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Autore: chykopon    30/09/2022    0 recensioni
[ Dal COWT#12: W7, M2 - Matrimonio ]
« Sai, il fatto che tu stia lì a fissarmi non aiuta a rilassare i nervi, te lo dico— »
Sanji non è mai stato capace di gestire la tensione. Di nasconderla e camuffarla, sì, anni spesi a spadellare nella cucina del Baratie ed a servire piatti ai tavoli del ristorante lo ha sicuramente allenato all’uso di mascherare le proprie effettive reazioni dietro ad un sorriso o ad un cipiglio galante, ma un simile talento non implica necessariamente la capacità di gestire un nervosismo che ora gli tamburella nelle tempie con la stessa ferocia di una grancassa.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: questa non era la wedding!fic che meritavo, ma quella di cui avevo bisogno per arrivare in fondo al COWT.
Non nel senso che mi dispiaccia averla scritta o ne sia scontento, ma perché se non avessi avuto delle scadenze da rispettare, questa storia sarebbe stata lunga 100K ed avrebbe avuto un'infinità di capitoli, perché sì, perché è questo che mi darebbe la pace dei sensi e forse la darebbe anche a Zoro e Sanji.
Prendetela, quindi, come un abbozzo di ciò che potrebbe essere in un futuro in cui non sarò troppo pigro e troppo indaffarato.
Forse.
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« Sai, il fatto che tu stia lì a fissarmi non aiuta a rilassare i nervi, te lo dico— »

Sanji non è mai stato capace di gestire la tensione. Di nasconderla e camuffarla, sì, anni spesi a spadellare nella cucina del Baratie ed a servire piatti ai tavoli del ristorante lo ha sicuramente allenato all’uso di mascherare le proprie effettive reazioni dietro ad un sorriso o ad un cipiglio galante, ma un simile talento non implica necessariamente la capacità di gestire un nervosismo che ora gli tamburella nelle tempie con la stessa ferocia di una grancassa.

Si sfila il foulard dal collo per l’ennesima volta, questa mattina quel maledetto nodo windsor non ne vuole sapere di chiudersi come vorrebbe gamba nera ed è solo l’ultima piccola stilla di un’infinita lista di dettagli non al loro posto che preannuncia un treno prossimo al deragliamento.

Sanji ha un completo bianco, ovviamente, perché non può essere altrimenti, sopra un panciotto avorio che richiama le tinte del drappo con cui sta disperatamente lottando, contro ogni previsione.

Reiju, accomodata sulla poltroncina alle sue spalle, ridacchia, la mano che si alza a coprirsi la bocca in una gestualità che è tanto involontaria, quanto appresa, « È così sbagliato che io sia emozionata, perché il mio fratellino si sposa? »

Gamba nera si ferma, il riflesso nel grosso specchio a grandezza umana lo occhieggia di rimando, con quel cruccio che gli accartoccia tutta la fronte in un’unica piega e lo porta a divergere in fretta l’unico occhio visibile sul profilo dell’altra. I loro sguardi si incrociano sulla superficie vitrea, e tutto quello che Sanji riesce a fare è concedersi un sospiro.

È strano. È tutto troppo strano, e sembra rendersene conto soltanto adesso, dopo aver speso due mesi - forse poco meno - di erratici preparativi, arrabattati in rincorsa ed in fretta e furia, per ritrovarsi con le falangi tremanti perché cerca disperatamente di sistemare un foulard che non ne vuole proprio sapere di starsene al suo posto.

È strano che ci sia Reiju, seduta nella sua cabina armadio, decisamente troppo grande per essere chiamata semplicemente “cabina”, ma sempre e comunque troppo claustrofobica per contenere l’infinita mole di vestiti che il cuoco si porta appresso; è strano che lo osservi, con gli occhi pieni di meraviglia e di affetto, mentre disaccavalla le gambe ed alza la nuca curiosa nella sua direzione; è strano che tutti i suoi amici - i suoi nakama - stiano correndo qua e là tra i corridoi del Nuovo Baratie nel mezzo dell’All Blue, assieme a Carne e a Patty e a Zeff, ovunque il vecchio si sia cacciato oggi, carichi di aspettativa per un momento che Sanji non avrebbe mai pensato davvero di dover attendere - o volere - nella propria vita.

Oggi si sposa, ed il pensiero deve ancora attecchire a dovere nella sua testa.

Oggi si sposa e a Sanji pare irreale, perché solo pochi anni addietro non avrebbe mai pensato di campare abbastanza, perché un giorno simile potesse arrivare. O meglio: si ripetesse. Questa volta, per davvero.

« …non ho detto questo, » si risolve gamba nera, sfiatando fuori tutto l’ossigeno che ha inconsciamente trattenuto nei polmoni e che porta le sue spalle a franare pericolosamente verso il basso, dandogli un aspetto molto più sbattuto di quanto non sia realmente.

Non ha dormito, e questo potrebbe sicuramente spiegare, tra le tante altre valide ragioni, perché senta di avere i nervi a fior di pelle; ma a rincarar la dose è tutta la sensazione alienante dell’ensemble, talmente straniante, da dargli l’impressione di star vivendo una qualche vita di riflesso. Come se non fosse lui a dover camminare verso l’altare - che non c’è, tra le altre cose, hanno solo steso un lungo tappeto che dall’ingresso del Ristorante conduce alla scalinata principale - ma la sua immagine specchiata, verso la quale rialza ora la nuca.

Sua sorella si alza dalla poltrona, con quei suoi passi silenziosi che scuciono centimetri ai tacchi, rosicchia via tutto il già risicato spazio che li divide, e lo affianca, mentre con una mano lo invita a voltarsi, « Stai avendo dei ripensamenti? » Reiju glielo chiede con tono comprensivo, i suoi occhi azzurri non cercano quelli di gamba nera, ma si proiettano al dannato foulard, scacciando via le mani dell’altro e prodigandosi a sistemarlo con la stessa premura materna con cui si è sempre - in maniere assolutamente bizzarre e discutibili - presa cura di lui.

Non c’è giudizio nelle parole di sua sorella, è una semplice domanda, un’offerta, anzi, per un orecchio che sa farsi ascoltatore, mentre in ogni sillaba che dolce e zuccherina come miele le scivola fuori dalla lingua, scoppietta una qualche forma di silenziosa richiesta di perdono; non basterà un nodo windsor a formulare delle scuse che Reiju vorrebbe fargli da tempo, e che Sanji non vuole, perché non crede gli siano davvero dovute a questo punto, ma nella sua testa il cuoco la ringrazia per essere lì.

Sua sorella è l’unica che riesce davvero a frenare quella cocciutaggine che tanto bene lo caratterizza e che ora rischierebbe di farlo pensare troppo a tutta una serie di cose che gli stanno riaffiorando dal pelo della coscienza con la medesima violenza di un’onda anomala.

Non oppone resistenza, fa cadere le braccia lungo i fianchi ed alza il mento con fare meditabondo, lo sguardo che si proietta al soffitto con espressione accigliata, « No, non sto facendo marcia indietro, » precisa. Non è esattamente quello che lei gli ha chiesto, ma suppone sia la risposta che deve e vuole darle.

Reiju ridacchia ed annuisce piano, mentre con una delicatezza che sembra innaturale per un ex generale di Germa, fa scivolare la seta in quell’intricato arzigogolo, atto a sistemare il drappo, « Bene, » gli fa, rialzando gli occhi, mentre le labbra le si piegano in un piccolo sorriso, « perché non c’è nulla di male ad essere felici, Sanji, » gamba nera nota solo adesso quella patina lucida nelle iridi di sua sorella, è densa ed umida, zeppa di lacrime che non hanno il sapore salato della tristezza, « e tu te lo meriti… »

 


 

Quando il loro lungo viaggio ha avuto una fine, che una fine non lo è mai stata per davvero, Sanji è tornato nell’East Blue e si è preso qualche altro mese per decidere di salpare di nuovo. Raggiungere Raftel, in fondo, non è la realizzazione del sogno, per lui— forse una parte, ma non l’intero disegno che ha sempre immaginato con il cuore a saltare qualche battito in ogni occasione in cui ha speso ore a lasciarsi trasportare dalla fantasia.

Quindi, Sanji, dopo aver ripreso servizio al Baratie per un tempo relativamente risicato, utile neanche a restituirgli il senso della misura su cosa significhi lavorare in un ristorante, saluta di nuovo il maledetto vecchiaccio e tutto lo staff, con la promessa di non buscarsi di nuovo un qualche accidente, e parte alla volta dell’All Blue. Che a questo giro, sa esserci, perché l’ha visto, anche se deve ricordarsi bene come arrivarci.

È solo dopo aver raggiunto i Promontori Gemelli ed aver ritrovato Brook e Lovoon, che una lettera lo raggiunge sulla piccola imbarcazione con cui ha preso il mare: Zeff gli dice che uno spadaccino dalla testa che sembra un’alga è venuto a cercarlo.

Sanji lo aspetta lungo la costa di quello che è l’ingresso per eccellenza sulla Rotta Maggiore, e Zoro, com’è caratteristico della sua persona, si fa aspettare il tempo intero di un mese e mezzo, perché è impensabile che possa navigare da solo, senza perdersi a più riprese. Gamba nera neanche si stupisce di vederlo fare porto lì imbarcato su una nave di pirati che non conosce, e che solo dopo gli spiegano di averlo raccattato in mare per puro caso, mentre stava andando alla deriva su di una zattera.

Il cuoco lo prende in giro per un’intera settimana, quando salpano assieme, poi, però, pretende delle spiegazioni, perché lui e lo spadaccino non hanno mai avuto quel tipo di rapporto, quel genere di promesse e più in generale, non sente alcuna altra valida ragione che possa aver spinto Zoro fin lì.

Le risposte, il cacciatore di pirati non gliele dà, non nella forma in cui Sanji le riterrebbe opportune, perlomeno, perché si limita ad un: “Mi sembrava la cosa giusta da fare”.

