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Autore: Carmaux_95    30/10/2022    4 recensioni
[TsukkiYama | SoulmateAU]
In un mondo in cui alla nascita si veniva legati indissolubilmente ad un’altra persona, l’inconsapevolezza di Tsukishima lo faceva letteralmente impazzire.
Gli era sempre sembrato assolutamente palese che lui e Yamaguchi fossero fatti l’uno per l’altro. Insomma, non serviva certo un genio per accorgersi che nel momento in cui il biondo si trincerava dietro le sue cuffie l’“amico” iniziava a canticchiare a labbra chiuse.
Eppure, nonostante frequentassero entrambi i corsi avanzati, evidentemente nessuno dei due era abbastanza sveglio da rendersene conto.
E dire che nel loro caso il simbolo delle anime gemelle non sarebbe stato nemmeno necessario: il modo in cui erano sempre appiccicati l’uno all’altro, il modo in cui si guardavano, il modo in cui persino il sarcasmo di Tsukishima scemava di fronte al sorriso lentigginoso di Yamaguchi.
[scritta per il compleanno di Spirit734 ♥]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Tadashi Yamaguchi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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FRECKELS
AND
CONSTELLATIONS
 
a Spirit734

 

Faceva decisamente troppo caldo per studiare.
L’estate, dopotutto, non era fatta per aule afose e pomeriggi di studio quanto più per spuntini a base di ghiaccioli e serate di allenamento rinfrescate da una brezza dal profumo di erba appena tagliata.
Avvertì un prurito ormai familiare sul palmo della mano. Nishinoya sorrise e, subito dopo, deformò il viso in una smorfia: era assolutamente ingiusto che Asahi, insieme ai suoi amici Sugawara e Daichi, si potesse allenare mentre lui era costretto lì, inchiodato a quel banco, per un’altra ora.
Ma il coach Ukai era stato irremovibile. O meglio, Sensei Takeda lo era stato, in quanto consulente di facoltà degli studenti della sede distaccata. Lui e Ukai, in seguito ad un pomeriggio di telefonate e programmazione, erano riusciti ad organizzare un campo estivo per il frammentato club di volley maschile che, per l’occasione, si sarebbe riunito e allenato insieme per una settimana intera.
Questo, aveva decretato Sensei Takeda, solo ed esclusivamente a patto che le attività sportive non interferissero con i doveri scolastici dei giocatori di entrambe le sedi: chi noto per lo scarso rendimento scolastico – qualche nome a caso: Nishinoya, Tanaka, Hinata e Kageyama – avrebbe dovuto quotidianamente sacrificare almeno un’ora di allenamento per dedicarsi allo studio e ai compiti delle vacanze.
E infatti eccoli lì: primo giorno di campo estivo e in mano manuali e quaderni fitti di appunti.
Il libero mollò la penna sul banco sbuffando e lanciò uno sguardo ai suoi kohai.
Da bravi secchioni quali erano, Tsukishima e Yamaguchi tenevano loro compagnia per puro senso del dovere, portandosi avanti con i compiti per non rimanere indietro rispetti ai compagni di classe.
Inconcepibile. D’accordo, entrambi frequentavano le classi avanzate quindi un’ora in più di studio a scapito degli allenamenti era qualcosa che probabilmente avevano tenuto in conto prima ancora di conoscere le restrizioni imposte dal Sensei, ma questa rimaneva comunque pura follia.
Quella e non solo.
Questo pensava Nishinoya osservando lo spilungone biondo seduto di fronte a sé.
Tutto sommato Tsukishima gli piaceva.
