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Autore: Rob2321    13/11/2022    0 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto Procuratore]
[Imma Tataranni - Sostituto Procuratore]«Vuoi giocare al gatto e al topo? Va bene, giochiamo, ma da ora in poi le regole le decido io.»
L'evoluzione del rapporto tra Imma e Calogiuri dalla 2x05 in poi, visto dalla mia prospettiva
E se le cose fossero andate in modo completamente diverso?
Grazie in anticipo a tutti coloro che leggeranno e vorranno lasciarmi un feedback. E' la mia prima prova, spero vi piaccia!
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANGELO E DIAVOLO
Capitolo 3

Perdonate per l’Angst, prometto di regalare gioie nel prossimo capitolo!! Grazie a tutti coloro che continuano a leggere ed eventualmente mi lasciano la loro opinione. Siamo tutti sulla stessa barca a sclerare insieme ahhahhaha
 

…le dita che affondavano nei suoi ricci, le mani grandi che percorrevano il suo corpo senza vestiti, il suo profumo maschile così inebriante nelle narici, nelle tempie. Ogni terminazione nervosa del suo corpo incredibilmente viva, quasi come se le sue vene stessero per scoppiare, pure quelle che pensava di non avere… 

Imma spalancò gli occhi all’improvviso stringendo ancora le lenzuola fra le dita. Si era svegliata in una pozza di sudore, i capelli rossi appiccicati al collo. Passatasi una mano sulla fronte e poi sulle guance si rese conto che scottavano neanche avesse avuto trentotto di febbre. Aveva sognato lei e Calogiuri, finalmente insieme. Era stato tutto così incredibilmente intenso da sembrare vero o forse era solo la sua mente che si immaginava realizzati in quel modo così potente e sorprendente i suoi desideri più profondi. Fece a pugni con sé stessa e con la sua razionalità per non aver dato seguito a quella fame la sera precedente, perché alla fine nonostante la testa le impedisse di assecondarsi, il suo inconscio aveva già deciso per lei. Non era molto brava a trovarsi sull’orlo del precipizio in bilico, sferzata dal vento, forse perché non le era mai capitato. Aveva passato la sua vita a programmare tutte le tappe per arrivare esattamente dove voleva. Forse perché se nasci senza niente non puoi concederti il lusso di aspettare che le cose ti accadano o ti capitino, te le devi andare a prendere e per farlo devi avere prudenza, programmare, organizzare, sacrificare, pensare in anticipo. Gli era stato insegnato così da sua madre, dalla vita? Non se lo ricordava neanche più o meglio non si ricordava cosa volesse dire fare le cose senza pensare.
Calogiuri invece era sempre lì dietro l’angolo, a ricordarle quanto fosse piacevole concedersi il lusso della perdizione o forse concedersi qualcosa, qualunque cosa. Ma lo sa bene chi cerca di organizzare sempre tutto quanto si può uscire fuori di testa quando qualcosa ti cambia improvvisamente la strada. Eppure essere permissivi con sé stessi, farsi accarezzare dalla propria mano, perché è così difficile? Bisognerebbe ripetersi in silenzio che non si può essere perfetti e che sì, per essere felici si può anche rischiare, si può anche sbagliare.

Arrivò a lavoro ancora ubriaca della notte precedente, non era riuscita a richiudere occhio per paura di trovarsi di nuovo di fronte ai messaggi subliminali che le lanciava il suo cervello e così si era vestita di tutto punto come se in casa sua per qualche motivo fosse mancata improvvisamente la corrente, ma questa non era una grande novità, almeno per i suoi collaboratori. Aveva dimenticato quanto fosse bella la Procura con il silenzio. Era desolata nel vero senso della parola e come per osmosi quel senso indescrivibile di pace invadeva pure lei. Pensò di voler restare lì per sempre, mentre la flebile luce del mattino rischiarava a tratti il pavimento, filtrando dalle persiane.

