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Autore: rainbowdasharp    01/10/2022    2 recensioni
"La immagina danzare sui tetti, i piedi leggiadri che a stento sfiorano la superficie dell'acqua che scivola via; vede la sua ombra stagliarsi contro la luce dei fulmini, prima di svanire più veloce del rombo del tuono."
Kaz e Inej si amano e io amo torturarmi, non faccio io le regole.
| kanej, introspettiva, ambientata dopo la fine del Regno Corrotto |
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Kaz Brekker
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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La musica di Ketterdam è la pioggia.

Un'orchestra di strumenti umili, che si rafforza col vento e che copre qualsiasi altro rumore. In quei momenti, la città smette i panni del brulicante porto di criminali e torna a essere un insieme di edifici che a malapena si distinguono tra loro, con le insegne che cigolano sotto le raffiche di vento, le porte che sbattono, le finestre percosse.

È in questi momenti che Kaz Brekker, calata la quotidiana maschera dell’inganno, può chiudere gli occhi e illudersi di sentire altro, nel buio del temporale.

La immagina danzare sui tetti, i piedi leggiadri che a stento sfiorano la superficie dell'acqua che scivola via; vede la sua ombra stagliarsi contro la luce dei fulmini, prima di svanire più veloce del rombo del tuono.

Ma Inej Ghafa non è più un’evocazione delle strade di Ketterdam. Lo Spettro non ha più alcuna catena a legarla alla città, e viaggia libera per mari che Kaz può solo immaginare dai racconti delle sue lettere.

Ed è un bene.

Eppure, quando è solo, la brama lo anima di continuo. Pulsa, sotto la pelle scura dei suoi guanti, che pure non riuscirebbero a toccarla. Gli corrode la mente, perché sa che è il desiderio inespresso di un bambino e che non ha alcun diritto di esprimerlo.

Allora, si limita a fissare la finestra che lascia socchiusa persino in quelle pessime serate. Un'abitudine che dovrebbe gettare via, come tante volte ha già fatto.


«Kaz.»


Sente persino il sussurro della sua voce calda, con quella nota di malinconia che l'ha sempre contraddistinta e che non ha perso neanche adesso che ha ritrovato i suoi genitori. È l'ombra di un dolore che lascia segni indelebili – un vuoto che hanno scoperto di condividere.

Per un folle secondo, evoca il labile ricordo della sua pelle nuda sotto le dita ma il brivido che lo scuote è un'antitetica spirale di disgusto e piacere.

Merita di meglio. Lo sa ancor prima di riaprire gli occhi, e ne è consapevole mentre si costringe a tornare al cumulo dei fogli sulla sua scrivania.


Una risata leggera dà forma al sorriso prezioso dei suoi pensieri. «Kaz?»


E lei è lì, avvolta in abiti di guerriera, armata della sua fede e della sua fermezza. Kaz scorge a malapena gli occhi scuri infiammati dalle candele dello studio, il volto scuro avvolto in uno scarmigliato intreccio di veli e capelli neri come l'ignoto.

«Le vecchie abitudini sono dure a morire, vedo» risponde.

Inej fa qualche passo avanti, emerge dall’oscurità a cui non appartiene più. Gli abiti sono umidi dal temporale, ma non ci vuole molto per capire che si trova nella stanza da ben prima che lui entrasse.

«Solo quelle buone.» Non rimane in piedi, infatti. Si siede, elegante capitano della nave che lui stesso le ha procurato. L’autorità risplende sugli zigomi affilati, e Kaz si scopre invidioso della sua ciurma. Quanto brilla, Inej, al timone della sua nave se riesce a brillare come un sole a mezzanotte nel suo studio?

Una domanda rimane sospesa tra loro, in un gioco di attese che una volta a Kaz piaceva, tanto da alimentarlo continuamente. Adesso lo irrita.

«Immagino tu sia qui per un--»

«Ho bisogno di te.»

Le loro voci sovrapposte spariscono sotto lo scroscio dell’acqua che viene da fuori.

Inej e la sua nuova libertà, il suo cuore che batte con la forza di due perché deve farlo anche per quello affaticato dalla paura di Kaz. Inej e la rinnovata speranza che Kaz non dovrebbe più conoscere, e che eppure vede in lei incarnata.

Si trovano continuamente in bilico tra ciò che vogliono e non possono dirsi, ma Inej ama mettere alla prova la trave logora su cui si muovono. E Kaz non è proprio un campione di equilibrio.

Esita, e spera che non sia per un secondo di troppo. Innumerevoli via di fuga da quella richiesta così diretta da dolere come un colpo di balestra si affollano sulla sua lingua, ma le tiene a bada.

Non parla, perché sa che la ferirebbe ancora. Deve agire. Allora, allunga lentamente la mano verso di lei, posandola sulla scrivania che li divide. La sicurezza guanto lo protegge dalla repulsione, ma non gli impedisce di avvertire la pressione delle dita della ragazza che si poggiano sul suo palmo, che afferrano la sua mano incerta e accarezzano la stoffa scura.


Ogni volta che si convince a rinunciare, lei appare. Come un segno.


«Ti ascolto.»

   
 
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