Giorno 6 - Scheggia
Arthur piangeva, tagliarsi la mano con quella scheggia di vetro proprio non ci voleva ed il dolore non accennava a passa. Se non altro era già in ospedale, il che era positivo visto che un’infermiera lo raggiunse subito, accompagnata da sua madre che amorevolmente lo abbracciò.
“Scusa mamma…” pigolò il bambino, con i grandi occhioni azzurri pieni di lacrime che guardavano sua madre.
“Non c’è bisogno di chiedere scusa, va tutto bene.” Dorothea gli diede un bacio sulla fronte, asciugandogli le lacrime con un fazzoletto. Lo sguardo della donna intanto si posò sull’infermiera, che intanto aveva preso dalla tasca del grembiule un flaconcino spray di pozione pulisci-ferite, che utilizzò sulla ferita del bambino.
“Espimedo.” La donna puntò la sua bacchetta sulla mano del piccolo, curando del tutto il graffio che si era fatto.
Gli occhi di Arthur si fecero estasiati: certo, non era la prima volta che vedeva una magia succedere, lui stesso aveva fatto levitare alcuni oggetti, suscitando in sua madre un immenso orgoglio.
“Un giorno avrai anche tu la tua bacchetta, proprio come la cara Harriet.” Aveva detto sua madre, notando la meraviglia negli occhi del figlioletto.
“Mamma, ma tu perché non hai una bacchetta?”
Quando Arthur fece quella domanda, Dorothea si irrigidì: come poteva dirgli la verità? Come poteva dirgli che in passato era stata portata ad Azkhaban per aver tentato di rivelare il mondo magico ai babbani? Come poteva dirgli che lei e quello che Arthur avrebbe dovuto chiamare padre, erano dei rivoluzionari?
“Io sono molto malata, Arthur.” Prese un grosso respiro, prima di prendere in braccio il bimbo di cinque anni e di scoccare un’occhiata veloce complice ad Harriet “Non posso controllare bene la magia, per questo non ho una bacchetta e sono qui con te.”
Questa era l’unica cosa che poteva dirgli, una menzogna che necessitava di dirgli perché la verità gli avrebbe fatti allontanare.
“Allora troverò una cura!” disse Arthur, osservando con decisione la madre “Troverò una cura e ti farò uscire dall’ospedale”
“Sei molto dolce, Arthur. Tuttavia, non credo sia possibile.”
“Scusa mamma…” pigolò il bambino, con i grandi occhioni azzurri pieni di lacrime che guardavano sua madre.
“Non c’è bisogno di chiedere scusa, va tutto bene.” Dorothea gli diede un bacio sulla fronte, asciugandogli le lacrime con un fazzoletto. Lo sguardo della donna intanto si posò sull’infermiera, che intanto aveva preso dalla tasca del grembiule un flaconcino spray di pozione pulisci-ferite, che utilizzò sulla ferita del bambino.
“Espimedo.” La donna puntò la sua bacchetta sulla mano del piccolo, curando del tutto il graffio che si era fatto.
Gli occhi di Arthur si fecero estasiati: certo, non era la prima volta che vedeva una magia succedere, lui stesso aveva fatto levitare alcuni oggetti, suscitando in sua madre un immenso orgoglio.
“Un giorno avrai anche tu la tua bacchetta, proprio come la cara Harriet.” Aveva detto sua madre, notando la meraviglia negli occhi del figlioletto.
“Mamma, ma tu perché non hai una bacchetta?”
Quando Arthur fece quella domanda, Dorothea si irrigidì: come poteva dirgli la verità? Come poteva dirgli che in passato era stata portata ad Azkhaban per aver tentato di rivelare il mondo magico ai babbani? Come poteva dirgli che lei e quello che Arthur avrebbe dovuto chiamare padre, erano dei rivoluzionari?
“Io sono molto malata, Arthur.” Prese un grosso respiro, prima di prendere in braccio il bimbo di cinque anni e di scoccare un’occhiata veloce complice ad Harriet “Non posso controllare bene la magia, per questo non ho una bacchetta e sono qui con te.”
Questa era l’unica cosa che poteva dirgli, una menzogna che necessitava di dirgli perché la verità gli avrebbe fatti allontanare.
“Allora troverò una cura!” disse Arthur, osservando con decisione la madre “Troverò una cura e ti farò uscire dall’ospedale”
“Sei molto dolce, Arthur. Tuttavia, non credo sia possibile.”