Stiracchiandosi
svogliatamente mentre, poco alla volta, il suo corpo e i suoi sensi
tornavano a
famigliarizzare con la vita di tutti i giorni, Ragnhild aprì
gli occhi al nuovo
giorno e sbatté confusa le palpebre.
Le
pareti intonacate
con stucchi color pesca erano intervallate da ampie vetrate, vaporosi
tendaggi
in leggera seta di ragno e arazzi di sopraffina bellezza.
Ragnhild
non aveva
idea se le scene ricreate da quelle magnificenti opere d’arte
fossero scorci di
antiche guerre o sprazzi di mistici racconti, ma amava osservarli a
ogni suo
risveglio.
In
quei giorni si era
spesso persa in contemplazione di quegli stupendi ricami e,
più di una volta,
Sthiggar l’aveva colta di sorpresa, abbracciandola alle
spalle prima di
sorridere della sua sorpresa.
Da
quel che era
venuta a sapere per bocca di Snorri, quegli arazzi erano stati
confezionati
dalla sua defunta moglie e, proprio per questo, Raghnild si era ben
guardata
dal fare ulteriori domande in merito ad essi.
Sapendo
le cause
della morte della madre di Sthiggar, aveva preferito non indagare
troppo, pur
se la curiosità ancora la accarezzava diabolica ogni
qualvolta i suoi occhi si
posavano su quelle opere.
Fu
proprio per questo
che distolse lo sguardo, lanciando un’occhiata oltre la
barriera trasparente
offerta dai vetri molati delle vetrate, scrutando il contorno morbido e
accarezzato dal vento delle chiome degli alberi al di là dei
confini della
villa.
Alte
mura di cinta ad
ali di gabbiano cingevano la vasta proprietà in cui ora
dimorava e, quand’anche
l’ultimo frammento di sonno fu scomparso, Ragnhild si
ritrovò a sorridere,
pensando a dove si trovasse esattamente
quella proprietà.
Le
colline che
sovrastavano Hindarall, capitale di tutti i regni muspell, erano state
risparmiate dalla battaglia e quando lei, Sthiggar, Snorri, Thrym e
Flyka
avevano raggiunto la villa, l’avevano trovata miracolosamente
intonsa.
Nascosti
in una
stanza e armati di bastoni e altre armi di fortuna, i domestici di casa
Glenrson avevano pianto di gioia, alla vista del loro signore e,
quand’anche
Sthiggar aveva fatto la sua apparizione, ognuno di loro aveva plaudito
il suo
ritorno.
Concitate
erano state
le domande in merito a quanto avvenuto in città e Snorri,
ben sapendo come
potessero sentirsi, aveva concesso a ogni membro della
servitù di recarsi
presso le rispettive famiglie per sincerarsi delle loro condizioni.
Solo
a quel punto
aveva mostrato ai suoi ospiti le camere in cui alloggiare, e a Sthiggar
era rimasto
il compito di mostrare a una assonnata Ragnhild dove si trovasse la sua
camera
da letto.
Con
movimenti
gentili, l’aveva quindi sistemata tra le coltri e, con un
bacetto, l’aveva
lasciata al suo sonno.
Che
era perdurato per
tre interi giorni, intervallato solo da brevissimi – quanto
confusi – stati di
veglia, in cui Sthiggar l’aveva nutrita con pasti leggeri
prima di lasciare che
tornasse al suo sonno rigenerante.
Al
quarto giorno,
Ragnhild si era infine risvegliata, più riposata di quanto
non fosse giunta in
quella casa enorme e bellissima, ma anche affamata come poche altre
volte era
stata in vita sua.
Ritrovarsi
Sthiggar
al fianco, addormentato e meraviglioso, con il simbolo della Fiamma
Viva ben
evidente sulla sua ampia schiena, l’aveva resa felice, ma la
fame l’aveva
comunque strappata alle coltri, spingendola a cercare la cucina.
Avvolgendosi
nella
vestaglia del compagno – ben decisa a non svegliarlo
– si era quindi aggirata
per casa finché non aveva trovato uno dei domestici che,
gentilmente, l’aveva
accompagnata fino alle cucine, lasciandola nelle mani della cuoca.
