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Autore: effe_95    02/10/2022    2 recensioni
[Questa raccolta partecipa al Writober2022 indetto da Fanwriter.it ]
***
31 racconti diversi, ambientati in 31 universi alternativi.
Universi in cui Tooru e Wakatoshi si incontreranno - anche in forme e generi diversi - dimostrando che l'amore, se predestinato, sceglie sempre le stesse persone, non importa quanto diverse esse appaiono.
[ Ushijima x Oikawa ]
***
28. Band
-
«Ehi Tooru, aspetta!». La voce di Tobio lo inseguì, ma lui stava correndo via.
Correva davvero, con i polmoni in fiamme. Sentiva dentro una strana tempesta.
Aveva quasi raggiunto l'altro lato della strada, quando sentì il foulard che aveva messo attorno al collo scivolare sulla pelle. Lo toccò automaticamente, sentendolo sfuggire dalle dita. A quel punto si voltò di scatto e Wakatoshi era dietro di lui, con l'affanno a sua volta, e il suo foulard stretto nel pugno della mano piena di anelli.
«Tooru» lo chiamò per la prima volta con una voce profonda e monocorde, facendo muovere quella tempesta dentro di lui come un mare agitato «ti prego, diventa il cantante della mia band!».
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Gender Bender, Mpreg, Tematiche delicate
Capitoli:
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“Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”

Prompt: Crime

N° parole: 4225

Note: Segnalo qui un Fem! Oikawa, ce ne saranno anche altri in futuro, sicuramente. Niente, ho voluto un po’ sperimentare, spero vi piaccia.
    TW: ci sono accenni di violenza fisica. Uomo avvisato, mezzo salvato!


 

Dangerous Mind

 

Still, I want you
But not for your devil side
Not for your haunted life
Just for you



