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Autore: Jeremymarsh    08/11/2022    4 recensioni
[Modern!AU] [TogaIza]
Da quando è andata via di casa, la timida e insicura Izayoi è riuscita a sentirsi indipendente e soddisfatta di sé per la prima volta. Da allora è stato un continuo mettersi alla prova, ma cosa accadrebbe se la vita la ponesse di fronte a un ostacolo che non è ancora pronta ad affrontare?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, izayoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ai ai gasa


 

L’aver vissuto sotto una campana di vetro fino al raggiungimento dell’età adulta aveva reso Izayoi una persona molto timida e insicura e questo, di conseguenza, le aveva spesso impedito di cogliere l’attimo, lasciandola con appena una manciata di momenti veramente felici e tanti rimorsi. A un certo punto, però, aveva raggiunto il limite, soprattutto a causa dell’ennesima crepa sul suo cuore ancora ingenuo, e quella volta aveva saputo sfruttare l’occasione per lasciarsi tutto alle spalle, soprattutto i genitori opprimenti che le avevano finora impedito di prendere le proprie decisioni.

Ci aveva guadagnato libertà e tanti errori.

Lei, però, di quegli errori andava fiera: attraverso essi aveva scoperto se stessa, il mondo e rafforzato il proprio animo. Oggi, qualche anno dopo, le piaceva pensare di essere indipendente, un po’ più sicura e anche impulsiva quando la situazione lo richiedeva.

Quindi, quando quella mattina il demone che osservava da qualche settimana le sorrise incoraggiante, non si fece prendere alla sprovvista né scappò come avrebbe fatto una volta. Certo, le sue guance divennero immediatamente scarlatte e distolse lo sguardo imbarazzata, ma rimase lì, a pochi metri, tanto da poter sentire il suo sguardo caldo sulla schiena fino a che non giunse l’autobus che entrambi aspettavano. O aveva reagito in quel modo perché aveva compreso di essere stato scoperta? Dopo tutto, non era stata così scaltra e quel poco che aveva imparato, rifletté, forse non era abbastanza per eludere un demone come lui.

Izayoi lo aveva visto per la prima volta tempo prima.

Conosceva tutti coloro che aspettavano il 114 delle 7.15, anche solo di vista, perché abitava in quel quartiere da ormai tre anni e non avendo un’auto era il mezzo più comodo e veloce per raggiungere lo studio dentistico dove lavorava come segretaria. Di conseguenza, non sfuggiva mai alla sua attenzione quando un volto nuovo si aggiungeva. Ma a voler essere sincera non era la novità che rappresentava ad aver attirato Izayoi quando lo aveva visto.

Lo avrebbe notato anche in mezzo alla folla e, anche allora, non sarebbe riuscita a togliergli gli occhi da dosso.

Era incantata dai suoi lunghi capelli color argento, dai marchi blu sul viso e dal singolare colore dei suoi occhi. Più di una volta si era chiesta cosa avrebbe provato a specchiarsi in essi, se l’avessero guardata, e ora che era successo – anche solo per un’istante – era sicura che avrebbe potuto perdersi in essi, così intensi da non lasciarle quasi la possibilità di distogliere i propri. Era certa che se avesse voluto, il demone avrebbe potuto tenerla prigioniera per sempre solo con lo sguardo e che se era riuscita ora a sfuggirgli era per scelta sua.

No, non l’aveva mai spaventata il fatto che fosse un demone – perché era impossibile non riconoscerlo come tale – né che qualche anziana che l’aveva sempre salutata la mattina aveva smesso da quando si era rifiutata di stargli alla larga come ogni altra persona in quello spazio così ristretto. Perché avrebbe dovuto poi? Lei non era mai stata razzista come i suoi genitori e gran parte degli umani in quella regione e in più, non aveva alcun interesse a rimanere stretta come una sardina prima ancora di salire sul mezzo già stracolmo quando raggiungeva la loro fermata. Quindi, per come la vedeva lei, era solo un grande guadagno.

Poteva osservare l’uomo di cui si era infatuata ogni giorno e, allo stesso tempo, respirare liberamente prima che la sua giornata frenetica cominciasse.

