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Autore: Jeremymarsh    09/12/2022    7 recensioni
Entrambi costretti a partecipare al party organizzato dall’azienda per cui lavorano, Inuyasha e Kagome finiranno per compiere un errore di cui si renderanno conto solo il giorno dopo – e non sarebbe nemmeno tanto grave se non fosse che i due si odiano sin da quando il mezzo demone è stato assunto. Tra incomprensioni, amici ficcanaso e un’aria natalizia che potrebbe far loro male, giungerà qualcuno di inaspettato a risolvere infine ogni problema.
[Questa storia partecipa al Calendario dell'Avvento organizzato da Fanwriter.it]
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il malinteso 

  
 

Fu il mal di testa a svegliarlo quel mattino, un rimbombare continuo che non l’aveva lasciato nemmeno quando aveva nascosto il viso nel cuscino e provato a riprendere sonno; quello e il calore che lo avvolgeva. Aveva troppo caldo e non era normale, non per lui che di solito dormiva in boxer anche quando c’erano meno dieci gradi fuori e non aveva mai comprato un piumone in vita sua. Quindi perché diamine aveva così caldo? Sentiva anche le gocce di perspirazione scendergli lentamente sulla fronte, sul collo e sul petto. Deciso a ignorare, per il momento, il rumore assordante nella testa, si concentrò sulla fonte di calore e fu sorpreso nello scoprire che era lui stesso ad abbracciarla. Sgranò gli occhi mentre automaticamente le mani si stringevano attorno al corpo nudo che gli aveva dormito accanto e poi lo lasciò andare, come scottato. Sapeva, per esperienze passate, che risvegli del genere non andavano mai a buon fine ed era intenzionato a sparire prima che il secondo ospite della stanza si svegliasse.  

Ancora mezzo rintontito ma abbastanza scioccato per attivare le necessarie facoltà mentali e motorie che gli servivano per scappare da quella situazione, Inuyasha cominciò a cercare i vestiti sparsi per il pavimento, ignorando anche l’odore attraente che quelli di lei emanavano, e infine saltellando indossò prima i jeans e poi la camicia con la quale era andato alla festa aziendale la sera prima. Per lo meno il black-out non doveva essere durato molto, constatò, perché ricordava di essersi goduto almeno una prima parte dell’evento, nonostante fosse a tema natalizio e lui fosse stato costretto sotto minaccia dal capo – ovvero quello spocchioso del fratellastro. Aveva appena finito di infilarsi le scarpe, senza curarsi di allacciarle, mentre ripeteva come un mantra ‘ignora il perizoma, ignora il perizoma’ che era convenientemente finito proprio su una di esse, quando sentì dei gemiti provenire dal letto – gemiti che inviarono alcuni flashback della notte passata alla sua mente e delle scosse di piacere direttamente al suo sesso. Deglutì e si immobilizzò, pregando che la ragazza continuasse a dormire così da lasciargli quei pochi secondi che gli servivano per squagliarsela.  

Ma la fortuna non era dalla sua parte – o per lo meno questo è ciò che pensò lui quando la sentì svegliarsi del tutto.  

Deluso, prese un grosso respiro e tentò di dipingersi sul viso un’espressione quanto più amichevole possibile prima che la donna con la quale aveva evidentemente fatto sesso cominciasse a dare di matto. Tuttavia, nel momento in cui si voltò e la vide, dimenticò ogni proposito. 

“Tu!” urlò mentre anche lei lo riconosceva e gli rimandava un’espressione inorridita. La vide afferrare di fretta il lenzuolo per portarselo al petto e per un attimo si dimenticò della propria rabbia per cogliere l’occasione perfetta e metterla in imbarazzo – una delle cose che gli piaceva più fare, d’altronde. “Inutile che ti copri; d’altronde, ho già visto tutto.” Ammiccò lanciandole uno sguardo di sfida e uno di quei sorrisi sornioni che spesso trovavano posto sulle sue labbra. “Non che tu sia tutto questo granché, poi.” 

