PER
PRIMA COSA RINGARZIO
PER
QUANTO RIGUARDA
Capitolo
1
I
sogni son desideri
Vagava
da solo per i corridoi
della sua scuola, per smaltire tutta quella merda che gli veniva
buttata
addosso, tutte quelle speranze che erano state riposte in lui. Eppure
cosa
aveva fatto per meritarsi quella vita tanto anormale? Forse
l’unico errore era
di essere nato, di essere stato concepito in un giorno di novembre da
due maghi
potenti, sì, ma prima di tutto innamorati. Due maghi che
Harry non aveva avuto
l’onore di conoscere, nonostante fossero i suoi genitori.
Cosa che gli è stata proibita
da un bastardo egocentrico con manie di grandezza, tanto fissato col
potere e con
gli anagrammi da cambiare nome in “Lord Voldemort”.
Allora c’era un vero
motivo per cui sopportava tutto questo: lo faceva per
vendicarsi dei suoi genitori, e non solo per “salvare il
Mondo Magico”.
Quella
stessa mattina, a
colazione, aveva sentito Lavanda Brown consigliare a una sua amica di
iniziare
a scrivere un diario, dicendole che si sarebbe sentita meglio. Potter
non aveva
mostrato grande interesse e trovava alquanto infantile l’idea
di tenere un
diario personale, ma dovette ricredersi quando iniziò a
scarabocchiare le prime
parole di sé su una pergamena, seduto sul suo letto a
baldacchino.
“Sono stanco. A volte
anche mortalmente
stanco di ciò che mi circonda, della falsità che
involontariamente mi porto
dietro. Nessuno può capirmi, o forse nessuno vuole capirmi. Fanno finta che io non abbia problemi,
così che loro possano
bearsi di questa pseudo protezione che gli offro. Cosa posso fare
però? Sono
completamente legato al mio…”
Ma
venne interrotto
dall’entrata in scena del suo migliore amico e degli altri
compagni di stanza.
Provando un moto di vergogna, nascose la prima pergamena sotto il
cuscino,
lasciandosi in mano il resto.
-
Hey, Harry, che fai qui da
solo? – chiese Ron.
-
Niente, solo i
compiti…dannati! – scherzò il moro.
Così scese dal letto dicendo che sarebbe
andato in qualche posto più tranquillo, declinando
un’allentante offerta di una
gara caratterizzata sull’ingoiare più cioccorane
possibili. Senza farsi vedere,
però, prese il foglio di prima e lo nascose tra le altre
pergamene.
Scese
velocemente le scale,
passando per la sala di ritrovo, e uscendo poi dal ritratto della donna
grassa.
Erano circa le 18 e 30, e i corridoi non erano affollati, dato che la
maggior
parte dei ragazzi era in biblioteca a studiare, o nella propria casa a
fare di
tutto.
Dopo
un attimo di
smarrimento, Harry seppe dove andare; con animo deciso girò
l’ultimo angolo che
lo separava dalla porta della Stanza delle Necessità. Quando
fu davanti al
famoso muro, la porta della stanza nascosta apparve per magia, e Harry
entrò
senza esitazione. Quello che vide fu solo un gran macello di oggetti
lasciati
lì a prender polvere, poiché troppo inutili per
servire alla scuola, e troppo
antichi e preziosi come ricordi per poter essere maciullati.
Il
ragazzo si sedette a terra,
riprendendo quel foglio e scrivendo fino a riempirlo.
Dopo
un’ora e mezza aveva
finito, scoprendo che aveva impresso i suoi pensieri in ben due
pergamene.
-
Che cosa penosa che ho fatto
– rifletté ad alta voce il ragazzo, buttando
accanto a sé quei fogli. Però,
quando si accorse di che ora fosse, e che una fame da lupi voleva
ricordargli
che gli esseri umani mangiano per vivere, si dimenticò del
suo neo-diario,
lasciandolo da solo nella Stanza delle Necessità.
-
Dov’eri finito? – chiese
preoccupata Hermione.
-
Ero a studiare. Niente di
che –
-
Va be’, come ti pare!
Intanto ti sei perso Seamus che vomitava zampette di cioccorana. E
ancora si
muovevano! – spiegò allegro Ron, provocando una
risata al moro e un’espressione
di disgusto a Hermione.