Lo aveva fatto ogni giorno, qualche volta si era lasciata andare a qualche sospiro mentre altre mattine si era data dei piccoli discorsi incoraggianti allo specchio prima di scendere. Eppure, non era ancora riuscita ad approcciarlo.

Era cresciuta molto e non era più così ingenua, ma non aveva la forza richiesta per fare quel passo. Quel pensiero in parte la rattristava perché, si diceva, a cosa erano serviti quei cambiamenti se non era in grado di fare quello che una normalissima adolescente avrebbe compiuto a occhi chiusi? D’altra parte, invece, utilizzava quella sconfitta come pretesto a osare ancora.

Peccato solo che i giorni passavano e ora lui le aveva fatto chiaramente capire che i suoi sguardi interessati non gli erano sfuggiti.

Raggiunta la sua fermata e pochi secondi prima di scendere, gli lanciò un’ultima occhiata con la coda dell’occhio, ma come se l’avesse osservata per tutto quel tempo, lui ammiccò in risposta e poi rise quando lei arrossì di nuovo – ancora più di prima. Scese quindi di corsa, urtando più di una persona, e poi svoltò l’angolo per lasciare il mezzo dietro di sé. Quando si fermò aveva il fiatone, il cuore le batteva all’impazzata e le guance ancora le scottavano.

Si portò una mano sulla parte alta del petto e tentò di riflettere sull’intero evento.

Aveva forse voluto prendersi gioco di lei? Ma il sorriso che le aveva rivolto sulla banchina le era sembrato così sincero. Di contro, però, non che lei avesse così tanta esperienza da poterne essere certa. E soprattutto, come avrebbe potuto affrontarlo il giorno seguente e quello dopo ancora? La determinazione sembrava scivolarle via dalle dita man mano che quei pensieri le occupavano la mente.

E se, invece, lui avesse agito perché si era stancato di aspettare lei? Dopo tutto, se si era accorto dei suoi sguardi doveva aveva averlo fatto da tempo. Izayoi si rifiutava di credere che il demone avesse impiegato tanto per accorgersi dell’attenzione che stava ricevendo quindi doveva aver aspettato qualche altro segno da parte sua. Dopo tutto, l’aveva già detto che l’essere incospicua non era proprio un suo forte; scommetteva che l’anziana signora aveva smesso di salutarla perché si era accorta dei suoi sospiri languidi, in realtà. In questo caso, dunque, doveva trovarla quanto meno interessante, vero?

Ma a quale parte doveva credere?

Appena fuori dallo studio, Izayoi si bloccò e osservò il proprio riflesso nella porta di vetro ed ebbe la risposta.

Non avrebbe fatto passi indietro. Ammettere che il demone si stesse prendendo gioco della ragazzina ingenua che era stata un tempo voleva dire tornare ad esserlo per davvero e gettare alle ortiche ogni progresso. E lei non aveva intenzione di tornare a quella realtà. Se invece avesse osato sperare e la sua si fosse rivelata un’illusione avrebbe imparato ancora dal suo errore, ma non avrebbe accumulato un altro rimorso. Sarebbe stata soddisfatta per aver tentato – e avrebbe cominciato a unirsi alle altre sardine sulla banchina, giusto perché avere il coraggio di affrontarlo dopo un rifiuto non era ancora nelle sue magre capacità. Un passo alla volta, insomma.

Quindi, il giorno dopo lo avrebbe fatto davvero, gli avrebbe parlato e al diavolo tutti! Al diavolo al razzismo, la campana di vetro e la persona debole che era stata.

Nonostante tutti quei buoni propositi, comunque, Izayoi fece fatica a concentrarsi durante tutto il giorno. Davanti a sé riusciva a vedere solo un paio di occhi dorati così intensi da non sembrare veri.

 

*** 

 

Izayoi sospirò mentre si alzava quella mattina, ascoltando il rumore della pioggia che batteva prepotente sui vetri della sua camera da letto al terzo piano. Per lo meno il tempo avrebbe potuto darle un po’ di tregua; di certo quello non era un buon presagio.