Lì,
era stata servita
con frutta fresca, latte caldo e aromatizzato con una spezia che le
aveva
ricordato molto la cannella dopodiché, ormai stremata dalla
fame, si era
gettata su dei panini dolci appena sfornati, facendo la
felicità della
domestica.
Sthiggar
l’aveva
trovata ancora in cucina e, quando si era avvicinato per darle il
buongiorno,
lei lo aveva accolto con un abbraccio e un sorriso.
Da
quel primo
risveglio erano passati almeno dieci giorni, eppure ogni mattina si
sentiva
stranita, quasi le sembrasse tutto un sogno e avesse il timore di
risvegliarsi davvero da un momento
all’altro.
“Ancora
dubbiosa, lylyhan?”
mormorò Sthiggar,
sorprendendola con un bacio sul collo e chiamandola teneramente con il
suo
nuovo nomignolo; fiammella.
Sthigg
l’aveva presa
bonariamente in giro, rammentandole quanto lei
si fosse divertita – a suo tempo – chiamandolo
ironicamente stoppino, coniando
così per lei quello
sciocco, ma dolcissimo, nomignolo.
Lei
sorrise appena
nel volgersi verso Sthiggar e, lasciatasi avvolgere dal suo corpo nudo
e
bollente, mormorò di piacere un dolce buongiorno prima di
ammettere: “Ho sempre
il terrore di svegliarmi di nuovo a Luleå e di scoprire che,
non solo tu non ci
sei, ma che tutto questo non è mai avvenuto.”
“Posso
assicurarti
che è tutto vero, e passerò il resto dei miei
giorni a convicerti” le promise
lui, carezzandole teneramente il corpo prima di sussurrare:
“Voltati piano e
guarda verso il bosco.”
Ragnhild
lo
accontentò e, nel portarsi una mano dinanzi alla bocca per
non lanciare un
grido di pura meraviglia, fissò costernata la stupenda
creatura che stava
passeggiando al limitare della boscaglia, proprio vicino al muro di
cinta.
Quando
Ragnhild aveva
scoperto la presenza di quei fantastici animali, ne era rimasta
strabiliata,
perciò Sthiggar era stato felice di dirle che, nei pressi
della loro
abitazione, ne esisteva un intero branco.
Sollevandosi
piano in
ginocchio per meglio ammirarlo, Ragnhild sentì le lacrime
bagnarle gli occhi
per l’emozione così, nello scacciarle con
rapidità, mormorò: “Ripetimi ancora
il loro nome, per favore.”
“Ragnhild” sussurrò
lui, dandole un bacio sulla spalla per poi
imitarne la postura. “I destrieri di fiamma di sua
maestà il re. Guidano il
cocchio del sovrano, e le loro ali di fiamma illuminano i cieli, quando
li
solcano portando Surtr verso la battaglia.”
“Avviso.
Di
battaglia” gorgogliò lei, rammentando il
significato del proprio nome che, per
tanti anni, aveva detestato.
Sthiggar
le baciò la
carne tenera dietro l’orecchio proprio mentre il ragnhild all’esterno della
villa si involava leggiadro verso il
centro della foresta e, in un mormorio sensuale, asserì:
“Te l’avevo detto di
non denigrare il tuo nome, o sbaglio?”
“Già”
assentì lei,
sorridendogli prima di gettargli le braccia al collo e sbilanciarlo
fino a
farlo cadere tra le coltri calde e stropicciate.
Sthiggar
rise
divertito, la avvolse gambe e braccia con le proprie e
mormorò divertito:
“Ricordo un’altra volta, in cui ci siamo trovati in
una posizione simile, sai?”
Lei
sorrise
deliziata, annuì e disse: “Il nostro primo bacio.
Lo rammento bene.”
“E
ti andrebbe di
ricordare anche altri momenti?”
“Con
vero piacere…”
sussurrò lei, affondando nella sua bocca per un bacio pieno
di passione. “… ma
dovremo fare in fretta. Oggi c’è la
cerimonia.”
“Abbiamo
tutto il
tempo” gorgogliò lui, lasciando che loro auree si
fondessero tra loro.