Tooru aveva il cuore in gola.
Lo sentiva battere con violenza nella cassa toracica, mentre correva per i corridoi labirintici di quella maestosa mansione.
Non sapeva dove stava andando. Non ne aveva la minima idea.
Sentiva il fiato corto e il panico opprimere tutti i suoi sensi, non riusciva a ragionare, a pensare. Il suo corpo si muoveva in avanti, per inerzia, sospinto dal bruciante desiderio di trovare una via di fuga. Una qualsiasi.
Svoltò nell'ennesimo corridoio spazioso, e inciampò con il piede sul bordo di un tappeto persiano dall'aria costosa.
Cadde in avanti, mulinando le braccia nel vuoto alla ricerca di un appiglio qualsiasi.
Non ne trovò. L'impatto con il pavimento arrivò rapidamente, il dolore smorzato solo dalla ruvidezza della tappezzeria costosa.
Tooru rimase distesa a terra per qualche secondo, stordita.
Le pulsavano le ginocchia, i palmi delle mani con cui aveva tentato di frenare la caduta per istinto e la mascella, sentiva la guancia già gonfia.
Il dolore fisico, tuttavia, fu come una secchiata d'acqua ghiacciata addosso.
Le schiarì la mente, domò in parte il suo panico. Ancora tremante, si mise a sedere sul tappeto, analizzando la situazione circostante. Fece un respiro profondo, assorbendo con il dorso della mano il sudore freddo che le imperlava il volto.
Il corridoio era largo, identico a tutti i precedenti: pareti di un panna tenue, rifiniture costose, tappeti lunghi e complessi, porte di legno pregiato chiuse a chiave, mobili radi e vasi preziosi. Tutto minimalista e diretto, proprio come il proprietario di quella casa.
Risolve lo sguardo alla sua mano sinistra, era ancora sporca di sangue secco.
Il liquido vermiglio era penetrato nei solchi e nelle linee della sua pelle, aveva sporcato l'anello di diamanti e si era incrostato sotto il french delle sue unghie curate.
Nella fretta di agire, aveva colpito Reon con la sua mano debole - la sinistra - inoltre, dubitava di avergli fatto davvero male.
Non ricordava bene cosa fosse successo - il panico aveva reso la scena frammentaria nella sua memoria - ma era convinta di aver colpito il suo secondino dietro la nuca con un fermacarte. Il colpo non era stato molto violento e Reon non era nemmeno svenuto.
Tooru ricordava di averlo visto sbandare contro il muro del corridoio mentre lo spingeva con foga per scappare, una mano premuta sulla nuca insanguinata, e di aver corso per un po' prima di lasciar cadere su uno degli innumerevoli tappeti persiani l'arma che aveva utilizzato. L'uomo doveva dunque essere sulle sue tracce, ma non abbastanza vicino da arrivare subito. Tooru non poteva cantare vittoria - quella mansione era satura di criminali travestiti da guardie del corpo, e comunicavano tutti con quei maledetti auricolari. Reon doveva avere allertato gli altri della sua fuga.
Aveva poche probabilità di farcela.
Con un respiro tremante si alzò in piedi.
Era scalza, aveva perso le scarpe con i tacchi a spilli quando si era messa a lottare contro di lui, che l'aveva sollevata da terra come fosse un sacco di patate qualsiasi.
Meglio, i suoi passi non avrebbero fatto rumore. Il vestito da sera - di raso lungo - era scomodo, le fasciava il corpo dal seno fino alle caviglie come una coda di sirena, ma almeno aveva uno spacco sulla coscia destra, lo sollevò.
L'acconciatura era saltata via in parte. Una matassa di boccoli castani le pendeva sul lato sinistro del collo - non le finivano in faccia, potevano andar bene.
Con il cuore che ancora le martellava nel petto, ma il respiro sotto controllo e la mente finalmente lucida, si mosse. Attraversò il corridoio con cautela, sul lato destro, di modo da poter sbirciare dietro gli angoli. Ogni rumore la faceva sussultare.
All'ennesima svolta si trovò di fronte una vetrata - avrebbe apprezzato la vista e tutto il lusso che la circondava se non si fosse trovata in quella situazione.
Se ormai non avesse saputo che poggiava le sue fondamenta su un vero e proprio impero del crimine. Uno specchietto per le allodole come lei.
Dalla vetrata, che si affacciava sul maestoso giardino all'italiana della mansione, Tooru si rese conto di essere arrivata al primo piano.
Se solo fosse riuscita a raggiungere la -
<< Non può essere andata lontana >>
Il respiro le morì in gola al suono di quella voce pacata e atona - Kenjirou.
Sembrava provenire da dietro l'angolo.
Tooru sentì il corpo irrigidirsi, si schiacciò contro la parete come se vi ci volesse fondere dentro, trattenendo il fiato.
Portò una mano sul cuore impazzito e chiuse gli occhi umidi di disperazione, pregando.
Se avesse potuto anche solo scappare abbastanza lontano da contattare Hajime ...
<< Avevo detto a Wakatoshi che quella faina sarebbe stata solo una spina nel fianco >>
Cantilenò una seconda voce, familiare, fin troppo familiare. Tooru ghiacciò.
Satori - il braccio destro di suo ... marito.
