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Autore: Koa__    27/09/2022    13 recensioni
Draco e Harry annunciano il loro matrimonio, dopo un primo momento di sconvolgimento, Narcissa si offre di aiutarlo con i preparativi. Il primo ostacolo, si rende conto Draco, è il vestito da sposo. Ovviamente, quello che dovrebbe essere uno dei giorni più emozionanti della sua vita si trasformerà un qualcosa di tragicomico.
[Sequel di: "Un matrimonio da sogno (o quasi)]
"Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2023 indetti sul forum Ferisce la penna"
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
- Questa storia fa parte della serie 'Wedding Disaster'
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Note introduttive: Cosa dovete sapere su questa storia? Anzitutto è un sequel di un’altra mia fanfiction Drarry (post settimo libro senza epilogo) intitolata “Un matrimonio da sogno (o quasi)” in cui Harry e Draco sono una coppia stabile. Harry viene invitato dal cugino Dudley al suo matrimonio babbano e lui non solo accetta, ma decide di portare anche Draco. Il matrimonio però sarà un disastro in quanto le famiglie degli sposi sono in totale disaccordo, ma Harry e Draco capiranno comunque che il matrimonio è un passo che vorrebbero fare entrambi. Gli eventi qui narrati si ambientano tre mesi dopo quegli eventi. Si tratta di una storia comica, a tratti demenziale, con personaggi e situazioni portate all’estremo. 






 

Say yes to the dress!








 

Erano passati tre mesi dal disastroso e sorprendentemente divertente matrimonio di Dudley Dursley. Tre mesi da quando Draco Malfoy ed Harry Potter avevano deciso di sposarsi, dentro alla macchina del signor Weasley per altro e in una situazione molto poco romantica dopo una giornata a dir poco tragicomica. Dopo di allora si erano entrambi lasciati assorbire dalla quotidianità, fino a che non si erano resi conto che era necessario, se volevano davvero convolare a giuste nozze, dirlo anche al resto mondo. La prima difficoltà era stata comunicarlo ai familiari e siccome Potter era orfano, il che giocava parecchio a suo vantaggio, tanto per cominciare in bellezza avevano iniziato dai suoi genitori. Quel giorno Draco Malfoy aveva dovuto drogarsi di felix felicis per trovare la forza di andare a quel tè organizzato da sua madre, naturalmente a Potter non lo aveva detto, sebbene fosse evidente che avesse trovato il suo entusiasmo a riguardo alquanto sospetto. Obiettivamente? Era una pessima idea! Si trattava di un tè elegante, per giunta al maniero dei Malfoy. Con Potter che di elegante non aveva proprio niente e al quale aveva addirittura dovuto spiegare cosa fosse un “Tè elegante” perché per lui il tè era quella bustina babbana che ficcava dentro a una tazza piena di acqua calda, come dei bifolchi in pratica. Lo stesso Potter che prevedibilmente aveva mandato il cervello in vacanza, almeno a giudicare dalla quantità di "bla" ed "ehm" che aveva snocciolato a fronte di ogni domanda che gli veniva posta mammina e papino. Decisamente una pessima idea, ma Draco ovviamente non si rese conto di nulla. Era così entusiasta che nel levarsi in piedi al momento del grande annuncio aveva fatto traballare il tavolo.


«Io ed Harry ci sposiamo!» 

 