Rispetto alla maggior parte dei ragazzi, Noya non si faceva impressionare dal suo sarcasmo, riconoscendo, invece, che descrivesse un ragazzo sicuramente poco espansivo ma molto intelligente. Uno come Asahi, al contrario, probabilmente ne sarebbe stato intimidito. Non che Tsukishima avesse mai pensato di prenderlo di mira: quanto meno gli si doveva riconoscere che era un ragazzo rispettoso nei confronti dei propri senpai.
Insomma, non gli dispiaceva averlo come compagno di squadra anche se forse non erano esattamente amici. Dopotutto, era difficile capire chi potesse rientrare nella definizione di “amicizia” usata dal middle blocker.
L’unico che poteva davvero vantarsi di un tale successo era il timido e lentigginoso ragazzo seduto al suo fianco.
Eppure, Nishinoya sapeva che “amicizia” non era neanche lontanamente sufficiente a descrivere il rapporto che intercorreva tra i due primini.
Quei due lì… a volte gli davano davvero sui nervi.
Erano così ridicolmente palesi e così totalmente inconsapevoli di esserlo!*
Il fatto che pur essendo sempre in compagnia l’uno dell’altro non se ne fossero mai resi conto era semplicemente pura follia.
Nishinoya sentì le mani pizzicare ma questa volta Asahi centrava poco**.
Era tutto lì, sotto gli occhi di chiunque: Tsukishima che, con le sue amate cuffie sulle orecchie, sfogliava il manuale di matematica, e Yamaguchi che, canticchiando timidamente la medesima canzone, risolveva un’equazione.
Non fosse stato che la situazione era tremendamente ridicola, sarebbe anche stato piacevole ascoltarlo.
Yuu provò l’irrefrenabile bisogno di allungare una mano e strappare quelle maledette cuffie dalla testa di Tsukishima. Si rese conto di aver messo in atto i propri pensieri solo quando quest’ultimo fece uno scatto indietro scoccandogli un’occhiataccia sorpresa.
Fingere di volergli chiedere una mano con i compiti era fuori questione: in primo luogo sarebbe stato decisamente poco credibile; secondariamente era umiliante chiedere ripetizioni ad un primino.
«Posso vederle? Di che marca sono?» domandò invece. L’importante, dopotutto, era riuscire a toglierle finché Yamaguchi ancora canticchiava. Peccato che il suo gesto impulsivo di prima avesse attirato l’attenzione di quest’ultimo che, zittendosi, si concesse giusto una risatina dovuta all’espressione del migliore amico.
Yuu sbuffò e, mentre Tsukishima gli rispondeva, fece un gesto vago con la mano come a dire: “Scusa, non mi interessa più”.  Aspettò quasi un quarto d’ora prima di fare un secondo tentativo.
Cercò di non fare movimenti troppo vistosi e picchiettò sul quaderno del kohai.
Questi, suo malgrado, si sfilò nuovamente le cuffie: «Cosa c’è?»
«Come fai a studiare tenendo addosso quelle robe?»
«Mi aiutano a concentrarmi».
«Sì, ma come?» Sembrava funzionare.
«Si chiama tecnologia di cancellazione del rumore: cancella o riduce al minimo tutti i suoni esterni, indesiderati e fastidiosi».
«Mi stai dicendo che sono fastidioso?»
«Non mi permetterei mai, senpai».
Noya sogghignò: non poteva che emozionarsi quando si sentiva chiamare “senpai” da qualcuno e per di più apprezzava quel tono più rilassato e quasi scanzonato che il kohai gli riservava.
Tentò di indicare Yamaguchi con solo gli occhi. Invano. Perché quando, finalmente, Tsukishima decise di voltarsi verso l’amico, l’equazione che quest’ultimo stava cercando di risolvere a ritmo di musica gli diede il colpo di grazia costringendolo al silenzio e a cancellare tutti i calcoli svolti fino a quel momento.
Rilasciando un sospiro esasperato, Noya lasciò cadere la testa sul banco, sconfitto.