<< Merda >> Imprecò sottovoce, premendo ulteriormente il fianco contro il bordo di un comò pregiato.
<< È la tua signora, non dovresti parlare di lei in questi termini >>
Fu il commento privo di intonazioni di Kenjirou - a Tooru non era mai piaciuto.
Non erano mai piaciuti nessuno dei due.
<< Con me non funziona il tuo lecchinaggio del cazzo, sai >> La voce di Satori era la più vicina delle due, Tooru aveva l'impressione che fosse proprio dietro l'angolo << Io non sono Wakatoshi. Tu non tolleri quella puttana, proprio come tutti gli altri >>
Kenjirou non replicò. Tooru si morse il labbro inferiore, si sarebbe indignata nel sentirsi appellare in quel modo se fosse stata un'altra occasione. Ma ora voleva solo fuggire.
Da quella casa - una delle sue case - che non conosceva, da quegli uomini, dalla sua vita di bugie. Da lui. Voleva soprattutto scappare via da lui e non rivederlo mai più.
O altrimenti gli avrebbe piantato un coltello nel cuore con le proprie mani.
<< E se la prendo le faccio passare la voglia di scappare >>
Tooru sussultò, spaventata da quella minaccia, e urtò con il fianco contro il comò.
Il vaso cinese di inestimabile valore posato al suo centro prese ad oscillare pericolosamente sotto i suoi occhi inorriditi.
Si slanciò in avanti per afferrarlo e produsse una serie di soffici rumori: un singulto e il breve stridio dei piedini di legno del mobile che veniva leggermente spostato di lato.
Con il cuore sul punto di uscirle di bocca si immobilizzò, continuando a tenere il vaso fermo. I due avevano smesso di parlare.
Ci fu un silenzio di qualche secondo.
<< Hai sentito qualcosa? >> Domandò Satori qualche istante dopo. Tooru serrò di nuovo gli occhi per un istante, si sentiva sul punto di vomitare. Aveva la nausea.
<< No >> Fu la replica di Kenjirou, arrivata dopo qualche secondo di troppo di silenzio.
Poi si sentì un bip acuto.
<< Una comunicazione da Tsutomu, pare sia nell'ala ovest >> Dichiarò dopo un secondo, e Tooru non riuscì a credere alla propria fortuna. Lasciò andare il vaso.
<< Muovi il culo allora, moccioso >>
Fu la replica di Satori. Rumori di passi che si allontanavano nella direzione opposta.
Tooru fece un respiro profondo, attese qualche secondo: silenzio assoluto.
Tenendosi la gonna si affacciò da dietro l'angolo, vide la lunga scalinata che portava all'ingresso maestoso. L'uscita principale.
Fu presa da una strana frenesia. Si mosse in avanti, la meta tanto vicina.
Ce l'aveva fa -
Le sfuggì una forte esclamazione di acuto dolore quando si sentì afferrare i capelli dietro la nuca con una mano. Un forte odore di colonia la investì quando sentì il respiro caldo di qualcuno accanto all'orecchio.
Sollevò le mani, tentando di liberarsi i capelli, e quella persona rise, provocandole uno spiacevole brivido lungo la schiena.
<< Pensavi di avercela fatta sotto il naso, vero puttanella? >> Satori, maledetto figlio di -
Il pensiero venne interrotto quando la stretta attorno ai suoi capelli si fece ancora più serrata. Sentiva di voler piangere, ma non lo fece.
Non lo avrebbe fatto mai davanti a loro.
<< Sono arrivata fin qui >> Lo sfidò invece, arrogante e orgogliosa. L'altro rise ancora.
Sembrava un folle, un pazzo.
<< Hai sentito, moccioso? Fa la spiritosa >>
Tooru si accorse solo in quel momento di Kenjirou. Era di fronte a lei, ma riusciva a guardarlo a malapena con il collo rigido a causa della presa salda sui suoi capelli.
<< Le stai facendo male, Satori. Il capo ha detto "non un graffio". Nemmeno tu sei tanto sciocco da sfidarlo così >> Tooru sentì montare dentro la disperazione.
L'avevano ingannata, entrambi, facendole credere di essersi allontanati, quando invece avevano captato la sua presenza proprio grazie a quei due insignificanti rumori.
E lei ci era cascata come una sciocca.
Satori rise di nuovo, strinse ancora più forte, strappandole un lamento - quello che voleva - prima di lasciarla andare con uno strattone.
Tooru barcollò in avanti. Ma non ebbe nemmeno il tempo di toccarsi la nuca per massaggiarsela, che Satori le sferrò un ceffone talmente forte da farla finire stesa a terra con la testa che le girava.
Il sapore metallico del sangue le invase la bocca: quelli erano gli uomini di suo marito.
Non mi mosse, paralizzata dalla piena realizzazione della realtà in cui viveva.
In cui si era andata a cacciare.
<< Satori, ma che caz - >>
<< Dirò che ha fatto resistenza >>
Tooru si sentì sollevare da terra come una bambola di pezza.
Avrebbe fatto davvero resistenza se quel gesto non l'avesse scioccata.
Non era mai stata colpita in quel modo. Mentre veniva caricata su una spalla come un sacco di farina, lo sguardo le finì sulla porta d'ingresso che si allontanava. Le scivolò una lacrima lungo il solco del naso, che raggiunse la punta e si staccò per finire a terra.
Ti prego. Ti prego.
Nessuno avrebbe ascoltato le sue preghiere.

