- Autore:
.Yuri_giovane_contadina.
o TND
Titolo: Liquid Crystal
Genere: Generale, Drammatico
Traccia Scelta: Libertà
Rating: Giallo
Capitoli: One-shot
Avvertimenti: One-shot
NdA: Data la rapidità con cui l’ho scritta sono certa che saranno presenti un milione di errori o giù di lì. Per non parlare dei personaggi che sono assolutamente OOC a mio avviso. Dopo, tuttavia, questo spetta a te giudicarlo, non sono io quella che conosce bene Hinata. - Spero
comunque che la storia, nonostante tutto, ti piaccia.
- Attendo
i risultati!
- Fanfiction partecipante al contest, indetto da Kimply-Eden, Contest Pairing and Word.
- Posizione: 4^Classificata
- LINQUID
CRYSTAL
- Stava
al suo fianco, mentre
la giovane con gli occhi chiusi e le labbra inclinate in una smorfia
sofferente
restava immobile.
- Non
accennava a svegliarsi,
costatò il ragazzo, chinandosi su di lei per assicurarsi che
il respiro fosse
realmente presente e non frutto della sua sin troppo fervida
immaginazione. Si
accostò al volto e sentì il fiato scostargli un
ciuffo ribelle dal volto.
- Con una
certa soddisfazione
si risistemò sulla sedia, posando la guancia su una mano.
- Avrebbe
continuato ad
aspettare come era avvenuto negli ultimi giorni.
- Il sole
tramontava alle sue
spalle e i raggi che riuscivano a penetrare la tenda sottile gli
riscaldavano
la schiena.
- Eppure
lui non si spostava,
non si toglieva la felpa, né abbassava il cappuccio. Avrebbe
semplicemente atteso,
osservando il volto della ragazza che il fato gli aveva permesso di
salvare.
- L’aveva
trovata qualche
giorno prima, svenuta sulla riva del fiume antistante la
città. I vestiti
bagnati e i capelli scarmigliati e sporchi di fango e pioggia sul volto
diafano.
- Kiba
l’aveva creduta morta.
- Per
qualche istante aveva
avuto la sensazione di aver trovato il suo primo cadavere e la cosa era
stata
in grado di renderlo orgoglioso ed eccitato al tempo stesso. Forse
quello
sarebbe stato solo l’inizio di una serie di inquietanti
ritrovamenti e gli
adulti del villaggio avrebbero richiesto il suo aiuto per indagare.
- Si era
avvicinato alla
giovane, riversa sui sassi in un posizione innaturale.
L’aveva punzecchiata
appena con un bastoncino trovato affianco al suo corpo, per accertarsi
del
decesso.
- -Ehi!
Sei viva?- nessuna
risposta gli giunse.
- Spostò
un piede e i ciottoli
sfregarono fra di loro producendo un rumore sordo.
- -Guarda
che se sei sveglia
non devi fingere, io sono il tuo salvatore- e non ricevendo ancora una
volta
replica aveva abbandonato a terra il bastoncino e con uno scatto
voltato il
corpo che non si era permesso di opporre resistenza.
- -Allora
sei proprio morta!-
aveva esclamato indeciso su cosa fare. Chiamare i compaesani sarebbe
stato un
sintomo di debolezza, ma a lui di toccare un cadavere non è
che andasse poi
molto.
- Aveva
osservato il volto
dalla pelle diafana e le spalle piccole. Lo sguardo era corso, poi, sul
torace
e fu lì che si fermò quando ebbe la sensazione di
averlo visto sollevarsi.
- Con
attenzione aveva
allungato una mano.
- Forse
quella ragazza era
viva e allora addio serie di inquietanti omicidi.
- Si era
costretto ad
attendere qualche secondo prima di sentire il petto sollevarsi sotto le
sue
dita. Aveva spalancato gli occhi stupefatto. La sensazione si era
tramutata in
realtà e quello di fronte al suo sguardo non era un
cadavere, ma una giovane in
fin di vita.
- -Oh
cielo!- non era riuscito
a trattenersi dall’esclamare, afferrando con poca grazia il
corpo e issandoselo
sulle spalle –Vedi di non morirmi- aveva detto, mentre si
affrettava a
percorrere il sentiero verso il villaggio.
