“Lasciala o parola mia ti
stacco la testa a morsi!” Edward
scattò davanti ad Harold ed Esme. Era pietrificata: Harold
le stringeva il
collo con una mano, mentre con l’altra le imprigionava i
polsi.
Edward lo fissava con gli occhi iniettati di sangue, mentre Emmett
già ruggiva
pronto per lo scontro. Carlisle era arrivato poco dopo Emmett e
guardava Esme
intrappolata in quella morsa maligna.
“Non è carino? Sono venuti tutti a
salvarti… una bella famigliola…” Harold
indietreggiò e si rivolse a Carlisle “Cosa
succederebbe se la portassi con me,
fin giù di questo dirupo?” gli urlò
“Non lo farai mai… siamo più di te, non
ci vorrà nulla ad accerchiarti”
“Deciso e sicuro… è questo che ti piace
di lui?” si rivolse ad Esme che
sembrava inorridita e spaventata allo stesso tempo. Annusò
il profumo dei suoi
capelli e le leccò la guancia.
Carlisle ruggì forte.
“Umani…” urlò Alice, ebbe la
visione di esseri umani che si avvicinavano ai
territori di caccia dei boschi, esattamente dov’erano loro.
Edward approfittò
della distrazione di tutti e saltò addosso ad Harold,
spingendolo oltre la
soglia della scogliera, ma non cadde. Emmett prontamente lo
afferrò per un
braccio, scaraventandolo dalla parte opposta contro un albero.
Carlisle si lanciò a prendere Esme prima che potesse
scivolare e cadere. La
prese tra le braccia, come un casquet
che concludeva il giro di pista.
“Carlisle come…” Esme era esterrefatta
ma al tempo stesso felice di quel
salvataggio, come in un film, il suo principe azzurro era corso sul suo
cavallo
per salvarla.
“Il tuo profumo è inconfondibile per
me!” per pochi istanti, eterni ed
interminabili si fissarono negli occhi. Nulla di ciò che
c’era intorno aveva
una qualche influenza. Per quanto Esme sapesse che nel suo salvataggio
erano
implicati tutti, solo in quegli occhi si sentiva grata di vedere
riflessi i
suoi.
Il ruggito di Emmett li destò dal loro incanto.
“No!” urlò Carlisle “Portate
via Esme…”
“Carlisle ma…”
“Edward… è la mia battaglia! Va figliolo…”
gli posò una mano sulla spalla e si avvicinò al
suo orecchio “Non stare in
ascolto figlio mio…”
Carlisle svanì tra gli
alberi insieme ad Harold. Gli avevano
legato i polsi con una corda, ben consci che sarebbe servito davvero a
poco, ma
era meglio di niente.
“Che scena toccante…” disse Harold
mentre camminavano “Papino che manda via la
sua famigliola…”
Carlisle non reagì “Sarebbe stato interessante
confrontarmi con loro” ancora
nulla “Quella che urlava era davvero un bel
bocconcino” d’improvviso si
fermarono. Carlisle non si voltò, sapeva che erano tutte
provocazioni, cercava
un pretesto perché lasciasse quella corda, così
da potersi liberare.
Arrivarono in una grande radura, poco vicino alle montagne: Carlisle lo
spinse
con le spalle al muro.
“Ahaha ehi grande uomo, vuoi forse picchiarmi? Sono
più veloce di te…” vide che
ancora Carlisle manteneva il suo contegno “La tua signora lo
sa bene quanto
sono veloce…” lo sentì finalmente
ruggire come voleva, era il suo tasto
dolente. Carlisle lo prese per la giacca spingendolo con violenza
contro le
rocce che iniziarono a sgretolarsi. “Ehehe questo
è il gioco pesante che mi
piace”.
Harold capì che da Carlisle non avrebbe cavato una parola,
ma del resto non era
suo interesse intavolare un discorso, ciò che cercava era
l’azione e in Esme
aveva trovato la via diretta per ciò. Carlisle lo
lasciò, non era intenzionato
a battersi, non era nel suo stile, ma Harold non demorse.
“E’ come l’ho sempre
ricordata… lo stesso profumo sensuale… la stessa
pelle
delicata… il suo collo sembrava che pulsasse
davvero… quando l’ho sfiorato,
quando ho sentito il profumo dei suoi meravigliosi capelli
morbidi…” Carlisle
gli voltava le spalle e stringeva il pugno forte per controllarsi.