 

♤◇♤



Odiava quella stanza.
La detestava, con il suo letto enorme, l'oro, il marmo e lo sfarzo che emanava.
Con il suo terrazzo troppo alto per scappare e la piscina con l'idromassaggio illuminata di notte. Non sapeva da quante ore se ne stava stesa a letto, ormai. Era priva di forze.
Il labbro le pulsava dolorosamente, ma non le importava molto.
Non era riuscita a scappare. Era prigioniera in casa sua e il suo carceriere - il suo carceriere non era nient'altro che suo marito.
L'uomo che aveva sposato.
Senza saperlo, era finita in catene ancora prima che lui la facesse rinchiudere in quella stanza quando era diventata violenta.
Tooru era orgogliosa, e si era sempre ritenuta una persona intelligente.
Sapeva osservare.
Sapeva cogliere le sue occasioni, colpire gli altri nei punti deboli e farli cadere.
Non era dunque un mistero che quell'uomo avesse catturato la sua attenzione quando aveva dimostrato di non possederne.
Hajime glielo aveva detto. Tutti i suoi amici glielo avevano detto.
Lo aveva conosciuto in un locale - quasi un anno prima - ci era andata come una ragazza qualsiasi, per divertirsi. Non sapeva niente di quel luogo, né di chi lo frequentasse.
Si erano incontrati e lei lo aveva sfidato. Gli era stato detto che era un uomo freddo, che era difficile catturare la sua attenzione e l'aveva presa come una sfida. Che sciocca. Quella sfida l'aveva vinta, ovviamente.
Ma non aveva visto cosa si celasse dietro quella maschera composta.
Wakatoshi la venerava. Non poteva dubitare di quello.
La venerava al punto tale da sembrare un amore malato. E ora lo vedeva.
Ma era stata lei a sposarlo di fretta, dopo solo pochi mesi dal loro incontro e da una guerra in cui lei scappava e lui si prostrava ai suoi piedi offrendole il mondo.
Ma su quel letto si sentiva svuotata perché le era piaciuto, e quel pensiero la annientava.
Si passò una mano sul volto bagnato.
Un rumore nel corridoio catturò la sua attenzione, scostò lo sguardo sulla porta chiusa a chiave. Il cuore prese a pomparle forte nel petto.
<< È dentro >> Disse una voce soffocata.
Non era Reon che le faceva la guardia, lui doveva essere da qualche parte a medicarsi la ferita dietro la nuca. Eita, forse.
Ci fu una risposta, probabilmente, ma Tooru non la sentì, udì lo scatto della serratura invece. La porta si aprì di uno spiraglio, ma poi si arrestò di colpo.
<< Non era di buonumore >> Sentì dire alla voce di Satori, che risuonò invece più chiara con l'uscio aperto di qualche millimetro.
Stronzo, si ritrovò a pensare mentre si metteva seduta sul letto, per affrontarlo.
Sapeva che era lui dietro quella porta.
<< Non sono sorpreso >> Fu la replica seria.
E la sua voce le fece scendere un brivido gelido lungo tutta la schiena, ma anche caldo.
Tooru provò raccapriccio per sé stessa.
Wakatoshi entrò nella stanza un istante dopo.
Si stagliò sulla soglia con la sua stazza, chiudendosi la porta dietro con uno scatto.
Non girò la chiave.
Indossava solo la camicia nera inamidata, sbottonata sul petto, con le maniche arrotolate fino ai gomiti. La giacca era sparita da qualche parte.
I pantaloni gessati gli fasciavano le gambe in modo elegante, come le costose scarpe lucide. Si era passato una mano tra i capelli più volte forse, perché erano scombinati.
La sua espressione non tradiva nulla, comunque, come sempre.
Tooru sapeva che la sua stava bruciando invece. Di odio, di passione, di vergogna.
<< Che cosa devo fare con te, Tooru? >>
Wakatoshi la guardava massaggiandosi il polso del braccio sinistro.
La fede al suo dito scintillò minacciosa sulla grossa mano.
Tooru trasalì, seduta al centro del letto.
Provò l'impulso di colpirlo, ma sapeva che era del tutto inutile.
Era più forte di lei e ci aveva già provato qualche ora prima, nel suo studio.
Rimase allora in silenzio, scostando lo sguardo rabbioso. Wakatoshi sospirò.
<< Gli ospiti sono andati via >>
Annunciò, con voce del tutto atonale e priva di inflessioni.
Si riferiva agli ospiti che avevano invitato nella loro mansione - che Tooru vedeva per la prima volta quella sera - per festeggiare l'anniversario del loro primo incontro.
Tooru rise con disprezzo, tornando a guardarlo.
<< Avevi paura che facessi una scenata? >>
La sua voce uscì tagliente come una lama.