Lei si rabbuiò e strinse il lenzuolo più a sé. “Non sembrava la pensassi in questo modo stanotte.” Ricambiò il sorriso. “Anzi, se ricordo bene hai perso parecchio tempo nel rimirare le mie tette e il mio culo che non sono questo granché sia prima che dopo avermi scopata.”  

Inuyasha strinse gli occhi, per nulla contento di essere in svantaggio – visto che, chiaramente, lei ricordava più di lui – e senza trovare una risposta adeguata, afferrò la giacca e fece per andarsene. Giunto sulla soglia della porta, però, si fermò e voltò la testa quel tanto che gli permettesse di vederla, ancora lì ferma al centro del letto. “Per la cronaca, non sembrava che nemmeno a te dispiacesse lasciarti scopare.” Non poteva saperlo per certo, ma si rifiutava di andarsene senza avere l’ultima parola.  

La donna, però, aveva altri piani e non reagì come lui aveva sperato. Il suo sorriso si allargò solamente e poi disse: “Beh, certo, ma a differenza tua non ho mai preteso il contrario.” E ridendo, lo osservò scapparsene con la coda tra le gambe e il fumo che gli usciva dalle orecchie canine. Solo quando il rumore dei suoi passi sulle scale svanì Kagome osò lasciarsi andare: le spalle si afflosciarono, le dita allentarono la presa sul lenzuolo e poi alzò il capo al cielo sospirando.  

Com’era accaduta una cosa del genere?  

Quando si era svegliata con un’emicrania allucinante e un saporaccio in bocca aveva compreso subito che la sera precedente ci aveva dato dentro fin troppo con l’alcool, nonostante avesse chiesto a Sango di tenerla d’occhio prima di arrivare. Ma l’amica non aveva mantenuto la parola perché troppo occupata a limonare con Miroku e lei, già giù di morale, aveva scacciato via la solitudine con qualche drink in più. Bell’amica che si ritrovava, una che l’aveva fatta finire indirettamente nelle braccia di colui che in primis era tra i responsabili del suo malumore.  

Come diamine era finita a letto con Inuyasha Taisho?  

Era pur vero che aveva una cotta per il mezzo demone da tempi biblici e che da ubriaca perdeva le inibizioni, ma la sua scusa, invece, qual era? Kagome avrebbe preferito l’umiliazione di un due di picche piuttosto che quello. Ora avrebbe dovuto affrontare le sue battute sarcastiche, le prese in giro e le angherie di quello spocchioso sapendo che l’aveva vista nuda – e anche molto bene! Magari ora non se lo ricordava, ma avrebbe avuto presto un bel po’ di materiale per tormentarla. Sinceramente, Kagome non aveva ancora capito come una persona tanto bella potesse essere così antipatica e non le importava se come mezzo demone doveva aver sperimentato razzismo e bigotteria, il suo passato non era una scusa per comportarsi in quel modo con lei. E dire che quando lui aveva cominciato a lavorare nella stessa azienda Kagome si era subito dimostrato amichevole.  

Scosse la testa, sconsolata, e cominciò finalmente a vestirsi. Sarebbe stato inutile continuare a rimuginarci su e, in più, non sapeva nemmeno che ore erano. Presto qualcuno sarebbe salito a informarla che doveva lasciare la stanza; preferiva non farsi trovare in quello stato o farsi trovare in generale.  

Racimolò i pochi averi e se la diede a gambe levate, sperando che lasciandosi quella camera dall’albergo alle spalle con essa potesse dimenticare anche i drammi causati dal collega più antipatico, scontroso, scorbutico e sexy che avesse mai conosciuto.  

