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Autore: corallinaa    13/10/2022    3 recensioni
Dalla storia: "In quel momento, guardando le espressioni gioiose dei bambini, i suoi bambini, si rese conto che dopotutto aveva fatto bene ad accompagnarli. Avrebbe passato più tempo con loro senza gli occhi indiscreti della corte. Ben pochi si sarebbero avvicinati al luogo dove erano diretti." (Missing moments episodio 1x06)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harwin Strong, Rhaenyra Targaryen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NOTA DELL'AUTRICE: Sono sei anni che non scrivo o leggo fan fiction e ammetto che questa sia una one-shot scritta di getto. Credo però valga la pena condividerla con il fandom di questa serie, ora che la prima stagione è ancora in corso e il personaggio a cui ho dedicato queste parole, è ancora fresco nella memoria e nei cuori.
Se sei qui, grazie. E buona lettura. 


Quando il travaglio di Rhaenyra Targaryen cominciò, i corridoi della fortezza si riempirono di sussurri concitati e calpestii disordinati. Erano tutti in attesa, per la terza volta. Coloro più vicini alla stanza della principessa, furono attirati dalle voci delle ancelle e dai lamenti della futura mamma, ma c’era anche chi, remando contro la marea di curiosi, correva nella direzione opposta. Due puntini scuri seguiti da una striscia rossa e bianca che faceva fatica a tenere il passo. Fu così che Ser Harwin Strong, comandante della guardia cittadina di Approdo Del Re, notò Jacaerys e Lucerys Velaryion e li intercettò in tempo, permettendo all’ancella dietro di loro di prendere finalmente fiato.

“Voi due” a quel richiamo i fratelli si fermarono e alzarono il capo verso il cavaliere.

“Ser Harwin!” esclamarono all’unisono, sorridendo. L’ancella invece fece un piccolo inchino.

“Dove state andando così di fretta?” chiese lui allungando le braccia verso i ragazzi e cingendo loro le spalle.

Jace e Luke iniziarono parlare nello stesso momento, accavallando le proprie voci ed in quel turbine confuso emersero solo alcune parole più chiare: nostra madre, bambino, uovo, fossa del drago.

“Mi è stato chiesto di portare i due principi fuori dalla stanza, ma loro vorrebbero raggiungere la Fossa del Drago” riferì timidamente l’ancella.

“Vogliamo scegliere un uovo per il bambino” concluse Jace.

Harwin Strong era sempre stato un grande estimatore della famiglia Targaryen (e della principessa Rhaenyra in particolare) tanto da sapere quanto fosse importante, per ogni suo membro, avere il proprio drago sin dalla nascita. Quindi non trovò la richiesta dei due bambini così assurda. Una parte di lui avrebbe voluto accompagnarli nuovamente nel corridoio adiacente la loro stanza, in attesa che il bambino fosse nato e fosse permesso loro di entrare.
 Tuttavia, come tra l’altro era già successo, un travaglio e un parto si sarebbero potuti prolungare per molte ore.

“Da questo momento me ne occupo io” ser Harwin si rivolse all’ancella che dopo qualche attimo di esitazione annuì e dopo un secondo inchino, si congedò raggiungendo un’altra serva.

“Ser Harwin, andiamo!”

Luke, il più piccolo dei due Velaryion, anche se ormai ancora per poco, iniziò a tirare il mantello giallo oro del cavaliere, per convincerlo a muoversi.
L’uomo allora lo sollevò per un braccio e se lo caricò in spalla.

“Al suo servizio, principino!”
Dopo un solo passo, il bambino iniziò a dimenarsi mentre il fratello maggiore Jace, ridendo di gusto, tenne il passo saltellando.

“Forse il signorino non è abbastanza comodo?”

Harwin fece qualche altro metro prima di far scendere Luke a terra. Lui di tutta risposta gli rivolse una linguaccia.
In quel momento, guardando le espressioni gioiose dei bambini, i suoi bambini, si rese conto che dopotutto aveva fatto bene ad accompagnarli. Avrebbe passato più tempo con loro senza gli occhi indiscreti della corte. Ben pochi si sarebbero avvicinati al luogo dove erano diretti.
 