Tutt’a un tratto percepì il calore di un altro corpo dietro le spalle e per un secondo pensò di starselo immaginando persa com’era nei suoi pensieri, ma ci volle un attimo per far sì che il suo cervello si riappropriasse delle funzioni cognitive basilari per rendersi conto che dietro di lei c’era una persona vera, una persona che avrebbe riconosciuto fra mille, pure di spalle.
Calogiuri alzò una mano come per sfiorarla. Toccarla avrebbe voluto dire confermare che tutto ciò che era successo la sera precedente era successo davvero e che non si poteva fare finta di niente. Prese coraggio e posò una mano su quella di lei appoggiata al davanzale. Imma gli accarezzò il dorso con le dita, d’istinto. Non stavano facendo niente eppure entrambi avevano il fiato corto come dopo una maratona. Si appoggiò contro il suo petto e lui non se lo fece ripetere due volte, le circondò i fianchi con le braccia muscolose mentre i suoi ricci rossi gli solleticavano il viso.

La stava davvero abbracciando?

Si, Calogiuri la stava davvero abbracciando anzi non la stava solo abbracciando, la stava stringendo come un naufrago che si aggrappa al residuo di zattera in mezzo all’oceano e il suo corpo sembrava ancora più minuto circondato da quello di lui.
Passarono minuti interminabili in quella posizione senza alcun imbarazzo come se fosse la cosa più naturale del mondo. Lei ci sguazzava troppo bene nel calore di quell’abbraccio mentre lui le respirava nei capelli, inalando il suo profumo e non osava girarsi per paura di rompere l’intimità e francamente anche la tranquillità di quegli istanti.

Calogiuri le scostò i capelli con le dita e le piantò un bacio al centro della nuca. Sentì il naso che le accarezzava la pelle e quando avvertì poi anche l’accenno di barba del mattino solleticarle il collo, la calma e la serenità si frantumarono in un milione di pezzi.

Imma si girò all’improvviso e si avventò su di lui, cominciando a baciarlo con passione. Calogiuri reagì sorpreso dalla sua iniziativa. Si staccò da lei per un secondo e la guardò intensamente negli occhi, come il cacciatore che ha appena puntato la preda. Intercettò lo sguardo di lei altrettanto desideroso. Le sorrise maliziosamente, la spinse contro il muro più vicino e riprese a baciarla con ancora più foga. Le mani di lui si infilarono nei suoi capelli, mentre quelle di lei senza pudore si insinuavano sotto il lupetto nero di Calogiuri. Il contatto con le mani esili e fredde di Imma lo fece rabbrividire e in cinque secondi si ritrovarono ansimanti peggio di prima, mentre ogni fibra del corpo di lei desiderava sempre di più. Faceva scorrere le dita sugli addominali, sulle spalle muscolose e si immaginava scenari vietati ai minori. Ormai il danno era stato fatto, tanto valeva andare fino in fondo. Un gemito strozzato le morì in gola quando sentì le mani di lui sfiorarle il seno dopo aver vagato a contatto con la sua pelle nuda. Ma quel contatto non le bastava più, così abbandonata ogni vergogna prese le sue mani e le direzionò di nuovo sul suo seno per far sì che lui lo stringesse. Lo legittimò ad essere un po’ meno delicato e lui la accontentò come sempre. Le accarezzò il ginocchio da sopra le calze, mentre due dita risalivano sempre più su fino ad insinuarsi sotto la sua gonna e a lei sembrò di impazzire quando le affondò le dita nella coscia sinistra. Gli avrebbe permesso persino di strappargliele quelle calze, perché oramai non ci capiva proprio più niente o meglio non le importava più niente. Era persa nel delirio di nuove sensazioni, nuove labbra che la baciavano, nuove mani che la toccavano. Era tutto così nuovo, un territorio inesplorato che lei avrebbe voluto conoscere in ogni minimo dettaglio, fino alle lande più desolate. 

Il rumore di passi troppo vicini alla porta li ridestò sfortunatamente da quel mondo tinteggiato di Purgatorio in cui erano sprofondati. Imma sbuffò, ma entrambi si resero conto all’improvviso del pericolo che stavano correndo, chiunque sarebbe potuto entrare da un momento all’altro lì in Procura e allora sì che si sarebbe scatenato il vero disastro.

Lo allontanò di scatto, restando per un secondo appoggiata con le due mani sul suo petto e la testa in basso mentre cercava di riprendere fiato. Sentiva il cuore di lui battere all’impazzata. Sorrise nel sentirlo, anche se Calogiuri non poteva vederla. Non le sembrava ancora vero che uno come lui potesse desiderare davvero una come lei e se fino a quel momento aveva ignorato il fuoco che le bruciava dentro, da ora in poi avrebbe vissuto tutto fino in fondo.