- Quando
la mattina del quinto
giorno Kiba aprì gli occhi, il letto era vuoto. Le coperte
sfatte e la forma
del capo ancora impressa sul cuscino.
- Si
sollevò di scatto. La
sedia sulla quale era seduto scivolò indietro, producendo un
rumore metallico,
e rischiò di rivoltarsi a terra.
- Non se
ne curò e corse verso
la porta socchiusa, spalancandola e uscendo dall’ospedale con
il fiato corto ed
una certa ansia a scuotere le membra spossate.
- Si
precipitò nel giardino
antistante l’edificio. Cercò sulle panchine e
sotto l’ombra degli imponenti
alberi, non riuscendo, però, a scorgere fra i passanti il
volto della ragazza
che aveva salvato.
- Continuò
il suo affannato
cammino fuori dal cancello dell’ospedale, fra le case del
villaggio e le donne
accorse nelle strade per dedicarsi alla spesa giornaliera.
- Scartò
qualche bambino un
po’ troppo vivace e scrutò nei vicoli. Ancora
nessuna traccia della giovane.
- Con una
certa agitazione
decise di uscire dal villaggio. Magari l’avrebbe trovata
vicino al fiume o
nascosta su qualche albero, dopotutto si era svegliata in un luogo che
non le
era minimamente familiare, con accanto un ragazzo che non aveva mai
visto, era
normale che in un attimo di panico avesse preso in considerazione la
fuga.
- Si
inoltrò nella foresta e
proseguì fino a raggiungere la riva del fiume.
Incespicò più volte sui ciottoli
tondeggianti e rischiò di caracollare rovinosamente a terra.
A stento si resse
in piedi e un respiro di sollievo gli sembrò doveroso.
- Una
volta riuscito a
ricomporsi, lasciò scorrere lo sguardo attorno a
sé. Il fiume si stava agitando,
aiutato dal vento che soffiava impetuoso. Presto avrebbe piovuto e
della
ragazza ancora nessuna traccia.
- Lanciò
un imprecazione e
risalì lungo lo stradello che portava al fiume, indeciso se
ritornare al
villaggio o continuare quella disperata quanto assurda ricerca.
- Fu nel
momento in cui il
dilemma raggiunse il suo picco massimo che gli sembrò di
intravedere una sagoma
fra gli alberi.
- Tirò
un sospiro di sollievo
e cominciò ad urlare.
- -Ehi!
Ehi ragazzina!-
strillò. La voce era resa flebile dal vento e Kiba era certo
che la giovane non
avesse sentito il suo richiamo. Corse fra gli alberi più in
fretta che poteva,
sperando che la ragazza non si spostasse o facesse sciocchezze. Kiba
conosceva
abbastanza bene quel bosco da sapere che la giovane stava in piedi sul
bordo di
uno strapiombo. L’idea che volesse buttarsi lo fece
rabbrividire e i muscoli
delle gambe si tesero per aumentare la velocità.
- Doveva
assolutamente
raggiungerla.
- -Ragazzina,
sono quello che
ti ha salvato. Ti prego fermati lì, non fare sciocchezze,
sto arrivando e non
ho cattive intenzioni- non era chiaro neanche a lui quello che stava
dicendo.
Probabilmente i suoi erano solo assurdi vaneggiamenti che la giovane
non aveva
neanche udito nella loro interezza.
- Tuttavia
riuscì ad evitare
un lancio nel vuoto che non sarebbe stato affatto gradito.
- Si
tuffò in avanti,
afferrando il polso della ragazza e trascinandola indietro,
stringendola fra le
sue braccia per riscoprirla più esile di quanto la
ricordasse.
- -Cavolo,
mi hai fatto
prendere davvero un bello spavento, sai?- sospirò in un
misto fra sollievo e
disperazione.
- La
ragazza cercò di
scansarsi da lui, facendo una leggera pressione sul petto. Kiba
comprese e
lasciò che si allontanasse, sentendosi più
tranquillo ora che poteva visionare
i suoi movimenti.