  

🎄

  

Tornato nel suo appartamento, Inuyasha aveva ritenuto saggio cercare di alleviare la tensione con l’acqua calda e dimenticare per un po’ anche ciò che era successo. Peccato solo che nel momento in cui ricominciò a sentirsi bene fisicamente i dettagli di ciò che era accaduto gli tornarono alla mente più nitidi. Non importava quanto bene si strofinasse, l’odore naturale di lei, la sua eccitazione, combinato con il suo, continuava a pizzicargli le narici, rendendolo quasi pazzo. Finì per uscire dalla doccia più nervoso di prima, anche perché quei momenti di lucidità gli avevano ricordato che per quanto cercasse di odiare quella donna, non riusciva mai a togliersela dalla testa. Sarebbe stato ancora più difficile ora che ricordava cosa significasse averla per sé – e preferì non soffermarsi sul fatto che il suo inconscio gli stesse chiedendo di averla ancora, e ancora.  

Sbuffò e si lasciò cadere sul letto ancora tutto bagnato. Si passò una mano sul viso e rifletté sul da farsi: domani l’avrebbe rivista a lavoro visto che Sesshomaru aveva affidato loro lo stesso progetto e sebbene finora fosse stato piuttosto bravo nel recitare la parte dello stronzo bastardo – aveva preso ispirazione proprio dal fratellastro – sarebbe stato più difficile fingersi indifferente, soprattutto se il suo corpo l’avesse tradito.  

“Ugh,” grugnì insoddisfatto, prima che il silenzio nella stanza fosse interrotto dallo squillo del cellulare dimenticato chissà dove. All’inizio lo ignorò, pensando che potesse essere il padre o peggio ancora la madre; non aveva intenzione di soccombere ai sensi di colpa ed essere costretto a partecipare all’ennesima cena di famiglia, rivedendo di conseguenza Sesshomaru prima di quanto avrebbe voluto. Tuttavia, quando la suoneria continuò a diffondersi ben oltre i soliti tre squilli, sbuffò ancora. Quell’insistenza poteva significava solo una cosa: Miroku.  

“Oi,” esordì dopo aver localizzato l’apparecchio offensivo.  

“Amico mio,” lo salutò l’altro con l’entusiasmo di chi aveva passato una notte migliore della sua e avuto un risveglio ancora più soddisfacente. “Vedo che l’aver passato alcune ore in compagnia di una dea come Kagome non ha ammorbidito il tuo spirito.” 

Il mezzo demone scattò a sedere, stringendo lo sguardo. “Come sarebbe a dire?! Hai visto che mi allontanavo ubriaco con lei e non mi hai fermato?” 

Miroku fu preso in contropiede da quella domanda. “Beh, ovvio che no. Perché avrei dovuto? Era da un po’ che avevi bisogno di scopare. In più, anch’io ero impegnato con la mia dolce Sango.”  

“Bastardo,” sibilò. “E tu saresti il mio migliore amico? Solo perché credi di sapere di cosa ho bisogno non vuol dire che devi interferire!” 

“Umph, chi l’avrebbe detto che un po’ di amore ti avrebbe reso ancora più difficile.” Dall’altro lato della cornetta Miroku alzò gli occhi al cielo. “Io non ho fatto nulla; tu e Kagome ci stavate già dando dentro ben prima che mi accorgessi di voi. Anzi, dovresti ringraziarmi: se non avessi rubato del tempo alla mia preziosa Sango per suggerirti di prendere una stanza, ieri sera l’intera azienda ti avrebbe visto mentre approfittavi delle grazie della tua bella.” 

Inuyasha impallidì. “C-c-osa?”  

“Proprio così,” annuì Miroku. “E poi perché ti scaldi tanto? Pensavo Kagome ti piacesse. Non eri stato tu a comportarti come un idiota la prima volta che l’hai vista? Qualche settimana dopo mi hai anche minacciato di cavarmi gli occhi e liberarmi della mia mano maledetta se avessi osato provarci.”  

Con quelle parole, l’amico gli riportò alla mente quel pomeriggio di mesi prima durante il quale aveva scoperto la verità su Kagome, quando ancora – fortunatamente – non si era fatto abbagliare dalle apparenze come gli era già accaduto in precedenza.  

