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Autore: veronica85    06/12/2022    9 recensioni
Il primo anno che Teddy e Owen trascorrono in Iraq e l'episodio che i due chirurghi anni dopo ancora ricordano: Owen che fa nevicare nel deserto per una inconsapevole Teddy, solo per vederla sorridere. Questa storia ha partecipato alla challenge "72 prompt in attesa del Natale" ed è candidata agli Oscar della Penna 2024 indetti sul forum Ferisce la penna
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Owen Hunt, Teddy Altman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera! Arrivo un po’ lunga, ma ce l’ho fatta! Vi presento la mia storia, per la challenge "72 prompt in attesa del Natale" del Forum “Ferisce la penna”. Il prompt utilizzato è “Neve” e, tra le molte idee che avevo avuto (tutte legate a Grey’s Anatomy e a Teddy e Owen perché ogni anno è bene cambiare fandom xd) ha prevalso quella della neve nel deserto e del racconto (nella serie solo accennato) di quando Owen fa nevicare nel deserto per Teddy. Conosciamo questo episodio solo tramite due parole dette da loro in due episodi della serie, così ho pensato di provare a svilupparlo. Fatemi sapere cosa ne è venuto. 

 

 

Dio, no, un’altra ragazza non aveva potuto evitare di pensare Owen notando quella giovane dai lunghi capelli biondi scendere insieme all’ultimo gruppo di nuovi arrivi. Era già la terza che assegnavano al 54°, ma che problema aveva il capitano? Non era mica un babysitter, lui: doveva addestrarsi e seguire gli altri e studiare per diventare un chirurgo traumatologo sempre migliore, non aveva proprio tempo per stare dietro ad un’altra ragazzina spaventata. Bastava già Megan, della quale aveva promesso a sua madre che si sarebbe preso cura e che, comunque, non contava, visto che era sua sorella. E poi, ovviamente c’era Kelly, che era inutile come la maglia di lana d‘estate, che era scoppiata a piangere la prima sera, sentendo la mancanza dei genitori e della sorella e non sopportava di vedere ferite più gravi di un braccio rotto o una caviglia slogata. Seriamente, Owen si chiedeva come avessero potuto permettere ad una tale pappamolle di arruolarsi: prima o poi avrebbe messo in chiaro coi superiori che lui non aveva alcuna intenzione di prendersi la responsabilità dei casini delle ragazze. E sicuramente, quella nuova non sarebbe stata diversa, sospirò, anche se, a guardarla meglio, sembrava più grande di Kelly, e magari…no, meglio non farsi illusioni, si ammonì, non era proprio il caso. Aveva imparato che l’età, purtroppo, non sempre era sinonimo di maturità. Fu riscosso dai suoi pensieri da Kelly, che gli comunicava l’aggravarsi di un paio di pazienti: e lei perché era andata a chiamarlo, invece di provare a fare qualcosa? Le abbaiò contro, seguendola il più velocemente possibile e borbottando contro le donne che dormivano in piedi e facevano perdere tempo ai colleghi rischiando di ammazzare i pazienti. Uscì dall’improvvisato tendone due ore dopo, stanco, zuppo di sudore e desideroso soltanto di dormire e fare una doccia...e trovare un muro su cui sbattere la testa perché cominciava a non poterne davvero più di quella dannata incapace e di tutte quelle come lei. E ovviamente, Megan se ne era andata con Riggs a chiacchierare, tanto per fare una cosa diversa nella vita. E la nuova lì, che stava facendo? Si guardava intorno, spaesata, come se stesse aspettando che qualcuno la prendesse per mano e le dicesse cosa fare. Ma non era un medico, dannazione? Le si avvicinò a lunghi passi e pochi secondi prima di raggiungerla, notò che aveva gli occhi lucidi: che palle! Un’altra frignona! «Stammi bene a sentire, perché non lo ripeterò: qui non c’è posto per la tristezza, i piagnistei e le nostre cose personali. I pazienti hanno la priorità, soprattutto se sono civili. E se non riesci a capirlo puoi fare immediatamente dietro front e andartene subito. Non ho tempo da perdere con stronzate come la nostalgia di casa, dei genitori o del fidanzato, intesi?» Bene, aveva messo in chiaro le cose. Ora probabilmente si sarebbe messa a piangere e avrebbe provato a schiaffeggiarlo e… «Beh, allora ti consolerà sapere che i miei genitori e la mia migliore amica sono morti, non ho niente che mi distragga. E non ho lasciato nessun fidanzato in America. Soddisfatto?»  ok, ritirava tutto, non aveva pianto affatto, anzi, si era raddrizzata, aveva indurito l’espressione e lo stava fissando come se avesse voluto ucciderlo soltanto con lo sguardo. Forse, dopotutto, l’aveva giudicata male. Forse era stato troppo prevenuto e per una volta, una delle donne del loro reggimento si sarebbe rivelata utile. Forse proprio per quello il capitano l’aveva mandata da loro. Guardandola allontanarsi, la schiena dritta, il passo deciso, la testa eretta, Owen decise che alla prima occasione si sarebbe scusato. Non che avesse bisogno di fare amicizia con quella donna: aveva Megan, Nathan, Dan e c’erano sempre la foto di Beth e le lettere che lei gli inviava, stava benissimo anche così. Ma se avessero dovuto lavorare insieme, sarebbe stato preferibile che i rapporti tra loro fossero almeno distesi. 