Sanji, però, se la fa andare bene, perché quel tanto può accettarlo, senza scomodare particolari ragionamenti o sentimenti che affondino radici più in profondità di quanto vorrebbe ammettere, ed anche se non è ancora capace di confessarlo a voce, sente il cuore un po’ più leggero ed il petto un po’ più tiepido, di un calore che scaturisce dal torace e gli distende ogni nervo, scoperto e non, in tutto il corpo.

Salpano assieme, e litigano ogni giorno che spendono sul ponte di quella piccola imbarcazione. Ma passano ogni sera seduti sotto le stelle, un bicchiere di sakè in mano, a rivangare i ricordi di un’intera avventura passata.

 


 

La porta della camera si schiude in quel momento, mentre Sanji disegna piccoli cerchi immaginifici lungo le spalle di sua sorella, in un momento che ha dell’ironico, per come sia lo sposo a starla consolando e non il contrario, « Reiju, » le dice, una risata vagamente nervosa sul fondo della gola, « perché piangi— »

Lei si asciuga le lacrime con il dorso della mano, perché è una signora, perfettamente composta anche in quei rari - rarissimi - momenti in cui sembra tornare padrona delle proprie emozioni, dopo anni in cui non ne è stata capace come vorrebbe, « Sono solo contenta per te— »

A Sanji fa ancora strano sentirselo dire, nonostante il numero indicibile di felicitazioni che ha ricevuto in relativo poco tempo, ma non abbastanza strano da non credere alle parole di sua sorella; sarà per questo che la bocca incunea appena all’angolo destro, generando quella minuscola fossetta che chiude la cornice di barba e baffi.

« Non pensavo, » riprende parola Reiju, facendosi forza nello stringere di rimando le braccia di lui sotto i palmi, « che dopo quello che è successo a Whole Cake Island, tu— »

Gamba nera accartoccia l’espressione ed arriccia il naso, le spalle che gli tornano diritte e rigide come la corda tesa di un violino, seppur per un solo e singolo istante, « Err— » si mastica la guancia nella bocca, « potremmo non rivangare certe storie? » propone, sforzandosi di mantenere quella piccola virgola lungo le labbra sottili.

Sua sorella annuisce, l’eco di una risata leggera, mentre ancora si ripulisce dai lucciconi che minacciano di rifar capolino presto agli angoli dello sguardo, « Hai ragione, » gli risponde, prima che un colpo di tosse, neanche troppo galante, richiami entrambi.

Giusto, Sanji ha sentito l’uscio dell’ingresso schiudersi poc’anzi, e per una deformazione assolutamente personale che non ha perso neanche dopo quasi quattro lunghi anni da quando non ha più fatto la guardia sul ponte della Sunny, la sua Haki dell’Osservazione si attiva quasi in automatico, anticipando il gesto con cui volta la nuca di lì a poco, « Testa d’alga, io giuro che non te lo ripeto più, non devi— »

Quando però è già prossimo a sbattere le palpebre con una seccata flemma, si rende conto di non star occhieggiando l’allora Primo Ufficiale della Ciurma di Cappello di Paglia, ma bensì il loro cecchino, stretto in un completo di un blu intenso che si sposa incredibilmente bene con l’incarnato olivastro che s’è fatto addirittura più bruno nel corso del tempo.

« Usopp— » mormora gamba nera, apparentemente quasi deluso.

« …vedo che le brutte abitudini non passano mai, » risponde seccato il nasone, inarcando un sopracciglio con fare neanche troppo fintamente offeso. La maniera in cui Sanji ha constatato con fare quasi scocciato la sua presenza in più occasioni, durante il loro lungo viaggio sulla Rotta Maggiore, non è uno di quei dettagli che il cecchino può scordare facilmente; tuttavia, a farvi da degno contraltare, ci sono tutte le altre occasioni in cui il cuoco di bordo ha ribadito e dimostrato una volta di più quanto Usopp fosse incontrovertibilmente ed ineluttabilmente il suo “best man”.

Per questo, quando il nasone ha ricevuto l’invito di partecipazione, chiuso in un sigillo di ceralacca e finemente incartato con la premura di cui solo Sanji potrebbe essere capace, non avrebbe dovuto dirsi stupito di essere stato nominato testimone di nozze… qualche lacrima, però, l’ha versata lo stesso.

L’espressione di Usopp si scioglie subito, mentre incrocia le braccia al petto: s’è fatto più grosso di quanto già non fosse diventato nei loro due anni di separazione; non solo più alto, ma anche con due spalle che magari non possono ancora far invidia a Franky, ma fanno sicuramente la loro porca figura stretto nel blazer dal taglio dritto che Sanji ha specificatamente richiesto.

« Ero venuto a vedere se fosse tutto a posto… » seguita il cecchino, un occhio curioso che scivola su Reiju, la quale annuisce con risolutezza, e poi ritorna a Sanji, che ancora lo osserva accigliato.

Il foulard è stretto in un perfetto nodo windsor adesso, ma c’è qualcosa che gamba nera non riesce esattamente a mettere a fuoco a dovere, ed è la sua percezione che, pur avendo dato una piccola sbavatura in termini di precisione poc’anzi, continua ad avvertirlo della presenza di Zoro, anche se dello spadaccino nella stanza non c’è traccia.

« Sì, va tutto bene, » risponde il cuoco con fare sospettoso, mentre le mani cercano lungo il panciotto il fidato pacchetto di sigarette di cui in questo istante sente di aver bisogno più che mai. Non sta mentendo, va davvero tutto bene, è semplicemente assoggettato al nervosismo in maniera assoluta, perché ci sono così tante cose che potrebbero andare male oggi, che non riesce neanche a raccapezzarcisi a dovere— « …non mi sto rimangiando nulla e ancora meno ho intenzione di scappare, » anche perché quello è il suo ristorante e la sua casa. Loro, meglio.

Ma se Sanji alza la voce di un’ottava in quelle parole, mentre si porta la bionda alle labbra e la accende di lì a poco, tirando il primo lento sospiro di nicotina, è perché finalmente riesce a capire dove si trovi il cacciatore di pirati, appoggiato al muro del corridoio dietro la porta aperta.

Almeno, ha capito che è buona tradizione che gli sposi non si vedano prima del matrimonio.

Dettagli che la notte prima abbiano messo a soqquadro l’intera camera, decidendo di praticare una voluttuoso e passionale ginnastica orizzontale su qualsiasi superfici utile all’uopo.

« Non ho mai pensato che avessi intenzione di scappare, » puntualizza Zoro al di là del muro, con quel suo timbro baritonale ed apparentemente sempre arrabbiato, che fa rassomigliare le vocali sul fondo della sua gola allo sfregare di due ciottoli.

Sanji sbuffa dalle narici: non lo biasimerebbe comunque, se il pensiero gli avesse attraversato la capoccia anche solo per sbaglio; gamba nera crede di aver collezionato un sufficiente numero di fughe, in seno alla codardia, davanti alla possibilità di affrontare vis-a-vis i propri sentimenti, da aver generato un preoccupante precedente a riguardo.

Ma no, Sanji non vuole scappare a questo giro. Non c’è nulla che potrebbe tentarlo di fare una simile cosa, quant’anche, se potesse, manderebbe a cagare tutta la questione del ricevimento e della preparazione, per arrivare semplicemente al momento in cui sono già sposati e con l’anello al dito.

« …volevo solo assicurarmi che stessi bene ».

Il tono preoccupato, ma così morbido da risultare quasi disarmante che accarezza le sillabe che scivolano fuori dalla bocca di Zoro potrà suonare assurdo per i più, ma in quattro anni, Sanji ha imparato a conoscerlo quanto e più di prima, al punto in cui riesce ad immaginarsi anche l’espressione dello spadaccino, nonostante ci sia un muro a dividerli.

È l’inflessione che Zoro gli ha già usato in altre occasioni, ogni volta in cui è stato necessario apostrofare il grosso elefante nella stanza, premurandosi di farlo sentire a proprio agio, prima di convincerlo a parlare, perché se anche Sanji ha più anni sulle spalle ed una maturità nuova di conseguenza, certi scogli - traumi - sono sempre e comunque difficili da superare.

Gamba nera distende il cruccio che ha fatto da padrone al suo viso fino a questo momento, i muscoli si rilassano e lascia andare dense volute di fumo grigio dalle narici, prima di riabbozzare il piccolo sorriso di poc’anzi. A questo giro è più dolce, più tranquillo, più pieno, di quella gioia, forse, che inizia a tornare a scoppiettargli nel petto.

« Sto benissimo, zuccone, » gli risponde, « …e non sono mai stato così felice, come lo sono oggi ».

Sanji sa perché Zoro voglia esserne certo, sa perché gli preme che tutto questo non dissotterri certi pensieri intrusivi che purtroppo continuano ad accompagnare il cuoco anche oggi, e proprio perché gamba nera lo sa, fa quello che deve e che vuole fare, rassicurandolo di rimando, con una leggerezza nuova che gli fa sembrare che il suo corpo non abbia peso.

Usopp e Reiju si occhieggiano nel mezzo della stanza, poi sbuffano, e sorridono assieme al promesso sposo.

 


 

Nella loro seconda traversata della Rotta Maggiore, incappano per forze di cose a Water Seven, perché è una tappa obbligata sulla cartina che Nami gli ha tanto accuratamente e premurosamente disegnato; è, anche, uno step necessario, perché una volta raggiunto l’All Blue con la loro imbarcazione, Sanji non può pretendere di cavare un ristorante dal nulla, su una zattera che galleggia per grazia del signore.

Trovano Franky, ovviamente, ma non la Sunny e neanche Robin, che al momento si trova a Zou e questo glielo comunica proprio il carpentiere, vagamente stranito, ma neanche troppo, che ad accompagnare gamba nera ci sia anche il cacciatore di pirati.