Harold era proprio alle sue spalle e gli sussurrava
nell’orecchio “Avresti
dovuto sentire la vibrazione quando ho sfiorato le sue cosce
e…”
“Hai perso quell’unica occasione per
tacere…” si voltò di scatto, con gli
occhi
iniettati di rabbia e la mano che prima chiudeva a pugno ora stringeva
il collo
di Harold e lo spingeva contro quelle rocce che stavano cedendo ad ogni
pressione sempre più violenta.
Harold forse aveva contato nelle sue capacità di prevedere
la mossa
dell’avversario, nei suoi secoli da vampiro, non era mai
stato catturato nella
morsa così come Carlisle nei suoi trecento, si era sempre
rifiutato di arrivare
al punto di combattimento. Per temperamento era un vampiro saggio e
“pacifista”, ma quelle parole entrarono come lame
nella sua testa: Esme, la sua
Esme, trattata come uno scarto o
una
prostituta.
“Adesso ti senti anche tu così vero? Catturato dai
pensieri di odio…” Harold
attirò la sua attenzione
“Cosa intendi?”
“Tu sai bene chi sono io…”
“Sì!”
“E’ per questo che non sai uccidermi… lo
avresti già fatto altrimenti..”
Carlisle ripercorse indietro il suo ricordo.
“Mia
figlia… mia
figlia è caduta dottore”
“Ora vediamo signora, non tema”
Mi fulminò con lo sguardo, quei bellissimi occhi
così indifesi e doloranti, mi
rapirono completamente. Quanto fu difficile concentrarmi sulla sua
gamba. Era
rotta e appena la sfiorai ebbe l’impulso di ritrarla e il
dolore divenne
agonizzante in lei. Avrei voluto stringerla e rassicurarla che tutto
sarebbe
andato per il meglio, ma non avrei potuto. Il mio corpo non riscaldava
neanche
i miei pensieri.
Le fasciai la ferita, cercando di rassicurarla con le mie parole, era
così
incredibilmente bella. Quel suo dolore mi dava delle vibrazioni che non
avrei
mai immaginato di poter provare come vampiro. L’odore della
sua pelle mi fece
perdere il controllo di me stesso. Nessuna creatura umana aveva mai
avuto un
tale potere su di me, fui spaventato dal mio stesso essere. Temevo di
non
poterle resistere.
“Impossibile dimenticarlo vero?” Carlisle gli strinse di nuovo la mano intorno al collo cercando di ritornare al suo pensiero.
Quando
terminai con
lei corsi nel mio studio e chiusi la porta alle mie spalle. Dovevo
smorzare
quella sensazione, l’incredibile sensazione di piacere che il
suo profumo aveva
scatenato.
Sentii un fruscio dietro la finestra, guardai ma non c’era
nessuno. Eppure ero
certo di cosa avevo sentito, i miei sensi erano maggiorati da quando
ero un
vampiro. Era come se qualcuno mi stesse spiando, ma non ne capivo il
motivo.
Cercai di togliermi dalla testa quella ragazza, mi ero votato al
‘vegetarianismo’ non le avrei mai fatto del male,
il mio compito era curare chi
soffriva non causargli ulteriore sofferenza. Non fu difficile quanto
pensassi
“dimenticarmi” di lei, per quanto le notti e i
giorni in cui il lavoro non era il
mio hobby, la mia mente vagava alla ricerca di quegli occhi.
Non avrei mai pensato che 10 anni dopo avrebbe sconvolto il mio mondo.
Arrivò
in ospedale, in fin di vita. C’era un uomo accanto a lei,
alto, bruno,
carnagione chiarissima. Lo riconobbi subito: un vampiro!
“Allora sai che sono sempre
stato con lei!”
“Tu l’amavi vero?” chiese Carlisle
“Ne avevo fatto la mia compagna di vita…”
“E io te l’ho portata via..” nel suo tono
c’era quasi rammarico. Sapeva che
Harold l’aveva amata, forse non quanto lui, ma aveva scelto
di farne la sua
compagna e Carlisle, sfidando ogni legge e regola del suo
mondo, gliel’aveva sottratta. Anche tra i vampiri esisteva un
ordine gerarchico da rispettare, come i comandamenti divini, non era
possibile
desiderare la compagna di un altro e Carlisle sapeva che Harold aveva
scelto
Esme, eppure…
“Non
è un buon posto
questo per cercare il tuo cibo” gli ringhiai appena
perché fosse chiaro chi era
il capo del territorio. Non mi disse nulla e svanì lasciando
la giovane alle
mie cure. La riconobbi subito: il meraviglioso angelo che avevo sognato
per
dieci anni da quel primo incontro, giaceva su un lettino in fin di vita
e io
potevo fare solo una cosa. Era troppo debole per sentirmi, decisi io
per lei.