 

Erano trascorsi sei mesi da quel primo incontro e le cose tra Teddy e Owen erano totalmente cambiate: lui era riuscito a prenderla da parte una settimana dopo quella discussione e si era scusato. Teddy aveva accettato le sue scuse ed entrambi avevano deciso di ricominciare da capo, come se tutta quella settimana non fosse mai esistita. E si erano trovati spesso a chiacchierare, a raccontarsi le rispettive storie e Owen si era sorpreso a desiderare che il tempo con lei non finisse mai. Lei lo capiva in maniera più profonda di quanto chiunque altro avrebbe mai potuto fare, compresa sua sorella. E sicuramente era su un altro livello rispetto a Beth, alla quale, da quando era arrivata Teddy, gli capitava di pensare sempre meno, troppo concentrato a chiedersi cosa sarebbe piaciuto alla sua nuova collega, come l’avrebbe pensata su un certo argomento, come avrebbe reagito ad una determinata situazione e soprattutto perché avesse avvertito quell’incredibile sensazione di calore la volta che gli era saltata in spalla dopo aver vinto l’ultima partita di calcio contro Dan e Nathan. Sulle prime non ci aveva neanche fatto caso: gli era sembrato un gesto assolutamente naturale e spontaneo, che qualunque amico avrebbe compiuto in un momento di euforia. Poi però Dan e i ragazzi avevano cominciato a prenderlo in giro, a mimare il suono di un violino quando li vedevano insieme, a rifilargli gomitate e frecciatine e per quanto lui insistesse a dire che erano solo amici, ogni volta, l’idea che potesse esserci qualcosa di più prendeva sempre più spazio nel suo cervello, al punto che, tre mesi dopo aveva anche smesso di ricordare a Dan che, in realtà, lui tecnicamente, era anche fidanzato. Se ne era accorto solo quando lo stesso Dan gliel’aveva fatto notare ed era stato in quel momento che aveva cominciato a chiedersi, seriamente, se i sentimenti per quella che, fino a quel momento, aveva sempre considerato soltanto la migliore amica che avesse mai avuto non fossero, in realtà, molto più profondi di una normale amicizia.
A mesi di distanza aveva infine accettato di essersi innamorato di lei ma contemporaneamente, riteneva anche di non poterglielo dire, non finché non fosse riuscito a chiarire con Beth: sia lei, sia Teddy meritavano che fosse onesto. Ma era difficile esserlo, quando la propria ragazza era a chilometri e chilometri di distanza, rendendo impossibile un confronto faccia a faccia. Per questo, Owen continuava a tacere e rimandare e a trattare Teddy solo come un’amica e una collega, negando con chiunque che ci fosse qualcosa di più. Tra l’altro, lei non sembrava neanche particolarmente interessata a lui, quindi forse, tenere quei sentimenti per sé non era un’idea così malvagia e gli avrebbe risparmiato di perderla e rovinare quanto di bello era nato tra loro in quei mesi. E poi c’erano i giorni in cui semplicemente, la vedeva così triste e qualcosa dentro di lui si ribellava, nasceva il desiderio di fare qualcosa, qualsiasi cosa per farla sorridere e cancellare quella tristezza che troppo spesso si impadroniva di lei. E questo era ancora più evidente nei giorni che avrebbero dovuto essere speciali per qualche motivo, come il suo compleanno o il 4 luglio: a lui non importava granché di qualsiasi ricorrenza, ma Teddy le adorava, soprattutto per l’affetto che era solita ricevere in quelle occasioni e per i colori e le luci che davano alla città tutto un altro aspetto e che quell’anno si sarebbe persa, poiché sembravano destinati a trascorrere il Natale e le altre feste ad esso correlate lì, nel deserto, dove la pioggia era rara e la neve ancora di più. Owen aveva imparato che proprio la neve era l’aspetto che Teddy preferiva del Natale: l’aveva sentita sostenere che una bella nevicata la notte di Natale, rendeva il suo giorno di festa preferito assolutamente perfetto.