Franky non fa domande, Sanji probabilmente non saprebbe neanche rispondergli, perché il loro viaggio, senza la necessità di doversi fermare in troppe isole, forti di un Eternal Pose che li accompagna, si rivela incredibilmente più rapido, e nessuno dei due ha il tempo materiale per elaborare a dovere quanto la situazione, almeno superficialmente, sia strana.

L’ultima cosa che il cuoco mai si sarebbe aspettato è di riprendere il mare in compagnia di Zoro, ma mentre Franky li accompagna all’ufficio di Iceburg, sente anche di non volersene lamentare. Non ha ragione di farlo. Nonostante i soliti battibecchi e gli scontri che a pie’ sospinto riempiono le loro giornate, Zoro è un ottimo compagno di viaggio, e Sanji, un po’ incoerentemente, pensa di non poter desiderare di meglio.

« Questa è l’idea che avevo, » espone il cuoco, una volta nell’ufficio del sindaco, « e ho abbastanza soldi per coprire ogni possibile spesa di costruzione e di viaggio, » l’idea è quella di lasciare alla Galley-La l’onere e l’onore di costruire questo Nuovo Baratie e di condurlo nell’All Blue, dove il suo proprietario starà ad aspettarlo, cercando la posizione ottimale dove stabilirlo.

Una richiesta importante, ma non una che il sindaco di Water Seven potrebbe rifiutare ai Pirati che hanno salvato la città - più o meno - e che hanno portato l’alba di un nuovo mondo su questa terra. Iceburg, in cambio, gli chiede solo le spese di trasporto, il resto del costo, lo coprirà la compagnia, e a nulla valgono le insistenze di Sanji sul pagare quanto è dovuto.

Mentre ritornano alla sede della Franky Family, il cyborg si lascia sfuggire un dettaglio assolutamente glissabile circa il fatto che Iceburg abbia sposato Paulie meno di qualche mese prima, e poi li occhieggia entrambi in attesa di una qualche reazione che però non arriva, e dunque Franky lascia perdere.

Sanji non capisce e non capirà per un altro bel po’ di tempo, ma a distanza di anni, ricorda distintamente la sensazione degli occhi di Zoro su di sé ed il calore che naturalmente ne è scaturito.

 


 

Sanji ha quasi trent’anni adesso, ventisei a voler essere precisi, ma un intero lustro in più se lo sente sulle spalle, nonostante lo smoking bianco da matrimonio dovrebbe avere la funzione di farlo sentire bello ed elegante come mai non è stato prima di adesso.

Questa era la sua intenzione, questo ciò a cui hanno acconsentito e che gli hanno ripromesso Caroline ed Elizabeth, quando hanno deciso di farsi carico del grosso ed importante onere di confezionare i vestiti degli sposi. E Sanji non ha di che lamentarsene, perché dal panciotto ai pantaloni, tutto gli calza perfettamente, e l’effetto della seta, fresco e sinuoso sulla pelle, lo mette effettivamente a proprio agio più di quanto avrebbe mai immaginato, anche se della fodera rosa a pois ne avrebbe volentieri fatto a meno.

« Candy-boy, » lo chiama Ivankov, mentre osserva il periglioso e minuzioso lavoro di Inazuma, intento a nascondere le occhiaia di gamba nera sotto un considerevole strato di correttore, « hai dormito poco ieri notte? »

Il quesito del Regino di Kamabakka è quasi certamente retorico, quel tanto il cuoco può intuirlo, e giurerebbe addirittura di leggere una punta di sarcastica ironia sul fondo delle parole di Iva-san; lascia comunque correre, concedendosi un sospiro, così come glissa sul soprannome, in origine tanto detestato, ma a cui ormai crede di aver fatto il callo, « Ho sicuramente passato nottate più riposanti ».

Sanji, invero, è stanco da un bel po’, perché per quanto sapesse fin da principio quanto potesse essere drenante gestire un ristorante, perché ha visto il vecchio farlo per una vita e mezzo, la sua pericolosa e maniacale tendenza al perfezionismo, lo ha drenato negli ultimi mesi più di quanto avrebbe mai voluto.

Dai centrotavola ai segnaposto, passando per le bomboniere fino alle tende, ogni cosa deve essere perfetta, ed unito al carico di lavoro che è naturalmente richiesto al Capo Chef del Nuovo Baratie, si ha ovviamente il perfetto cocktail per l’esaurimento nervoso.

Che poi abbia deciso di spendere tre, delle sue sei risicate ore di sonno, a prendere Zoro e a farsi prendere da Zoro su ogni ripiano orizzontale a disposizione nella loro camera - dal letto alla scrivania, passando per la cassettiera - può aver inciso come no.

Ivankov non gli dà il tempo di rispondere, perché la lingua gli scocca nel palato con fare quasi estasiato, « Ah! » sentenzia il Regino, allargando quel suo inquietante sorriso tutto denti, « Ho capito— avete fatto bene, » soggiunge, « è così bello essere giovani e poterne godere appieno! »

Per quanto Sanji abbia sicuramente rivalutato Iva-san nel corso degli anni, e nel mezzo di un lungo percorso di accettazione che l’ha spinto ad abbracciare diversi lati della propria persona, ci sono tanti altri particolari dell’Uomo dei Miracoli che ancora lo spingono ad odiarlo a pie’ sospinto, ogni volta in cui la sua perspicacia riesce ad insinuarsi sottopelle al cuoco, più di quanto gamba nera vorrebbe concedergli.

Sanji rimbrotta, ma non ha la forza di rispondergli o di scagliare un calcio in sua direzione, anche e soprattutto, perché gli preme di più essere presentabile al proprio stesso matrimonio che altro.

In quel preciso momento, però, la porta della stanza si spalanca di nuovo, e ne riemergono Usopp e Reiju, i fidati attendenti dello sposo, che meno di mezz’ora prima hanno affidato il timone degli ultimi preparativi alla squadra di Okama, che il Regino di Kamabakka si è portato appresso, in onore del lieto evento.

« Sanji, » mormora il cecchino evitando lo sguardo del cuoco nel riflesso dello specchio, e generando - ovviamente - un’ombra di sospetto in gamba nera, che ferma le dita - forbici? - di Inazuma, ora intento a sistemargli i capelli, rimandandoglieli di lato sulla nuca, « ehm, » ritenta il nasone, « ci… sarebbe bisogno di te giù in cucina… »

Usopp sarà anche pavido, un po’ meno rispetto al passato, ma comunque pavido, ma sua sorella no, ed infatti a metterlo in allarme e sul “chi vive” non è tanto la maniera in cui il cecchino sembra inciampare nelle parole, quanto l’occhiata quasi mortificata che Reiju gli ricambia, abbozzando un sorriso poco convincente.

« Che diavolo è successo?! »

Ivankov ed Inazuma neanche ci provano a fermarlo, quando si alza d’improvviso dalla sedia, facendola crollare all’indietro. Sanji versione bridezilla è incontenibile, e tutti hanno troppo cara la vita per anche solo sognare di provarci.

 


 

L’All Blue è esattamente come Sanji lo ricorda, di quel colore cristallino e talmente puro da riuscire ad intravederne il fondale, e confessa a sé stesso, esattamente come la prima volta in cui l’ha visto nel corso del loro lungo viaggio, di non essere riuscito ad immaginare mai prima di adesso, neanche mentre leggeva ogni singolo libro che parlava di questo mare dei miracoli, la meraviglia che davvero rappresenta quell’oceano.

« È bellissimo, vero? »

Lo chiede la mattina in cui il sole principia ad albeggiare, e gamba nera ha appena finito il suo turno di guardia, mentre Zoro emerge da sottocoperta, e se anche lo spadaccino non è del tutto sicuro se quella sia una domanda retorica o meno, decide comunque di rispondergli: « Sì ».

Restano a guardare quell’orizzonte sconfinato per ore che sembrano interminabili ed allo stesso tempo non paiono durare mai abbastanza, finché non scelgono di provare ad attingere a piene mani a quello spettacolo da sogno.

Riescono a litigare e a fare a gara anche su chi pesca più pesci o chi riesce a catturare quello più grosso, perché anche dopo mesi e mesi che salpano assieme solo loro due, in una bizzarra routine che ha finito per forza di cose ad instaurarsi tra loro, certe specifiche abitudini non cambiano mai.

I carpentieri della Galley-La li raggiungono meno di una settimana dopo, ed il Nuovo Baratie è uno spettacolo financo migliore di quello che Sanji avrebbe mai immaginato. Non che avesse dubbi, in fondo.

Franky resta con loro qualche giorno di più, per assicurarsi che tutto sia a posto, che ogni cosa sia stata rifinita a regola e che le cose, in generale, vadano bene; Sanji gli mostra gli arcipelaghi che lui e Zoro hanno imparato a conoscere nella settimana in cui li hanno aspettati, e ammette senza troppi giri di parole di non temere che le persone non riescano a trovare quel posto, perché adesso l’oceano non conosce confini: il Re dei Pirati ha donato la libertà a questo mondo.

Il cyborg è seduto su uno dei tavoli della sala centrale, quando occhieggia entrambi, accomodati come lui sulle sedute per godersi un meritato pasto prima della partenza, ed è in quel momento che pone l’unico quesito che sembra essere sfuggito alla mente di entrambi fino a quel momento: « Vivrete qui entrambi? »

Sembra sciocco, eppure non lo è. Sembra anche mettere in agitazione Sanji più di quanto dovrebbe, ma lo spadaccino lo occhieggia con l’unico occhio sano rimastogli, cercando qualcosa sul suo volto, che neanche gamba nera riesce a capire cosa sia.

« Prima devo diventare il miglior spadaccino del mondo ».

