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Autore: LadyLisaLaurie    10/09/2009    0 recensioni
"Le mattine sono sempre un po’ noiose quando sei un vampiro in cerca di quel qualcosa di avventuroso che le scuota. Lei continua a camminare per la sua bella casa a specchi. "
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Carlisle Cullen, Esme Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Lasciala o parola mia ti stacco la testa a morsi!” Edward scattò davanti ad Harold ed Esme. Era pietrificata: Harold le stringeva il collo con una mano, mentre con l’altra le imprigionava i polsi.
Edward lo fissava con gli occhi iniettati di sangue, mentre Emmett già ruggiva pronto per lo scontro. Carlisle era arrivato poco dopo Emmett e guardava Esme intrappolata in quella morsa maligna.
“Non è carino? Sono venuti tutti a salvarti… una bella famigliola…” Harold indietreggiò e si rivolse a Carlisle “Cosa succederebbe se la portassi con me, fin giù di questo dirupo?” gli urlò
“Non lo farai mai… siamo più di te, non ci vorrà nulla ad accerchiarti”
“Deciso e sicuro… è questo che ti piace di lui?” si rivolse ad Esme che sembrava inorridita e spaventata allo stesso tempo. Annusò il profumo dei suoi capelli e le leccò la guancia.
Carlisle ruggì forte.
“Umani…” urlò Alice, ebbe la visione di esseri umani che si avvicinavano ai territori di caccia dei boschi, esattamente dov’erano loro. Edward approfittò della distrazione di tutti e saltò addosso ad Harold, spingendolo oltre la soglia della scogliera, ma non cadde. Emmett prontamente lo afferrò per un braccio, scaraventandolo dalla parte opposta contro un albero.
Carlisle si lanciò a prendere Esme prima che potesse scivolare e cadere. La prese tra le braccia, come un casquet che concludeva il giro di pista.
“Carlisle come…” Esme era esterrefatta ma al tempo stesso felice di quel salvataggio, come in un film, il suo principe azzurro era corso sul suo cavallo per salvarla.
“Il tuo profumo è inconfondibile per me!” per pochi istanti, eterni ed interminabili si fissarono negli occhi. Nulla di ciò che c’era intorno aveva una qualche influenza. Per quanto Esme sapesse che nel suo salvataggio erano implicati tutti, solo in quegli occhi si sentiva grata di vedere riflessi i suoi.
Il ruggito di Emmett li destò dal loro incanto.
“No!” urlò Carlisle “Portate via Esme…”
“Carlisle ma…”
“Edward… è la mia battaglia! Va figliolo…” gli posò una mano sulla spalla e si avvicinò al suo orecchio “Non stare in ascolto figlio mio…”

Carlisle svanì tra gli alberi insieme ad Harold. Gli avevano legato i polsi con una corda, ben consci che sarebbe servito davvero a poco, ma era meglio di niente.
“Che scena toccante…” disse Harold mentre camminavano “Papino che manda via la sua famigliola…”
Carlisle non reagì “Sarebbe stato interessante confrontarmi con loro” ancora nulla “Quella che urlava era davvero un bel bocconcino” d’improvviso si fermarono. Carlisle non si voltò, sapeva che erano tutte provocazioni, cercava un pretesto perché lasciasse quella corda, così da potersi liberare.
Arrivarono in una grande radura, poco vicino alle montagne: Carlisle lo spinse con le spalle al muro.
“Ahaha ehi grande uomo, vuoi forse picchiarmi? Sono più veloce di te…” vide che ancora Carlisle manteneva il suo contegno “La tua signora lo sa bene quanto sono veloce…” lo sentì finalmente ruggire come voleva, era il suo tasto dolente. Carlisle lo prese per la giacca spingendolo con violenza contro le rocce che iniziarono a sgretolarsi. “Ehehe questo è il gioco pesante che mi piace”.
Harold capì che da Carlisle non avrebbe cavato una parola, ma del resto non era suo interesse intavolare un discorso, ciò che cercava era l’azione e in Esme aveva trovato la via diretta per ciò. Carlisle lo lasciò, non era intenzionato a battersi, non era nel suo stile, ma Harold non demorse.
“E’ come l’ho sempre ricordata… lo stesso profumo sensuale… la stessa pelle delicata… il suo collo sembrava che pulsasse davvero… quando l’ho sfiorato, quando ho sentito il profumo dei suoi meravigliosi capelli morbidi…” Carlisle gli voltava le spalle e stringeva il pugno forte per controllarsi.
Harold era proprio alle sue spalle e gli sussurrava nell’orecchio “Avresti dovuto sentire la vibrazione quando ho sfiorato le sue cosce e…”
“Hai perso quell’unica occasione per tacere…” si voltò di scatto, con gli occhi iniettati di rabbia e la mano che prima chiudeva a pugno ora stringeva il collo di Harold e lo spingeva contro quelle rocce che stavano cedendo ad ogni pressione sempre più violenta.
Harold forse aveva contato nelle sue capacità di prevedere la mossa dell’avversario, nei suoi secoli da vampiro, non era mai stato catturato nella morsa così come Carlisle nei suoi trecento, si era sempre rifiutato di arrivare al punto di combattimento. Per temperamento era un vampiro saggio e “pacifista”, ma quelle parole entrarono come lame nella sua testa: Esme, la sua Esme, trattata come uno scarto o una prostituta.
“Adesso ti senti anche tu così vero? Catturato dai pensieri di odio…” Harold attirò la sua attenzione
“Cosa intendi?”
“Tu sai bene chi sono io…”
“Sì!”
“E’ per questo che non sai uccidermi… lo avresti già fatto altrimenti..” Carlisle ripercorse indietro il suo ricordo.