***
Molte
ore dopo, e
dopo diversi tentativi di venire a patti con gli strani abiti da
cerimonia che
il sarto della regina Ilya aveva personalmente confezionato per loro,
Ragnhild
lanciò un’occhiata alla se stessa riflessa nello
specchio.
Indossava
non meno di
quattro strati di abiti e armi, se non contava i confortevoli
– anche se strani
– indumenti intimi in seta scura che la regina aveva
commissionato per lei.
Una
leggera gonna a
balze color canna di fucile era stata abbinata a una camiciola rosso
fuoco, legata
sui fianchi da esili nastri ricamati in oro. Ragnhild ne aveva riso un
po’; che
senso aveva ricamarli, visto che sarebbero stati nascosti dal resto
degli abiti?
Quanto,
però,
Sthiggar le aveva spiegato che i ricami erano intessuti di magia
protettiva, la
giovane lasciò perdere qualsiasi altro commento per
continuare a indossare il
suo complesso abito da cerimonia.
Un
sopratunica
smanicato di un tono più scuro di rosso le era stato
sistemato sulle spalle,
mentre una leggera cotta di maglie in oro brunito le era stata posta
sul torace
per essere poi fissata sui fianchi e le spalle tramite stringhe di
cuoio
morbidissimo.
Alla
cotta di maglie
era stata affiancata una lunga e leggera spada dall’elsa
filigranata in oro e intrisa
di microscopici rubini, inserita in un elegante fodero di pelle bianca,
su cui
era stato ricamato il simbolo della Spada Fiammeggiante.
A
tutto ciò, infine,
era stata aggiunta una tunica nera a ricami d’oro sulla
schiena, in tutto
simile a quella che indossava Sthiggar, e che rappresentava la loro
unicità di
Elsa e Lama.
Non
ancora del tutto
convinta, si mosse dubbiosa di fronte allo specchio per osservare le
ampie
maniche della tunica che, leggere, galleggiavano nell’aria a
ogni suo
movimento, prima di domandare al compagno: “Sei sicuro che
sia giusto che io
indossi un’armatura, pur non essendo un soldato?”
“Tuo
malgrado, lo
diventerai. Yothan ha già fatto sapere che ci
prenderà come suoi allievi
personali, perciò mettiti il cuore in pace. Stai solo
anticipando di qualche
decennio ciò che avverrà in futuro” le
ricordò lui, vedendola storcere il naso
in risposta.
“Mi
sembra comunque
di rubare”
sottolineò lei, tastando
con un dito la cotta di maglie che, per quanto pesante, era davvero ben
confezionata.
Sapeva
che era un
indumento cerimoniale, più che un vero oggetto di guerra
– l’oro non era un
materiale resistente, e sarebbe stato disastroso combattere con una
simile
cotta di maglie – ma non le sembrava comunque giusto
indossarlo.
“Te
la sei meritata
sul campo, e nessuno avrà da ridire sull’armatura
da cerimonia da Fiamma
Purpurea che hai indosso” replicò lui,
sistemandosi l’orlo della tunica prima
di afferrare l’elmo con il pennacchio che Ragnhild aveva
scorto, mesi addietro,
nei suoi sogni.
Contrariamente
a lei,
Sthiggar indossava un’armatura più complessa,
comleta di schinieri, bracciali,
pettorale e, per l’appunto, elmo, ma anch’egli
indossava una tunica identica
alla sua, oltre a pesanti medaglioni e nappe colorate.
Ciò
che vedeva era
esattamente lo spettro di quello che aveva visto nella sua
visione/sogno di
qualche tempo addietro, solo che ora anche
lei indossava quelle vesti, ed era a pieno titolo una muspell
come l’uomo
che amava.
Era
strano pensare ai
percorsi così differenti che avevano avuto nelle loro vite e
al fatto che,
nonostante la distanza che li aveva separati alla nascita –
sia temporale che
fisica – loro erano comunque riusciti a incontrarsi e a far
risvegliare la Spada
Fiammeggiante.
Non
voleva dare il
merito al Destino del loro amore, perché era più
che certa che alcune cose –
almeno quelle – fossero ancora nelle loro mani, ma il fatto
di essere destinata
a divenire lo specchio di Sthiggar, la sorprendeva ancora.