  

🎄

  

Inuyasha era arrivato in azienda solo da qualche giorno e sebbene se la stesse cavando piuttosto bene, non riusciva a superare il fatto di essere stato assunto nello stesso stabile del fratellastro – e di essere un suo sottoposto per di più. Per sua fortuna, il resto dei colleghi, a parte qualche eccezione, gli era sembrato piuttosto accogliente nei suoi riguardi, sicuramente più di quei razzisti con cui aveva avuto a che fare quando lavorava a Kyoto. Senza contare, poi, colei che gli avevano affiancato come guida temporanea: sebbene di solito restasse sulle sue e non si sbilanciasse quando si trattava di donne a causa di esperienze non finite proprio bene, questa volta aveva l’impressione che se avesse osato pian piano aprirsi con Kagome sarebbe finita bene. 

Questo, almeno, era ciò che aveva pensato prima di origliare per sbaglio una sua conversazione con Koga quel pomeriggio imboccato il corridoio delle macchinette del caffè. Si bloccò riconoscendo la sua voce e dovette stringere i pugni per evitare di ringhiare non appena sentì quella del lupastro — una delle eccezioni, per l’appunto.  

“Non lo sopporto, Koga, proprio non ce la posso fare.” Sembrava divisa tra l’essere arrabbiata e disperata e Inuyasha si chiese chi mai potesse suscitare una reazione del genere in qualcuno solitamente sempre allegro e gentile.  

“Dai, Kagome, sei arrivata fin qui, potrai resistere questi pochi giorni ancora.” 

A quel punto la sentì sospirare sconsolata e da quel poco che aveva già potuto notare di lei, era sicuro anche senza guardarla che stesse scuotendo la testa. “Te l’ho detto: non lo sopporto. Gira per l’azienda con quella sua aria di superiorità, come se tutto gli fosse dovuto, con quei lunghi e bellissimi capelli bianchi che per quanto possa invidiare vorrei anche tagliare o, meglio ancora, bruciare; quegli occhi dorati che sembrano diventare di ghiaccio quando ti guarda e i suoi completi sempre firmati e all’ultima moda. Ugh, cosa c’è di male in un orlo che esce fuori dai pantaloni ogni tanto? Dimmelo tu, Koga, prima che vada di là a dirgliene quattro e mettere in pericolo la mia promozione. Dici che avrei il tempo di tirargli la camicia o mi farebbe prima fuori con i suoi artigli?” 

In risposta a quel monologo sconclusionato, Koga scoppiò a ridere, mentre Inuyasha, sbigottito, guardava il proprio riflesso nella porta di vetro, soffermandosi in particolar modo nell’ennesimo completo che sua madre si ostinava a fargli trovare nell’armadio anche se era andato via di casa da anni. Izayoi aveva sempre insistito nell’importanza di una buona prima impressione sul luogo del lavoro e anche se Inuyasha avrebbe preferito andarci in jeans e maglietta, si era lasciato convincere. Ora, quella giacca scelta con tanto amore dalla donna gli suscitò solo rabbia, ma non quanto quella che sentì al pensiero dell’ennesima persona che lo aveva fregato. Anche se, per lo meno, rifletté mentre faceva dietro front e per poco non investiva uno stagista, aveva scoperto il suo inganno prima che potesse rimanerci davvero scottato.  

Non sapeva a che gioco stesse giocando Kagome Higurashi, solo che non gliel’avrebbe data vinta.  

  

🎄

  

Da quel giorno, Inuyasha aveva risposto ai modi apparentemente gentili della collega con insulti velati e prese in giro e anche se gli era quasi dispiaciuto vedere la sua espressione ferita, sapeva che era tutta una farsa e non si era fatto abbindolare. E, infatti, Kagome non ci aveva messo poi tanto a rivelare la sua vera natura e da allora tutti a lavoro avevano imparato che dovevano stare alla larga quando quei due si trovavano nella stessa stanza.  

Scacciando quei pensieri, tornò alla conversazione che Miroku, dall’altro lato della cornetta, stava avendo con se stesso e si rabbuiò. L’amico non avrebbe capito comunque. “Lascia stare, che vuoi che ne sappia tu,” sbottò, rude, e senza dargli modo di replicare gli attaccò il telefono in faccia.  