       -   Dobbiamo imparare a controllarci, almeno qui in Procura. Sputò fuori senza fiato, riaggiustandosi la gonna.  
       -   Tutto quello che vuoi dottoressa, agli ordini. Sorrise maliziosamente lui, tutto rosso in viso, mentre le rubava un altro bacio.  

 E in quel momento Imma pensò che pure se gli avessero scoperti non gliene sarebbe fregato assolutamente niente. Avrebbe solo voluto ignorare tutto e tutti e risbatterselo al muro.

Toc Toc

Il rumore delle nocche di qualcuno dietro la porta della Dottoressa Tataranni infranse definitivamente il sogno di quella mattina ma ormai i due si erano già ricomposti e se ne stavano una da una parte e uno dall’altro lato della stanza, il più lontano possibile fra di loro.

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       -    Amore
       -   
Jessica. Calogiuri strinse le labbra e ingoiò faticosamente la saliva al suono di quell’appellativo affettuoso che si immaginava pronunciato da tutta un’altra persona.

Voleva tanto parlarle e dirle che non avrebbe più continuato a vivere in quella menzogna, non la amava e non c’era nulla che potesse fare. Che tanto pure se ci provava era impossibile levarsi Imma dalla testa. Si schiarì la voce grattandosi la fronte con aria impensierita.

      -   Jessica ...
      -   Senti amore mio allora, ho parlato con i miei genitori, hanno già comprato il biglietto per venire. Saranno qui la settimana prossima e cariri a piritu proprio, perché dovremmo avere il giorno libero sia io che tu. Mi hanno chiesto di fare un po’ di spazio in casa perché portano un paio di scatoloni con la roba dei miei fratelli più piccoli. Guarda guarda!

La siciliana prese il telefono in mano e gli fece vedere una sfilza di immagini di tutine, scarpine, bavaglini. Calogiuri se ne stava lì a guardare quelle foto come paralizzato.

      -    Che belle, sono molto contento. Disse mentendo spudoratamente, mentre abbassava lo sguardo con fare rassegnato.
      -    Belle sì vero, ora però devo scappare, ci vediamo stasera a casa.

Lo scorrere di quelle immagini, gli parve come lo scorrere di tutta la sua vita davanti agli occhi. Le scelte fatte, le decisioni prese nella speranza di un futuro migliore, di un futuro diverso da quello che sembrava scritto per lui nel nome di una libertà che aveva portato con sé anche la sua emancipazione; una libertà pagata, sofferta e piena di sensi di colpa. Eppure non riusciva a far tacere quella parte di lui di insopprimibile correttezza quasi di intransigenza nei confronti di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, che in fondo lo poneva un po’ fuori dal coro, un po’ fuori dal tempo, quel senso di rispetto delle regole, dei valori, insomma quel senso di educazione. In fondo pure lui ci era nato con il niente e solo dopo aveva scelto di prendersi tutto, anzi Imma gli aveva fatto capire che lui si sarebbe potuto prendere tutto, tutto quello che voleva perché ne aveva le capacità, perché tutti hanno la capacità di prendersi tutto quello che vogliono.

E forse lei era stata per lui quel qualcuno che non era mai esistito per lei, quel qualcuno che le avesse ripetuto che si sarebbe potuta prendere tutto quello che voleva, pure se non partiva dallo stesso punto degli altri. Imma ci era riuscita davvero poi, anche se da sola, a prendersi dalla vita tutto il meglio che si sarebbe potuta conquistare e questa probabilmente era una delle cose per cui lui la ammirava incommensurabilmente, per cui si era innamorato di lei. L’aveva incoraggiato a diventare la versione migliore di sé stesso, con quella smania che c’aveva di riaggiustare tutto il mondo. Diventare migliori però non vuol dire sempre diventare diversi, cambiare e rinnegare sé stessi anzi la maggior parte delle volte vuol dire essere onesti e accettare anche se a malincuore di non poter essere diversi da quello che si è e lui purtroppo non sarebbe mai potuto essere diverso dal ragazzo corretto e di sani principi che era arrivato a Matera solo un paio di anni prima, uno di quelli che si assumono sempre le responsabilità delle proprie azioni anche a costo di fare la cosa giusta e non la cosa bella. Si sentiva diviso a metà, come Jessica, come Imma, come tutti del resto.