Così aveva detto e sua madre si era immobilizzata, là seduta a quel tavolo rotondo, con un cucchiaino stretto tra le dita e lo zucchero finito sulla tovaglia della prozia, gli occhi che avevano saettato in sua direzione e che avevano fissato entrambi con un miscuglio di stupore e incredulità. A suo padre sarebbero diventati i capelli bianchi, se non li avesse già avuti di quel colore, ma probabilmente lui era ancora fermo al: “Ho un ragazzo e questo ragazzo è Harry Potter”, dichiarazione da cui per altro erano passati anni. Per rincarare la dose aveva preso il suddetto fidanzato per mano, lo aveva costretto ad alzarsi mentre lui in risposta sorrideva imbarazzato: «Io ed Harry ci sposiamo» aveva replicato. Sì, lo chiamava per nome davanti alla gente, Potter era più confidenziale in effetti. Era alla stregua di uno di quei nomignoli idioti che gli innamorati si davano a vicenda. Un po’ come Pansy con tutti i suoi ragazzi: amoruccio, tesorino, confettino… Draco ogni volta pensava che probabilmente sarebbe morto dalle risate se Potter lo avesse chiamato in quel modo. 
«Pensavamo di farlo in primavera» aveva continuato Draco, imperterrito. Lucius e Narcissa non avevano risposto, anzi lo avevano fissato per cinque minuti buoni in silenzio, rimpallando lo sguardo tra lui ed Harry come se volessero accertarsi che effettivamente fosse lo stesso Harry Potter che conoscevano anche loro. Sì, era sempre lui: occhiali storti, ovviamente rotti, maglietta più larga di due taglie e pantaloni rattoppati. Insomma, il solito adorabile straccione di sempre. Lo stesso che con ogni probabilità si era morso la lingua a sangue per non fare una battuta sarcastica davanti a quella scena pietosa e imbarazzante. Poi, mamma e papà avevano semplicemente ripreso a sorseggiare il loro tè senza degnarli di uno sguardo. E beh, Draco aveva pensato fosse andata alla grandissima. Quando Harry gli aveva fatto notare che non gli sembrava proprio, visto che non si erano congratulati né avevano chiesto loro nulla a riguardo, lui gli aveva fatto presente che almeno sua madre non aveva sfoderato la bacchetta e suo padre non aveva cruciato nessuno con la forza del pensiero, ma soprattutto nessuna tazzina del prezioso servizio da tè di nonna Malfoy era volata per la stanza. Era andata benone, altroché aveva pensato ringraziando se stesso. E intanto che l’effetto della felix felicis svaniva, Draco si rendeva sempre più conto che era stato un annuncio davvero disastroso. 

 

C’era da dire che comunque poi sua madre lo aveva aiutato. Con il passare delle settimane si era, come dire, scongelata dal torpore che l’aveva colta al pensiero che suo figlio avrebbe sposato niente meno che Harry Potter. Il giorno in cui si era presentata a casa loro sostenendo che fosse pronta ad aiutarli probabilmente era ubriaca, ma Draco aveva fatto finta di non notarlo. Anzi, aveva rincarato la dose offrendole del Whisky incendiario, il fatto che poi avesse barcollato per tutto il pomeriggio, non importava davvero. Soprattutto perché, vivendo con uno che non capiva la differenza tra il glicine e il viola, di aiuto ne aveva bisogno come il pane. Sua madre aveva dichiarato subito che era necessario cominciare dalla festa di fidanzamento, che avevano programmato per il mese di novembre, che si era offerta di organizzare lei e alla quale avrebbe di sicuro partecipato tutto il mondo magico di rilievo. Ma il primo, vero scoglio che si era trovato ad affrontare Draco era stata la scelta del vestito. E non tanto perché non avesse un’idea a riguardo, in casa ormai circolavano più riviste di abiti da sposo che incantesimi! Il problema era stato il giorno della scelta del vestito, quella sì che era stata una vera tragedia.


