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Autore: summers001    04/12/2022    6 recensioni
Oscar&Andrè | Missing moment
“Avete detto il mio Andrè?” Fersen ti pronuncia quelle parole scandendole una ad una, piano, impercettibili, nell’incredulità delle urla in rivolta. Con la stessa misurata lentezza ti raggiungono, Oscar. All’inizio ti sembrano così naturali nella sua testa, uscite dalle sue labbra. Quante altre volte l’hai detto prima? Forse un milione. La voce di Fersen le trasforma. Il suo sguardo stupito te ne suggerisce la stranezza. No, non è normale pensare così ad Andrè, persino per voi due, che siete cresciuti insieme, che per l’altro siete tutto.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Epifania
 

“Avete detto il mio Andrè?” Fersen ti pronuncia quelle parole scandendole una ad una, piano, impercettibili, nell’incredulità delle urla in rivolta. Con la stessa misurata lentezza ti raggiungono, Oscar. All’inizio ti sembrano così naturali nella sua testa, uscite dalle sue labbra. Quante altre volte l’hai detto prima? Forse un milione. La voce di Fersen le trasforma. Il suo sguardo stupito te ne suggerisce la stranezza. No, non è normale pensare così ad Andrè, persino per voi due, che siete cresciuti insieme, che per l’altro siete tutto. Tutto?
 
“D’accordo, sì.” Ti dice poi il conte, sorridendo, consapevole, intenerito, forse anche intristito. “Rimanete qui, Madamigella, penserò io a salvare il nostro amico Andrè.” Dice e fugge via.
 
Rimani sola in quel vicolo buio, poggiata contro la pietra fredda ed umida della città. In testa ti risuonano le parole di Fersen: il nostro amico Andrè. Amico, una parola che hai usato per tutta la vita, con cui lo chiamavi, lo riconoscevi. Sancivi un legame, che andava persino troppo oltre quello che dovevano essere. Amico, una parola che all’improvviso ti sembra così sbagliata, così troppo poco. “Il mio Andrè, il mio Andrè.” Ripeti per poterla cancellare.
 
Il cuore ti batte forte nel petto, prepotente, doloroso. Piangi, ti lasci cadere a terra. Che significa? Che succede? Ti domandi. Hai pronunciato quelle parole mille e mille altre volte: te lo ricordi quando volevi vendicare il tuo Andrè dal cavaliere nero? Te lo ricordi che neanche lui ne era stupito? L’hai detto così tante volte in passato, che c’era di strano, che c’è di diverso adesso? Vuoi andare a salvare il tuo Andrè, pensi. E no, questa volta è diverso. Questa volta ti brucia il petto.
 
“Il mio Andrè.” Dici ancora per poterci credere. Non hai bisogno di convincerti. In fondo, lo sai già. Lo sapevi già da tempo. Altrimenti perché lo cerchi sempre? Altrimenti perché non lo chiami ogni volta che sei sola, con ogni volta una scusa diversa? La ronda, Parigi, guardarle le spalle. E’ perché lui ti conosce bene, ti dicevi, ti giustificavi. E’ perché lui anticipa le tue mosse. Se sei in pericolo, lui lo sa già. Altrimenti perché quando ti hanno chiesto in sposa, quando ti hanno forzato in un bacio, tu hai pensato a lui? Al suo bacio, alla sua delicatezza, ai suoi modi gentili.
 
E’ da quando ti ha contraddetto che non smetti di pensare a lui. E’ da quando ti ha strappato la camicia che hai cominciato a provare odio e fastidio. Perché? Perché aveva ragione, ti ha violentemente messo davanti alla realtà. Forse ti ha anche aiutato ad accettarti un po’. Da quando ha cambiato tutte le carte in tavola non hai più potuto ignorare. Non hai potuto più chiamarlo amico. Ti amava, ma tu lo sapevi già. Non hai potuto più ignorarlo, gli hai chiesto di starti lontano e lui l’ha fatto. E ti è mancato. E tu allora l’hai cercato sempre di più.
 
Amavi Fersen fino a qualche mese fa. Prima ti era davanti, ti stringeva per le spalle. Era triste persino quando ha capito. Possibile che una cosa che neanche sapevi di provare, può cancellare così il tuo amore per il conte? Ne eri così sicura fino a qualche mese fa.
 