Lei
e lui erano le
due parti di un Tutto, Elsa e Lama della Spada Fiammeggiante,
l’arma più
potente e temuta dei Nove Regni – ops, Otto – e,
per quanto si sentisse ancora
inadeguata a ricoprire quel ruolo, aveva dato mostra di sapere il fatto
suo.
“Tranquilla,
fanciulla. Avrai al
tuo fianco ottimi maestri, e confido che Sthiggar sia maturato
abbastanza per
esserti di aiuto, finalmente in grado di dimostrare l’amore
che ha dentro”
mormorò dentro di lei Sól.
La
giovane sorrise
nell’udire la voce della dea – da quando
l’avevano incontrata nei pressi di
Yggdrasil, spesso la sua presenza sicura e protettiva l’aveva
accompagnata per
mano – e, annuendo tra sé, replicò: “Mi
fido di loro. Soltanto, è strano poter dire di essere
felice.”
“Ci
si abitua anche alla felicità…
ma non permettere che ti venga a noia.”
“Dubito
succederà”
replicò sicura Ragnhild, prendendo
per mano Sthiggar per poi uscire dalle loro stanze.
Ad
attenderli nel
salone trovarono Snorri, abbigliato coi paramenti di Gran Sacerdote e,
quand’anche Thrym e Flyka li raggiunsero – in abiti
civili, ma sempre
abbigliati dal sarto reale – Sthiggar prese un gran respiro e
disse: “E’ ora di
andare.”
“Vedi
di non
cacciarci nei guai, guidando il cocchio reale” gli
strizzò l’occhio Thrym, facendolo
scoppiare a ridere.
“Ormai
ho capito come
evitare i casini, credimi, e ho chi mi fa buona guardia”
replicò Sthiggar,
ammiccando a una sorridente Ragnhild.
In
buon ordine, il
gruppo si spostò quindi nel cortile antistante la villa e,
da lì, poterono scorgere
i lavori di rigoverno della città e i segni ancora
inequivocabili della
battaglia avvenuta un paio di settimane addietro.
Hindarall
avrebbe
portato ancora a lungo le ferite di quell’assalto,
così come i suoi abitanti,
ma i muspell erano abbastanza forti e resilienti per resistere anche a
quello
scorno.
Si
sarebbero rialzati
ancora una volta, più forti di prima e, stavolta, a
governarli sarebbe stata
solo la mano forte e sicura del re, non più frenata
– o deviata – dagli istinti
corrotti dei traditori che avevano tentato di minarne il potere.
Elevatisi
sulla città
con il cocchio offerto loro dal sovrano, il gruppo raggiunse quindi la
reggia
senza perdere altro tempo e, quando infine gli zoccoli dei ragnhild si poggiarono sul pavimento del
cortile antistante il
palazzo, Sthiggar sorrise.
Lì,
radunati in
schiere ordinate, le Fiamme del re attendevano solo il loro arrivo e,
sul palco
predisposto innanzi alle immense porte del maniero, i reali attendevano
ritti e
immobili, in attesa che loro li raggiungessero.
Guidati
da Snorri,
che apriva la fila, Sthiggar, Ragnhild, Thrym e Flyka oltrepassarono
due ali di
Fiamme in alta uniforme e, quando sfilarono dinanzi a Hildur, lei
strizzò
l’occhio al cugino prima di vederli passare con passo sicuro.
Raggiunto
infine il
palco, Snorri ne salì gli scalini ricoperti da un pesante
tappeto rosso e nero,
mentre il resto del gruppo si inginocchiò ossequioso alla
presenza di Surtr e
della regina Ilya.
Dopo
essersi
sistemato al fianco della sovrana, il Gran Sacerdote sorrise al re,
dando così
ufficialmente inizio alla Cerimonia di Investitura.
Surtr
non si fece
certo attendere e, con voce tonante, rammentò ai presenti le
gesta dei
celebrati, sottolineando come la venuta della Spada Fiammeggiante fosse
un
orgoglio che tutto Muspellheimr doveva festeggiare.
In
privato, stavolta,
senza invitati esterni e con i cancelli di Bifrost ben chiusi. Giusto
per
evitare guai.