Prima di lanciarlo contro il muro, non curante dei danni che avrebbe causato, osservò l’apparecchio per qualche secondo in più, scrollando la rubrica fino ad arrivare al numero di lei. Non che fossero mai riusciti a comunicare davvero, ma l’averlo era comunque una necessità quando si trovavano a lavorare a stretto contatto più spesso che non, cosa che gli ricordò che non aveva mai capito a cosa si riferisse il lupastro, quella volta, quando le aveva detto che doveva resistere solo pochi giorni. Anche se Kagome era stata promossa, c’erano state più volte in cui a lui era stato richiesto di unirsi al suo team e ciò aveva comportato una vicinanza difficile da gestire.  

Sbuffò. Come se importasse qualcosa.  

Si lasciò cadere nuovamente sul letto e pensò che per quel giorno fosse meglio lasciare quella donna tanto odiosa quanto attraente fuori dai suoi pensieri.  

  

🎄

  

“Sango, per l’ennesima volta ti confermo che è così. Avresti dovuto vedere l’espressione carica di rancore che mi ha rivolto non appena ha capito chi si era portato a letto,” quasi urlò Kagome, sperando che l’amica la smettesse di contraddirla e le credesse. Era tanto difficile darle ragione ogni tanto? Non solo si trovava in una situazione del genere per colpa sua che non aveva mantenuto i patti, ma ora doveva anche sentirla mentre prendeva le difese di quello spaccone. “Hai provato a pensare a quanto deve essere stato umiliante per me sapere che l’uomo con cui avevo passato la notte era così disgustato all’idea di avermi riconosciuta?” Non riusciva nemmeno a capire da dove avesse tirato fuori il coraggio di rispondergli per le rime invece di scoppiare a piangere. 

“Oh, Kagome, sicuramente sarà stata una tua impressione,” tentò di rassicurarla Sango, senza risultato. 

Kagome si morse la lingua per non urlare o risponderle male, sapendo che se ne sarebbe pentita. Si portò, invece, la mano tra i capelli in un chiaro gesto nervoso e prese un grosso respiro contando almeno fino a dieci per riprendere un minimo di controllo. “Sango,” ricominciò a denti stretti, “ora vuoi anche dirmi cosa io ho visto?” 

“Beh, certo. Se parli di Inuyasha lo fai sempre carica di astio: è evidente che la tua percezione sia sbagliata. Lo conosco da molto più tempo di te, Kagome, e ti dico che mai l’ho visto comportarsi come dici tu, a meno che non avesse a che fare con qualche bigotto. E tu non lo sei. Quindi perché dovrebbe trattarti così?” 

“Come se tu fossi ogni giorno a lavoro con me!” sbottò infine. “Lo conosci da più tempo, ok, ma l’ambiente è del tutto diverso. E ci hai mai fatto caso che quando ci riuniamo tutti lui trova sempre la scusa per andarsene non appena si rende conto che ci sono anch’io?” 

“In realtà...” provò ancora Sango che sentiva come se stesse per perdere la battaglia.  

“No, lascia stare. Ti voglio bene, davvero, ma oggi stai facendo tutto tranne che essermi d’aiuto. A più tardi.” Chiuse la telefonata e poi attraversò la stanza per sdraiarsi sul divano e chiudere gli occhi, cercando di ignorare il mal di testa che l’aveva tormentata da quando si era svegliata, senza rimedio.  

Non le piaceva discutere con l’amica di sempre, eppure si rendeva conto che quando il mezzo demone era l’argomento della conversazione finiva puntualmente in quel modo. Come se Inuyasha non le rendesse già la vita un inferno a lavoro, ci pensava a complicargliela anche nel privato. Sbuffò ancora e si asciugò le lacrime nervose che aveva versato, poi, visto che sembrava impossibile cercare di rilassarsi si alzò di nuovo decisa a prepararsi qualcosa da mangiare. Poco dopo, si ritrovò davanti del ramen preconfezionato e quando si accorse di aver scelto, senza nemmeno rendersene conto, il piatto preferito dell’uomo, per poco non lo buttò nell’immondizia; a salvare il suo pranzo fu solo il fatto che Kagome non tollerasse alcun tipo di spreco.  