- -Sei
stato tu a salvarmi?-
domandò la giovane, mostrando un tenue sorriso. Il volto era
ancora pallido ed
i capelli violacei contrastavano con il candore della pelle.
- Kiba
annuì.
- -Se non
ci fossi stato io
saresti morta- lo disse con una punta di malcelato orgoglio, provocando
nella
ragazza una live risata.
- Lei lo
guardò con gli occhi
socchiusi e le guance lievemente arrossate. Le labbra erano semichiuse
e le
mani strette in grembo. Il vento era freddo e la maglietta a maniche
corte che
indossava non aiutava certo a scaldare il corpo minuto.
- -Magari
adesso è meglio se
torniamo al villaggio, fa freddo ed il tempo sembra poter solo
peggiorare-.
- Kiba
allungò una mano,
cercando di afferrare il polso della ragazza e trascinarla con
sé. Non si
preoccupò dei convenevoli: presentazioni e scuse avrebbero
potuto benissimo
aspettare qualche altro minuto.
- Ma la
ragazza si scostò.
Fece un passo indietro e ritrasse le mani, mentre un brivido le
percorreva il
corpo. Kiba si paralizzò e con sguardo oltraggiato e
indispettito fissò il
volto di lei.
- -Sta
arrivando un temporale-
rimarcò le sue parole.
- Quello
che seguì fu il
silenzio, rotto dal sibilo del vento fra gli alberi. La ragazza
indietreggiò
ancora di qualche breve passo, poi fronteggiò Kiba con
decisione. Sfidò lo
sguardo di lui con il suo vitreo. Lo contrastò con sicurezza
e determinazione,
prima di stringere le mani e conficcare le unghie nei palmi.
- -Ti
prego, uccidimi-.
- Kiba
rimase immobile. In
lontananza i lampi incorniciavano la scena in maniera surreale e
illuminavano
di una luce spettrale il volto pallido della ragazza.
- Kiba
non riuscì a trattenere
una risata di scherno. Non sapeva a chi fosse rivolta, avvertiva solo
il
prepotente bisogno di sfogarsi, forse per non credere alle parole della
giovane
o per illudersi che quello vissuto non fosse altro che una fantasia da
mocciosi.
- Fu il
volto serio della
giovane a riportarlo ad uno stadio di coscienza.
- -Per
favore- ripeté la
ragazza, mentre le prime gocce di pioggia cominciavano a cadere dal
cielo
plumbeo.
- Kiba
non si lasciò sfuggire
la possibilità di scansare quello scomodo discorso. Con uno
scatto improvviso
si protese ad afferrare il polso della giovane e la trascinò
con poca grazia
nella foresta.
- -Adesso
andiamo a casa mia-
le disse perentorio, il tono di chi non voleva sentire ragioni. Non ci
furono
repliche, ad accompagnarli nella corsa il suono della pioggia fitta che
bagnava
i loro corpi e appesantiva i vestiti.
- La casa
in cui Kiba era nato
e cresciuto non differiva particolarmente da quella dei compaesani. Di
modeste
dimensioni era stata eretta anni prima e aveva visto la nascita di
generazioni
di suoi antenati.
- Con le
suole delle scarpe
sporche di fango ed i vestiti ormai zuppi, oltrepassò la
soglia dell’abitazione
e urlò a gran voce il nome della sua genitrice. Le luci
erano accese segno che
qualcuno era realmente in casa e che la risposta non avrebbe atteso poi
tanto
ad arrivare.
- Fu il
ticchettare di passi
pesanti che precedette l’entrata in scena della donna,
avvolta in un grembiule
sgualcito e con occhi stanchi.
- -Kiba-
gracchiò correndo
incontro al figlio e allontanandolo dalla ragazza che stava stringendo
per
impedirle di fuggire (non che lei ne avesse realmente intenzione)
–che avevi
intenzione di farle?- lo disse con aria truce e l’unica cosa
che Kiba poté fare
fu agitare animatamene le mani in un tacito tentativo di discolparsi.
- -Non
è come pensi, mamma,
stavo solo cercando di proteggerla- disse, mentre la donna si
allontanava,
stringendo il corpo gracile della ragazza al suo ed intimandole di non
preoccuparsi di quel bruto di suo figlio.