 
*

 
«Yamaguchi, sbrigati altrimenti ti lascio qui».
«Scusa Tsukki, arrivo».
Infilato il quaderno di matematica nello zaino, Tadashi recuperò anche il borsone della palestra mentre l’amico già richiudeva la porta dietro le proprie spalle.
«Uhg», sbottò allora Tanaka. «Scusa, Yamaguchi, ma proprio non so come tu faccia a sopportarlo!»
«Non è così male», rispose Nishinoya, inaspettatamente.
«Scherzi?»
«Non è così male… una volta che ti abitui».
«Anche la limonata ma non la berrei tutti i giorni!»
«Limonata?», domandò Yamaguchi tornando sui suoi passi.
«Sì, insomma… Tsukishima è biondo e il più delle volte è amaro e aspro. Mi sembrava il paragone più calzante».
Yamaguchi abbassò lo sguardo e corrugò la fronte: per lui era sempre stato estremamente facile andare d’accordo con lui, nonostante il carattere pungente che aveva imparato a conoscere.
La prima volta che si erano incontrati al parco Tsukki non sembrava avergli prestato più di tanto attenzione e, infatti, quando appena qualche giorno dopo si erano ritrovati fra le mura della palestra scolastica non lo aveva nemmeno riconosciuto. Sul momento, aveva provato una fitta di delusione ma aveva cercato di non pensarci durante il suo primissimo allenamento di pallavolo. Quello stesso pomeriggio, mentre si massaggiava le braccia rosse e tremendamente doloranti, quasi non si era accorto che il bambino gli si era avvicinato.
«È perché lo fai nel modo sbagliato».
Yamaguchi era trasalito e gli era scivolato in terra l’asciugamano. Si era affrettato a raccoglierlo prima di voltarsi verso di lui. «C-come?»
«Le braccia. Ti fanno così male perché fai il movimento sbagliato. Mio fratello me l’ha spiegato: dice che le gambe devono piegarsi e che anche il busto deve accompagnare il movimento delle braccia».
Kei adorava suo fratello. Tadashi lo aveva capito immediatamente, riconoscendo l’orgoglio nella sua voce e nei suoi occhi. Il fatto che avesse deciso di condividere con lui – che all’epoca era poco più che uno sconosciuto – una lezione che custodiva gelosamente, per quanto forse banale e semplice, lo aveva fatto sentire tremendamente importante.
«Le gambe e il busto…?»
«Devi prima piegare le gambe così e poi stendere le braccia per…» Tsukki lo aveva preso per i polsi per aiutarlo ad assumere la giusta posizione e il suo sguardo era caduto sulle imperfezioni della sua pelle.
Imbarazzato, Yamaguchi aveva ritratto le braccia quasi nascondendole sotto l’asciugamano: erano uno dei motivi per cui i ragazzini lo prendevano sempre di mira. «Lo so…» aveva sussurrato. “Lo so che sono brutte”. «Ma d’inverno non si vedono così tanto…»
Non aveva avuto il coraggio di sollevare lo sguardo da terra e si era spaventato quando Tsukki gli aveva afferrato di nuovo un braccio, facendoglielo stendere. Quando, però, si era reso conto che il biondo aveva recuperato una penna dal proprio zaino e che aveva iniziato a tracciare delle linee rette da lentiggine a lentiggine non aveva potuto fare altro che osservare, confuso. Aveva studiato quello strano disegno che gli ricordava un uncino e alla fine aveva cercato risposte nel volto del bambino che aveva di fronte.
«Scorpione».
Tsukki gli aveva preso l’altro braccio e, allo stesso modo, aveva disegnato quella che appariva come una casa sbilenca e senza fondamenta: «Bilancia».***
Sotto il getto della doccia, quella sera, Tadashi aveva titubato con la spugna in mano. Quando il sapone aveva lavato via l’inchiostro della penna, tuttavia, si era reso conto di quanto indelebile fosse stato quel gesto.
Una delle cose che più odiava di sé, le sue lentiggini, e Tsukki le aveva paragonate alle stelle, ai punti di riferimento dell’universo, alle luci che trasformavano quello schermo scuro nel cielo notturno che chiunque adorava guardare.
Quella stessa sera mentre, a letto, ancora si osservava le braccia, una melodia si era insinuata nella sua mente e, sorridendo, le aveva dato voce.
«A dire il vero…» sussurrò inseguendo quel ricordo. Se avesse dovuto pensare ad un paragone per descrivere Tsukki, gli sarebbe venuto in mente qualcosa che rimandasse a quel contesto siderale: certo non si poteva dire che fosse espansivo o caloroso ma quella maschera di freddezza nascondeva un lato del suo carattere che non mostrava a nessuno. Quasi a nessuno… «Tsukki mi ricorda la luna…»
 

 
*

 
Tsukki, [19:07]
Tra un paio d’ore chiamami e inventati un’emergenza!
 
