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Autore: Glicemia    27/11/2022    4 recensioni
Un pomeriggio del 1997, Astoria Greengrass finisce nel bagno di Mirtilla Malcontenta con una cesta in vimini piena di biscotti alla cannella. Di certo non è una novità sentire dei singhiozzi in quel bagno dismesso, la novità è che non è Mirtilla ad emetterli. Un incontro tra una misteriosa ragazzina dall'animo gentile e un ragazzo in preda al periodo più tormentato della propria vita.
«Non esiste nessun pensiero orribile che un biscotto alla cannella non possa cancellare per qualche minuto»
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy | Coppie: Draco/Astoria
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Il potere dei biscotti alla cannella

“Cercando di sembrare ciò che non siamo, cessiamo di essere quel che siamo.”

         Ernst Jünger

Dal cestino in vimini fuoriusciva un delizioso profumino di cannella e Astoria cercava un posto tranquillo dove ingozzarsi dei suoi biscotti preferiti lontana dai suoi compagni di scuola.

 Odiava Hogwarts, ma non era sempre sato così. L’adorava prima di scoprire di avere un’opinione diversa da quella della maggior parte dei suoi compagni di Casa e della sua stessa famiglia. Odiava qualsiasi tipo di pregiudizio e non si sentiva superiore a nessuno. L’adorava prima della ricomparsa del Signore Oscuro. Adesso però sapeva che presto le sarebbe toccato uscire allo scoperto e ammettere al mondo e, ancor prima, alla sua famiglia, che le idee sulla purezza del sangue la disgustavano, che detestava le prepotenze, che trovava crudele la magia oscura e che mai e poi mai si sarebbe sottomessa al potere di Colui- Che- Non- Deve- Essere- Nominato. Sperava che Silente avesse un piano infallibile, che ce lo avesse Potter o chiunque altro, perché aveva compreso che presto si sarebbe ribellata, anche a costo di lasciarci le penne. Non era necessario farlo subito. Aveva quattordici anni e nessuna capacità straordinaria, ma prima o poi avrebbe fatto la differenza, anche qualora il Signore Oscuro fosse stato sconfitto, in qualche modo Astoria avrebbe trovato il modo di fare qualcosa di buono.
Era finita al secondo piano, nei pressi del bagno dismesso infestato da Mirtilla. Era dallo scorso anno che non andava a trovarla. Le piaceva chiacchierare con il fantasma, le si stringeva il cuore a pensarla sempre sola e triste, solo che Mirtilla era davvero tanto pesante e sebbene avesse un buon cuore, di certo Astoria non era una santa.

Quando mise piede nel bagno, sentì dei singhiozzi, ma erano diversi dei soliti lamenti della Malcontenta, sembravano più… virili. Non potevano essere di un ragazzino del primo anno, dovevano appartenere ad un ragazzo più grande e dato che i ragazzi più grandi non amano farsi vedere in un momento di debolezza, forse era meglio lasciarlo in pace. Tuttavia, il dolore si percepiva dai suoni che emetteva la voce e davanti alla palese sofferenza, l’istinto di aiutare chi aveva bisogno s’impossessò della giovane ragazza, che camminò fino a trovare il proprietario dei singhiozzi.

Fu così che rimase spiazzata di fronte allo studente seduto contro il muro del bagno, con le ginocchia al petto, le braccia incrociate attorno ad esse e il capo chino sulle rotule. Non poteva guardarlo in volto, ma quei capelli avevano un colore peculiare a cui poteva essere attribuito un solo cognome: Malfoy.

Avrebbe dovuto scappare a gambe levate, avrebbe dovuto fingere di non aver mai messo piede nel bagno, avrebbe dovuto far tutto, fuorché lasciarsi intenerire dallo stato in cui era quel ragazzo, ma non seppe farne a meno. D’altronde, faceva tanto il prepotente, ma si vedeva chiaramente che era a pezzi da quando suo padre era rinchiuso ad Azkaban. Certo, aveva reagito divenendo più cupo e irascibile, ma era così naturale, così umano che avesse bisogno di piangere anche lui. Incredibile, ma vero: Draco Malfoy non era il mostro che voleva far credere e bastarono dieci secondi passati a contemplare la sua disperazione a convincere Astoria che ci fosse del buono in lui.

Neanche quanto avvenne dopo che lui la notò, alzando lo sguardo, la portò a scappare o a cambiare opinione, nemmeno le minacce, la bacchetta puntata al suo petto, la voce roca che la sofferenza rendeva inquietante, bastarono a spostare Astoria. Restò immobile, per nulla impaurita, a credere che fosse solo un ragazzo in difficoltà che non conosceva altro che la cattiveria per affrontare il mondo, ma che in realtà nascondeva un lato buono. Non sapeva da dove venisse tutto questo ardore, non sapeva perché avesse deciso di abbracciare quella causa persa. Eppure, nel rimanere immobile e calma, con uno sguardo privo di giudizio o di compassione, ma carico di comprensione, ottenne di tranquillizzare il ragazzo. Smise di piangere, smise di minacciare e smise di tentare di cacciarla. Si sedette nuovamente, con la testa reclinata e poggiata al muro, a scrutarla silenziosamente, forse in attesa che parlasse o che se ne andasse. Ma lei non fece nessuna delle due cose.