È come se Zoro avesse detto “sì”, anche se le parole non sono esattamente quelle. E Sanji sente di non voler controbattere a riguardo, perché per quanta acqua è passata e passerà ancora sotto i ponti, loro continuano a non aver davvero bisogno di dire le cose a voce per capirsi.

Non tutte, almeno, ma vale per la maggior parte, e quella risposta è quella che probabilmente darebbe anche Sanji.

Franky riparte il pomeriggio stesso, e si ritrovano solo lui e Zoro in un ristorante enorme che ora è anche il posto in cui faranno ritorno d’ora in avanti, o dove, perlomeno il cacciatore di pirati farà ancora porto una volta che anche lui avrà realizzato il proprio sogno.

« Perché sei voluto venire con me? »

Sanji glielo chiede una mattina in cui è prossimo a salutarlo lungo le paratie del Nuovo Baratie, perché lo spadaccino è prossimo a salpare verso Wano. Sa che è inutile rimbeccarlo sul suo pessimo senso dell’orientamento, sulle sue discutibili abitudini di vita e su tutta una risma di altre cose che rendono Zoro un perfetto cavernicolo apparentemente inabile alla vita.

Ma lo spadaccino se l’è sempre cavata, quindi, anche se un piccolo moto di preoccupazione c’è sul fondo della testa del cuoco, benché lungi da lui ammetterlo a voce, riesce a ridimensionarlo con questa consapevolezza a dargli manforte.

« Perché mi sono innamorato di te ».

A questo, però, Sanji non è preparato. E nel momento in cui Zoro glielo dice, non è sicuro di poterlo lasciar salpare con la stessa facilità che si è ripromesso.

 


 

Ha un che di ironico il fatto che Carne e Patty abbiano cercato in tutti i modi di tenerlo lontano dalla cucina - il suo regno assoluto, doppiamente a buon merito da quando quel ristorante gli appartiene - solo per vederlo sfilare, ora tutto in ghingheri, nel mezzo del corridoio con passo tanto sicuro, quanto minaccioso, arrivando a spalancare la porta della stanza con incredibile fragore: « Vecchio, che diavolo stai facendo?! »

La scena non è esattamente quella che Sanji si era prefigurato nel momento in cui Usopp gli ha boccheggiato - balbettato - qualcosa di più simile a “Zeff e Pudding stanno litigando in cucina” e a nulla sono serviti i tentativi di farlo ragionare da parte di Ivankov, anche se ora gamba nera sente l’impellenza di rivedere certune proprie convinzioni sciorinate dritte sul muso dell’Okama, e dar ragione al Regino di Kamabakka nel momento in cui gli ha detto che “Vedrai che non c’è nulla di cui preoccuparsi”.

Zeff e Pudding sono, effettivamente, vis-a-vis, con l’espressione un po’ troppo attorcigliata sul viso, e la schiena appoggiata ad uno dei banconi della cucina. Il resto della brigata tutt’attorno a loro prosegue indaffarata nell’assolvere alle ultime impellenze perché sia tutto pronto, ma non ci sono urla, minacce o pugni che sventolano in aria. Da parte di Pudding-chan, s’intende, perché è Zeff ad avergli insegnato - nel bene o nel male - che una donna non si tocca neanche con un fiore.

« Sanji-san, » lo richiama sorpresa la pasticcera, sbattendo le palpebre con debita flemma, « cosa ci fai qua? Non dovresti essere a prepararti? »

Sì, gamba nera dovrebbe essere in camera sua, prodigo a farsi servire e riverire, perché è questo che - contro ogni sua cocciuta determinazione a non starsene con le mani in mano, da bravo stakanovista - gli è stato promesso, ma ogni volta che una virgola pare fuori posto, la crisi di nervi è prossima a riaffiorare sul pelo della coscienza per costringerlo ad urlare.

Sanji, però, si limita a corrucciare la fronte confusa.

« Melanzanina, ti ho detto che non ci devi entrare in cucina, oggi! »

Può mettere da parte per un attimo la perplessità e cedere alla rabbia, solo perché Zeff - come sempre - le imprecazioni gliele tira fuori dalla bocca con le pinze: « Cosa ci fai tu, qui, vecchio, che è tutta la mattina che ti cerchiamo! »

« Beh… » mormora Usopp, alle spalle del cuoco, deglutendo rumorosamente, « …ora lo abbiamo trovato, » ed il cecchino dovrebbe ringraziare il fatto che fino a prova contraria, l’Ifrit Jambe funziona solo sulle gambe di Sanji, perché è quasi certo che con l’occhiata che ora gli scocca, sarebbe capace di incenerirlo se solo volesse.

« —mi avevano detto che stavate discutendo… » riprova gamba nera, assottigliando lo sguardo con aria circospetta, ma più i suoi occhi azzurri scivolano sulla silhouette dei due protagonisti della scena, meno riesce effettivamente a trovare qualcosa che non quadri nell’insieme.

Pudding ha, ovviamente, la divisa da chef addosso, perché nonostante ogni protesta ed ogni preghiera da parte di Sanji ha insistito fino alla sfinimento per volersi occupare del catering dei dolci e della torta nuziale; comprensibile, in fondo, per chi fa della propria arte di pasticceria, un vanto oltre ogni altro talento. “È il mio regalo di nozze,” gli ha detto, e per quanto la cavalleria che ancora non riesce - e forse non vuole - levarsi di dosso gli impedisca di permettere a Pudding-chan di sporcarsi le mani per lui, dall’altra è incredibilmente cedevole a quegli occhioni - tutti e tre - che lo supplicano, sfarfallando le lunghe ciglia.

Zeff, di rimando, s’è spogliato della divisa da cuoco con cui Sanji l’ha visto per praticamente tutta la sua vita, perché oggi non è il proprietario del Baratie, ma è il padre dello sposo, e per quanto sia strano da vedere, lo smoking color oltremare - figurarsi se s’è messo la cravatta - che gamba nera ha fatto arrivare per lui lo fa sembrare esattamente questo.

« Oh, no, no, » si affretta Pudding, leggermente imbarazzata, mentre agita i palmi davanti a sé, « stavo avendo problemi con la ganache al cioccolato, perché le temperature di oggi rischiavano di farla sciogliere, ma tuo padre, » ha un effetto straniante quell’epiteto, ma non spiacevole come si potrebbe immaginare; c’è una piccola stilla di calore, invece, che profonde dal petto di Sanji, mentre la parola gli attecchisce nelle orecchie, « ha trovato una soluzione ed abbiamo già risolto il problema! »

Sanji li occhieggia scettico, non capisce se quei due si siano ora messi in combutta per nascondergli qualcosa, ma né Pudding, né Zeff, che lo occhieggia di rimando con quel suo cipiglio severo, sembrano cedere di un millimetro, quindi, gamba nera si risolve ad un nuovo sospiro.

Ha la tentazione di portarsi una mano al viso, ma frena il riflesso impellente di smuovere il braccio ed affondare la faccia nel palmo, perché rovinerebbe tutto il duro lavoro di Inazuma, e non ha intenzione di accumulare ulteriore ritardo sulla tabella di marcia o presentarsi in una condizione che sia anche solo vagamente sotto lo standard di perfezione, una volta che dovrà recitare i propri voti.

China però il capo, in un rimbrottio seccato, con sei paia di occhi che si proiettano confusi su di lui. Reiju, alle sue spalle, prova ad allungare una mano in direzione del fratello, pur non sapendo se sia effettivamente in grado di dargli il conforto di cui si suppone potrebbe aver bisogno, ma proprio in quell’istante, una gran caciare inizia a provenire dal corridoio, ed un altro chicco di papabile esaurimento nervoso si aggiunge alla grossa clessidra prossima a scoppiare di cui Sanji cerca di mantenere il controllo.

« Zoro! » è la voce di Nami quella che arriva per prima, accompagnata dallo sforzo - probabile - con cui sta cercando di frenare i passi pesanti con cui il cacciatore di pirati sta marciando di gran carriera in direzione della cucina, « Gli sposi non devono vedersi prima del matrimonio! » rincara Chopper, quasi certamente intento a dar manforte alla navigatrice.

« Non me ne frega niente— » replica il cacciatore di pirati, « appena c’è un problema, quella zucca vuota dà di matto, e l’ultima cosa che voglio è che si esaurisca in un giorno così imp— »

Peccato, perché quando la testa d’alga emerge dall’angolo dell’ingresso, Sanji è proprio lì, che lo occhieggia con un iride azzurra tanto arresa, quando irritata. Solo gamba nera riesce ad ammutolire lo spadaccino più forte del mondo senza proferire parola, a buon merito ci sarebbe da aggiungere, visto che non solo Zoro, ma anche tutti gli altri presenti si fanno improvvisamente silenziosi.

Zoro di morde il labbro, diverge lo sguardo, perché sa di essere nei guai. Nami osserva Sanji il tempo esatto di mezzo secondo, con le mani ancora strette al braccio dello spadaccino nel precedente disperato tentativo di fermarlo dall’entrare in cucina, e Chopper, come lei, sulla cima della zazzera verde del cacciatore di pirati, volta la testa mortificato.

Sanji non ha cuore di prendersela con i due testimoni di nozze del suo futuro sposo, ma vorrebbe averne la forza, perché come una pentola a pressione la rabbia gli sta montando nella testa, e sente il bisogno di scoppiare in faccia a qualcuno.

 


 

Sanji l’ha lasciato prendere il mare alla fine, perché una risposta da dargli o una scusa per trattenerlo non l’ha avuta, e Zoro non gliel’ha chiesta. Gliel’ha proprio detto, anzi: « Non devi rispondermi, » gli ha fatto presente, l’espressione distesa, come gamba nera non l’aveva vista da tanto tempo, molto più abituato al cipiglio burbero che lo spadaccino ha sempre in faccia, « volevo solo che tu lo sapessi ».

