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Autore: Christine Cecile Abroath    24/10/2022    0 recensioni
Celine Strange (Lestrange) e Remus Lupin. Studentessa e Professore. Una storia vecchia come il mondo? Forse, ma anche una storia di riscatto, verità e riscoperta dell'amore. Come a volte il proibito è l'unica verità di cui si ha bisogno per ritrovare sé stessi...
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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PARALLELES-1 (1993)

 

Nascere con il peso di un cognome appartenente alle sacre ventotto del mondo magico era una responsabilità enorme. Essere un purosangue voleva dire dedicare tutta la propria vita a mantenere uno status quo che durava da secoli come: appartenere alla Casata dei Serpeverde, diventare un Mangiamorte e disprezzare qualsiasi persona che non fosse purosangue. In poche parole, una prigione dalle sbarre dorate.

Era così che si sentiva Celine Lestrange quando pensava alla sua vita. Una che era sempre stata maledetta fin dal giorno della sua nascita. Figlia di Rabastan Lestrange e Drusilla Rosier era nata da una scappatella dei due quando lei era già sposata con il grande e potente Marcus Greengrass.

Abbandonata da entrambi i genitori, dovette stare in orfanotrofio per molto poco tempo, prima che una coppia l’adottasse. Parenti molto alla lontana dei Lestrange, anch’essi purosangue, avevano cambiato il nome in Strange e andavano contro ogni opinione comune. Credevano nell’uguaglianza e nel merito, erano stati entrambi Serpeverde, ma pensavano che proprio il fatto di essere appartenuti fieramente a tale casa, oltre che essere dei maghi puri, li rendesse responsabili più di altri nel combattere in prima linea contro tutte le discriminazioni. Ci tenevano a trasmettere che non si doveva fare di tutta un’erba un fascio e a incentivare chi era ancora con la mente chiusa ad aprirla e cambiare.

Dieci anni dopo la sua adozione, la coppia ebbe una bambina: Soleil. Celine aveva immediatamente creduto che questo l’avrebbe fatta sentire abbandonata e dimenticata, ma così non fu e lei fu più che felice di accogliere quella piccola vita promettendo che l’avrebbe sempre protetta.

Come ci si aspettava da lei venne smistata tra i Serpeverde, ma la sua non fu una convivenza facile con i propri compagni di casata, soprattutto per via di Astoria. La sorellastra, che sapeva la verità, la odiava. Non le importava che Celine fosse più grande di lei quattro anni, imputava a lei ogni colpa e la più grande era quella del divorzio dei suoi genitori.

Celine aveva vissuto così gli anni scolastici molto in disparte, ben felice di avere pochi amici e soprattutto di accontentarsi dell’unico che contasse davvero per lei qualcosa: Dedalus Kowalski.

Dedalus era suo coetaneo, oltre che mezzosangue e Tassorosso. Suo nonno, Jacob, era il miglior amico del più famoso zoologo magico mai conosciuto: Newt Scamander.

“Allora? Che scusa hai inventato per venire nella mia carrozza?”

La voce di Celine era sprezzante, quando con le gambe accavallate e la gonna più corta di quanto avrebbe dovuto essere osservò l’amico entrare nel suo scompartimento.

“Ho solo detto la verità. Dopo sette anni, ancora non hai capito che non mi interessa quello che pensano gli altri? Sei la mia migliore amica e a prescindere da quello che pensano tutti, ne sono orgoglioso!”

La ragazza sorrise e allungando una mano aspettò che lui la prendesse e si sedesse al suo fianco prima di stringerlo forte.

Nessuno vedeva di buon occhio il loro legame. Perché lei era una Serpeverde e lui un Tassorosso. Perché lei era una purosangue e lui un mezzosangue. Tutti dicevano che erano come un leone e una gazzella. Predatore e preda non potevano convivere senza che la loro natura avesse il sopravvento, ma loro avevano dimostrato che così non era.

Dedalus era un ragazzo grassottello, non una grande bellezza, nonostante i capelli neri e gli occhi blu profondi. Aveva però sempre un gran sorriso sul viso e la carica positiva di chi credeva che tutto fosse possibile e che non esistessero barriere insormontabili. Non aveva mai giudicato Celine per il suo aspetto, forse anche perché il suo dono di Legilimens gli aveva permesso di scoprire quanto dentro fosse una brava e bellissima persona. Era facile cadere altrimenti in inganno, Celine era brava ad alimentare le voci che su di lei c’erano con un atteggiamento e un abbigliamento provocatorio.

Portava la divisa in modo indisponente, senza curarsi dell’apparire impudica e smaliziata. Il suo corpo poi alto e slanciato non aiutava a non renderla attraente. I fianchi sinuosi, il seno ben proporzionato e le labbra a cuore le donavano un’aria seducente resa ancora più accentuata dal taglio degli occhi, del tutto simile a quello del felino che era solita accompagnarla. Grigi e chiarissimi erano sempre risaltati da una buona dose di kajal e un trucco smokey ben curato. A completare il quadro c’erano capelli biondissimi e lunghi fino a metà schiena che amava acconciare, mettere in piega o legare sempre in modo diverso.

Quel dì, ad esempio, aveva un alto ponytail che la rendeva più algida e snob del solito.

Rannicchiata contro la spalla di Dedalus gli sorrise sempre felice di averlo al suo fianco.

“Quest’anno tutto sarà finito, ti rendi conto?” chiese Celine, impaziente che il treno partisse e li riportasse a quella che nonostante l’incubo che potesse sembrare per lei, sentiva ormai essere la sua casa.

“Lo dici perché non vedi l’ora che arrivi quest’estate, vero?”