Nuovo messaggio da Yams, [19:07]
Non starai esagerando?
 
Tsukki, [19:07]
Sono ad un passo dal buttarmi fuori dalla macchina in corsa.
 
Nuovo messaggio da Yams, [19:08]
È solo una cena.
 
Tsukki, [19:08]
Odio queste “cene”!
E poi siamo solo al secondo giorno di campo e abbiamo già fatto due ore di allenamento extra: sono stanco!
E non ho nessuna voglia di incontrare la ragazza di Akiteru!

 
Nuovo messaggio da Yams, [19:08]
Sei il genero che chiunque sognerebbe di avere.
 

Riuscì a percepire la risata di Tadashi attraverso lo schermo del telefono e per un attimo non pensò alla serata che lo aspettava.
Incontrare la famiglia della ragazza di suo fratello… sapeva già cosa sarebbe successo: dopo le presentazioni e i convenevoli sarebbero arrivate le domande. Esattamente come succedeva ad ogni cena di famiglia. Akiteru e la compagna sarebbero stati i primi ad essere attaccati: “Allora, a quando le nozze? E poi, a piccoli passi, dopo il matrimonio, il primo figlio eh!” E così via.
Fino a quando l’attenzione non si sarebbe spostata su di lui. “E tu Kei?”
Indossò le cuffie.
“Qualche novità?”
Premette play.
“Ma come? Ancora niente?”
Probabilmente, in quel contesto, Akiteru sarebbe intervenuto spiegando che “A volte capita che il simbolo delle anime gemelle non compaia prima dei diciotto anni” e che quindi “non c’è niente di male se Kei non l’ha ancora trovata”.
Mandò avanti al brano successivo.
Non è che non la avesse trovata.
O meglio no, non aveva ancora trovato il proprio emblema né, di conseguenza, la persona con il medesimo.
Tuttavia
Saltò un altro brano.
Era anche vero che esistevano diverse tipologie di anime gemelle.
Pensiero che, comunque, non lo confortava. Al contrario.
Si conoscevano fin da bambini; erano cresciuti insieme. Se anche fosse stata la sua anima gemella puramente platonica – pensiero che gli suonava ridicolo – rimaneva il fatto che, prima o poi, lui avrebbe incontrato la sua metà mentre Tsukki, dal canto suo, non era affatto certo che avrebbe avuto la stessa fortuna. E la verità era che non sapeva nemmeno se esserne affranto o meno: nessuno, in ogni caso, avrebbe mai retto il paragone.
Non che fosse preoccupato o… geloso… di quella maledetta mezza mela la cui sagoma avrebbe combaciato con quella di Yamaguchi. Insomma, fino a qualche tempo prima non aveva mai analizzato la situazione sotto quell’ottica… era solo che gli risultava difficile se non impossibile immaginare di incontrare una persona con la quale si sentisse meglio che con Tadashi.
«Siamo arrivati!»
L’esclamazione del fratello gli fece sollevare lo sguardo dal telefono e abbassare le cuffie sul collo. Akiteru parcheggiò di fronte alla casa della sua ragazza e, una volta scesi, Kei lo imitò mentre, finalmente davanti all’ingresso, rassettava i propri vestiti.
Quando la porta si aprì Tsukishima si bloccò. Non riuscì a dire niente e tentò di rimanere impassibile mentre venivano accolti ma alla fine, riscossosi, recuperò il cellulare e mise rapidamente per iscritto i propri pensieri:
 
Tsukki, [19:30]
Salvami!
Uccidimi!

 
Nuovo messaggio da Yams, [19:30]
Quale delle due?
 