- Kiba
sospirò seccato: si era
comportato eroicamente, possibile che dovessero tutti trattarlo come il
peggior
criminale.
- Salì
in camera sua deciso a
frizionarsi i capelli e a cambiarsi d’abito prima di pranzo.
Alla doccia
avrebbe pensato in seguito.
- A
tavola si respirava
un’aria particolarmente pesante, almeno così
sembrava a lui. Sua madre pareva
non risentire affatto degli eventi che avevano segnato quella mattina;
dopotutto
come poteva biasimarla? Lei non aveva assistito alla scioccante
richiesta della
ragazza, non era stata divisa fra il desiderio di darsela a gambe e
quello di
lasciarsi cadere a terra senza sapere come reagire.
- -Allora-
disse la donna,
posando di fronte alla ragazza un piatto di una qualche brodaglia
calda. Kiba
lo guardò con reticenza –qual è il tuo
nome?-.
- -Mi
chiamo Hinata- sussurrò
la giovane, ora in completo imbarazzo, prendendo fra le mani un
cucchiaio ed
inzuppandolo nel brodo.
- -Davvero
un bel nome-
convenne la donna, lanciando un’occhiataccia al figlio che
stava schifando
completamente il piatto di zuppa che gli era stato posato di fronte
–E da dove
vieni, Hinata-chan?-.
- La
ragazza contemplò il
proprio piatto per qualche istante. Fece scorrere le dita lungo il
cucchiaio e
sospirò.
- -Purtroppo
non lo ricordo-
sussurrò, inclinando ulteriormente chiaro.
- A Kiba
fu subito chiaro che
quella non era altro che una bugia. Il volto, l’intero corpo
di Hinata non
sembravano adatti a sostenere la falsità.
- L’occasione
di parlare si
presentò la sera dopo cena.
- La
pioggia si era quietata e
Kiba aveva deciso, nonostante il fango e l’aria fredda, di
portare Hinata nel
giardino sul retro della casa. Lì sarebbero stati lontani
dallo sguardo
indiscreto di sua madre e avrebbero potuto discutere di ciò
che era avvenuto
nel pomeriggio.
- -Ho
intenzione di tirarti
fuori tutto ciò che c’è da sapere che
tu voglia dirmelo o no!- esclamò Kiba in
principio, assumendo una posa fiera.
- La
ragazza abbassò lo
sguardo e sospirò.
- -Non
ricordo nulla eccetto
il mio nome-.
- -Chi
non ricorda nulla non
ha motivo di cercare la morte!- aveva ribattuto Kiba, stupendo se
stesso per
una frase tanto significativa.
- Erano
rimasti qualche
istante in silenzio.
- -Allora
vuoi parlare o no?
Guarda che almeno qualche spiegazione me la devi assolutamente- disse
categorico.
- Hinata
deglutì e afferrò il
lembo inferiore della felpa troppo grande che la madre di Kiba gli
aveva
prestato. Lo sollevò lentamente provocando nel ragazzo una
reazione di assoluto
imbarazzo.
- -Ehi,
ehi, che fai?- urlò
con voce stridula, cercando di coprirsi il volto come meglio poteva e
di
resistere alla tentazione di guardare il corpo sinuoso della giovane.
- Hinata
cercò di nascondere
il capo dietro la maglia sollevata a metà. Le guance le si
erano imporporate di
un acceso colore violaceo e gli occhi erano coperti dalla frangia
troppo lunga.
- -Guarda-
disse in un
sussurro.
- -Che?-
fu la risposta di
Kiba che nello stupore tolse le mani da davanti al volto, permettendo
allo
sguardo di vagare sul corpo della ragazza e posarsi sul fianco di lei.
- Una
lunga ferita si
estendeva sul lato destro. Era ancora aperta, ma da essa non sgorgava
sangue. Kiba
spalancò gli occhi incredulo. Non voleva, non poteva credere
a quello che stava
vedendo.
- -Il mio
nome completo è
Hinata Hyuuga-.
- -Hyuuga?-.
- -Esatto,
sono un membro
della divisione angelica che veglia sul vostro mondo-.
- Kiba
deglutì a fatica. Se
stava sognando quello era il momento giusto per destarsi.