Non voleva utilizzare il maltempo come scusa per rimandare – ancora una volta –, ma la parte razionale di sé sapeva che aspettare l’autobus durante un giorno di pioggia era un disagio non indifferente.

Scoraggiata, cominciò la sua routine con ancora più fretta del solito perché era sua buona abitudine in giornate come quelle arrivare prima e guadagnarsi uno dei pochi agognati posti al riparo. Magari avrebbe avuto un colpo di fortuna e lui sarebbe arrivato ugualmente in anticipo. Ci sperò, ma quando giunse alla fermata l’unica altra persona presente era l’anziana che le lanciò un’occhiata arcigna a mo’ di buongiorno. In risposta, Izayoi scosse la testa e si accasciò sulla panchina dopo aver controllato che non fosse bagnata.

Dopo venti minuti di lui ancora nessuna traccia e Izayoi stava cominciando a preoccuparsi sul serio; sarebbe stata proprio sfortuna se la prima volta in cui era davvero determinata lui non si fosse presentato. Che il fato avesse letto la paura nel suo cuore e l’avesse reputata ancora troppo debole? O lui aveva deciso di cambiare tragitto essendosi scocciato dei suoi sguardi invadenti? Qualunque fosse la risposta, la nonnina le aveva già dato tre gomitate perché continuava a sporgersi nella direzione da cui di solito lui veniva sperando di vederlo spuntare. Era sul punto di dirgliene quattro; e al diavolo anche le buone maniere!

Si alzò, scocciata, offrì il proprio posto a una madre con il figlio e prese l’ombrello dalla borsa per ripararsi alla bell’è meglio. Fu allora che lo vide.

Aveva corso fino a quel momento così velocemente che Izayoi si era accorto di lui solo quando si era fermato, scuotendo prima la testa notando le persone più ammassate del solito e poi l’intero corpo, quasi come un cane, per liberarsi dell’accesso di acqua che aveva accumulato sui vestiti e sui capelli. Lei si chiese a cosa gli sarebbe servito se, stando sotto la pioggia, a breve sarebbe stato punto e a capo.

Il destino scelse quell'istante per mandarle il giusto segnale.

Lei era coraggiosa, no? E che le importava di qualche abito bagnato? A lavoro avrebbe trovato una scusa e, inoltre, si sarebbe bagnata anche se fosse rimasta lì immobile.

Risoluta, fece un passo avanti e poi un altro, fino a quando non ebbe lasciato le persone ammassate su quell’angolo del marciapede. A quel punto anche lui, che si era guardato finora intorno come alla ricerca di qualcosa – o forse qualcuno? – la vide e sgranò gli occhi. Si raddrizzò e continuò a guardarla, e per quanto quegli occhi aumentassero la pressione, allo stesso tempo le davano una carica in più. Era come se la stessero incoraggiando dicendole che ce l’aveva quasi fatta; un altro passo e si sarebbe sentita felice e appagata con se stessa per l’obiettivo raggiunto.

Infine, giunse di fronte a lui e senza dire una parola manovrò l’ombrello in modo tale che coprisse entrambi. Lo guardò come a chiedergli se quella posizione così innocente e pure intima le creasse fastidio e quando lui scosse la testa guardò dritto davanti a sé, sorridendo più a se stessa che a lui. E non poteva vederlo, ma lui il sorriso di lui si fece ancora più ampio e una luce nuova toccò i suoi occhi dorati, fiera e divertita allo stesso tempo.

Poi, ugualmente silenzioso, alzò la mano per coprire quella di Izayoi che manteneva l’ombrello e la lasciò lì. Entrambi seppero subito che se lei rabbrividì fu per la sensazione che il contatto mandò in tutto il suo corpo e non per un soffio di vento.

E poi capì: per quel giorno Izayoi aveva tutto ciò che desiderava e se gli Dei si fossero rivelati magnanimi, lo avrebbe avuto anche domani – e il giorno dopo ancora. 

 

 




Ai ai gasa = letteralmente condividere un ombrello. In Giappone è considerato un gesto romantico. 
   
 
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