*

 
In un mondo in cui alla nascita si veniva legati indissolubilmente ad un’altra persona, Tanaka non poteva che credere nel destino. Certo, il suo tatuaggio non era mai stato particolarmente d’aiuto nella ricerca dell’altra metà della sua anima… ma a dire il vero nemmeno quello di sua sorella. Anzi, a dirla tutta era ancora peggiore del suo!
Doveva trattarsi di una maledizione della famiglia Tanaka.
Eppure, nonostante quello di Saeko non fosse altro che un verso, lei era riuscita a trovare la sua anima gemella.
«Come diavolo hai fatto? Il tuo tatuaggio non è nemmeno una vera parola!», le aveva chiesto una volta.
«L’ho beccato mentre si aggirava vicino alla palestra: aveva un’aria sospetta e così l’ho placcato!»
Se persino Saeko era riuscita a trovare la sua anima gemella identificandola dalla smorfia di Akiteru quando lo aveva agguantato… beh, Tanaka non poteva che rinnovare ancora una volta la sua fede nel destino.
Lanciò uno sguardo al compagno di squadra.
“Maledetto…” pensò mentre apriva il proprio armadietto in cerca di una maglia pulita.
Di tutte le persone che esistevano al mondo Saeko doveva proprio essere destinata al fratello di quello spilungone di Tsukishima?
Quando la sera prima se lo era ritrovato davanti era rimasto di sasso e, a giudicare dallo sguardo che si erano scambiati, lo shock doveva essere stato uguale per entrambi.
Non gli era mai particolarmente andato a genio e questa non era certo una novità.
Ma in un mondo in cui alla nascita si veniva legati indissolubilmente ad un’altra persona, l’inconsapevolezza di Tsukishima lo faceva letteralmente impazzire.
Gli era sempre sembrato assolutamente palese che lui e Yamaguchi fossero fatti l’uno per l’altro. Insomma, non serviva certo un genio per accorgersi che nel momento in cui il biondo si trincerava dietro le sue cuffie l’“amico” iniziava a canticchiare a labbra chiuse.
Eppure, nonostante frequentassero entrambi i corsi avanzati, evidentemente nessuno dei due era abbastanza sveglio da rendersene conto.
E dire che nel loro caso il simbolo delle anime gemelle non sarebbe stato nemmeno necessario: il modo in cui erano sempre appiccicati l’uno all’altro, il modo in cui si guardavano, il modo in cui persino il sarcasmo di Tsukishima scemava di fronte al sorriso lentigginoso di Yamaguchi*.
Adesso che ci pensava, fino a ventiquattro ore prima non aveva mai visto il centrale con quella espressione sul viso. Merito, ancora una volta, di Yamaguchi. Tsukishima stava leggendo un messaggio quando Akiteru e Saeko avevano richiamato la sua attenzione. Tanaka aveva approfittato di quel momento di distrazione per allungare il collo e sbirciare cosa gli avesse fatto addolcire lo sguardo.
 
5 nuovi messaggi da Yams, [22:08]
Effettivamente l’allenamento di oggi è stato particolarmente pesante.
Però… sono così contento!
Ce l’ho fatta…
Nishinoya senpai non è riuscito a difendere quella battuta!
Non vedo l’ora che sia domani!