È così tipicamente da Zoro dirgli una cosa del genere. Padrone di sé e delle sue emozioni fino all’ultimo, stoico anche quanto non dovrebbe, l’ha lasciato con la promessa di fare ritorno ed una consapevolezza che di primo acchito il cuoco non avrebbe mai voluto avere.

La assorbe e la nasconde sul fondo della propria nuca per settimane, perché non vuole affrontarla. Non vuole interrogarcisi, perché si convince di non sapere cosa farsene, perché a Sanji piacciono le donne - se lo ripete - non dei rozzi e gretti spadaccini tutto muscoli con uno scarso senso dell’igiene.

Se lo dice così tante volte, che smette presto di crederci anche lui, ma continua ad ignorare la questione.

Presto il Nuovo Baratie ha dei dipendenti, una brigata di cucina efficiente e dal talento impareggiabile, ed anche un viavai di clienti che diviene settimana dopo settimana via via più crescente; è la naturale conseguenza della nomea che Sanji si porta dietro: non capita tutti i giorni di essere riconosciuto come il cuoco d’eccellenza del Re dei Pirati. E qualcuno, poi, si spinge addirittura dall’East Blue, fino al Nuovo Mondo per poter conoscere ed assaggiare le sue prelibatezze.

Gamba nera suppone di non poter chiedere di meglio, anche quando il carico di lavoro è tanto, anche quando gli sembra di non avere tempo per vivere, si risponde che non potrebbe essere felice in nessun'altra maniera, anche se sul fondo della coscienza c’è quella piccola vocina che lo avverte di qualcosa che non è ancora al posto esatto in cui dovrebbe essere.

L’occasione per tirar fuori ciò che ha tanto disperatamente provato a seppellire nei meandri della capoccia, gliela offre proprio Ivankov, nel momento in cui la sua nave attracca al Nuovo Baratie e a nulla valgono i tentativi di Sanji di nascondersi o di cacciar via il nugolo di Okama che occupa presto i tavoli del suo ristorante.

Il Regino di Kamabakka e la sua scorta si fermano per una settimana intera, e le conversazioni iniziano solo all’alba del terzo giorno, dopo che il cuoco ha provato in ogni maniera a non indicare l’elefante nella stanza. All’inizio è spiacevole, perché Sanji ha tanta rabbia immotivata sottopelle.

Poi diviene tutto più sensato, quando non solo Iva-san, ma anche Elizabeth gli offrono un orecchio estremamente comprensivo.

Sanji deve cambiare prospettiva su tante cose. Si impone di farlo, perché sente di non poter fare altrimenti, e c’è un grosso ed enorme fardello che gli viene levato dalle spalle, quando inizia a capire come tanti tasselli di puzzle si incastrino perfettamente in questa più grande visione d’insieme, che è ora scevra di pregiudizi.

Certe convinzioni fin troppo radicate sono difficili da scardinare, e magari gamba nera non le perde proprio tutte per strada, perché una settimana è poco tempo rispetto ad una vita, ma mentre china il capo con fare seccato un pomeriggio, davanti allo sguardo accigliato di Caroline, si sente dire che, « …amare non può rendere nessuno meno uomo di quanto già non sia— “uomo” e “donna” sono concetti talmente tanto relativi… » che forse, detto da qualcuno che ha cercato in ogni modo di ficcargli addosso un vestito tutto pizzi e merletti, è quasi ipocrita, ma proprio per questo, assume una forza diversa nel momento in cui attecchisce nel cervello di Sanji.

Da quando Ivankov riprende il mare, passano altri due mesi prima che Zoro ritorni al Nuovo Baratie, e Sanji ipotizza che gli ci sia voluto quasi un anno intero per riattraccare, perché quasi certamente lo spadaccino s’è perso sia all’andata che al ritorno; quando però il cacciatore di pirati rimette piede sulle paratie del ristorante, scortato dalla nave del Barto Club, sotto un coro di “Sanji-senpaaaai!” urlato da Bartolomeo, Sanji sa esattamente come accoglierlo e che risposta dargli.

« Quindi? Sei diventato il miglior spadaccino del mondo? »

« Sì ».

Non serve che glielo dica, gamba nera lo ha saputo dai giornali a dirla tutta, ma abbisogna di un attimo per riformulare i pensieri nella testa per come sente di dovergli enunciare.

« Ottimo— allora possiamo riprendere il discorso da dove lo avevamo interrotto ».

Da lì, passano quattro anni, lunghi o corti è relativo, a giorni alterni si presentano nuovi e determinati spadaccini pronti a sfidare Zoro, ma non passa momento in cui Sanji si penta della scelta di essere stato sincero con l’altro.

 


 

« Dobbiamo proprio? » i soldati del G-5 gnaulano lamentosi e il Vice Ammiraglio Smoker è troppo stanco e troppo scocciato per pensare di dar loro retta più di quanto già non stia facendo; fortunatamente, sul ponte della nave c’è Tashiji, il loro “bel Capitano”, che sistemandosi gli occhiali risponde per lui, con una vaga vena di rammarico sul fondo della gola, « Sono pirati— non possiamo fingere che non lo siano ».

« Ma è un matrimonio! » rimbrottano i marines, borbottando come pentole di fagioli, perché è disonorevole mostrare un simile affetto per dei mariuoli del mare, ma non è che riescano a trattenere a sufficienza la cosa, al punto di fingere che davvero non gliene freghi nulla.

Tashiji sospira, occhieggia il Vice Ammiraglio di sottecchi e stringe le labbra in una linea diritta, perché anche lei, pur forte del senso di giustizia che la smuove e la convince a far quel che fa, sente che qualcosa stona in tutta quella situazione.

Smoker resta immobile accomodato sulla sua seduta, le gambe larghe e le mani sulle ginocchia, mentre sfiata dense volute di fumo bianco dai suoi sigari: è sempre incredibilmente difficile capire dove finisca la naturale estensione del suo corpo, e dove cominci, invece la conseguenza dei lapilli riattizzati.

« Aspetteremo, » sentenzia infine il Vice Ammiraglio, mentre osserva in lontananza il profilo del Nuovo Baratie, « tanto, non è che possano scappare, » seguita con un tono che non ammette repliche.

Tashiji raddrizza la nuca ed un piccolo sorriso le si abbozza sull’espressione, « Va bene, » gli fa eco, « lasciamogli almeno il tempo di scambiarsi gli anelli ».

 


 

« Ti devi dare una calmata, » Zoro glielo dice a braccia conserte, stretto nel suo vestito tradizionale del villaggio Shimoshiki, perché pretendere che indossi uno smoking è veramente troppo, quando avrà per grazia di Dio, quattro paia di vestiti in croce chiusi nell’armadio, e solo perché Sanji ogni tanto s’è preso la briga di comprargliene di nuovi.

Il cuoco se ne sta appoggiato al corrimano, la terza sigaretta che fuma con nervosismo e da cui tira un profondo e pieno respiro, perché la nicotina non sembra bastare mai e lui ne ha un terribile bisogno in questo momento.

« Lo so, » taglia corto Sanji, ed è assurdo che gli stia dando ragione con così tanta disarmante semplicità, che è altrettanto logico che Zoro se ne stupisca con fare parimenti accigliato, « lo so… » ripete il cuoco, lasciando andare un sospiro, « Vorrei solo che per una volta, ogni cosa fosse perfetta— » si lamenta, un po’ incoerentemente, mentre si impone di non cedere alla tentazione di portarsi le mani alla nuca a scompigliarsi la zazzera bionda acconciata di tutto punto.

C’è un attimo di silenzio, interrotto solo dal rumore delle onde che li attornia, anche lo sferragliare di pentole e fornelli lì sulla coffa del Nuovo Baratie è troppo distante perché possano sentirlo, e lo spadaccino si concede di sfiatare ossigeno, mentre macina quei due risicati passi che lo separano dall’altro, « Cuoco, » lo chiama piano, poi corregge il tiro, quando arriva a sfiorargli l’avambraccio con la punta delle dita, « Sanji, » meglio.

Gamba nera ha l’espressione completamente accartocciata, ma si sforza di raddrizzare la nuca per arrivare a guardarlo, mentre la bionda gli penzola dalle labbra, « Tutto questo è già perfetto, » Zoro è leggermente imbarazzato, assurdo da pensare, soprattutto dopo quattro anni conditi dalle peggio blasfemie che hanno lasciato la sua bocca - quella di entrambi - mentre nudi ed accaldati si concedevano un qualche peccaminoso rendez-vous negli angoli più remoti del ristorante, « abbiamo finito il nostro lungo viaggio, abbiamo realizzato i nostri sogni… e ci siamo trovati… »

Sanji un po’ lo odia, soprattutto ora che, ritrovandosi a guardarlo nell’unico occhio sano che resta all’altro, sente di poterci quasi affogare nel grigio dell’iride, e vorrebbe andarci alla deriva per il resto della vita, perché sente che così sarebbe felice per tutti i giorni che ancora gli mancano da campare.

Zoro lo sa, lo capisce perché Sanji è nervoso; gliel’ha confessato una volta, con la voce che gli era prossima a bloccarsi in gola. È difficile credere che qualcosa possa durare così tanto da essere meritevole di una promessa lunga un’esistenza intera. Gamba nera una volta gli ha detto che “forse anche l’uomo che non chiama più padre ad un certo punto ha amato sua madre e l’ha sposata”, e poi il resto è semplicemente una storia che già conoscono, scritta su una pellicola sbiadita che preferirebbero dimenticare entrambi.

Questo, l’avere tutto sotto controllo, è un modo per esorcizzare una qualche paura atavica ed irrazionale di cui non ha altro modo per tenere serrate le briglie, e di nuovo, Zoro lo capisce, perché ormai lo conosce come il palmo della propria mano.