Wakatoshi la fissò impassibile.
<< L' hai fatta, infatti >>
Ed era vero. L'aveva fatta. Wakatoshi diceva solo quello che aveva visto con i suoi occhi.
La serata stava andando bene, andava alla grande.
Tutte quelle persone influenti e di potere venute lì per ammirare lei.
Tooru si stava crogiolando nel suo compiacimento quando aveva visto Wakatoshi allontanarsi con Satori e Kenjirou. Era solo andata a cercarlo, nulla di più.
Non avrebbe dovuto sentire niente di quello che aveva sentito oltre la porta del suo studio, però lo aveva fatto. E ora sapeva. Sapeva tutto: suo marito era solo un criminale, uno strozzino e aveva costruito un impero del crimine.
E non era solo un modo per dire, lo chiamavano davvero l'Imperatore li a Shiratorizawa.
Tooru aveva capito allora di non conoscerlo affatto.
Aveva fatto irruzione nello studio e lo aveva aggredito fisicamente.
Ecco perché era finita chiusa in quella camera per il resto della serata.
Dove la portata della verità l'aveva schiacciata.
Tooru lo fissò con occhi pieni di odio.
<< Avrei voluto colpirti più forte >>
<< Non ne dubito >> Wakatoshi smise di massaggiarsi il polso sinistro e fece un passo nella stanza, verso il letto. Tooru lottò contro la voglia di indietreggiare.
Aveva avuto altri piani per quella notte, tra quelle lenzuola. Cristo, le venne la nausea.
<< Sei un mostro >> Sibilò invece, con astio.
Lui arrestò i passi e infilò le mani nelle tasche dei pantaloni.
I suoi occhi dal colore indecifrabile la scrutavano attenti.
<< Molti la pensano così, è vero >> La sua calma imperscrutabile la faceva impazzire.
Wakatoshi era esattamente lo stesso uomo che aveva sedotto, eppure ormai era diverso.
Non riusciva a non pensare a quello che aveva fatto con quelle stesse mani con cui la faceva impazzire di piacere. Tooru fu investita da una vampata di vergogna violenta.
<< E non hai nulla da dirmi? >> Lo canzonò, incredula. Lui non replicò.
Esasperata, Tooru fece per sfilarsi l'anello quando Wakatoshi si mosse furtivo e inaspettato. Prima che se ne rendesse conto era salito con un ginocchio sul materasso e le aveva afferrato il mento tra le mani.
Tooru trattenne il fiato, investita dal profumo speziato della sua colonia preferita.
Rimase intrappolata nel suo sguardo freddo.
Le sue viscere si contorsero in profondità, mosse dal desiderio e Tooru si ritrovò a domandarsi se in fondo non fosse un po' malata anche lei se continuava a desiderarlo nonostante tutto.
<< Sei stata colpita al viso >> La sua voce la strappò a quei pensieri oscuri, infastidita gli allontanò il braccio con una manata.
<< Non mi toccare >> Wakatoshi non mosse un solo muscolo facciale.
Era abituato a quei suoi colpi di testa, dopotutto era in quel modo che erano finiti insieme. Lei che lo respingeva e lui che insisteva per inseguirla ed averla.
Le era piaciuto giocare al gatto e al topo ed ora era finita in trappola.
Non si sarebbe mai liberata di lui. Doveva solo ucciderlo.
<< Ti fa male? >> Insistette lui, tentando di toccarla di nuovo, Tooru lo allontanò ancora una volta con una manata poco gentile.
<< No. Ho detto - Ahia! >> Wakatoshi la afferrò di nuovo per il mento e premette un pollice con forza contro l'angolo destro delle sue labbra.
<< Il tuo verso mi sembra una risposta eloquente. Chi ti ha colpito? >>
Tooru tentò di liberarsi dalla sua presa, frustata dalle sue azioni, ma non ci riuscì.
Non rispose, ignorandolo.
<< Satori >> Commentò invece Wakatoshi, come se le avesse letto nella mente.
Anche in quel caso la sua voce e la sua espressione non cambiarono.
Tooru fece per parlare, ma poi si accorse di una cosa. Un dettaglio che non aveva notato.
Wakatoshi aveva le nocche della mano sinistra scorticate e sporche di sangue.
Lei lo aveva graffiato e colpito, ma senza fargli versare nemmeno un goccia del liquido vermiglio. Poi comprese: quel sangue non era suo.
<< Hai picchiato quel tipo >>
Ne ebbe la conferma anche mentre sollevava gli occhi per fissarlo incredula, scioccata.
Come se tutto quello che aveva fatto fino a quel momento non fosse una prova sufficiente della verità che non aveva visto per mesi e mesi.
<< Era necessario >> Fu il commento pacato di Wakatoshi e Tooru perse la testa.
Si liberò dalla sua presa e lo spinse senza smuoverlo nemmeno di una virgola.