 
“Nishinoya senpai” avrebbe pagato oro per vedere quell’espressione sul viso di Tsukishima. Tanaka immaginava che fosse quello il motivo per cui durante il primo giorno di campo Noya si era messo a tampinare Tsukishima durante l’ora di studio. In fondo poteva capirlo: osservarli era snervante e cercare di aiutarli ancora di più.
Riflettendoci, avrebbe dovuto prendere il posto del suo migliore amico, ora che era stato sconfitto: dopotutto, era dovere di un buon senpai essere pronto ad aiutare i suoi preziosi kouhai.
Perciò si voltò verso il compagno di squadra: «Non ti stanchi mai di tenere quelle cose in testa?»
«Non è che ascolti sempre la stessa canzone, sai?»
Quel tono che sembrava dargli dell’idiota lo indispettì immediatamente: «Stammi bene a-»
«Che c’è di male?» la voce di Sugawara, che si era appena finito di cambiare, placò quell’istinto omicida sul nascere. «Insomma, la musica esprime quello che a parole non si riesce a dire o non si ha il coraggio di rivelare. Non credo ci sia da stupirsi se il nostro taciturno Tsukishima è appassionato di musica». Sugawara sorrise e si avvicinò al centrale. Quasi si alzò sulle punte e gli appoggiò una mano sulla testa: «Sei diventato più alto dall’ultima volta che ci siamo visti?»
Le braccia conserte sul petto, Tanaka non si diede per vinto: «Sì ma… insomma! Ti capita mai di fissarti su una canzone?»
Tsukishima indossò gli occhiali sportivi e scrollò le spalle: «Non più di quanto non succeda agli altri, credo».
«Davvero?»  “Effettivamente, tra i due probabilmente è Yamaguchi quello a cui il fenomeno capita più spesso”. «Sai quando stai facendo tutt’altro e all’improvviso inizi a canticchiare un qualche motivetto? Come se fosse più forte di te?»
«Tipo il jingle della pubblicità delle patatine fritte?****»
«No!» sbottò Tanaka prendendosi la testa fra le mani, disperato, salvo poi rendersi conto che sì, era esattamente come diceva Tsukishima. In quelle occasioni in cui la mensa scolastica offriva hamburger e patatine, Yamaguchi riusciva sempre a sgraffignarne in abbondanza anche dal piatto del migliore amico e Tanaka era convinto che Tsukishima, inappetenza a parte, le lasciasse da parte appositamente per lui. Inoltre, non era forse stato Yamaguchi a proporre, qualche mese prima, di andare a provare il nuovo fast food che aveva aperto ad appena un paio di isolati dalla scuola? Se qualcuno poteva fissarsi con il jingle delle patatine fritte, quello non poteva che essere Yamaguchi.
Stava per farglielo notare ma il primino aveva già chiuso l’armadietto e seguito Sugawara verso la palestra.
“Maledetto!”
Che gli era saltato in testa! Provare a parlare di sentimenti – circa – con Tsukishima!
 