Quello era solo un altro segno di come, da quando aveva iniziato a lavorare da loro, Inuyasha avesse invaso ogni sfera della sua vita senza lasciarle alcuno scampo, non importava per quanto ci provasse. La prima settimana, in realtà, non le era dispiaciuto avere per la mente quell’attraente mezzo demone a cui le avevano chiesto di fare da guida, ed era anche la prima volta che si interessava a qualcuno dalla sua rottura con Hojo. Ma era evidente che si era fatta abbindolare dal suo aspetto, visto come si era rivelato infine.  

L’unico tarlo che, però, continuava a tormentarla era non sapere perché avesse cambiato atteggiamento così drasticamente senza un reale motivo – o almeno era lei a non conoscerlo. Ma ci aveva rinunciato da una vita a scoprirlo. Nel frattempo, si era ripromessa che non gliel’avrebbe data vinta, anche se persino la sua migliore amica non era disposta ad appoggiarla.  
 

  

🎄

  

  

La settima dopo, a lavoro, molti rimasero sconvolti dal comportamento dei due che, rispetto al solito, si erano tenuti quanto più lontani possibile e quando era stato impossibile non avevano ricercato il litigio o istigato l’altro. Era evidente che doveva essere successo qualcosa di cui la maggior parte non era al corrente o, per lo meno, non poteva immaginare, non se non aveva avuto modo di osservare l’ancor più strano atteggiamento dei due al party aziendale. Forse era l’aria natalizia a non far loro tanto bene.  

Così andò avanti per giorni interi e nonostante la calma apparente, molti ritennero saggio tenersi comunque alla larga, motivo per il quale, quel giovedì, i due erano da soli a pranzare nella sala ristoro. Nessun altro si era azzardato a restare, nessun altro a parte un demone lupo in particolare.  

Koga non aveva mai dato troppa importanza ai litigi dei due e in più di un’occasione aveva fatto sapere all’amica cosa ne pensasse davvero e come, secondo lui, avrebbero potuto risolvere per lasciarsi la tensione. Così, quando entrò nella stanza e notò l’elettricità che ancora li circondava fu abbastanza sorpreso; dopo tutto, lui era tra quelli che alla festa avevano notato i loro preliminari.  

“Oi,” si annunciò, dirigendosi verso il frigo per cercare il pranzo che vi aveva lasciato la mattina. “Cosa sono quelle facce? Pensavo che dopo averci dato dentro tutta questa tensione sessuale sarebbe sparita. Se volete, posso spargere la voce così da lasciarvi liberi di fare tutto quello che volete per il resto della pausa.” Ammiccò dopo aver bevuto un sorso d’acqua. “Visto che avete disperatamente bisogno di una replica.” Poi, come se fossero stati amici e non rivali, si avvicinò a Inuyasha e gli diede una pacca sulle spalle. “Non penso vi capirò mai, comunque,” aggiunse scuotendo la testa mentre andava via. “Considerando che vi morite dietro da quando vi conoscete, avrei detto che sareste finiti a letto dopo una settimana. Beh, a ognuno il suo, a quanto pare. Se il role play è quello che vi eccita, chi sono io per dirvi di smetterla? Assicuratevi solo di scaricarla davvero questa tensione stavolta, ok?” Concluse prima di voltarsi ancora, ammiccando, e poi sparire, lasciandoli lì come due statue di sale a boccheggiare.  

Cosa aveva appena detto il lupastro? Kagome gli moriva dietro? Non poteva essere possibile, non dopo il modo in cui aveva parlato di lui all’epoca. L’aveva sentita bene. Girandosi di scatto nella sua direzione, la trovò con il volto calato e l’aria – per la prima volta in cui sua presenza – decisamente imbarazzata, senza contare che anche in quella posizione era impossibile non notare le sue guance scarlatte. Che Koga avesse avuto ragione? Perché mai prendersi gioco di lui allora?  