“Mia figlia… mia figlia è caduta dottore”
“Ora vediamo signora, non tema”
Mi fulminò con lo sguardo, quei bellissimi occhi così indifesi e doloranti, mi rapirono completamente. Quanto fu difficile concentrarmi sulla sua gamba. Era rotta e appena la sfiorai ebbe l’impulso di ritrarla e il dolore divenne agonizzante in lei. Avrei voluto stringerla e rassicurarla che tutto sarebbe andato per il meglio, ma non avrei potuto. Il mio corpo non riscaldava neanche i miei pensieri.
Le fasciai la ferita, cercando di rassicurarla con le mie parole, era così incredibilmente bella. Quel suo dolore mi dava delle vibrazioni che non avrei mai immaginato di poter provare come vampiro. L’odore della sua pelle mi fece perdere il controllo di me stesso. Nessuna creatura umana aveva mai avuto un tale potere su di me, fui spaventato dal mio stesso essere. Temevo di non poterle resistere.

“Impossibile dimenticarlo vero?” Carlisle gli strinse di nuovo la mano intorno al collo cercando di ritornare al suo pensiero.

Quando terminai con lei corsi nel mio studio e chiusi la porta alle mie spalle. Dovevo smorzare quella sensazione, l’incredibile sensazione di piacere che il suo profumo aveva scatenato.
Sentii un fruscio dietro la finestra, guardai ma non c’era nessuno. Eppure ero certo di cosa avevo sentito, i miei sensi erano maggiorati da quando ero un vampiro. Era come se qualcuno mi stesse spiando, ma non ne capivo il motivo.
Cercai di togliermi dalla testa quella ragazza, mi ero votato al ‘vegetarianismo’ non le avrei mai fatto del male, il mio compito era curare chi soffriva non causargli ulteriore sofferenza. Non fu difficile quanto pensassi “dimenticarmi” di lei, per quanto le notti e i giorni in cui il lavoro non era il mio hobby, la mia mente vagava alla ricerca di quegli occhi.
Non avrei mai pensato che 10 anni dopo avrebbe sconvolto il mio mondo. Arrivò in ospedale, in fin di vita. C’era un uomo accanto a lei, alto, bruno, carnagione chiarissima. Lo riconobbi subito: un vampiro!