La stessa che scivola via dal suo avambraccio, trova la misura del suo volto ed ivi si plasma, con il pollice che disegna immaginifici cerchi lungo la sua pelle; lo spadaccino ciondola la testa di lato, lo osserva meglio, e di nuovo Sanji lo ama, ma lo odia, perché Zoro non è mai romantico. Il romanticismo è il polo diametralmente opposto di quella maledetta testa d’alga, eppure… quando vuole, sa fargli divenire il cuore di burro, proprio come adesso.

Quel muscolo cardiaco che gli tamburella nel petto con così tanta eco da sembrare una grancassa prossima a scoppiare. Zoro allunga un piccolo ghigno che gli va ora da guancia a guancia, arriccia il labbro e snuda i denti, « Tranquillo, » fa, « neanche la morte ti libererà da questa relazione ».

Sembra una minaccia, ma Sanji sa che è una promessa. Una di quelle che si accompagna ad un dono, ovvero il suo di cuore, che ancora una volta il cacciatore di pirati gli offre senza remora.

E se anche gamba nera inarca scettico le sopracciglia per un lungo - lunghissimo - secondo, alla fine sbuffa una mezza risata, con la sigaretta che gli trema sulla bocca e che poi viene allontanata. Dio, quanto lo ama. Potrebbe davvero crepare per quanto è forte quel sentimento e quella sensazione che dal cervello gli profonde ovunque ed arriva financo a tracimargli fuori dalle dita, « Oh, beh, » gli fa, con la destra libera che specularmente mima quella dell’altro, trova la linea squadrata del suo viso, e lo accompagna più vicino al proprio, « verrei a cercarti fin dei meandri più profondi dell’inferno ».

« Non ne ho mai dubitato— »

L’attimo dopo, i loro sorrisi si infrangono in un bacio, che non è né gentile e pari ad uno sfiorarsi, né concitato e febbricitante; è un bacio sentito, un contatto prolungato da cui nessuno dei due vorrebbe staccarsi, ed anche se non dovrebbero, perché tradizione non vuole, non riescono a farne a meno. Con le braccia di Zoro che gli cingono la vita, e le mani di Sanji che accolgono le sue spalle, tirandoselo addosso.

I vestiti sfregano tra loro, ma è come se non ne avessero addosso e le pelli divenissero un tutt’uno, in una perfetta comunione che hanno trovato già da un po’. Un equilibrio stabile che entrambi hanno rincorso, senza sapere di averne bisogno, finché i loro sguardi non si sono incrociati con consapevolezza.

In questo momento, Sanji si ricorda di quando gli ha chiesto “perché”, perché Zoro si fosse innamorato proprio di uno come lui. E di come a distanza di mesi, lo spadaccino abbia fatto altrettanto. E non c’è giorno in cui entrambi non se lo ripetano in testa.

Quando si staccano, restano abbracciati, con le labbra piegate in quella virgola leggera e meno preoccupazioni a gravare sulle spalle di entrambi, « Sai, » mormora Sanji, le palpebre che sbattono con deliberata flemma, voluttuose quasi, « Ivankov ci ha tenuto a darmi in anticipo un… regalo particolare ».

La vede la punta delle orecchie di Zoro farsi vagamente paonazza, quel colorito acceso che mai cambierà, per quanta acqua passerà ancora sotto i ponti e per quante altre scabrose sconcezze Sanji gli sussurrerà o implicherà nelle sue parole; lo vede anche accigliarsi curioso, almeno finché gamba nera non si avvicina al suo orecchio, soffiando fiato caldo contro la cartilagine, « …lingerie nuova ».

Lo spadaccino si morde le labbra, prima di rispondergli, « Cosa aspettiamo a sposarci, allora? »

 


 

Avere una relazione con Zoro è relativamente semplice. La maniera in cui lo spadaccino si è sempre approcciato all’altro non cambia troppo, lo rende solo più sincero in tutte le sue esternazioni di premura e di preoccupazione, ed un po’ più morbido su certuni angoli, altrimenti spigolosi un po’ come i suoi lineamenti squadrati.

Avere una relazione con Sanji, invece, è maledettamente difficoltoso, perché ci sono così tanti demoni che gli si nascondono sotto il primo strato di epidermide, che cavarli fuori uno ad uno è al limite dell’impossibile e forse non è neanche compito dello spadaccino farlo.

Fattualmente, quello che gamba nera gli ha detto è che la sua presenza gli fa piacere, che il pensiero di saperlo lontano lo farebbe stare male, che quello che hanno e che hanno sempre avuto non è qualcosa a cui potrebbe rinunciare e che forse, ma giusto forse, i mille petardi che sente scoppiettare nel torace ogni volta in cui ripensa alla confessione di Zoro, potrebbero voler dire che in effetti lo ricambia.

È un discorso pieno di “se” e di “ma” e decisamente poco romantico per gli standard del cuoco, ma è quello che può dargli e che sente di volergli dare, nel momento in cui ne parlano. E a Zoro va bene tutto, e non perché si accontenti delle briciole, ma perché sa che l’amore delle persone non può essere preso con la forza, e se anche Sanji ne è pieno, così tanto che gli tracima da ogni dove, non è abituato, né pronto a concederlo più spassionatamente di quanto già non faccia.

Succede, ad esempio, alle persone che non ritengono di essere meritevoli di riceverne in cambio. Capita, quando individui come gamba nera si ritrovano a fronteggiare un affetto che non avevano mai messo in conto prima, e di cui sentono di aver bisogno, pur non sapendolo maneggiare tra le mani.

Zoro lo scopre dopo qualche mese dall’inizio del loro rapporto, nato in seno ad un semplice “esperimento”, per provare fin dove tutto questo avrebbe potuto portarli. E scoperchiando quello che pare quasi un vaso di Pandora, sono mille ed infinite altre le conseguenze ovvie e naturali.

Sanji ha un animo fragile, anche se questo non lo rende neanche lontanamente meno forte di quanto non sia. Crede nell’amore raccontato nelle favole, perché quello può cederlo senza preoccuparsene, e senza che chi lo riceve debba pretendere da lui qualcosa, di cui non si sente all’altezza, perché il senso di inadeguatezza lo accompagna sempre, costantemente, e senza mai dargli tregua.

Zoro, però, lo ama incondizionatamente e con una devota abnegazione che non manca di fargli presente ogni volta in cui gliene è concessa l’occasione, e se anche non è suo compito insegnare alcunché a gamba nera, il cuoco impara tutto questo di riflesso. E l’amore, come la vita, gli attecchiscono addosso al pari di una malattia.

È un percorso periglioso e duro, simile alla fatica che si prova nello scalare una montagna, ma se hanno attraversato la Rotta Maggiore, possono resistere anche a questo ed uscirne vincitori.

Ogni tanto, Sanji si lascia atterrire dalla paura, e capita soprattutto all’inizio, quando non sa come rispondere ai baci ed alle attenzioni di Zoro, anche se li desidera e ne sente il bisogno, ma poi si riprende, perché sa di provare un affetto così profondo, da non poter far altro che donarglielo.

Qualche volta si blocca, in seno a tutta una serie di errate convinzioni che ancora gli sedimentano nel cervello, e che lo paralizzano, come la prima volta in cui, nella penombra di una stanza, si trovano a spogliarsi l’uno dei vestiti dell’altro, occhieggiandosi con gli occhi del desiderio.

Però i giorni passano, e né Sanji né Zoro sono, l’indomani, gli uomini che erano ieri, e crescono, facendolo assieme, come la più romantica delle storie. Come quella che, forse nell’aspetto non è ciò che gamba nera si è sempre immaginato, ma nella sostanza rimane uguale.

Trascorrono le settimane, i mesi e poi anche gli anni, ed ogni cosa trova il suo perfetto incastro non senza mettere alla prova la forza del loro legame, perché Zoro non è bravo con le parole e certe volte non sa come prenderlo, e Sanji non ha molti esempi sani offertigli dalla vita a cui poter attingere per superare certi scogli. Ma come imparano a comunicare, apprendono anche come volersi bene senza chiedere scusa e prima ancora che possano rendersene conto, si ritrovano a dirsi “ti amo” la notte, prima di coricarsi assieme nel letto, e di nuovo la mattina, quando si alzano, ognuno per assolvere ai propri compiti.

Ci sono giornate in cui Zoro spende tutte le ore di veglia che ha a disposizione su uno degli arcipelaghi limitrofi, perché una sfilza di sfidanti si presenta all’uscio, desiderosi di strappargli il titolo di miglior spadaccino al mondo dalle mani, altri in cui non ha molto altro da fare e allora si mette a pescare o a dare una mano in cucina, con risultati disastrosi.

Sanji si ammazza sempre di lavoro, ma ogni tanto si lascia convincere a prendere delle ferie - due giorni massimo e non di più - e solo perché Zoro insiste, e riesce a ritagliarsi tutto il tempo che vorrebbe dedicargli, senza mai vergognarsi di averlo fatto.

Qualche volta gli amici li vengono a trovare lì al Nuovo Baratie, ed in un’occasione, è Luffy a fare porto, accompagnato da Sabo. È quando sono tutti riuniti sulla terrazza del ristorante, la schiena appoggiata al corrimano del ballatoio, che il Capitano fa la domanda più inaspettata, eppure più sensata che gli sia mai uscita dalla bocca: « Quindi, quando vi sposate? »

L’uomo di gomma lo chiede come se fosse la cosa più naturale del mondo - e probabilmente la è - con la stessa freschezza dell’acqua limpida e poco peso sulle spalle e nelle sillabe.

E Zoro e Sanji, che in quattro anni sono sì cambiati, ma nel loro core sono sempre gli stessi due ragazzi che hanno seguito un Capitano spericolato verso l’orizzonte dei sogni, si occhieggiano, prima di sbuffare un sorriso.

Sanji ora ha i capelli più lunghi, li tiene legati in un codino dietro la nuca e porta ogni giorno un fazzoletto dalla trama variopinta nel taschino della giacca a far da pendant alla cravatta di tinte via via più sgargianti. Sono regali di Caroline.