Tra
una solita abbuffata e
l’altra, la serata trascorse piacevole, come al solito, fino
a quando i tre
grifoni non si furono coricati a letto, a un’ora decisamente
inappropriata per
i ragazzi.
♣♣♣♣♣
Un
ragazzo biondo
dall’andatura nobile e fiera si aggirava per i corridoi in
cerca di pace. Il
ronzio ininterrotto delle chiacchiere di Pansy gli faceva venire il mal
di
testa; Tiger e Goyle si erano dimostrati, come al loro solito, incapaci
di poter
intavolare una qualsiasi
conversazione per far passare la serata; Blaise invece,
l’unico con cui valesse
la pena passare il tempo, era impegnato in “studio della
lingua francese” con
una ragazza di origini parigine. C’è da dire come
quello studio fosse molto fisico, e
tenesse poco impegnata la
mente. A buon intenditor poche parole.
Per
tutte queste ragioni
Draco Malfoy si trovava a gironzolare da solo per i corridoi, a un
orario poco
consono per gli standard della scuola.
Senza
pensarci due volte, il
ragazzo si diresse verso la sua zona preferita; era davanti alla Stanza
delle
Necessità, quando, all’improvviso,
spuntò da un angolo Mrs. Poor, la gatta di
quel Magonò di un Gazza. Schifato dall’idea del
guardiano e stizzito
dall’intrusione di quella palla di pelo, Draco
ritornò sui suoi passi, arrivando
senza riflettere nella sua camera beatamente singola, in quanto
Prefetto.
Una
volta indossato il suo
morbido pigiama, si arrotolò nelle coperte, cominciando a
dar sfogo a tutti i
suoi pensieri. Suo padre era in prigione, e il Signore Oscuro gli aveva
dato un
incarico che lo aveva legato mani e piedi.
Quanto
avrebbe voluto essere
solo uno spettatore di tutto quello che stava accadendo; quanto avrebbe
voluto
essere qualcun altro, chiunque altro. Essere il figlio di un
Mangiamorte in
prigione era deplorevole, mentre era avvilente sentirsi figlio di
nessuno.
Certo, aveva sua madre che in un modo o nell’altro gli voleva
bene, ma non era
gran cosa. Lui si sentiva come un semplice essere vivente dedito a
portare avanti
la tradizione senza amore della sua famiglia e del suo nome, Malfoy.
Certe
notti avrebbe dato tutto l’oro che aveva in banca per poter
essere figlio di una
coppia normale. Certe notti aveva sognato di essere qualcuno
completamente
diverso da lui, tipo quel Ron Weasley, con tutti quei fratelli e ricco
di
quell’amore genitoriale incondizionato. Poi, una notte, aveva
sognato di essere
addirittura come Potter, di essere ammirato e preso in considerazione
per
qualcosa che aveva fatto veramente; e non per un nome importante e un
sacco di
soldi in banca. Anche se ne rimaneva poco di oro giù alla
Gringott.
Col
desiderio di una vita
diversa da quella che quel bastardo destino gli aveva affibbiato, Draco
si rannicchiò
nelle sue calde coperte, cadendo nella sua realtà preferita,
quella fatta di
sogni.
♣♣♣♣♣
Due
vite, intrecciate come i fili d’inchiostro sulla pergamena.
E
se le due penne diventassero una?
♣♣♣♣♣
Solita
giornata di ottobre,
con una lieve brezza e un sole che ormai non scalda più come
ad agosto.
Il
Professor Vitious stava
fornendo prova della sua mirabile capacità di far
addormentare tutti durante le
sue lezioni, senza l’uso della bacchetta! Anche Draco era
spaparanzato molto
alla “chi se ne frega” sul suo banco, con lo
sguardo perso fisso sulla
finestra.
Harry
invece stava lottando
con tutto se stesso per non chiudere gli occhi e dormire realmente,
dato che la
notte prima aveva fatto un po’ tardi. E con “
po’ ” mi riferisco a orari che
vanno intorno alle 2.
Una
volta suonata la
campanella per la fine delle lezioni giornaliere, tutti i ragazzi si
diressero
verso le proprie Case. Tutti tranne uno. La noia e la monotonia di
quelle
giornate stavano diventando pesanti, per cui Draco si
rifugiò nella Stanza
delle Necessità senza dire niente a nessuno.