Lo ami? Andrè. Quello che provi fa quasi male. Ti spiazza. Ti sconvolge, cambia tutto. Eppure ci credi da subito. Sì, è così vero, così reale che non hai neanche un dubbio. Lo ami così tanto che ti senti sola senza di lui, che vorresti rivederlo subito, magari dirglielo. Ne sarà felice? Arrabbiato? Quando torna?
Guardi verso quel piccolo ritaglio di Parigi che quel vicolo ti offre. Ascolti la folla, gridano il nome di Fersen. Ora corrono inviperiti. Ti nascondi meglio. Ti appiattisci ed aspetti.
Dio, ti prego. Pensi. Non sei mai stata tanto religiosa. Eppure speri con tutte le forze. Fa’ che sia salvo.
 
Ti costringi a contare. Chiudi gli occhi, ti concentri. Arrivi fino a dieci, non puoi aspettare oltre. Solo perché undici sembra troppo e nove troppo poco. Decidi di uscire allo scoperto. Ti metti in piedi, spii. Non c’è più nessuno. Fersen ha disperso la folla. Ti guardi per ogni dove. Deve essere qui, da qualche parte.
 
“Andrè?” Vuoi chiamarlo, ma la voce ti vien fuori come un sussurro. Questa volta neanche la riconosci. “Andrè?” ripeti più decisa e ti trascini di muro in muro, insicura come un felino fuori dalla sua tana. Continui a camminare col cuore che ti martella nel petto dalla paura. Quando lo vedi dalla bocca ti esce fuori un pianto, che somiglia quasi ad un lamento. Sollevata, sulle spine. E se fosse morto?
“Andrè?” riprovi in un gemito. La voce è spezzata, strozzata, ma la sua mano si muove e tu corri da lui. Dio, ti ringrazio, dici, ti ringrazio, ti ringrazio.
 
Ti lanci a terra. Gli prendi la mano, lo aiuti a rigirarsi e con il guanto bianco gli pulisci il viso sporco di fango. Sembra appena cosciente. Apre gli occhi, ti vede, sorride appena e li richiude. Voleva assicurarsi che fossi viva, che stessi bene. Chiudi anche tu i tuoi. Il suo amore è così premuroso da somigliare ad una carezza. Pensi a come lo riempirai di gioia quando lui saprà del tuo appena scoperto.
 
“Andiamocene.” Gli dici piano. Sei premurosa, come quella volta, in armeria. Era ferito, stava male perché ti avevano chiesto in sposa, perché qualcuno che non era lui poteva farlo, mentre un attendente o un soldato non avrebbe dovuto neanche guardarti.
 
Ti pieghi sulle ginocchia. Lo aiuti a fare lo stesso, ma ci riesce peggio. Ti metti il suo braccio in spalla. Traballate, ma siete in piedi. Da quella posizione lo spii in viso. E’ bello, non trovi? E’ alto, solido, contro di te. La sua pelle sembra abbronzata tutto l’anno. Quelle sono le labbra con cui ti ha baciata. Sono ferite. Con la mano libera ascolti l’istinto e gli pulisci il sangue che gli cola sul mento. Ha la bocca morbida, anche se martorizzata. Si ritira appena, stringe i denti dal dolore ed emette un verso bagnato prima di capire le tue intenzioni ed allora sorride. Le premure ti sembrano naturali adesso. Il contatto con la sua pelle ti mette un brivido. Ti dici che non dovresti, non prima di avergli parlato, non vuoi rubargli le carezze, ma sembra che ne abbia così bisogno adesso.
 
Stai per dirgli qualcosa. Neanche sai cosa, ma apri appena la bocca. Sei solo felice che sia vivo e che sia con te proprio adesso. Stai per dirgli qualcosa, ma il rumore delle ruote di una carrozza ti blocca. La carrozza si ferma davanti a voi, l’ha mandata qualcuno. Fersen, pensi. Eri sicura che ce l’avrebbe fatta. E’ uno dei pochi che può pensare di competere con te.
 