Zoro ha una barba appena accennata, che si dimentica di tagliare ogni tanto, l’occhio ancora cieco, ma che non si vergogna di mostrare al di sotto della palpebra schiusa, mentre al suo fianco regge non tre, ma quattro spade.

Gamba nera gli fa la proposta tre giorni dopo, dopo aver studiato un lungo ed arzigogolato piano fatto di romanticherie e stucchevoli sciocchezzuole che a lui piacciono tanto, ma che vanno in fumo perché la loro vita è da sempre fatta di imprevisti, ma non è che nessuno dei due se ne lamenti.

 


 

Sanji viene scortato all’altare - che di nuovo, non c’è, ma c’è giusto un piccolo banchetto su cui hanno disposto un paio di fogli nella speranza che Luffy non si dimentichi cosa deve dire e come deve dirlo - da Zeff, da suo padre, che gli cammina al fianco, e che esattamente come quando l’ha salutato la prima volta che ha lasciato il Baratie, fa fatica a trattenere le lacrime, ma si sforza, dandosi quel tono burbero che tanto bene lo contraddistingue.

Carne e Patty, in prima fila, non ci provano neanche a trattenersi, e gamba nera giura che stiano piangendo in maniera inconsolabile da ore, con Franky a far da degno loro compare, nonostante Robin gli stia accarezzando la spalla da un intervallo di tempo pressoché infinito.

Lì avanti, Reiju e Usopp sono già al loro posto, con uno sguardo lucido ed un bouquet di fiori stretto tra le mani di sua sorella, e se ne stanno in piedi sulla destra, in un riflesso speculare di quello che sono Nami e Chopper dall’altra parte, tutti stretti in vestiti e completi che fanno da pendant l’uno all’altro.

Questa non è proprio la tradizione marinaresca, e non è neanche quella della terraferma con cui Zoro è cresciuto nell’East Blue, ma sono pirati, e diciamolo, lo sono diventati, perché nella vita hanno sempre voluto fare come volevano loro, senza doverne rendere conto a nessuno.

Brook suona al piano, ovviamente, nessuna marcia nuziale canonica, perché seduti nelle sedie disposta all’occasione per l’evento, ci sono i peggiori mariuoli che i quattro mari abbiano mai visto, e se anche Vivi e suo padre potrebbero c’entrare come i cavoli a merenda nel mezzo di tutti quei fuorilegge, non è che i regnanti di Alabasta abbiano mai nascosto la loro spontanea simpatia verso certuni specifici corsari.

Bartolomeo ulula, praticamente, asciugandosi le lacrime ad intervalli regolari, mentre gorgheggia una cantilena di “Sanji-senpai” e “Zoro-senpai”, e Trafalgar se ne sta in silenzio poco di fianco a loro, con una Calendula del Nord appuntata al petto, simile se non identica, a quella che Sanji ha fatto scolpire per i gemelli che porta ai polsini della propria giacca.

La strada, dall’ingresso del ristorante decorato a festa, fino al banchetto al termine del tappeto blu scuro che hanno steso, non è lunga, eppure a Sanji sembra allo stesso interminabile ed ancora troppo corta, quando vi arriva in fondo, Zeff gli stringe appena l’avambraccio prima di prendere posto lì di fianco, e Luffy lo osserva, arricciando il labbro e snudando i denti in un sorriso.

« Sei felice, Sanji? » gli chiede il Capitano.

E gamba nera non può far altro che sbuffare, divergere l’unico occhio sgombro per il tempo di mezzo secondo, e poi tornare sull’uomo di gomma con un sorriso che ha estrema difficoltà a trattenere, « …come non lo sono mai stato prima, » gli concede. Sa che piangerà quando anche Zoro sarà lì di fianco a lui, ma onestamente, arrivato a questo punto, al cuoco non può fregargliene di meno.

Ha capito da un po’ che non sono le apparenze a dover davvero contare nella vita, come non lo sono tutta una serie di architetture sociali che ha dovuto levarsi di dosso con difficoltà per imparare a godere appieno da tutto quello che l’esistenza ha desiderato offrirgli.

E neanche fosse una qualche sorta di desiderio silenzioso, lo spadaccino fa capolino proprio ora all’inizio della navata improvvisata, avvolto nel kimono scuro che riprende lo stesso colore degli addobbi, un paio di hakama stirati di tutto punto per l’occasione, e l’aspetto migliore che Sanji gli abbia mai visto in faccia.

Rettifica: potrebbe piangere anche adesso. Mentre Koshiro-san accompagna il suo figlioccio lì dove deve stare, ed il cacciatore di pirati non cede al panico, ma c’è un vago rossore che gli tinge la punta delle orecchie e cozza quel tanto con l’espressione stoica e seria che si impone di trattenere, ma che non riesce a non sciogliere in un mezzo sorriso, quando arriva lì, alla fine, davanti a lui.

Perona, in seconda fila, trattiene un singhiozzo, Mihawk dà un piccolo cenno del capo, avendo l’accortezza di levarsi il cappello, quando il momento clou della cerimonia è ormai prossimo.

Zoro stringe le labbra, due linee sottili che Sanji ha imparato a conoscere a memoria, così come i suoi lineamenti, più sporcati di cicatrici oggi, di quanto non lo fossero allora, senza che nessuno strato di trucco possa apporvi rimedio. E va bene così.

« Bene, dunque— » Luffy si schiarisce la gola, richiama l’attenzione dei presenti così come dei due sposi, altrimenti pericolosamente vicino al perdersi l’uno degli occhi - occhio? - dell’altro come il più smielato dei leitmotiv conosciuti alle storie d’amore.

« Possiamo cominciare, uh— » riprende il Capitano, occhieggiando accigliato un punto imprecisato della sala, non del tutto sicuro di cosa debba fare a quel punto; c’è un braccio che gli fiorisce lungo la spalla, quello della loro fidata archeologa di bordo, che gli indica i fogli disposti preventivamente sopra il banchetto, e che Luffy occhieggia subitaneo, per provare a raccapezzarsi nella situazione.

Pretendere uno span di attenzione troppo prolungato dall’uomo di gomma è davvero chiedere troppo, ma Sanji, nonostante la sua compulsione ad avere ogni cosa sotto controllo, non crede di potersene né volersene lamentare. Nessun altro, in fondo, potrebbe sposarli se non Luffy, e non per ragioni burocratiche, ma perché dopo tutto quello che hanno condiviso, solo il Capitano è meritevole di un simile ruolo.

Zoro trattiene una mezza risata, mentre Luffy ridacchia con quel suo immancabile “Shishishi!”, « Allora— bla, bla, bla, » legge l’uomo di gomma, strizzando gli occhi sui fogli a cui dà una scorta veloce, mentre se li passa di mano in mano, « siamo oggi qui riuniti per— bla, bla, bla, » continua, perdendosi metà delle parole sotto gli sguardi esterrefatti dei presenti; di tutti, ovviamente, meno che della sua Ciurma, perché, figurarsi, « Ah, ecco— Zoro, vuoi tu prendere il nostro Sanji come legittimo sposo? E vuoi tu, Sanji, prendere il nostro qui presente Zoro… la stessa cosa, insomma— »

Nami gli allunga un calcio alla gamba, ed il Capitano si morde la lingua per non urlare, « Luffy, dannazione, devi chiederlo prima ad uno e poi all’altro! »

« Ma perché, Nami, lo sappiamo che lo vogliono! Meglio fare tutto subito, no? »

Se in un primo momento tanto gamba nera, così come lo spadaccino sgranano gli occhi, l’attimo dopo, la loro espressione si distende subitaneamente, occhieggiandosi di sottecchi in maniera complice. Suppongono che certe cose non siano destinate a cambiare, anche se nel fato non è che nessuno dei due ci creda davvero, ma poiché se avessero la possibilità di ripetere tutto da capo, farebbero ogni singola cosa alla stessa identica maniera, si dicono, pur senza parlare, che anche in questo caso, vada bene così.

È giusto così, anzi.

« Sì, lo vogliamo! » gli rispondono in coro, con le loro dita che si cercano e si intrecciano e trovano ancora un volta il perfetto incastro che li ha sempre accompagnati. Nel male e nel bene, negli screzi e nella pace, in battaglia e fuori ed in ogni altra occasione in cui si siano ritrovati a solcare assieme quegli oceani.

« Ottimo! » sentenzia entusiasta Luffy, « Ora scambiatevi i voti e gli anelli e— »

Usopp e Nami non fanno in tempo a passare la piccola scatolina di velluto rosso ai due sposi, che le porte precedentemente chiuse del Nuovo Baratie vengono improvvisamente spalancate con fragore; i presenti trasalgono sul posto, troppe paia di occhi fuori dalle orbite si rivolgono all’uscio e sia Sanji che Zoro aggrottano le sopracciglia con fastidio, perché se tanto hanno fatto a far filare liscio - più o meno - il tutto fino a questo momento, ha qualcosa di scocciatamente ironico che gli venga rotte le uova nel paniere sul più bello e ad un passo, letteralmente, dalla conclusione della più sofferta celebrazione a cui abbiamo mai preso parte. E ne sono i protagonisti.

« Fermi tutti! In nome della Marina siete in— oh, dannazione! » Tashiji deve fermarsi, lì sull’ingresso, dal proseguire con un discorso che si deve essere preparata a tavolino, così come si arrestano anche i restanti membri del G-5 a spade già sguainate, quando il Bel Capitano realizza di essere arrivati ancora nel pieno della cerimonia, « Siamo arrivati troppo presto! » conclude la spadaccina, arricciando le labbra con fastidio, ma non calando la spada che rimane ben salda nelle sue mani, « Devono ancora scambiarsi gli anelli! » le fanno eco i soldati con un ben udibile tono di delusione che gli accarezza ogni vocale.