 
*

 
Forse era perché si trovava nella sede distaccata e le frecciatine avevano voci e volti nuovi che era arrivato agli spogliatoi a testa bassa. Si era cambiato in fretta, evitando lo sguardo di chiunque, ed era scappato in palestra sperando di riuscire a scacciare quei pensieri cominciando l’allenamento. Invano.
«Tutto bene, Yamaguchi?»
Annuì, in risposta alla preoccupazione di Tanaka ma non riuscì a falsificare un sorriso: «Sono… solo un po’ giù…» ammise passandosi una mano sulle guance.
«Per colpa di Tsukishima?»
Yamaguchi non registrò quella domanda né si accorse dello scappellotto che Daichi tirò a Tanaka, troppo perso nei suoi pensieri.
Era tutta colpa del sole estivo: d’inverno le sue lentiggini non si vedevano così tanto, ma bastava che il sole baciasse le sue guance perché tutte quelle imperfezioni andassero a sporcargli il viso. Era… ingiusto che non potesse fare niente per evitarlo.
«È una sciocchezza», dichiarò infine cercando di chiudere il discorso.
E fallendo miseramente ancora una volta perché non riuscì a mascherare il suo sguardo imbarazzato e abbattuto. Entrò in campo, ma la sua testa era altrove, così distratto da non accorgersi nemmeno di quando andò a sbattere contro il suo migliore amico.
«Scusa, Tsukki!»
Quello lo osservò a lungo, quel suo solito sguardo solo apparentemente freddo.
Un brivido gli corse lungo la schiena e Yamaguchi seppe che Kei aveva capito subito cosa lo tormentava. E se ne vergognò: sapeva che doveva imparare a non prestare attenzione al giudizio degli altri…
Soprattutto quando si trovava di fronte a lui, così algido e assennato di fronte alle provocazioni altrui.
Non riusciva ad impedirsi di guardarlo ammirato, ogni volta; si beava di stare alla sua ombra.
In attesa.
Si vantava di essere l’unico a conoscerlo per davvero. Ed era così: riconosceva il suo stato d’animo e indovinava i suoi pensieri nebulosi con appena uno sguardo; conosceva la sua arguzia e persino un suo lato simpatico e comico che gli altri non avrebbero mai neanche potuto immaginare. Aveva visto quegli occhi ramati brillare in un modo che Kei nascondeva sempre a chiunque.
Quindi… come potevano questi non essere destinati a lui?
Eppure, sulla sua pelle non era mai comparso alcun simbolo. Nessuna scritta, nessun timer, nessun livido… solo quelle orrende lentiggini.
Aveva passato anni a cercare disperatamente qualunque segno che gli desse conferma del fatto che erano destinati l’uno all’altro. Fino ad un pomeriggio di qualche tempo prima quando, steso sul letto di Tsukki fingendo di studiare, lo aveva sentito. Tsukki, seduto sul pavimento con la schiena appoggiata contro il letto e un manuale in mano, aveva preso a canticchiare a bocca chiusa, dando voce alla melodia che si era fissata in testa a Tadashi.
Sorpreso, si era rigirato sul materasso rimanendo ad ascoltarlo silenziosamente: era così raro e bello vedere Kei così rilassato e a suo agio. Non si era posto troppe domande, in quel momento. Solo quando qualche giorno dopo era successa la stessa cosa con il jingle di una pubblicità che aveva visto poco prima di incontrarlo, aveva iniziato a capire.
E a illuminarsi ogni volta che Kei cominciava a canticchiare.
E a ridacchiare di nascosto quando lo vedeva esasperarsi nel vano tentativo di cacciare dalla sua mente quegli irritanti quanto orecchiabili motivetti.
Kei non era affatto stupido né arido quanto gli altri credevano. Al contrario.
Semplicemente preferiva tenere il suo corredo emotivo per sé, senza sbandierarlo ai quattro venti… cosa che, ogni tanto, lo rendeva ottuso.
Tuttavia, Yamaguchi non voleva forzarlo: riconosceva l’affetto che Kei nutriva nei suoi confronti e, allora, avrebbe aspettato i suoi tempi.
Anche se un aiuto non si negava mai a nessuno. Ma Tsukishima sapeva essere davvero ottuso, quando voleva… e nemmeno il suo costante canticchiare sembrava averlo ancora indirizzato sulla retta via.
E nonostante questo, non poteva non sorridere.
Dopotutto anche lui sapeva essere un po’ immaturo. Come in quel momento, così esageratamente demoralizzato solo per qualche sguardo indiscreto.
La mano di Tsukki si appoggiò inaspettatamente sulla sua guancia. Il polpastrello dell’indice premette appena e iniziò a spostarsi oltrepassando gentilmente la piccola gobba del naso e andando a tracciare un disegno invisibile.
«Gemelli****».
Di colpo, Tadashi tornò bambino e un piacevole tepore gli avvolse il petto.
 