 

Draco avrebbe mentito se avesse detto che non amava guardare la televisione. Harry ne aveva incantata una così che potesse funzionare anche senza quei meccanismi babbani che tanto piacevano al signor Weasley, e così aveva iniziato a fargli scoprire una piccola parte del mondo in cui era cresciuto. All’inizio Draco aveva avuto quasi paura di avvicinarsi, aveva l’orribile sensazione che questa potesse esplodergli in faccia da un momento all’altro. Poi però aveva iniziato a prendere confidenza e aveva imparato a usarla anche da solo. Non che gli interessassero davvero quei programmi, aveva detto con un pizzico di noia nella voce quando Harry gli aveva chiesto se per caso l’avesse guardata. L’aveva guardata eccome e, anzi, aveva scoperto quello che presto sarebbe diventato il suo programma preferito: “Say yes to the dress” ovvero dei babbani americani che andavano in un negozio a scegliere abiti da sposa. Per le mutande di Merlino, era uno spasso! Lui e Pansy ci perdevano i pomeriggi sul divano a bere tè, un tè non elegante e sua madre sarebbe rabbrividita nel vederlo inzuppare biscotti in pigiama, sul divano senza neppure un piattino su cui posare la tazzina. A un certo punto quel programma televisivo era diventato un appuntamento quotidiano, lui e Pansy si facevano grasse risate e tiravano fuori i commenti più velenosi nel guardare abiti orribili su tizie dai gusti piuttosto discutibili. Quando poi lui e il malvestito si erano fidanzati, si era abbastanza immaginato a provare abiti da sposo davanti a delle telecamere e con persone che lo acclamavano con applausi e grida per il suo buongusto. Già si vedeva su un piedistallo con un abito da migliaia di galeoni che gli stava una favola, a sedare le acclamazioni dicendo: “Ma no, è troppo” con espressione fintamente intimidita. Oppure anche “Oddio non era il caso di fare striscioni con su scritto: sei bellissimo” quando invece era eccome, il caso di farli. Beh, un vero sogno. Peccato che in realtà fosse andata in tutt’altro modo. 

 

Giusto per dirne una: erano almeno venti le persone che si erano presentate davanti al negozio di Madama McLaggen a Diagon Alley in un afoso giorno di luglio. C’erano ovviamente lui e lo stupido Potter e poi Narcissa, Pansy, la signora Weasley, a cui sua madre aveva lanciato un’occhiata impietosita quando l’aveva vista con il suo abitino viola a fiori gialli (sua madre che a ben dire aveva ricevuto una casuale gomitata nel fianco da Molly dopo che lei era corsa ad abbracciare Harry) e una sfilza di altre persone, accodatesi chissà perché tra cui una giornalista del Settimanale delle Streghe, un fotografo della Gazzetta del Profeta e ovviamente Ron Weasley, il testimone dello sposo. Nessuno aveva realmente capito cosa ci facesse il signor Lovegood tra quella ventina di imbucati, ma Draco aveva fatto finta che gli andasse bene sentire i commenti sulla moda da un fricchettone vestito di giallo.