Questa
precisazione
fece sorgere diverse risatine a stento controllate, ma Surtr non si
scompose,
né se la prese. Aveva anzi sperato
che le Fiamme reagissero così.
Vi
erano stati troppi
caduti, troppi tradimenti e troppi voltafaccia, anche tra le file
dell’esercito,
e il cuore di ognuno di loro aveva sofferto e stava ancora soffrendo
per quanto
accaduto. Era perciò necessario che anche
la gioia tornasse a far parte delle loro vite.
Stringendo
quindi per
un momento la mano di Ilya, che aveva pianto per giorni la morte del
fratello,
essendo stata lei stessa l’artefice della sua fine, il
sovrano le consegnò la
scatola contenente le medaglie da designare ai celebrati.
La
regina, a quel
punto, discese dal palco e, dopo aver nominato uno a uno coloro che si
erano
distinti durante la battaglia di Hindarall, permise loro di sollevarsi
in piedi
e mise al collo di ognuno la medaglia per i servigi resi.
A
questo, seguì un
bacio sulla guancia in segno di ringraziamento.
Con
Sthiggar, però,
Ilya ruppe il protocollo e, strettolo in un abbraccio, gli
mormorò un grazie di puro cuore e Ragnhild, al
suo fianco,
sorrise ironica e sussurrò:
“Raccomandato.”
Sthiggar
rise di
quella battuta e Ilya, nello strizzare l’occhio alla giovane,
replicò: “Lo so,
sono di parte.”
Ciò
detto, tornò sul
palco assieme al marito – che stava sogghignando divertito
– e decretò il
termine ufficiale della premiazione per permettere ai presenti di
rompere le
righe.
Vi
sarebbero stati
momenti meno felici, nel futuro, una volta che anche i più
sperduti traditori
del regno fossero stati trovati e condotti a palazzo per una degna
punzione, ma
non era questo il giorno in cui pensarci.
Osservando
come gli
amici di Sthiggar stringevano le mani dell’amico, o si
complimentavano con
Ragnhild per il successo del loro arrivo a Muspellheimr in grande
stile, Surtr
sorrise soddisfatto.
Era
vitale che la
Spada Fiammeggiante fosse ben voluta, poiché molta della sua
forza dipendeva
dall’animo di coloro che la componevano.
Un
tempo, Sthiggar
non sarebbe mai stato in grado di padroneggiare un simile potere, e
neppure la
stessa Ragnhild ne avrebbe avuto la forza o la determinazione ma,
assieme,
creavano un Unico indissolubile. Una Leggenda divenuta reale,
un’arma dalle
inimmaginabili potenzialità ma, agli occhi di Surtr,
soprattutto due giovani
amanti che, insieme, avevano dimostrato di potersi riscattare dal loro
infelice
passato.
“Non
sono bellissimi,
insieme?” mormorò al suo fianco Ilya, stringendosi
al suo braccio.
Surtr
si limitò ad
assentire, sapendo di non poter mettere a parole le molteplici
motivazioni per
cui li trovava splendidi ma Ilya, ben conoscendo il marito, non si
aspettò una
risposta e aggiunse soltanto: “Sarà un peccato non
poterli avere qui con noi,
più avanti. Yothan ha detto che li addestrerà ben lontano dalla capitale.”
Il
re allora ghignò
all’indirizzo della sua regina e replicò:
“Ma non eri tu che ti esasperavi al
solo sentir nominare Sthiggar, quando ce lo portavano qui?”
La
regina fece finta
di non capire, limitandosi a replicare: “Ti sbagli con
qualcun altro. Io ho
sempre adorato quel ragazzo.”
Surtr
allora rise,
ammiccò a un orgoglioso Snorri e celiò:
“Forse mi confondo con qualcun altro,
vero amico mio?”
“Può
essere, Sire.
Può essere” ammiccò Snorri.
N.d.A.: qui terminano
gli eventi di Muspellheimr e, con l’epilogo della settimana
prossima, metterò la parola "Fine" su questa
storia. Non so se altre ne verranno, o se mi concentrerò
solo su storie brevi
od OS. Tutto dipenderà da cosa mi dirà la testa.
Per ora, vi ringrazio e vi
attendo per i saluti finali.