Per il resto dei suoi giorni, Osamu Miya non avrebbe mai dimenticato l’immagine di Akaashi Keiji, in piedi accanto alla pensilina, che si voltava verso il tram in arrivo.
Il vento gli aveva schiacciato i ciuffi troppo lunghi in faccia, ma lui non aveva quasi battuto ciglio, e sotto i ciuffi neri gli occhi spalancati di Akaashi – Keiji – avevano incrociato quelli di Osamu. Il primo pensiero di Osamu era stato che sembravano quasi volersi inghiottire tutto, quegli occhi – il viso di Akaashi, il cielo dello stesso blu plumbeo alle sue spalle, Osamu stesso. Poi quell’idiota di ‘Tsumu gli aveva dato una spallata perché si sbrigasse a scendere, Akaashi era salito, il tram era ripartito. E a Osamu era rimasta solo la vaga sensazione di un amo che ti afferra lo stomaco e trascina a fondo, dentro l’oceano. Non era nemmeno sicuro fosse una bella sensazione.
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