A quel punto capì di dover fare una cosa che al solo pensarci, già gli stava spezzando in due il cuore in un modo che sinceramente gli faceva anche fisicamente male. Prese una penna e cominciò a scrivere quello che in ogni caso non sarebbe mai riuscito a dire a parole.
 
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Il cuore disarmato.
Fino ad allora per Imma quel concetto era stato solo un’illusione da combattere per tutta la vita. Perché tanto era un’utopia quella del potersi ritrovare di fronte a qualcuno senza barriere, senza difese ed era meglio restare con i piedi per terra; in fondo era per questo che non si faceva consolare mai da nessuno neppure da Pietro. Nessuno fa niente per niente e infatti per questo lei non faceva favori a nessuno e mai si era messa nella condizione di chiederli. Mors tua, vita mea. Quella citazione latina le era rimasta impressa sin dai banchi di scuola e non le era servita la vita, né l’esperienza per imparare a crederci perché quando l’aveva sentita per la prima volta, le era sembrato come se qualcuno avesse dato forma scritta a qualcuno dei suoi pensieri. È da stupidi vivere la vita pensando che la legge possa essere diversa da questa. Nelle relazioni tuttavia, fra le persone, non esistono regole scritte, dettami di comportamento, non esiste una guida astrologica per far sì che nessuno si faccia male e così lei si era salvaguardata peggio di un ecosistema in via di estinzione anche se poi quel chiasso che la gente faceva nel nome dell’ambiente non è che lo capiva così tanto.
Aveva tutelato il suo cuore e non solo in amicizia pure in amore, ma le andava bene così. Era sicura che le avrebbe dato più fastidio mostrarsi fragile, offrire il fianco all’altro potenzialmente sempre nemico.  Accontentarsi andava bene, cercare l’equilibrio andava bene. Va sempre bene così, per coloro che in fondo hanno solo paura di essere felici perché tanto poi si può sempre guastare qualcosa.  
 
Si sentiva come l’ortica, che si lascia toccare solo da chi sa come prenderla. Ecco finalmente anche lei aveva trovato una persona da cui poter lasciarsi toccare, a cui poter mostrare il fianco senza paura di essere ferita, eppure non si trattava di fiducia costruita, lei si era sentita così dal primo momento, inspiegabilmente. Aveva sempre avuto una fede incrollabile nel fatto che in ogni caso Calogiuri non avrebbe mai potuto farle del male e questo l’aveva sconvolta dentro. In sostanza, le aveva disarmato il cuore.

Il cumulo di fascicoli impilati sulla sua scrivania guardati con malcelata svogliatezza le ricordarono che in quei giorni il tempo che aveva dedicato al lavoro si era ridotto ai minimi storici e anche questa era una grandissima novità per lei, così decise di mettercisi d’impegno come quando si ritrovava per casa almeno due o tre versioni di greco. Il bordo sporgente di un foglio di quaderno attirò la sua attenzione. Aveva sfogliato quel fascicolo almeno già due volte senza cavarci un ragno dal buco e avrebbe potuto giurare di non aver mai incontrato quel pezzo di carta. Pensò ad una soffiata informale. Non era né la prima né l’ultima volta che capitava, che qualcuno non avesse il coraggio di metterci la faccia e parlare direttamente con lei lasciando le proprie verità per interposta missiva e questa cosa la faceva incazzare ancora di più.
Lo aprì e nel tempo di un secondo si sentì crollare il mondo addosso.

Poche righe scritte con una grafia chiara e veloce. Le lesse voracemente.

Ciò che ho vissuto con te, anche se per pochi istanti è stato ciò che di più simile alla vera felicità io abbia mai conosciuto e tu… tu di sicuro sei la cosa più bella e incredibile che mi sia mai capitata. Vorrei, non sai quanto vorrei, ma non posso. Le cose andranno come devono andare, mi impegnerò per far sì che vadano nel modo corretto e credimi mi sento morire al solo pensiero di dovermi allontanare da te. Perdonami se non sono riuscito a dirti tutte queste cose di persona ma non ce l’avrai fatta a farlo guardandoti negli occhi. Voglio solo che tu sappia una cosa, dal primo momento in cui ti ho conosciuta non c’è mai stato un momento, in cui il mio cuore è stato di qualcun’altra e mai lo sarà… Imma.
Per sempre TUO Calogiuri.