- -Vuoi
dire che non sei
umana?-.
- La
ragazza si abbassò la
maglietta e sollevò lo sguardo lucido e le guance ancora
violacee si esposero
agli occhi di Kiba.
- -E’
così. Nel mio corpo non
scorre sangue. Sono stata plasmata dai due immortali a capo della
divisione
angelica. Mi hanno creato dalla materia, io non sono mai nata
effettivamente,
sono sempre esistita solo in un'altra forma prima di questa.
E’ per tale
ragione che non posso né crescere né morire. Io
non possiedo un cuore che si
possa fermare-.
- -Sei
immortale. Ho salvato
la vita ad un immortale- .
- Hinata
sorrise appena,
rendendosi conto di quanto le parole pronunciate dal ragazzo fossero
dettate
dalla completa confusione.
- -Figo!-
fu l’esclamazione
finale che fece crollare del tutto Hinata che rise lievemente,
portandosi una
mano a coprire le labbra sottili e pallide.
- -Mi
spieghi perché mi hai
chiesto di ucciderti? Tu sei una degli essere più importanti
del nostro mondo,
una specie di divinità, tutti
ti venerano e ti rispettano eppure…vuoi morire?- Kiba non
riusciva proprio a
comprendere le azioni della ragazza. Dopotutto a lui
l’immortalità era sempre
sembrata così attraente. Avrebbe potuto fare tutto quello
che desiderava:
gettarsi da un dirupo, stare sott’acqua per ore, staccare la
testa dal resto
del corpo, il suo cuore non avrebbe comunque smesso di battere.
- -Sai
Kiba-kun, quando hai
vissuto per ottocento anni e il mondo non ha più alcuna
sorpresa per te,
l’unica cosa che puoi desiderare è la
libertà nella morte-.
- E
l’aria era sembrata
improvvisamente più fredda. Aveva gelato le membra di Kiba
che si era stretto
nella felpa e aveva smesso per qualche istante di trovare
l’immortalità tanto
divertente.
- -Vuoi
dire che sono
ottocento anni che vivi in quel corpo?- le aveva chiesto, tentando di
capacitarsi di ciò che gli era appena stato detto.
- Hinata
annuì.
- -E’
per questo che ti ho
chiesto di uccidermi-.
- Kiba
non aveva voluto
sentire oltre. Si era sollevato dalla panca sulla quale erano seduti
per
dirigersi verso la porta dell’abitazione.
- -L’eternità
può essere
pallosa quanto ti pare, ma non chiedermi di ucciderti perché
questo non posso
proprio farlo!- esclamò prima di varcare la soglia e sparire
dalla vista della
giovane.
- Trascorsero mesi. Kiba
sentì il passare delle
stagioni sulla pelle e in un paio di influenze che non durarono
più di qualche
giorno.
- E
Hinata era sempre rimasta
al suo fianco.
- In
principio ne era stato
stupefatto, dopo il rifiuto categorico di quella sera avrebbe giurato
di non vederla
più. Ed invece lei era restata in città, abitando
a casa sua e trovandosi un
semplice lavoro per contribuire al reddito familiare.
- Gli era
rimasta
costantemente accanto, vivendo con lui una vita normale, quasi fosse
una
semplice ragazza, una di quelle che Kiba aveva sempre visto passare e
alle
quali non aveva mai rivolto la parola. Ora si sentiva quasi onorato e
compiaciuto, camminando al fianco di Hinata c’erano momenti
in cui avrebbe
desiderato che quei momenti non avessero mai fine.
- Eppure
la sensazione che per
quella ragazza una simile esistenza non fosse altro che un peso non
l’aveva mai
abbandonato. Pensare che sotto quella pelle senza rughe e
l’espressione
gioviale si nascondesse una vita durata centinaia d’anni lo
faceva sentire a
disagio, un piccolo uomo che non era in grado di comprendere
l’enormità del
mondo.
- Una
volta, qualche settimana
prima, aveva trovato il coraggio di chiedere ad Hinata se quella vita,
dopotutto, l’annoiava. La risposta della ragazza era arrivata
con un sorriso.