«Spiegamela» aveva esordito Harry guardando dal basso l'insegna del negozio, rivolgendosi a un Draco particolarmente in ansia. Voleva un pubblico? Beh, lo aveva ed era probabile che sarebbe finito anche sui giornali mentre indossava vestiti, che voleva di più? Mh, forse era quel sentore di disastro ad agitarlo tanto.
«Perché non ce li facciamo fare dal sarto di fiducia dei Malfoy? Ricordo che quelli che ci aveva confezionato per il matrimonio di Dudley erano bellissimi e, parole tue, a me stava d'incanto. Non potrei usare ancora quello?»
«Prima di tutto: no e poi ancora no!» Ma che era matto? Indossare un abito usato per un invito al matrimonio di un cugino babbano, per il suo matrimonio elegantissimo e stupenderrimo? «E poi i miei hanno insistito per qualcosa di più… come dire, tradizionale! Quell’abito al massimo lo indosserai alla festa di fidanzamento. Se non mi uccido prima, questo è ovvio.»
«Mh, con "tradizionale" intendi abiti strambi da maghi? Perché non mi sposo con il vestitone blu alla Silente, ti avviso. Se mi obblighi ti lascio.»
«A parte che ti ci vorrei vedere, Potter, ma non ce la farai mai a farteli piacere, non è vero?» lo rimbeccò Draco, quasi offeso. D’accordo la moda dei maghi era a volte eccessiva, soprattutto nell’uso dei colori e delle stoffe, oltre che nella forma. Insomma era un po’ tutto eccentrico, ma addirittura lamentarsene? Possibile che non si fosse ancora abituato.
«Scusa, ma no» negò Harry, con un movimento deciso del capo. «Ho scoperto il mondo dei maghi a undici anni e all’epoca per me erano persone con cappelli strambi e lunghi gonnoni. Sono cresciuto con i babbani, ho sempre indossato jeans e magliette e ho visto mio zio Vernon e tutti gli adulti indossare vestiti molto più sobri di questi. Non mi piace questa moda, ecco e non mi ci vedo.»
«A parte il fatto che “Harry Potter” e “Moda” nella stessa frase mi suona molto male» ironizzò Draco «come di un qualcosa di enormemente sbagliato o terribilmente comico. E comunque anche tra i maghi esistono outfit più sobri e molti ragazzi usano jeans e magliette.»
«Tu no!» ribatté lui, furbo. Era vero, lui non li metteva. Che poteva farci se trovava quel modo di vestire sciatto e banale?
«Il giorno in cui mi vedrai con indosso dei jeans e una felpa, Potter, probabilmente qualcuno avrà sostituito il mio cervello con quello di tuo cugino.» Inaspettatamente, Harry rispose con una sonora risata. Cosa che, come succedeva spesso, scatenò in Draco un piccolo moto d’orgoglio. Adorava farlo ridere in quel modo. In molti tra i passanti di Diagon Alley si voltarono a guardarli, in alcuni casi anche additandoli e parlando alle loro spalle, intanto che il fotografo del Profeta girava loro attorno, scattando fotografie anche al marciapiede.
«Amo il tuo sarcasmo, Malfoy» mormorò poi Harry, baciandolo su una guancia. «Non smettere mai di usarlo o finirò con il dimenticarmi di star per sposare uno stronzo. Ora andiamo che il fotografo ha finito i soggetti da inquadrare.»
«Ci sono io, no?» replicò, ironico, indicando se stesso. «Potrebbe farmi migliaia di foto e sarei sempre bellissimo. Ma immagino comunque che sarà il caso di entrare» disse prima di precederlo dentro al negozio.

