione che venne accolta dal calore di una bocca morbida e dolce.

Kuroo era sdraiato, i piedi fuoruscivano dal materasso sempre troppo corto per due centrali, ma si fece spazio tra le gambe dell’altro, sollevandogli leggermente le ginocchia, facendole posare sulle sue spalle. Kei si sentiva esposto, alla mercé del moro, che sorrise nonostante la sua bocca fosse concentrata altrove. La sua voce però sembrava aver dimenticato cosa fosse la vergogna, chiedendo all’impertinente capitano di dargli di più. Voleva sentirlo, voleva il calore di Kuroo impresso sulla sua pelle, così come nella sua mente. Voleva il suo corpo contro il suo, attorno al suo, dentro al suo. Voleva tutto ciò che Kuroo poteva offrirgli.

Un gemito – o era altro? Com’era alta la voce di Tsukki – improvviso sfuggì dalle labbra di Kei quando la bocca del moro lo abbandonò, per spostarsi curiosa e provocante dove il ragazzo non l’avrebbe mai immaginata. Il piacere sembrò stordirlo. Nuove sensazioni, brividi inaspettati lo spinsero a inarcare la schiena, alla ricerca di un contatto più profondo. Voleva di più e al tempo stesso voleva che quel calore che l’aveva lasciato lo avvolgesse di nuovo.

Kei si vergognò al pensiero di voler riversare il proprio piacere in quel calore, ma la lingua di Kuroo sembrava volerlo costringere a non poter pensare ad altro.

Come a replicare i suoi gesti, fu il moro a tornare su Kei, affondando delicatamente in quel calore avvolgente che gli offriva il corpo dell’altro. Solo un dito, un breve e delicato tocco, fu sufficiente perché la mente di Kei si svuotasse, perdesse ogni cognizione di causa e di sé, riversandosi come desiderato e sperato nel calore in cui lo stava avvolgendo Kuroo.

Gli occhi di Kei erano fissi sul volto del moro che pian piano si era allontanato da lui, le labbra sigillate e una strana espressione sul viso. Fece per domandargli qualcosa ma Kuroo fece segno di no con la testa prima di alzarsi uscire dalla stanza.

Tsukishima era troppo sconvolto per quanto appena accaduto, riusciva solo a sentire i suoi respiri affannati mentre cercava di regolarizzare il respiro: la fronte imperlata di sudore, il corpo ancora scosso dai tremiti e i muscoli del viso che non ne voleva sapere di smettere di obbligarlo a sorridere.

Con gli occhi semi chiusi vide Kuroo tornare. Il moro si sdraiò accanto a lui, spingendolo gentilmente di lato affinché gli facesse un po’ di spazio per stare entrambi più comodi.

“Come va?” chiese Kuroo divertito.

“Tu… sei fuori di testa” gli rispose il biondo ancora esterrefatto.

L’altro ridacchiò e posò le labbra sul collo di lui, strofinando il naso sulla pelle sensibile, e percependo il battito ancora accelerato del biondo.

“Hai le labbra fredde...” mormorò Kei “Scusami, io...”

“Nah, me lo aspettavo. Solo che non ero pronto al passo successivo. Sapore e consistenza mi hanno preso un po’ alla sprovvista.”

Kei arrossì a quelle parole e al pensiero di cosa stavano parlando, anche se in fin dei conti lui aveva ancora la faccia sporca di…

“Chissà, magari la prossima volta andrà meglio!” concluse il moro riscuotendolo dai suoi pensieri.

“Fai schifo…”

“Non mi eri parso della stessa idea poco fa…”

Kei gli mise un braccio sulla schiena, attirandolo a sé. Kuroo era un idiota, anche se passare il tempo in sua compagnia non era affatto così male come aveva pensato… gli costava parecchio ammetterlo, ma gli piaceva quell’idiota.

Il moro si ritrovò quasi a fare le fusa estasiato per quel gesto iniziato dall’algido Tsukishima, ma aveva avuto modo di constatare di prima mano (e non solo) che il biondo centrale del Karasuno era pieno di sorprese.

“Allora, ti ho strapazzato abbastanza?” domandò Kuroo con un sorriso sornione.

Kei rise, con un tono quasi di scherno e provocatorio.

“Puoi fare di meglio Kuroo-san. Anche se non credo Daichi sarebbe felice di sapere come i giocatori di altre squadre strapazzano i suoi primi...”

Kuroo affondò il viso nell’incavo del collo di Kei e gli diede un leggero morso, tracciando poi la lingua il tragitto che portava sino al suo orecchio.

“Non serve che lo venga a sapere...”

Le loro labbra si incontrarono a metà strada, in un bacio che nessuno dei due aveva dovuto chiedere perché venisse soddisfatto. Era venuto naturale, come un bisogno da soddisfare, un qualcosa che era un ringraziamento e una rassicurazione. Andava tutto bene.

Era stato un pomeriggio assurdo, bramato ma al tempo stesso sconvolgente.

Chissà a cosa avrebbe portato la sera.



Note dell’autrice:

Chiamiamolo esercizio di stile.

Ho cercato di scrivere una scena NC17 nel modo meno p0rn possibile… bah!

Il tutto è nato dalla frase detta da Daichi quando Tsukki è stato convocato al campo della Shiratorizawa. Sto riguardando le stagioni in italiano per godermi a pieno alcune scene che ho sempre visto di sfuggita causa lettura sottotitoli, e quella frase ha portato a… questo.


   
 
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