Aveva fissato gli occhi in quelli di Kiba e lo aveva ringraziato per
essersi
preoccupato.
- -Va
bene così, Kiba-kun. Non
avrei potuto desiderare di meglio- e nelle sue parole il ragazzo aveva
creduto
di leggere una vena di gioia che rendeva incredibilmente più
affascinante quel
volto infantile.
- Avevano
trascorso gli ultimi
tempi insieme. Nessuno aveva mai lasciato il fianco
dell’altro, ormai
affezionati alla reciproca presenza.
- Fu un
giorno di fine
primavera, quando il caldo cominciava ad essere afoso ed era
d’obbligo
indossare una canottiera, che l’equilibrio faticosamente
raggiunto si infranse.
- Stava
stornando dal
quotidiano giro nella foresta. Kiba aveva sempre adorato trascorrere
del tempo
a contatto con la natura. Il bosco antistante il villaggio era ormai
per lui
come una seconda casa, un luogo in cui trovare riparo e consiglio.
Aveva
percorso la strada fino al fiume quel pomeriggio, aveva cercato ristoro
nell’acqua limpida e fresca, prima di tornare sui suoi passi
e presentarsi a
casa per l’ora di cena.
- Era
stato per puro caso, come
mesi prima, che aveva scorto la sagoma di qualcuno attraverso la
boscaglia.
- Non
aveva impiegato molto
per comprendere di chi si trattasse. I capelli viola ed il profilo fine
non lo
avevano tratto in inganno neanche per un istante.
- Si era
precipitato fra gli
alberi, lasciando il sentieri principale, per raggiungere il luogo che
lo aveva
visto protagonista di un inatteso quando incomprensibile dibattito
qualche
tempo prima.
- -Hinata-chan-
aveva chiamato
la ragazza, ma questa non si era voltata. Così si era
limitato ad affrettare il
passo per raggiungerla.
- Toccare
il suo braccio, una
volta che gli fu alle spalle, fu come sentire una scarica elettrica
corrergli
lungo la schiena.
- Era
scossa dai singulti e
sussurrava qualcosa di incomprensibile con lo sguardo rivolto allo
strapiombo.
- Kiba la
voltò e cercò un
contatto con quell’anima dilaniata dalla sofferenza, eppure
sempre gentile e
disposta ad un sorriso.
- Riscoprì
nel suo volto i
segni della tristezza. Li vide nelle guance infossate e nella pelle
tirata.
- Prima
che se ne potesse
accorgere la stava stringendo fra le braccia, cullandola in modo
impacciato,
cercando di donarle un sollievo che non sarebbe stato in grado di darle
né in
quel momento, né in futuro.
- I
singhiozzi di Hinata si
intensificarono. La ragazza non riuscì a trattenersi oltre
e, stringendo con
forza la maglia umida di Kiba, lasciò che la paura e la
tristezza accumulate
negli ultimi tempi si liberassero dalla prigione del suo corpo.
- -Io non
voglio, Kiba-kun-
sussurrò la giovane, mentre cercava di quietarsi.
- Lui la
strinse e la cullò.
- -Non
voglio tornare
indietro- continuò, senza che il ragazzo facesse nulla per
invitarla a
proseguire.
- -Perché
dovresti?-
- -Perché
un immortale non può
restare per sempre nel mondo umano. Il mio compito è far
parte della divisione
angelica che protegge questo mondo. Ma io non voglio tornare. Non
voglio vivere
altri anni in quel luogo così privo di vita-.
- Kiba
lesse nelle parole
della ragazza l’orrore dell’esistenza. Un terrore
puro e radicato, provato per
ciò che l’attendeva in futuro. Non riusciva a
comprendere come potesse trovare
libertà nella morte, dopotutto non la vedeva come soluzione
per nulla, ma non
era lui ad aver vissuto per ottocento anni la stessa vita.
- -Kiba-kun,
ti prego, aiutami-.
- Forse
fu l’atmosfera o la
voce implorante e calda di Hinata che lo convinsero a prendere una
decisione
tanto sofferta.
- -Cosa
devo fare?- chiese
semplicemente. La ragazza sollevò il volto e
puntò gli occhi gonfi e stanchi in
quelli di lui.