Le misi una mano sulle morbide labbra, rovinate dai segni di una caduta
mortale
e la morsi sul collo. Quando il veleno sarebbe entrato in circolo
avrebbe
potuto gridare. Era ciò che mi aspettavo eppure…
non accadde. Lei si strinse al
mio corpo, assecondò il mio bacio mortale, e le sue mani
strinsero le mie
spalle prima delicatamente e poi con forza, pian piano che il veleno
entrava in
circolo. Era nata… una creatura, una come me… una
come mio figlio… eppure lei
era la più bella di tutte.
Era come se Harold leggesse i
pensieri di Carlisle, i suoi
ricordi, perché in realtà il ricordo era unico,
uguale per entrambi, lo leggeva
nei suoi occhi.
“Tu hai voluto dimenticare, te lo sei imposto…
perché sai qual è la legge per
chi non rispetta le regole… la tua
punizione…”
“Una morte in solitudine, tormentato dal suono dei suoi
silenzi…”
“Tu hai avuto molto più di quanto meritassi, lo
hai rubato. Per ogni essere
vivente che hai preso, c’era qualcun altro al suo
posto…”
“Ma Esme lei…” cercava giustificazioni
al suo agire
“Lei era mia… tu me l’hai
rubata…”
Carlisle ruggì verso Harold “L’ho
salvata dal suo destino, dal tuo destino. Le
ho dato il rispetto di una vita di amore, di una famiglia.
L’ho amata e sarà
così per sempre…”
“Non avrai un per sempre… sono venuto a
riprendermi il mio. A darti il ben
servito… a prendermi la mia Esme”. Carlisle mise
da parte il dottor Cullen,
quello comprensivo, ragionevole che voleva sempre mettere in pace tutto
e
tutti. Lo mise da parte per la sua natura più nascosta,
quella che aveva
combattuto per secoli: la rabbia assunse un colore giallastro nei suoi
occhi,
risplendendo al buio del crepuscolo che si faceva avanti. Le sue fauci
si
spalancarono in un sonoro ruggito, che dall’altra parte della
foresta udirono
tutti, e gli umani credettero si trattasse di un orso molto grosso. Tra
di loro
c’era chi sapeva la vera natura di quel ruggito, ma
preferì tacere.
Si avventò su Harold, che sperava di poter essere tanto
veloce da sfuggirgli,
ma così non fu. Gli saltò addosso atterrandolo,
con le ginocchia sul suo petto…
Non aveva mai assaggiato il sangue
di
un suo simile. Il primo istinto fu di sputarlo, come se il veleno
potesse
entrare nel suo corpo, ma la foga di sfinirlo non gli diede tregua.
Carlisle
sapeva che il suo pentimento sarebbe durato in eterno, ma come aveva
fatto in
passato, proteggeva ancora la sua famiglia, o forse, molto
più egoisticamente,
il suo amore. Per Esme avrebbe ucciso un’intera specie di
umani e vampiri, pur
di averla sempre al suo fianco.
Scivolò accanto al corpo “esanime” del
suo avversario, lo squarcio alla gola
era ancora visibile, sembrava il morso di un animale selvatico. La
razionalità
entrò di nuovo in circolo nei suoi pensieri e mentre il
sangue colava dalla sua
bocca, iniziò a soffocare i singhiozzi di un pianto
inesistente, ma che il suo
cuore e il suo respiro, fermi ormai da secoli, percepivano come molto
pressante. Sapeva che un gruppo di uomini sarebbe andato a cercare,
sapeva che
Edward probabilmente aveva sentito i loro pensieri, o che Alice avesse
visto
qualcosa, ma confidava nella loro riservatezza a tacere tutto quello.
Ma ancora
di più, sapeva che avrebbero trovato il corpo del giovane
lupo morto e che la
colpa sarebbe ricaduta sui Freddi.
Dovevano di nuovo trasferirsi, salvare la famiglia. Si mise a pensare,
attese
che qualcuno inciampasse nei suoi pensieri per aiutarlo a capire,
qualcuno come
il dottor Cullen…