Chiese lui con un sorriso sul volto quando voltandosi verso di lei, la vide alzare il suo visetto e sorridergli. C’era confidenza tra loro e un’intimità che tutti scambiavano per altro. Prendevano in giro Dedalus dicendo che le era amico solo perché lei ogni tanto gliela dava e lei come sempre figurava come quella che non se ne lasciava scappare nemmeno uno… perfino i mezzosangue.

“Ovvio. Andremo a New York dai tuoi nonni e… spero davvero sarà l’occasione per poter iniziare una nuova vita lontano da qui… Insomma, vuoi forse dirmi che non sei emozionato quanto me dello stage che faremo a Ilvermorny?” Domandò Celine, mordendosi il labbro inferiore, mentre lui si trovava ad assentire prima di scoppiare a ridere insieme a lei e mostrarsi eccitato in egual modo.

“Il nostro sogno diventerà realtà! Wow, mi sembra incredibile che Silente abbia davvero presentato il nostro progetto al Preside Ilvermorny e che lui ci voglia lì per presentarglielo! Ho già pensato ad alcune idee che ti piaceranno! Vuoi sentirle?”

“Ok ok, se da qui fino ad Hogwarts dovremo parlare d’affari, collega, meglio fare rifornimenti!” lo beffeggiò lei con un simpatico buffetto, prima di recuperare dalla sua borsa qualche galeone e così congedarsi il tempo necessario per raggiungere la signora del carrello dei dolci.

Celine era appena uscita dallo scompartimento, con ancora il capo basso per contare i galeoni quando senza rendersene conto si scontrò con qualcuno verso il quale porse le sue scuse sbrigative. Era inutile mostrarsi gentile e apprensiva quando ormai chiunque su quel treno aveva dei pregiudizi che non avrebbe mai cambiato. Tuttavia, quando alzò il volto la giovane non poté non essere sorpresa. Da quanto sapeva l’Espresso per Hogwarts di solito era riservato agli studenti e non aveva mai visto un adulto a bordo, a parte la strega da cui era diretta.

Lo sconosciuto indossava un completo da mago molto consunto, rammendato in più punti. Aveva l’aria stanca e malata. Benché fosse piuttosto giovane, i suoi capelli castano chiaro erano striati di grigio.

“Ehm, scusi ancora…” ripeté dunque più convinta Celine pensando che quanto meno con uno sconosciuto poteva sforzarsi di essere un poco meno scontrosa del solito.

“Oh no scusami tu, ero distratto… stavo cercando uno scompartimento vuoto per schiacciare un pisolino” gli rivelò quello con una semplicità disarmante che fece quasi scoppiare a ridere la giovane, la quale non riuscì a non placare la sua curiosità.

“Professore R.J. Lupin… interessante…” sussurrò, quando abbassando lo sguardo era incappata nella valigetta lisa che teneva in mano. Era tenuta insieme da una grande quantità di spago legato con cura e il nome era stampato su un angolo a lettere un po’ sbucciate.

“Osservatrice attenta Miss…”

“Celine” si affrettò a dire lei. Le era venuto spontaneo. Era così abituata a evitare di pronunciare il suo cognome che… due secondi più tardi lo trovò estremamente stupido. Tanto, in ogni caso, se quell’uomo fosse divenuto il suo professore lo avrebbe scoperto.

Dal canto suo, Remus si trovò ad aprirsi in un sorriso un po’ sghembo dettato anche da un imbarazzo che andò a crearsi senza un vero perché. Probabilmente il tutto era dovuto a quella studentessa dal carattere deciso e strafottente che, alta quanto lui, lo guardava senza alcuna traccia di disagio. Nonostante la giovane età, possedeva una sicurezza che a lui era sempre mancata.

Mentre il silenzio tra i due diveniva palpabile, l’Espresso di Hogwarts puntava dritto a nord e il paesaggio fuori dal finestrino diventava sempre più cupo e selvaggio, intanto che le nuvole nel cielo si infittivano.

“Spero solamente che sarà all’altezza del ruolo Professore, se i miei conti non sbagliano sarà l’ennesimo insegnate di Difesa Contro Le Arti Oscure… o dico male?”

Celine aveva piegato il viso da un lato in un’espressione altezzosa e indagatrice, come se godesse della sua innata capacità di mettere a disagio gli altri.

“Lo dico solo perché pare avere l’aspetto di uno che basta una bella fattura a sistemarlo…” infierì ancora, portando il professore a fare un passo nella sua direzione, lo sguardo alto e severo.

“Non credo che sarebbe un buon modo per Serpeverde di iniziare l’anno, se già fossi costretto a togliere dei punti che ancora non avete…”

Touché. Celine si considerò soddisfatta di vederlo reagire in quel modo inaspettato, lei che già si era fatta un’idea su di lui come un professore che sarebbe stato facile manipolare. Era lieta di essere stata smentita, era stato sempre fin troppo facile per lei riuscirci.

Lo sguardo glaciale della studentessa fu catturato da tre figure lontane alle spalle dell’uomo, le stesse che la costrinsero a mettere fine a quel divertente tête-à-tête.

“Giusto, ma la avverto, dovrà abituarsi, non sono solita rispettare le regole… non amo particolarmente le convenzioni…” lo informò lei, posandogli una mano sul braccio per superarlo. “Ah… buona pennichella allora… ci si vede a scuola…” concluse con un sorriso furbo, prima di voltarsi e continuare la sua camminata per il corridoio con un gran sorriso sul volto. Che avesse trovato la distrazione perfetta per far passare velocemente quel suo ultimo anno?

 

   
 
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