“Allora sai che sono sempre stato con lei!”
“Tu l’amavi vero?” chiese Carlisle
“Ne avevo fatto la mia compagna di vita…”
“E io te l’ho portata via..” nel suo tono c’era quasi rammarico. Sapeva che Harold l’aveva amata, forse non quanto lui, ma aveva scelto di farne la sua compagna e Carlisle, sfidando ogni legge e regola del suo mondo, gliel’aveva sottratta. Anche tra i vampiri esisteva un ordine gerarchico da rispettare, come i comandamenti divini, non era possibile desiderare la compagna di un altro e Carlisle sapeva che Harold aveva scelto Esme, eppure…

“Non è un buon posto questo per cercare il tuo cibo” gli ringhiai appena perché fosse chiaro chi era il capo del territorio. Non mi disse nulla e svanì lasciando la giovane alle mie cure. La riconobbi subito: il meraviglioso angelo che avevo sognato per dieci anni da quel primo incontro, giaceva su un lettino in fin di vita e io potevo fare solo una cosa. Era troppo debole per sentirmi, decisi io per lei. Le misi una mano sulle morbide labbra, rovinate dai segni di una caduta mortale e la morsi sul collo. Quando il veleno sarebbe entrato in circolo avrebbe potuto gridare. Era ciò che mi aspettavo eppure… non accadde. Lei si strinse al mio corpo, assecondò il mio bacio mortale, e le sue mani strinsero le mie spalle prima delicatamente e poi con forza, pian piano che il veleno entrava in circolo. Era nata… una creatura, una come me… una come mio figlio… eppure lei era la più bella di tutte.

Era come se Harold leggesse i pensieri di Carlisle, i suoi ricordi, perché in realtà il ricordo era unico, uguale per entrambi, lo leggeva nei suoi occhi.
“Tu hai voluto dimenticare, te lo sei imposto… perché sai qual è la legge per chi non rispetta le regole… la tua punizione…”
“Una morte in solitudine, tormentato dal suono dei suoi silenzi…”
“Tu hai avuto molto più di quanto meritassi, lo hai rubato. Per ogni essere vivente che hai preso, c’era qualcun altro al suo posto…”
“Ma Esme lei…” cercava giustificazioni al suo agire
“Lei era mia… tu me l’hai rubata…”
Carlisle ruggì verso Harold “L’ho salvata dal suo destino, dal tuo destino. Le ho dato il rispetto di una vita di amore, di una famiglia. L’ho amata e sarà così per sempre…”
“Non avrai un per sempre… sono venuto a riprendermi il mio. A darti il ben servito… a prendermi la mia Esme”. Carlisle mise da parte il dottor Cullen, quello comprensivo, ragionevole che voleva sempre mettere in pace tutto e tutti. Lo mise da parte per la sua natura più nascosta, quella che aveva combattuto per secoli: la rabbia assunse un colore giallastro nei suoi occhi, risplendendo al buio del crepuscolo che si faceva avanti. Le sue fauci si spalancarono in un sonoro ruggito, che dall’altra parte della foresta udirono tutti, e gli umani credettero si trattasse di un orso molto grosso. Tra di loro c’era chi sapeva la vera natura di quel ruggito, ma preferì tacere.
Si avventò su Harold, che sperava di poter essere tanto veloce da sfuggirgli, ma così non fu. Gli saltò addosso atterrandolo, con le ginocchia sul suo petto…
Non aveva mai assaggiato il sangue di un suo simile. Il primo istinto fu di sputarlo, come se il veleno potesse entrare nel suo corpo, ma la foga di sfinirlo non gli diede tregua. Carlisle sapeva che il suo pentimento sarebbe durato in eterno, ma come aveva fatto in passato, proteggeva ancora la sua famiglia, o forse, molto più egoisticamente, il suo amore. Per Esme avrebbe ucciso un’intera specie di umani e vampiri, pur di averla sempre al suo fianco.
Scivolò accanto al corpo “esanime” del suo avversario, lo squarcio alla gola era ancora visibile, sembrava il morso di un animale selvatico. La razionalità entrò di nuovo in circolo nei suoi pensieri e mentre il sangue colava dalla sua bocca, iniziò a soffocare i singhiozzi di un pianto inesistente, ma che il suo cuore e il suo respiro, fermi ormai da secoli, percepivano come molto pressante. Sapeva che un gruppo di uomini sarebbe andato a cercare, sapeva che Edward probabilmente aveva sentito i loro pensieri, o che Alice avesse visto qualcosa, ma confidava nella loro riservatezza a tacere tutto quello. Ma ancora di più, sapeva che avrebbero trovato il corpo del giovane lupo morto e che la colpa sarebbe ricaduta sui Freddi. Dovevano di nuovo trasferirsi, salvare la famiglia. Si mise a pensare, attese che qualcuno inciampasse nei suoi pensieri per aiutarlo a capire, qualcuno come il dottor Cullen


  
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