 

«Brutto» disse Draco, indicando il milionesimo abito scartato. «Brutto anche questo, orribile… Aiuto, ma che è? Neanche il clown di un circo babbano si vestirebbe così per il suo matrimonio! E lei vorrebbe rifilarlo a me?» Draco stava urlando da almeno dieci minuti, se non considerava le cinque ore precedenti e ancora non avevano concluso niente. O meglio, Madama McLaggen aveva preso le misure a entrambi, iniziando con il mostrare loro dei modelli. Potter aveva trovato praticamente subito un abito grigio che gli stava una favola e considerato che si sarebbero sposati di pomeriggio, anche la scelta di un colore chiaro era perfetta. Ci aveva messo mezz’ora per decidere fra tre modelli molto simili uno dall’altro e quando aveva provato quello che a suo dire era il migliore, Draco aveva dovuto trattenere una lacrima di commozione. Era meglio evitare di farsi vedere da tutti a piangere perché il suo fidanzato era troppo bello per essere vero. Cinque ore dopo, invece, il suo pianto era più che altro di frustrazione.
«Io lo trovo carino» commentò Ron Weasley indicando l’ultimo vestito proposto da un’evidentemente esaurita Madama McLaggen. Si riferiva all’abito da clown e Draco non aveva dubitato un solo istante che a lui sarebbe piaciuto. Sia la giacca che i pantaloni avevano righe verticali di vari colori, tutti dai toni caldi, che andavano dal rosso, al giallo sino all’arancione. Per uno che aveva colori freddi come lui sarebbe stata una visione quasi insopportabile.
«Una persona che se ne va in giro con un maglione come quello che avevi lo scorso Natale, Weasley» disse ricordando dell’infeltrito pezzo di lana che metteva sempre e che forse era lo stesso che aveva da più o meno dieci anni. «Dovrebbe avere la compiacenza di stare zitto.»
«Scusa, amico» disse lui, alzando le mani in segno di resa. Amico? Cos’era tutta quella confienza? Loro non erano amici, lui tollerava la sua presenza nel mondo solo per via del malvestito straccione che si era messo in casa, ma solo per questo. Un po’ come tolleri il giardino pieno di buche perché il tuo cagnolino è un amore, la stessa cosa. «Ma avrai visto migliaia di modelli e non te n’è andato bene uno e io sto morendo di fame.»
«Ma va? Che strano» commentò, salace. Riprendendo a sfogliare la rivista con i cartamodelli.
«Ragazzi, chi viene con me? Offro il pranzo a tutti!» Un coro di sollevati “Grazie a Merlino!” si levò dai presenti in sala. Il fotografo se l’era filata da almeno tre ore con la scusa di dover consegnare il materiale alla redazione. La giornalista del Settimanale delle Streghe se n’era andata dopo avergli fatto quattro domande, mentre gli altri, notò Draco osservando le posture scomposte e sfatte con cui sedevano, sembravano dei reduci stanchi della vita. Presto infatti si levarono tutti in piedi, compresa sua madre che fece subito per ricomporsi, lisciandosi le pieghe dell’abito che portava. Lei gli dedicò una carezza sul viso e gli diede un bacio sulla fronte.
«Tesoro mio carissimo» aveva esordito Narcissa «ti voglio tanto bene, ma sei una piaga dell’umanità. Scegli un vestito per amor di Merlino! E se possibile fallo lontano da me.»
«Vuol dire che te ne vai?»
«Quel gentile giovanotto vuole offrire il pranzo a tutti, e io sono esausta. Ho bisogno di aria fresca e di un bicchiere di acquaviola, forse due.»
«Che tradotto vuol dire: arrangiati bello!» sussurrò un Ron Weasley malefico al suo orecchio. Draco ci rimase un po’ male, doveva ammetterlo, soprattutto quando notò che nel gruppetto che si stava defilando c’era anche Harry.
«Cioè vai via anche tu?»
«Scusa» borbottò lui, tornando indietro di corsa e baciandolo velocemente su una guancia. «Ma sto morendo di fame ed è più o meno dal terzo anno a Hogwarts che Ron non offre qualcosa a qualcuno. Torno appena finito, promesso, tanto a questo ritmo sceglierai per Natale. Ti amo tanto» disse prima di seguire il gruppetto e uscire dal negozio insieme agli altri. Draco crollò sul divano, affondando il volto tra le mani. Cosa c’era di peggio che essere abbandonati in un momento tanto critico della sua vita dalle persone che amava? Doveva essere il suo giorno di gloria, come in “Say yes to the dress”. Madama McLaggen avrebbe dovuto dirgli: “Allora, Draco, è quello giusto?” E lui avrebbe dovuto piangere e rispondere: “Sì” tra i singhiozzi in mezzo a gente troppo felice per non piangere di gioia. E invece quella strega della McLaggen lo odiava, il suo matrimonio era già una tragedia e lui era rimasto solo. O almeno così credeva. Sollevando il viso si rese conto che il signor Lovegood sedeva su un divanetto di fronte a lui e lo stava fissando con un sorriso piuttosto inquietante.