Aveva ascoltato storie di lei che smetteva di studiare e fare qualsiasi altra cosa per andare a godersi la prima nevicata dell’anno e aveva compreso che la cosa che le sarebbe mancata di più durante quelle feste (più degli addobbi, dei regali, del tacchino) sarebbe stata la neve.
Per questo si era ingegnato, aveva parlato coi superiori ed era riuscito a procurarsi una macchina che produceva neve finta: Dan aveva adorato la sua idea e si era detto disponibile ad aiutarlo a sistemarla, a condizione che potesse fruirne anche lui e il resto del reggimento. E Owen era stato d’accordo, purché la prima persona in assoluto a vederlo fosse Teddy. E ci era riuscito, il 25 dicembre l’aveva presa in disparte e le aveva mostrato la macchina per la neve, l’aveva fatta partire e... la neve si era sciolta prima ancora di toccare terra per il gran caldo.
«Volevi usare la macchina per far nevicare? Che idea carina!» aveva esclamato lei, dopo aver inquadrato la situazione. «Peccato che questo caldo ti remi contro... ma magari i ragazzi apprezzeranno lo stesso. Si può sempre fingere di essere da qualche altra parte...» aveva buttato lì, sorridendo malinconicamente e una lampadina si era accesa nel cervello del chirurgo traumatologo «Non ti muovere da qui, torno in un lampo» le aveva assicurato, raggiungendo il contenitore dei vestiti inutilizzabili, che avevano ammucchiato e che poi sarebbero stati inceneriti insieme a una serie di altre cose. Aveva afferrato alcune magliette e aveva cominciato a strapparle, fino a ricavarne delle bende, in numero sufficiente affinché ognuno ne avesse una. Se anche Teddy aveva creduto che quei preparativi fossero per tutto il reggimento, allora gliel’avrebbe lasciato pensare. Vederla sorridere era più che sufficiente, non importava che sapesse anche di essere, in realtà la principale destinataria di quel regalo, né che conoscesse le vere motivazioni che lo avevano spinto a darsi così da fare.
Nel frattempo, anche Dan e i ragazzi li avevano raggiunti. Owen sospirò, mentre spiegava a tutto il gruppo la sua idea, distribuendo, una ad una le bende «Ci meritiamo di goderci una bella nevicata il giorno di Natale, ma con questo caldo è impossibile. Quindi, gente, ora mettete queste bende e immaginate di essere a casa, per strada e... lasciate il resto a me!» esclamò notando Teddy sorridere apertamente. Il suo cuore si riempì di orgoglio: ce l’aveva fatta, aveva raggiunto il suo obiettivo, l’aveva fatta sorridere, l’aveva resa felice anche solo per pochi minuti! Se solo fosse riuscito a parlare con Beth... no, non era il momento di pensarci, si rimproverò mentre aiutava Teddy a sistemare bene la benda e la conduceva davanti alla macchina tenendole un braccio intorno alla vita. La neve finta si era sciolta appena era entrata in contatto col viso e le mani di lei, ma la cardiochirurga aveva sorriso per tutto il tempo e si era appoggiata a lui sospirando:
«Hai avuto davvero una splendida idea. Grazie. Buon Natale, Owen» gli aveva sorriso scoccandogli un bacio sulla guancia.
E Owen aveva benedetto il sole di quel dannato deserto e la sua carnagione che tendeva ad arrossarsi così facilmente che gli avevano permesso di nascondere l’imbarazzo misto a gioia provato a seguito di quel piccolo, semplice gesto giurando per l’ennesima volta che non avrebbe fatto trascorrere un altro Natale senza dichiararle i suoi sentimenti. E al diavolo ogni timore.
 

   
 
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