Nessuno parla, forse perché nessuno ha il coraggio di farlo, ma nel dubbio, metà della ciurma di Cappello di Paglia sospira quasi rassegnata, neanche il cielo stesse suggerendo ai presenti che questo matrimonio non s’ha proprio da fare. Luffy ci aggiunge anche una pernacchia, perché dopo lo sforzo che ha fatto per tener fede al proprio ruolo, non solo qualcuno si sta frapponendo tra la tanto desiderata unione delle sue fidate Ali e Sanji e Zoro stessi… ma con l’arrivo della Marina c’è il rischio che non si goda neanche il lauto banchetto che l’intero staff del Baratie ha tanto prodigamente preparato per loro.

« …beh, non è che possiamo farci molto, a questo punto » il Vice Ammiraglio Smoker parla con calma, mentre avanza tra le file dei suoi marines, il fumo che, ovviamente, lo accompagna, saturando in fretta l’arcata di ingresso, mentre l’uomo usa ai presenti la cortesia di non marciare oltre nel mezzo del ristorante.

Un tenerone sotto sotto, non che qualcuno se ne debba stupire, mentre le file piene dei peggiori pirati che il mondo abbia mai visto, imbracciano le armi che tengono al fodero o al fianco, generando un bizzarro stallo alla messicana. Non che i civili siano da meno, che i cuochi dei due Baratie sono famosi per essere prima di ogni altra cosa degli esperti combattenti, e Re Cobra ha l’impulso di farsi largo tra la folla e porre fine alle schermaglie prima ancora che queste inizino.

« Aspettate! »

È la voce di Sanji, però, che tuona tra le mura e che fa rialzare gli sguardi di Tashiji e di Smoker, così come di tutti i restanti presenti; gamba nera prende un lungo sospiro, le spalle che gli scivolano verso il basso, sotto le occhiate perplesse di sua sorella e dei suoi nakama, mentre inforca le mani in tasca, e batte due colpi di tacco a terra. L’attimo dopo, la sua gamba si infiamma di quel colore azzurro intenso che segna il principio del suo Ifrit Jambe, e quando si volta all’indirizzo del suo quasi-marito, vede come Zoro abbia avuto la stessa idea, facendo correre le dita alla fidata Wado.

Si osservano per un istante, un leggero colorito ad imporporare le guance di entrambi, prima che la bocca di ambedue pieghi in una divertita virgola consapevole e comune. Ancora una volta, non c’è bisogno in questo caso che si esprimano a parole.

« Luffy, » fa Zoro, senza voltarsi, mentre sguaina tutte le sue spade, « Sposaci, » prosegue, « adesso! » conclude Sanji.

« Ma Sanji, la cerimonia— » Usopp prova ad inserirsi nel discorso, ma di tutta risposta riceve un “Tch!” da parte di entrambi, che si accompagna relativamente in fretta ad una nuova risata dell’uomo di gomma.

« Ah, chissenefrega! » esclama gamba nera, sotto gli sguardi ancora più shockati di tutti i loro invitati. Perché, parliamone, che proprio “bridezilla” arrivi ad esclamare una cosa del genere, dopo il patema di un’intera giornata - e di interi mesi, per quanto riguarda il suo staff - deve preludere ad una qualche follia di sorta o all’ipotesi che nell’intervallo di tempo in cui i due sposi sono spariti, infrattati chissà dove, il cuoco abbia subito un qualche trauma cranico che ora lo spinge a delirare, « Ho sopportato questo zuccone per quasi sei anni, quattro li abbiamo spesi assieme su questo ristorante, e non c’è un singolo giorno in cui non mi senta legato a lui a doppio filo— » Zoro arrossisce, ma cerca di non darlo a vedere, Sanji induce lo stesso identico effetto sul proprio viso, ma non si nasconde neanche per un battere di ciglia, mentre tutti paiono pendere dalle sue labbra, con un’aspettativa che traballa sulla carotide di ciascuno.

« —questa è semplice burocrazia », scocca infine gamba nera, la lingua che gli schiocca sul palato con aria divertita, mentre alza il mento in segno di sfida alla Marina.

« …come dice il cuoco, » soggiunge Zoro in un ghigno, macinando quel mezzo passo che lo porta più vicino all’altro, schiena a schiena, come tra loro è sempre stato, pronti a coprirsi il fianco a vicenda, sempre presente, l’uno per l’altro, nei momenti migliori e nei momenti peggiori.

Si potrebbe quasi dire che, a modo loro, questi siano i voti che si ripromettono.

Come se Sanji gli avesse appena detto di impegnarsi a ritrovarlo ogni volta in cui lo spadaccino dovesse perdersi; come se Zoro gli avesse appena detto di cercare sempre di trarlo dalle tenebre, in cui sovente il cuoco si rifugia, perché è quello che sa fare meglio.

Se le mandibole potessero scardinarsi dalle loro sedi, probabilmente quelle di tutti rotolerebbero a terra a quel punto. Ed un coro di estasiati “Ow!” potrebbe essersi levato tanto tra le file del G-5 come quello del fornito gruppetto di Okama che in terza fila accompagna Ivankov.

Luffy batte i palmi sul panchetto, « Shishishi! Va bene, allora— » proclama, mentre sta già caricando il pugno dietro di sé, in un moto anche troppo conosciuto che per semplici ragioni di esigenze, non si accompagna a nessuno “Gomu Gomu no—”, « —vi dichiaro marito e marito! Ora siete sposati! » l’istante dopo, il rinculo delle sue nocche serrate si fracassa infruttuosamente su Smoker, che si dissolve - ovviamente - in una ventata di fumo bianco.

C’è di nuovo silenzio per il tempo di un levare, frazioni di secondo che sembrano dilatarsi nel tempo fin quasi a strapparsi, sotto le espressioni sgomente di tutti gli invitati, e poi… il Vice Ammiraglio riparte alla carica, brandendo la sua Jitte, ed il fragore esplode in una caciara mai vista prima.

Una stampede, praticamente, ma con qualche sorriso in più, mentre Bartolomeo attiva i poteri del suo Frutto, Law mormora un “Room” a bassa voce ed ognuno dei presenti fa appello alle proprie forze per dar vita a… come si potrebbe definire… una festa che sia degna di un raduno di pirati. Nami lancia Zeus all’attacco, non prima di essersi assicurata di condurre, con l’aiuto di Usopp e Chopper, ogni civile non coinvolto nella baraonda; Robin fa fiorire un paio di enormi braccia che schiacciano qualche soldato e Franky, al fianco di Jinbe, si dà alla pazza gioia, svelando il trucchetto di qualche nuova arma tra un colpo di karate e l’altro del timoniere.

Sanji dovrebbe forse preoccuparsi delle condizioni in cui verserà il suo ristorante dopo questo matrimonio, ma con quello che fattura il Nuovo Baratie e tutti i soldi che ha ancora da parte, suppone di potersi permettere di pagare l’intervento di Iceburg - questa volta per davvero - mentre incassa un Concassé sulla capoccia di un paio di soldati.

Forse sarebbe opportuno che la sua espressione si accigliasse di quel tanto, anche solo un piccolo cruccio sulla fronte ad incuneargli le arzigogolate sopracciglia, ma la verità è che non riesce a smettere di sorridere, e Zoro con lui.

« Ehm… dunque… » riprende Tashiji con un colpo di tosse, nessun altro che possa prestarle attenzione, fatta eccezione per il cacciatore di pirati davanti a lei, che con la punta di Kitetsu la invita senza troppe ulteriori cerimonie a farsi avanti, « Roronoa-san, perdonaci l’intrusione, ma dobbiamo arrestarvi, » conclude il Bel Capitano, mentre i negative Hollow di Perona svolazzano tutt’attorno a loro, ed un fendente della Yoru di Mihawk attenta alla nave da guerra con cui il G-5 si è spinto fin lì.

« Potete provarci, » le risponde Zoro in un ghigno, Wado stretta tra i denti, « non vi do garanzie sulla riuscita, » ha anche il coraggio di scherzare, mentre carica un Nigiri Toro; e come potrebbe non farlo d’altronde, con l’adrenalina a mille e la gioia che gli scoppia nel cuore con così tanto fragore da non riuscire a farsi serio neanche per un istante.

Luffy scarica una gragnola di colpi sui marines ancora in piedi, Brook ne congela altri cinque o sei, e dei colpi di cannone in lontananza, avvisano dell’arrivo di nuovi soldati. Nulla che non possano affrontare, visto come tutti si stanno scatenando, e Sanji e Zoro, a conti fatti, non potrebbero chiedere di meglio.

Delle nottate spese a pensare ai più piccoli e beceri particolari, a gamba nera non interessa più; forse non gli è mai davvero interessato dall’inizio, perché è così che lui e lo spadaccino hanno sempre vissuto, così che la loro vita non è stata mai noiosa, in seno all’avventura, alle battaglie ed agli sconti che hanno riempito ogni istante del loro rapporto e del loro grande viaggio.

Non hanno dubbi, poi, quando ancora una volta i loro sguardi si cercano e si incrociano a più riprese nel mezzo della baraonda, che neanche i loro invitati si lamenteranno di tutto questo, una volta ritornata la quiete.

Un ricevimento coi fiocchi. Il meglio, alla fine, che il cuoco avrebbe mai potuto desiderare. Chissà se Zeff è orgoglioso di lui…

« Vinsmoke Sanji, sei in arrest— »

« No, » gamba nera frena le parole del soldato, mentre riatterra dopo un Collier Strike, e le dita corrono al panciotto per cercare una sigaretta « Roronoa Sanji, prego ».

Non che l’abbia sposato per questo, ma ora può dirlo a buon merito e con un sorriso tutto denti.


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Volevo allungare molto di più il brodo, tanto sugli invitati, come su qualsiasi altro aspetto affrontato nella storia, ma va bene così, è solo un piccolo spaccato di vicende a la "rom-com classics" e per questo giro ci accontentiamo.
   
 
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