<< Mi fai schifo >> Sibilò come un aspide.
<< Doveva capire che non può scherzare con me, Tooru. Era la spia di un clan rivale >>
Era. Un verbo al passato. Lo aveva ... Wakatoshi la afferrò per la vita con appena cominciò a dimenarsi per colpirlo e la intrappolò nella sua presa.
Lei si sentì soffocare dal suo odore. Dal suo calore familiare.
<< Mi fai schifo! Schifo! >> Strillò, agitata.
<< Bisogna farsi rispettare se si vuole - >>
Tooru gli sputò in faccia, lo fece di istinto.
E tutto si fermò, perfino l'aria.
Sgranò gli occhi, sorpresa dal suo stesso gesto. Tremò mentre lo osservava sollevare la stessa mano sporca di sangue per pulirsi il viso dalla sua saliva.
<< Wakatoshi, io - Ah! >> L'uomo la afferrò nuovamente per la mascella, ma con forza, e Tooru si ritrovò sbattuta sul materasso con lui addosso. Guardò i suoi occhi grigio - verdi, che tanto l'avevano intrigata in passato, e le tremò il labbro inferiore.
<< Mi hai mentito >> Lo accusò, trattenendo le lacrime.
Perché guardava quegli occhi e si rendeva conto che dietro lo sgomento, l'odio e la delusione lei ancora ... ancora lo amava.
Aveva paura dell'uomo che aveva creduto di conoscere, lo temeva, era sua prigioniera ma non poteva smettere di amarlo su due piedi.
E non poteva nemmeno accettare semplicemente di non vedere.
Non vedere che era un assassino.
<< Mi hai tradita >>
Wakatoshi continuò a fissarla, il suo corpo pesante le premeva addosso.
Era abituata a quella sensazione, e una parte malata di lei lo trovava perfino eccitante.
<< Non ti ho mentito, non ti ho tradito >> Le accarezzò la guancia con il pollice, continuando a tenerle la mascella ferma, così che non potesse distogliere lo sguardo da lui << Sono stato sincero con te. Ma tu non hai fatto le domande giuste, Tooru >> Wakatoshi era incapace di mentire, quella era una delle prime cose che aveva imparato di lui. Ma era bravo a nascondere i suoi reali intenti dietro parole complesse e ambigue.
Durante il suo gioco di seduzione le era apparso misterioso, a volte enigmatico.
La prima volta che avevano fatto sesso era stato nella stanza privata di un locale, sul tavolino di un biliardo. Era successo dopo una furiosa lite e di lì a due mesi lo aveva sposato senza sapere nulla di lui. Era stata solo colpa sua.
Davvero non aveva fatto le domande giuste.
Fin dal principio. Wakatoshi non si era mai nascosto, lei non aveva chiesto.
Voleva lui, i suoi soldi, il suo potere. La sua vittoria.
E non si era chiesta da dove arrivasse tutto quello. Non lo aveva fatto. Se lo era preso.
<< Ti odio >> Sussurrò con gli occhi offuscati dalle lacrime, senza sapere se stesse parlando ancora di lui o di se stessa.
Wakatoshi le lasciò andare la mascella e fece scendere le dita lungo il suo collo e sullo sterno, sulle mezzaluna scoperte dei suoi seni.
Tooru sentì il battito accelerare e il suo corpo inarcarsi a quelle carezze.
<< Non mi odi >> Le dita scesero più in basso, sfregando con la stoffa contro la pelle sensibile e Tooru sospirò, seguendo con il corpo il movimento lento di quella mano.
<< E proprio per questo non mi lascerai >>
Per la prima volta da quando era entrato in quella stanza gli occhi di Wakatoshi si addolcirono leggermente.
<< Tanto non me lo permetteresti mai >>
Tooru si arrese alle lacrime, e ne fece cadere una lungo la guancia.
Wakatoshi la guardò per un istante prima di spazzarla via con il pollice.
<< Te lo permetterei, se tu lo desiderassi davvero >> E la verità di quelle parole la colpì.
Se ne sarebbe andata, probabilmente.
Ma non voleva. Non poteva vivere con lui sapendo quello che faceva, tutto quello che ancora le nascondeva, ma non voleva nemmeno lasciarlo nel profondo del cuore.
<< Chi sei tu? Chi sei davvero? >> Domandò, tremando quando la mano di lui si fermò sul suo ventre, aperta lo copriva per intero.
<< Lo stesso uomo che hai conosciuto >>
Tooru si arrese, si arrese il suo corpo.
Fece scivolare la mano lungo il braccio di Wakatoshi, gli afferrò il polso della mano posata sul suo ventre e la indirizzò lungo lo spacco del suo vestito, tra le sue cosce.
Lui sapeva che cosa fare. Cosa le piaceva.
E Tooru lasciò che lo facesse.
Per qualche ora finse che tutto quello non le importasse affatto.