«Viene da quel cestino il profumo di cannella?» chiese, con un tono rassegnato, fissando la cesta che la ragazza teneva fra le mani.

«Non esiste nessun pensiero orribile che un biscotto alla cannella non possa cancellare per qualche minuto» disse lei, sedendosi al suo fianco e porgendogli il cestino.

Draco tentennò, la mano a mezz’aria incerta se prendere un biscotto e lo sguardo indagatore su di lei. Poi alzò impercettibilmente le spalle e pescò un dolcetto dal cestino.

«Ti conviene dimenticare di essere stata qui» l’ammonì, prima di morderlo.

«Non lo dimenticherò affatto, ma sta’ tranquillo: nessuno lo saprà mai» lo tranquillizzò lei.

Passarono il pomeriggio così, a gustare in silenzio i biscotti alla cannella, guardandosi di sottecchi di tanto in tanto. Dopo quella che sembrò un’eternità e al contempo una manciata di secondi, il cestino era vuoto e la pancia di Astoria piena. Pensò che quel supporto potesse essere abbastanza e così si alzò e andò via senza un saluto vero e proprio, ma con un ultimo sguardo intenso che sapeva d’addio.

Il giorno dopo, seduto in Sala Comune in compagnia di Blaise, Pansy, Millicent e Daphne a fingere di dare ascolto ai discorsi insulsi del gruppo, Draco notò la ragazza dei biscotti andare verso di loro e impallidì, temendo che rivelasse di averlo trovato in lacrime. Avrebbe dovuto uccidere un uomo a breve ed era terrorizzato da come gestire le parole di una ragazzina, poteva vedere già la sua testa e quelle dei suoi genitori su un piatto d’argento per il Signore Oscuro.

«Scusate» disse lei dopo averli raggiunti, guardandolo di sfuggita per poi dare attenzione a Daphne. Quasi restò deluso nel constatare che non era la ragazzina temeraria del giorno prima, dato che non aveva il coraggio di sfidare il suo sguardo.

«Astoria, quante volte ti devo ripetere che non devi disturbarmi quando non siamo a casa?» disse irritata Daphne, roteando gli occhi al cielo «Scusate mia sorella, è ancora una bambina»

Draco si rassicurò, capendo che si trattava della piccola Greengrass e che era lì per sua sorella, non per raccontare dello scorso pomeriggio, proprio per questo non lo stava guardando. Lui però guardava lei e pensava a quanto Daphne fosse fuori strada: non era una bambina e lo aveva capito sin dal primo sguardo. Notava la somiglianza fra le due, ora che le vedeva vicine, ma la bellezza di Daphne era ritoccata dalla stessa in ogni dettaglio ed era carica di malizia e di vanità, mentre Astoria aveva lineamenti più dolci, era evidente che fosse bella senza sforzarsi e senza rendersene realmente conto e soprattutto aveva un’adorabile aria innocente, che non la rendeva affatto un’ingenua bambina ai suoi occhi, quanto una ragazza seducente per natura. Ovviamente avrebbe continuato a fingere che non esistesse, ma in quel momento era di fronte a lui e poteva contemplarla senza destare sospetti.

«Se vuoi che t’ignori ad Hogwarts, potresti evitare di prendermi per un gufo e chiedere a nostra madre di mandare a me le tue lettere» rispose a tono Astoria, porgendo una lettera alla sorella che la fissava con aria truce.

«Te la faccio pagare, piccola stronza»

«Sto tremando dalla paura, Daphne» disse con sarcasmo l’altra Greengrass, per poi voltarsi di scatto e allontanarsi con una grazia che nemmeno la sorella poteva eguagliare.

«Daphne, perché hai tenuto nascosta tua sorella così a lungo?» chiese Zabini, fissando la ragazza andare via con un certo interesse. Daphne si lasciò scappare un gridolino esasperato.

«Non guardarla così. Non è affatto attraente, è solo una bambina!»

Draco si lasciò scappare un ghigno, divertito come non si sentiva da tempo dal tono alterato della sua compagna di Casa. Era proprio diversa da sua sorella, la ragazzina misteriosa che pareva aver letto dentro di lui senza che proferisse parola. Lo aveva fatto sentire meno sbagliato, meno tormentato, quasi giusto. Peccato che presto avrebbe ucciso un uomo e che non avesse scelta. Se anche fosse stato vero che Astoria Greengrass aveva visto del buono in lui, si era semplicemente sbagliata.

Eppure, aveva come l’impressione che non avrebbe mai dimenticato il pomeriggio passato con lei: la calma che gli aveva trasmesso, il sollievo che il calore del suo corpo accanto al suo gli aveva procurato, il profumo della cannella, il sapore di quei biscotti, i lineamenti incantevoli di quella ragazzina sconosciuta. Forse l’ultimo squarcio di normalità, prima che arrivasse il triste resto della sua vita.

 

 

   
 
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