Un
odore di vecchio, di
polvere e muffa lo investì, e lo fece sentire al sicuro;
aveva imparato ad
apprezzare quel luogo come fosse una terza casa (la seconda poteva
considerarsi
Si
guardò intorno cercandosi
qualcosa da fare; calpestò involontariamente delle vecchie
pergamene, ma quando
le prese in mano per vedere di cosa trattassero, scoprì solo
che erano vuote.
Solo allora si accorse che sul pavimento erano sparpagliati vecchi
fogli. Pensò
di mettere in ordine quei documenti, altrimenti avrebbe pensato tutto
il tempo
all’Armadio, e non lo voleva questo.
Passò
al setaccio qualche
metro quadrato, raccogliendo qua e là temi che riportavano date intorno
all’1975, oppure appunti di
astronomia del 1903. Però solo un paio di cifre catturarono
la sua attenzione:
20 ottobre 1996.
Trattandosi
del giorno prima,
Draco afferrò curioso quei fogli; un sorriso saccente si
dipinse sul suo volto.
Un diario? Sarà di
qualche stupida ragazzina… Pensò il biondo. Eppure
questo non gli impedì di
leggerlo, stupendosi di vedere come non fosse stato scritto da una
femmina,
bensì da un maschio.
“Sono stanco. A volte
anche mortalmente
stanco di ciò che mi circonda, della falsità che
involontariamente mi porto
dietro. Nessuno può capirmi, o forse nessuno vuole capirmi. Fanno finta che io non abbia problemi,
così che loro possano
bearsi di questa pseudo protezione che gli offro. Cosa posso fare
però? Sono
completamente legato al mio destino. Vorrei essere qualcun altro,
vorrei che ci
fossero altri al mio posto, senza preoccuparmi del resto. È
chiedere troppo? O
forse sono solamente egoista? Io vorrei, almeno, qualcuno con cui
parlare
sinceramente, fregandomene dei suoi sentimenti, e dei miei.”
Per
il resto (e si parlava di
ben due pergamene) niente di speciale: parlava del Quidditch, dei suoi
amici o dei
voti a scuola. Insomma era un ragazzo apparentemente come tutti gli
altri. Se
non fosse che la prima parte del breve diario rispecchiava Draco.
Più
per gioco che per altro,
Malfoy tirò fuori fogli, penna e inchiostro dalla sua borsa,
rispondendo al ragazzo
che non si era firmato.
“Caro piccolo adolescente
con manie da scolaretta
undicenne, la vita è dura, e noi siamo dei granelli di
sabbia a confronto; e la
prossima volta ricordati di portarti dietro il tuo diario segreto. Non
ho la
minima idea di chi tu possa essere, ma conosco (purtroppo) bene
ciò che provi.
So cosa significa essere qualcuno che non vorresti essere, avere un
ruolo della
società che ti vincola per sempre pur non volendolo.
Sinceramente non so
nemmeno perché sto rispondendo alle tue lagne; forse
perché sono anche le mie?
Sicuramente queste pagine rimarranno qui, a impolverarsi tra queste
squallide
mura, ma ti lancio comunque un appello: posso ascoltarti, e capirti
come nessun
altro, perciò…” ma Draco si fermò un
attimo, riflettendo. Era da stupidi quello che stava facendo? Cosa
avrebbe
detto suo padre?
Direbbe che un Malfoy non farebbe
mai cose così futili
e degradanti. Pensò
il ragazzo.
Perciò
Draco ricominciò a
scrivere con più vigore.
“ …diventiamo
amici di penna? A dire la verità un po’
me ne vergogno, ma parlare con l’inchiostro non dovrebbe
essere tanto
difficile. Aspetto una tua risposta. Quasi dimenticavo: non ti
dirò mai chi
sono io, quindi vedi di fare lo stesso!”
Il
biondo serpeverde prese
una sedia, vi soffiò sopra per levare il grosso della
polvere, e vi posò sopra
i tre fogli. A quel punto si sarebbe diretto verso il suo dormitorio,
prima di
affrontare i compiti.
SALVE
A TUTTI, QUESTA è
GIUSTO
INTANTO
VOLEVO RINGRAZIARE
ANCORA