*
 
Da quando era stato nominato comandante della guardia cittadina, passare il suo tempo ad Approdo del Re o nella fortezza era cosa di poco conto, si sarebbe potuto dire addirittura naturale. Soprattutto essendo il figlio della mano del Re. Ma raramente gli era capitato di avvicinarsi al luogo letteralmente più caldo della città: la fossa del drago. Nonostante fosse lì in veste di accompagnatore dei due principini Velaryon, non ebbe alcuna certezza di poter entrare con loro ma alla sua richiesta garbata, accompagnata dall’insistenza dei bambini, ricevette inaspettatamente un invito ad entrare altrettanto garbato.
All’interno della grande arena, di dimensioni addirittura maggiori della sala del trono, Harwin fu costretto a fermarsi per qualche istante, incuriosito e allo stesso tempo intimorito da ciò che stava guardando. La famiglia Strong aveva ereditato il castello di Harrenhal, un luogo a lungo considerato maledetto e letteralmente oscuro, ma nulla poteva essere paragonato alla fossa. La semioscurità era immensa, come immensa era l’arena e proprio al centro c’era un cunicolo nero come la pece che sembrava portare direttamente fino alle viscere della terra.
Jace e Luke sembravano a proprio agio lì dentro e lo superarono per raggiungere uno dei dragonkeeper che a quanto pare doveva essere il loro maestro. Fu però Harwin a riferirgli il motivo di tale visita e l’uomo non sembrò contrariato né sorpreso nell’apprendere la loro richiesta. Quel luogo era letteralmente di dominio dei Targaryen.
Il dragonkeeper fece cenno ai due bambini di entrare nel cunicolo e poi guardò Harwin per assicurargli che sarebbe stato insieme a loro. Il comandante sentì di aver superato il timore iniziale proprio grazie alla sicurezza che Jace e Luke avevano dimostrato e che, in qualche modo, avevano trasmesso a lui. Non ebbe alcuna intenzione di separarsi da loro.

 “Vorrei accompagnarvi ugualmente”.

L’uomo allora chinò la testa, sussurrando qualcosa che il cavaliere non capì ma a quel punto le sue gambe si mossero per lui e lo portarono verso la più totale oscurità.
Dopo qualche minuto in discesa, il suolo divenne pianeggiante ed anche più morbido, sembrava composto da un misto di terreno, paglia e cumuli di polvere. Il dragonkeeper illuminò il loro cammino con una torcia ma la luce servì solo a non inciampare nei propri piedi. Tutt’intorno era un susseguirsi di cunicoli e corridoi tutti uguali. A differenza del piano superiore che, in mancanza di cavalcatori di draghi somigliava più ad un silenzioso e freddo tempio e non ad un’arena da combattimento ed allenamento, la tana dei draghi gli era sembrata esattamente come un grande ventre caldo, come una creatura vivente della quale era possibile udire i lunghi e solenni respiri, anzi come se fosse il luogo stesso a respirare. Ad un certo punto divenne impossibile capire da dove precisamente provenissero tali suoni così Harwin decise di continuare a camminare con una mano a stringere l’impugnatura della sua spada, tenendo il passo di Jace, Luke e il dragonkeeper, che invece sembravano alle prese con una semplice passeggiata. Andando più nel profondo della tana, il calore si fece insistente rendendo l’armatura fastidiosamente ingombrante ma paradossalmente l’oscurità era meno intensa ed alcune gallerie alla vista erano a tratti più definite. I due bambini, che avevano iniziato a sussurrare insistentemente qualche minuto prima, ad un certo punto indicarono una grande insenatura alla loro sinistra. Il dragonkeeper annuì e loro, mano nella mano, si affrettarono a raggiungerla. Per istinto, anche Harwin si mosse per seguirli, ma prima cercò di capire se l’uomo che aveva di fianco non avesse nulla in contrario. Non era sua intenzione risultare irrispettoso verso il suo lavoro e verso il luogo in cui si trovavano; tuttavia, non voleva perdere di vista i bambini.
Il terreno all’interno dell’insenatura era molto diverso, più scivoloso e meno polveroso. L’odore di muffa acida al limite della sopportazione. Harwin, dopo solo pochi passi, udì Jace dire qualcosa al fratello più piccolo e poi, nell’arco di pochi attimi un suono che aveva tutta l’aria di un lamento, il quale fu seguito da una forte vampata di calore e da una luce così intensa da illuminare tutta l’insenatura e il piccolo Luke che aveva tra le mani un uovo. Con la spada estratta a metà lord Strong capì che la fiamma di drago era lontana da loro e i due ragazzini, con espressione eccitata, lo stavano già raggiungendo.
Luke si passò l’uovo da una mano all’altra, ma non per gioco. A quanto pare doveva essere ancora molto caldo. Harwin fu sul punto di passare loro la propria cappa dorata ma Jace era arrivato alla tana preparato e tirò fuori dalla propria tasca un panno bianco che, con la semioscurità non ne poté essere sicuro, sembrò il copricapo di una delle ancelle della corte. Le dimensioni si rivelarono perfette perché l’uovo venne avvolto completamente e rimase nelle mani di Lucaerys.
Quanto orgoglio nei loro occhi, Harwin riuscì a percepirlo anche se erano nuovamente avvolti nella semioscurità.