Sali, lo aiuti a salire. Prima un piede e poi un altro. Lasci che s’afflosci sui sedili, ti ci siedi di fronte. “Palazzo Jarjayes.” Ordini al cocchiere, che parte. Andrè s’è assopito. Non sai se dorma davvero o finga. Lo guardi bene. Conosci persino il rumore dei suoi sogni. No, non dorme. E’ sveglio, aspetta te. Oppure sta solo riposando ad occhi chiusi, cercando di dimenticare il dolore. Ti solletica l’idea di toccarlo di nuovo. Allunghi il piede per sfiorare la sua gamba. Avete le gambe intrecciate. Andrè piega appena il viso, come a chiedersi se davvero tu lo stessi facendo. Ti ignora, come se pensasse che tu l’abbia fatto per sbaglio. Apre gli occhi, controlla ancora che tu stai bene e poi li richiude.
 
“Dormi.” Gli dici. E’ una raccomandazione inutile, detta tanto per dirgli qualcosa, per parlargli perché sentisse la tua voce. Vorresti quasi che rispondesse per sentire tu la sua. Ti sporgi in avanti. Gli sfiori appena le dita col dorso delle tue. Aspetti attenta la sua reazione, ma non arriva. Gli controlli il petto, che respiri. Lo fa, ha solo seguito la tua raccomandazione. I capelli gli scoprono il viso. Vedi quella brutta cicatrice che gli solca l’occhio. Ti disturba la sua presenza, ti ricorda ancora una volta che hai fallito nel proteggerlo. L’occhio gli è diventato sempre più opaco. Lo muove ancora come se da lì ci vedesse, così bene che a volte te lo dimentichi. Ha un po’ di barba mal rasata in viso. Era più curato quando era tuo attendente. L’aspetto più rude gli dona, gli restituisce il temperamento da ragazzino vivace che era stato. Sorridi pensando a quella volta in cui scappaste insieme per nascondervi da tuo padre. Eravate fuggiti da una di quelle noiosissime lezioni di geografia.
 
La carrozza si ferma. Siete arrivati. La nonna ti accoglie preoccupata. Ha saputo. Grida a tutti di farsi da parte, di lasciarla controllare. Chiama il tuo nome ed il suo. Andrè apre gli occhi. Sospira. Con una smorfia cerca di allontanare il dolore e di fingere. Ti cerca. Lo guardi anche tu. Uno sguardo d’intesa. Ti manca un respiro, ma si aprono le porte e voi entrate in scena. Con lei sapete entrambi di dover fingere.
 
E’ preoccupata la nonna, non vi lascia neanche scendere che controlla le ferite. Ti prende il viso, lo guarda da un lato e dall’altro. Fa lo stesso col nipote. Vi sembra un sollievo farvi maneggiare così da lei, finalmente siete entrambi a casa. Le chiedi di farsi da parte, per poter scendere. Allunghi la mano, aiuti Andrè. Lui di nuovo s’aiuta grazie alla tua gentilezza. Quasi ti cade addosso. “Scusa.” Ti dice piano. E’ la prima parola che gli senti dire da stasera. Ha la voce roca, combacia coi lividi, il sangue e le ferite.
 
“N…” stai per dirgli che non fa niente, ma te lo strappano via. Lo portano in camera sua, il cocchiere ed una cameriera. Ti è sembrata quasi una violenza. Ti senti quasi nuda, vuota senza lui addosso. Hai freddo e comincia a piovere. La nonna ti porta di sopra. Tu intanto lo segui con gli occhi, mentre vi separano, mentre lo portano via da te.
 
Ti medicano le ferite e tu chiudi gli occhi. Lo rivedi mentre la folla te lo porta via e ti lamenti. Ripensi a quel vicolo buio, alle parole che hai detto. Il pensiero di lui lenisce il dolore, culla la notte piovosa. E’ un olio caldo che ti scende dal cuore nella pancia. Lo pensi solo, ferito. Ti senti male e vorresti raggiungerlo, ma poi ti ricordi che è nel suo letto. Magari dorme e niente sembra più confortante.
“Il mio Andrè.” Ripeti quando sei sola. Chiudi gli occhi e dormi anche tu. Domani starai con lui.


 


Angolo dell'autrice
Buona sera, cari lettori. Dunque. Stavo completando il terzo capitolo dell'altra ff, quando ho deciso di riguardarmi giusto un episodio per rientrare nei personaggi. E quale vado a scegliere? Ovviamente... Non è niente di che, tre paginette per battere un colpo per dirvi che ci sono. Penso domani o nei prossimi giorni di aggiornare anche la long (che si sta rivelando più long del previsto!). 
Dunque, niente, spero di avervi fatto piacere. Colgo l'occasione per salutarvi e darvi un bacio. A presto. 
  
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