Ripercorse con le dita il suo nome… Imma. Erano state davvero troppo poche le volte in cui lui aveva avuto la possibilità di chiamarla con il suo nome di battesimo.
Mi impegnerò per far sì che vadano nel modo corretto… la realizzazione di quello che quelle parole volevano intendere, la investì di prepotenza. Le sarebbe stato lontano il più possibile. Gli occhi le si inumidirono. Niente più momenti da soli, ma anche niente più viaggi in macchina, niente più complicità, supporto, quel prendersi cura l’uno dell’altra. Niente più neanche lavoro.

Rilesse le ultime tre righe almeno un milione di volte e si portò la lettera sul cuore stringendola forte. Non poteva fare a meno di pensare che fossero le parole più belle che qualcuno le avesse mai dedicato. Neanche nelle promesse di matrimonio Pietro era mai stato così profondo, né tantomeno nella durata intera della loro relazione, forse perché lei aveva sempre dimostrato di non amare troppo le smancerie. Eppure ora quelle parole le sembravano così piene di amore, di quell’amore romantico e struggente che non tutti hanno la possibilità di sperimentare e che anche lei provava per la prima volta.

Quel …tuo… lo ripeté a bassa voce e restò evanescente nell’aria, quasi come sbiadito restava il ricordo di quei pochi attimi in cui lo era stato davvero.

Aprì la finestra per ingoiare aria a bocca aperta, cercando di ricordarsi come respirare, ma le pareti di quella stanza cominciarono ad apparirle improvvisamente troppo piccole e così scappò via da quel luogo che negli ultimi tempi sembrava recapitarle tanta gioia quanto tanta amarezza.
Camminò il giusto per allontanarsi dalla vista delle finestre della Procura e a quel punto non impedì più alle lacrime di scenderle copiose sul viso, nonostante avesse cercato di trattenerle fino a quel momento mordendosi l’interno della guancia. Le lasciò libere, come un cavallo sciolto dal morso e crollò in un pianto incontrollato, chissà forse sarebbe stato meglio se fossero riuscite a lavarle l’intero corpo e a rigenerarla da capo. Ora si sentiva solo guastata dentro.

«Quando si soffre si vuole restare da soli eppure quanto sarebbe bello se si potesse anche guarire insieme»

Tutt’a un tratto realizzò la verità: non aveva senso compiacersi della propria felicità, perché la fortuna è solo un’illusione creata dagli uomini per giustificarsi i tempi in cui non si soffre. Alla fine dei conti prima o poi qualcosa arriva sempre a chiederti il conto e se non a te, lo chiede ai tuoi figli. È così. È la legge non detta dell’universo, che deve essere mantenuto sempre in profondo equilibrio e funziona così fin dalla notte dei tempi. Il ricco nasce ricco e il povero muore povero.
Alla fine chi troppo vuole nulla stringe. È una cosa che dicono di fare i veri ricchi: non ostentare nulla per discrezione, perché è così di cattivo gusto, ma la verità è che solo i poveri sanno davvero che cosa significhi aver appena posseduto una cosa e nel contempo avere paura già di perderla e per le emozioni pure, vale la stessa cosa. Sono treni bellissimi che ti passano a fianco, ma è meglio non salirci. Fa troppo male quando inevitabilmente arriva il momento in cui qualcuno ti chiede di scendere.
Ripensò alle parole di sua madre quella volta in cui le aveva regalato un bellissimo vaso di cristallo con il primo stipendio.

       -   Ho comprato questo vaso, ti piace?
       -   
Che l’hai comprato a fare, che poi si rompe.

In quel momento capì che sua madre aveva ragione, aveva proprio ragione e gliel’aveva insegnato bene quel senso tragico e precario delle cose, ma questo purtroppo non impediva al suo cuore di farle così tanto male.

Non incontrò Calogiuri fino alla sera e forse davvero fu meglio così.
   
 
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