 

Draco non ricordava davvero come si chiamasse quell’uomo. Una cosa tipo Nargillus? Nargillus Lovegood? No, o forse i nargilli erano quei cosi con cui erano tanto fissati… Petronillus? Petronillus Lovegood. Forse. O magari no. Qualunque fosse il suo nome non capiva tanto per cominciare perché era venuto, chi accidenti lo aveva inviato e soprattutto perché lo stava fissando in quel modo. Aveva qualcosa sulla faccia di molto brutto?
«Ecco, emh» balbettò in un primo momento, imbarazzato. «Si è… ehm… divertito oggi?»
«Molto, grazie. Harry Potter è sempre una compagnia illuminante.»
«Oh, bene!» Ma che cazzo, pensò sprofondando in una sorta di gelo mescolato al disagio. «E Luna come sta? Non la vedo da tanto» E quando mai l’aveva vista? E poi comunque discorsi meno banali no?
«Bene, grazie» annuì lui, senza scomporsi. «Sta facendo uno studio molto interessante sui follicoli dei nargilli.» Oh, affascinante proprio. Proprio bello. Draco non era sicuro di avere ancora voglia di vivere, forse perché era stata una mattinata pesante o perché quell’uomo stava risucchiando tutta la sua voglia di essere felice peggio di come avrebbe fatto un Dissennatore, ma il suo cervello non riuscì a produrre nessun altro pensiero se non un balbettante: «Ecco, signor Nargil… Cioè, signor Lovegood, la ringrazio per essere stato qui con me oggi e…» E arrivederci alla prossima puntata! Ma cos’era? Il conduttore imbalsamato di un telegiornale babbano?
«Lo sai, è normale avere paura quando ci si sta per sposare» esordì il signor Lovegood, alzandosi in piedi e raggiungendolo là sul divano accanto a lui. Gli aveva anche dato una pacca sulla spalla e Draco lo aveva guardato in rimando, con fare sconvolto. Ma che era tutta quella confidenza?
«Non credo che gli altri se ne siano accorti, a me sembrava piuttosto evidente d’altra parte. Volevo solo dirti che la tua felicità non dipenderà dal vestito che indosserai.» E detto questo vorticò su se stesso e dopo un buffo inchinò uscì dal negozio. Draco si ritrovò da solo, ad annaspare quasi gli mancasse il fiato. In corpo aveva la terribile sensazione di essere stato scoperto in un qualcosa che stava cercando disperatamente di nascondere. Era un po’ l’effetto che gli faceva anche Luna, era stramba da morire, ma aveva sempre il sentore che riuscisse a leggergli nel pensiero. Nargillus comunque aveva ragione, era spaventato ed era anche vero che la sua felicità non dipendeva da un abito. Di certo non dal vestito da clown che quella strega burbera e impicciona gli aveva proposto e nemmeno gli altri mille che aveva visto prima. Quindi si alzò in piedi, salutò Madama McLaggen, felice come non mai di liberarsene e lasciò Diagon Alley, smaterializzandosi da tutt’altra parte rispetto a dove stava, ovvero nella Londra babbana dove un piccolo ometto italiano lavorava alacremente dietro al suo bancone da sarto. Draco sapeva perfettamente che lui era la persona migliore per quel lavoro, e sua madre poteva arrangiarsi con i suoi abiti tradizionali da mago. Il suo vestito da sposo sarebbe stato favoloso, parola di Draco Malfoy.


 


Fine
               







 

Note: Say yes to the dress! è “Abiti da sposa cercasi” quel programma di abiti da sposa che fanno su RealTime che è tipo uno dei miei programmi preferiti, quando lo guardo mi metto lì con una tazza di tè a commentare tutti i vestiti orribili delle tipe. Se Draco Malfoy fosse reale è probabile che sarebbe con me sul divano a guardarlo.

Ad ogni modo, ho scoperto stamattina che era il compleanno di Eevaa e mi sono detta che potevo abbozzare qualcosa da regalarle, una drarry nello specifico e poi mi sono detta anche che potevo anche collegarla alla minilong che tecnicamente dovrei scrivere. Diciamo che questa breve OS si potrebbe collocare tra “Un matrimonio da sogno (o quasi)” e la prossima minilong che dovrei scrivere a breve. Spero. Diciamo che è una scemenza, ma tutta questa idea di storia comica è una scemenza. 
Koa
 
   
 
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