 
*

 
Per fortuna Ukai aveva richiamato tutti all’ordine prima che le sue guance rivelassero il suo stato d’animo.
E così si erano dovuti mettere a correre. Che bello.
Certo, meglio così che far vedere a tutti che di fronte allo sguardo luminoso di Yamaguchi era arrossito. Ora le gambe gli tremavano e sentiva il fiato corto ma almeno quello era un ottimo modo per nascondere l’imbarazzo.
Per fortuna, in ogni caso, adesso il coach aveva accordato a tutti una pausa. Dopo pranzo avrebbero ripreso gli allenamenti: per allora anche lui sarebbe riuscito a riordinare i propri pensieri.
Anche se con Yamaguchi di nuovo sorridente seduto al suo fianco sarebbe stato più difficile del previsto.
Si calò le cuffie sulle orecchie e premette play ma non riuscì a rilassarsi: forse aveva esagerato, disegnando con le sue lentiggini davanti a tutti…
Quando lo aveva fatto da bambino non aveva sottinteso nulla; ma ora avrebbe volentieri continuato a indugiare sulle sue guance…
Magari lo avrebbe abbracciato, non ci fossero stati gli altri.
E ancora adesso sentiva il desiderio di farlo.
Irritato dal suo patetico rimuginare e dal fatto che la canzone randomicamente selezionata dal lettore musicale, con il suo ritmo allegro, non rispecchiasse affatto il suo stato d’animo, azzerò il volume e scostò appena uno dei padiglioni senza sfilare del tutto le cuffie: erano l’unica armatura che gli rimaneva.
Eppure… quella stessa melodia che aveva deciso di ammutolire gli giunse alle orecchie. Chiara e limpida, modulata con il dolce ma timido timbro della voce di Yamaguchi.
Scrollò le spalle, decretando che quella doveva essere una semplice coincidenza. Selezionò un’altra canzone pur disinteressato… e di nuovo ci pensò Yamaguchi.
Quella volta non riuscì a fare finta di niente: gli occhi sgranati, dietro le lenti degli occhiali, guardò il ragazzo seduto al suo fianco mentre si massaggiava un polpaccio.
«Oh, scusa: ti infastidisco?»
Tsukishima deglutì e fece quasi fatica a rispondergli mentre si abbassava le cuffie sul collo: «Affatto…».
«Mi fanno male tutte le gambe: domattina non riuscirò ad alzarmi dal letto!»
Per essere onesti, in quel momento Kei non era sicuro che sarebbe riuscito ad alzarsi nemmeno da terra: non poteva essere una coincidenza.
«Tutto bene, Tsukki?», gli domandò Yamaguchi accorgendosi di avere il suo sguardo addosso.
Non avrebbe saputo cosa dire, come spiegare che il cuore gli stava palpitando con una consapevolezza del tutto nuova.
Non era capace di grandi discorsi sentimentali, solo di fredde provocazioni.
Al posto di rispondere, si sfilò le cuffie e gliele fece indossare, appoggiandogliele sulle orecchie, sperando che fosse sufficiente a fargli capire.
Non riuscì ad impedirselo: ne approfittò per accarezzargli i capelli, pettinandoli dietro le orecchie con le dita.
Sul momento Yamaguchi parve sorpreso ma lo stupore dei suoi occhi si tramutò rapidamente in uno scintillio… come se avesse a lungo aspettato quel momento.
Kei si mosse senza pensarci andando ad accarezzare di nuovo le lentiggini su quelle guance pallide. Yamaguchi socchiuse gli occhi mentre la carezza scendeva sul collo. Le dita si impigliarono appena nel colletto della maglietta a maniche corte ma scivolarono velocemente lungo le sue braccia. Efelide dopo efelide, raggiunse i polsi e appoggiò le mani su quelle di Yamaguchi, già pronte ad accoglierle.
Distolse lo sguardo, troppo imbarazzato, quando Tadashi si accostò a lui, spalla contro spalla.
Finse di sistemarsi gli occhiali mentre, infine, con l’altra mano intrecciò silenziosamente le dita con quelle di Yamaguchi.
 

 
 
 
 
 
*citazioni prese direttamente dall’altra mia shottina soulmate AU, “Mirror”.
**rimando alla medesima shottina Mirror, in cui l’emblema di riconoscimento di Asahi e Nishinoya sono i lividi che si procurano.
***Tsukki, essendo nato il 27 settembre, è del segno della Bilancia; Yamaguchi, nato il 10 novembre, è uno scorpioncino.
****non ho idea se ci sia effettivamente una pubblicità delle patatine fritte… ma in Giappone fanno di tutto e le pubblicità sono quanto più improbabili quindi perché no AHAHAH
*****in questo caso non si parla dei compleanni dei personaggi. Ho scelto la costellazione dei “gemelli” solo in quanto rimanda a “anime gemelle”.
 
 
 
Angolino autrice:
TANTI AUGURI NINI!!!! Inizialmente avevo pensato di regalarti una KageHina ma non ho trovato l’ispirazione giusta (ma ci sarà tempo per recuperare ^^). Poi mi sono ricordata che tempo fa mi avevi detto che, recuperando la SoulmateAU AsaNoya che avevo scritto, ti sarebbe piaciuto leggere un’altra Soulmate con Tsukishima e Yamaguchi che, palesi per chiunque, finalmente si danno una svegliata.
Spero che questa shottina possa piacerti ♥
Ti faccio ancora tanti tanti auguri di buon compleanno e ti mando un bacione!
 
Ringrazio chiunque sia arrivato a leggere fino a qui! ^^ Spero che questa storia vi sia piaciuta, vi abbia strappato una risata o un sorriso!
A presto! ^^
Carmaux
  
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