“Ser Harwin” il sussurro di Luke fu quasi impercettibile “Secondo te avremo un fratello o una sorella?”

Questa volta fu il cavaliere a sorridere e non si preoccupò di nascondere la sua espressione. Nessuno a parte loro poteva essere lì. Si mise in mezzo ai due bambini e cinse loro le spalle.

“Lo scopriremo solo tornando alla Fortezza Rossa. Sbrighiamoci.”

Doveva ammettere di essersi quasi abituato alla tana dei draghi, ma ormai avevano raggiunto il loro scopo ed era tempo di tornare indietro.

“Io spero sia una femmina” disse Jace mentre camminavano seguendo la torcia del dragonkeeper.

E fu con quell’immagine in mente che Harwin percorse la strada del ritorno, dove una nuova luce li stava attendendo.
 
*
 
Sfortunatamente, trovarono la stanza da letto della principessa Rhaenyra completamente vuota, fatta eccezione per una serva che aveva appena terminato di pulire i pavimenti. I principi Velaryon si precipitarono accanto al camino per poter tenere l’uovo di drago al caldo, mentre Harwin cercò di ricavare qualche informazione sul parto.

“Tutto nella norma. È un altro maschio” disse la serva con un sorriso, confermando alcune voci sentite poco prima nei corridoi.

L’uomo cercò di non mostrare troppo entusiasmo e proseguì nel chiedere dove fosse la principessa e se stesse bene, visto che non era nel suo letto a riposare.

La serva sorrise ancora di più. “Sia la madre che il bambino stanno bene. La regina Alicent ha chiesto di vedere il neonato, così ser Leanor li ha accompagnati nelle stanze del Re”.

Era successo di nuovo: ecco perché appena messo piede nella Fortezza Rossa tutti gli occhi si erano nuovamente posati su di lui e sui bambini. La paternità dei figli di Rhaenyra era stato, per la corte, un argomento ricorrente negli ultimi dieci anni, un chiacchiericcio senza fine a cui cercava di non prestare attenzione. In ogni caso, nulla di concreto era successo per provare che Jaecarys e Lucaerys fossero suoi. Leanor Velaryon aveva puntualmente affermato la sua posizione, mettendo a tacere tutto il resto. E per fortuna, ora era con lei. Quella notizia lo tranquillizzò, non avrebbe mai potuto prendere il suo posto in un momento del genere. La sua presenza di fronte al re sarebbe stata inequivocabilmente inopportuna. Avrebbe dovuto pazientare ancora un po’, avrebbe presto conosciuto il terzogenito della sua amata principessa. Il suo terzogenito.
Ringraziò la serva, la congedò e ancora una volta rimase solo con i due bambini che nel frattempo stavano cercando la posizione più adatta dove lasciare l’uovo. Si servirono di una delle grandi pentole usate per riscaldare l’acqua e lo lasciarono lì con il fuoco ben acceso e un coperchio sopra. Tutti e tre avrebbero dovuto essere altrove. Lui a svolgere la sua ronda quotidiana, i fratelli Velaryon nuovamente alla fossa del drago. Invece rimasero lì, seduti a terra, a leggere storie e giocando con dei modellini in legno, i preferiti di Luke, che naturalmente erano a forma di drago.
Quando le porte della stanza si aprirono, Harwin si alzò compostamente. Non poteva sapere chi stesse entrando ed era sempre stato attento a non mostrarsi troppo affettuoso nei confronti di Jace e Luke, anche se in alcuni momenti non aveva potuto fare a meno di accarezzare loro il capo o la spalla o una guancia.
Quando vide avanzare Rhaenyra, gli mancò il fiato. Sembrava stremata ma era anche bellissima. Non appena gli fu possibile, la aiutò a sedersi, prima di spostare la sua attenzione sul neonato che ser Leanor aveva in braccio.