- Era
visibilmente incredula e
lo stesso Kiba faticava ancora a comprendere cosa la scelta fatta
avrebbe
implicato.
- -Ne sei
sicuro?-.
- Lui
annuì, parlare avrebbe
esposto il timore nella sua voce.
- -Allora…baci…baciami,
Kiba-kun- lo disse distogliendo lo sguardo, come fosse la cosa
più scandalosa
del mondo, totalmente inconsapevole che era ormai un po’ di
tempo che Kiba
avrebbe voluto fare quel passo, ma il coraggio non gli aveva mai dato
una mano.
- -Così-
spiegò lei, mal
interpretando l’espressione sul volto del ragazzo
–la tua saliva scorrerà lungo
la mia gola e con lei un briciolo di umanità. Il sangue
comincerà a
fluire ed io potrò finalmente trovare la
libertà- una nota di sollievo nella voce delicata.
- Kiba
deglutì, ancora
stordito dalla storia del bacio.
- Afferrò
Hinata per le
spalle, consapevole che gli ormoni ed un desiderio decisamente
inappropriato in
una situazione simile avrebbero fatto il resto.
- Si
chinò appena e posò le
labbra su quelle di Hinata che sorrise nel bacio.
- Erano
entrambi impacciati ed
innocenti. Avrebbero desiderato così tanto che quello non
fosse il loro regalo
d’addio. Sarebbe stato bello crogiolarsi nel sapore
dell’altro per altro tempo,
guardare nei rispettivi occhi e scoprirvi solo amore.
- Sorrisero,
mentre il momento
di estasi si concludeva e Kiba cominciava ad avvertire una certa ansia.
- Hinata
lo fissava. Aveva gli
occhi socchiusi e le guance imporporate. Dietro di lei il sole calante
incorniciava la figura angelica e perfetta.
- Si
piegò in due e tossì
sonoramente, quasi che Kiba ebbe paura di vederla stramazzare al suolo
da un
momento all’altro.
- Quando
si sollevò stava
sorridendo. La mano sporca di sangue e la gioia dipinta sul volto di
porcellana.
- -Grazie,
Kiba-kun- sussurrò
per poi voltarsi e fare qualche passo verso lo strapiombo.
- Kiba la
guardò impotente,
trattenendo il desiderio di protendere una mano e fermarla.
- -Se
fossimo stati in
un’altra situazione, forse fra di noi avrebbe funzionato-
sussurrò il ragazzo
con malcelata speranza.
- -Grazie,
Kiba-kun- ripeté
Hinata e il ragazzo capì che ogni tentativo di trattenerla
sarebbe stato vano.
- -Allora
ciao- disse –magari
fra qualche anno ci rivedremo e allora ti racconterò se per
me è valso la pena
vivere-
- -Aspetterò-.
- Gli
attimi di silenzio che
seguirono fecero comprendere ad entrambi che i convenevoli erano finiti.
- Hinata
respirò profondamente
e Kiba le diede le spalle.
- Mentre
spiccava il salto nel
vuoto, con la consapevolezza che quella sarebbe stata
l’ultima volta, non
riuscì a trattenere una lacrima.
- Kiba
non la vide. Si era
ormai voltato e stava percorrendo la strada fra gli alberi per
ritornare al
villaggio prima che facesse notte.
- Avrebbe
avuto non poche
spiegazioni da dare a sua madre.
- Note
dell’autrice: questa storiella ha
osato partecipare ad un contest e per quanto sia rimasta delusa dagli
errori
grammaticali fatti (mai una volta che riesca a vederli tutti eh?), mi
sono
classificata in una piacevole quarta posizione.
- Non
ho nulla da dire a riguardo, solo
che elaborare qualcosa del genere è stato un parto. La trama
mi è venuta in
mente la sera prima della consegna e mi sono auto frustata per
scriverla in un
sol giorno. Ho sofferto da impazzire, soprattutto perché ho
trattato (colpa del
caso) una coppia che non è di mio gradimento, ma poteva
andarmi peggio,
pensandoci bene XD.
- Beh
ora vi saluto e ci si sente ad una
prossima storia magari! ^^
- Un
bacione
- TND