 

♤◇♤



Non aveva chiuso occhio.
E temeva che non lo avrebbe fatto nemmeno durante il viaggio in macchina che l'avrebbe condotta a casa dei suoi genitori.
Si fermò sulla soglia della porta di quella stanza che era stata la sua prigione per una notte. Ignorò la presenza di Satori e Kenjirou alle sue spalle, fissò l'uomo davanti a lei.
Wakatoshi la guardava con le braccia incrociate sul petto, i capelli erano ancora bagnati dalla doccia recente.
Tooru strinse la presa sul borsone che aveva preparato con poche cose essenziali.
Aveva indossato abiti comodi, un paio di jeans e un maglione di lana.
Guardò Wakatoshi.
Voleva assorbire i tratti del suo viso nella sua memoria per sempre.
<< Saresti dovuta restare con me >> Le disse. Tooru sapeva di non poterlo fare.
Non in quel momento, comunque.
<< Non tornerò mai più da te >> La fierezza del suo tono di voce era incrinata dalle emozioni forti che le scuotevano il petto.
<< Tu e il tuo stupido orgoglio >> Commentò Wakatoshi, impassibile.
Tooru strinse il pugno attorno al manico del borsone, poi lo lasciò cadere a terra e con impeto, del tutto senza vergogna, gli saltò addosso, baciandolo con foga.
Wakatoshi la prese senza fatica, lasciando gli intrecciasse le gambe attorno ai fianchi.
Lo baciò fino a restare senza fiato. Ancora e ancora. Poi lo lasciò andare.
Wakatoshi la rimise a terra con cautela.
<< Addio >> Mormorò Tooru, voltandogli le spalle di fretta e passando accanto agli uomini di suo marito senza osare guardarli.
Si trovò sul corridoio, ansimante.
Ma non si mosse oltre, con una mano sul petto si voltò nuovamente per affrontarlo ancora una volta. Lui non le aveva staccato mai gli occhi di dosso.
<< C'è mai stato qualcosa di vero tra noi? >>
<< Ogni cosa è stata vera >> Wakatoshi non esitò nel dare quella risposta, non ci pensò un solo secondo << Ti aspetto a casa >>
Contro ogni buonsenso, Tooru sorrise.



 

Who's gonna save you now
Who's gonna save you


( Devil Side - Foxes )

 

 

 

  
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