“Un altro maschio, ho sentito”

Lo avevano chiamato Joffrey, come una persona a cui Leanor Velaryon era stato legato in passato e la scelta non gli dispiacque affatto. Non era sicuramente il nome ad avere importanza per lui, piuttosto poter vedere il bambino, poterlo tenere in braccio.
E in quel giorno particolarmente fortunato, ancora una volta una sua richiesta fu esaudita senza troppe complicazioni. Non che ser Leanor potesse considerarsi un problema, anzi non lo era mai stato. Quelle rare volte in cui si erano incrociati, tra loro non si poteva che percepire del rispetto reciproco. E andava bene così. Si scambiarono uno sguardo d’intesa anche in quel momento, quando prendendo i figli con sé, uscì dalla stanza per accompagnarli alla fossa del drago.
E così, nella stanza rimasero in tre. Uno scenario già visto, un momento che Harwin sperava sempre di vivere più al lungo possibile. Joffrey dormiva sereno tra le sue braccia e sembrava sano e robusto come i suoi fratelli.
Certo che però dormire davanti al comandante della guardia cittadina… che mancanza di rispetto!
Rhaenyra sorrise e gli rispose a tono. A quanto pare l’insolenza era un tratto di famiglia. Harwin ricambiò il sorriso, la principessa aveva sempre una risposta pronta a tutte le sue provocazioni. Il suo sguardo passò alternativamente da lei al bambino, non avrebbe saputo dire chi amasse di più in quel momento.
Rhaenyra fece improvvisamente uno scatto e portandosi le mani sul ventre cercò di trattenere un lamento.

“Vuoi che chiami qualcuno?” solo in quel momento Harwin notò delle macchie di sangue sul pavimento e sul suo vestito.

“No…” la principessa allungò un braccio per trattenerlo “L’unica cosa che voglio è che tu sia qui con me”.

Il cavaliere allora si chinò leggermente e le baciò il capo, un gesto forse azzardato alla luce del sole, ma in quei dieci anni avevano corso rischi per molto meno, rispetto ad un rapido segno di affetto in una stanza vuota.

“Dovresti riposare. Vuoi che ti accompagni a letto?”

Rhaenyra rispose con una smorfia, poi si sistemò il vestito.

“Sono così stanca che penso non mi alzerò più da questa sedia”

“Non saresti dovuta andare dalla regina”

Lei scosse la testa, sconsolata.

“Cosa ha detto?”

Lei sospirò “Nulla che non abbia già detto in passato, nulla che non abbia nascosto dietro dei sorrisi” fece una breve pausa “Mio padre, però… lui era estasiato alla visione del bambino”

“Ovviamente” rispose Harwin “Joffrey è bellissimo”

“Ha detto che ha il naso di suo padre”

I due amanti scoppiarono a ridere contemporaneamente, con il neonato che continuava a dormire indisturbato. Anche Rhaenyra finalmente chiuse gli occhi.

“Dormi, ora” le disse il cavaliere tornando a guardarla con dolcezza. “Aspetterò l’arrivo della balia”

Mi fido di te” Rhaenyra pronunciò quella frase in valyriano e lui ormai sapeva bene cosa significasse. Glielo aveva ripetuto in continuazione durante i loro incontri clandestini. Era il loro motto.

Harwin attese per altri indimenticabili minuti. Questa era la vita che si era scelto e non se ne sarebbe mai pentito. Mentre guardava il volto stanco ma finalmente sereno della donna che amava, guidato dall’euforia di quella giornata, pensò che forse Jace sarebbe stato accontentato e prima o poi avrebbe avuto una sorellina, magari anche due. Se la principessa lo avrebbe desiderato, se avrebbero continuato a cercarsi, se il re avesse continuato ad amare i suoi nipoti senza remore. Avrebbe bruciato tra le fiamme di Rhaenyra Targaryen per sempre.

 

   
 
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