“Kagome?” provò a chiedere.  

Lei in risposta rialzò il viso e si rabbuiò, nonostante lui potesse vedere come il suo solito spirito combattivo fosse quasi del tutto assente, sostituito ancora dall’imbarazzo. “Beh, cosa aspetti? Vuoi prendermi in giro come tuo solito, vero? Oh, già immagino come ti divertirai ora sapendo che la povera Kagome, in realtà, ha sempre provato qualcosa nei tuoi confronti, no?” Rise ma senza entusiasmo. “Come se cambiasse qualcosa per me.” Si alzò di botto e incarto i resti del suo pranzo, pronta ad andar via. “Come se facesse qualche differenza. Sappiamo entrambi che avresti comunque trovato nuovi modi per rendermi la vita un inferno.” E, detto ciò, si allontanò a grandi passi in direzione della porta, salvo poi essere fermata da una mano artigliata sul polso.  

Inuyasha aveva ascoltato tutto a bocca aperta e se non avesse avuto un udito eccezionale avrebbe creduto di aver sentito male. Quando la vide andar via, però, si riscosse e la raggiunse in un attimo, determinato a risolvere quella situazione divenuta all’improvviso molto più complicata di ciò che era sempre stata — ma anche più semplice. 

“Lasciami subito,” sibilò lei, ora decisamente incazzata. “A meno che tu non sia un sadico che vuole provare il brivido di essere purificato.” E Inuyasha ebbe la conferma che non scherzava quando cominciò a sentire la pelle della mano bruciare.  

Lasciò immediatamente la presa ma, fermo nel suo proposito, la superò e le bloccò ogni via d’uscita, chiudendo anche la porta dietro di sé di modo che nessuno potesse ascoltare ciò che avevano da dirsi – anche se non aveva dubbi e sapeva che Koga in tutta probabilità aveva sul serio diffuso la voce che loro due erano occupati in altra maniera lì dentro. Sperava solo che la cosa non gli si ritorcesse contro in seguito, ma per il momento il suo unico obiettivo era far luce su ciò che era accaduto.  

Alzò le mani davanti a sé in un chiaro segno di resa. “Voglio solo parlare, Kagome. Dopo tutto, se hai ascoltato bene, non è solo a te che Koga si è riferito.” A quel punto era inutile fingere. Solo dopo che quelle parole ebbero lasciato la sua bocca tutti i ricordi gli tornarono alla mente e come un flashback, rivisse ogni momento di quella serata fino a quando non si erano svegliati, non potendo sapere che – nello stesso istante – anche Kagome stava ricordando.  

“Lo sai, vero, da quanto desideravo che ti lasciassi un po’ andare e ti accorgessi di me?” gli chiese mentre Inuyasha la teneva ferma contro la parete e gli lasciava una scia di baci lungo il collo, suscitando in lei un altro brivido di piacere. “Non che tu non sia attraente quando ti arrabbi, anzi. Però forse questi preliminari sono durati anche troppo.”  

Il mezzo demone a quel punto si bloccò, alzando il viso e incrociando gli occhi appannati di lei. Sorrise sornione, quel sorriso che aveva rischiato di farla impazzire tante volte in precedenza, e poi rispose: “Bastava dirlo, Ka-go-me. Mi hai fatto credere di essere diventato matto per quanto volessi baciarti ogni volta.”  

“Davvero?” chiese ancora lei, sorpresa, come se non avesse già avuto conferma del suo evidente desiderio. La sua reazione fisica, però, non valeva tanto quanto quelle parole che le aveva appena rivolto.  

“Davvero,” sorrise ancora lui, prima di avvicinare ancora di più il viso in quello spazio ristretto e baciarla come aveva sempre voluto fare dal primo momento in cui l’aveva vista.  

“Davvero?” chiese allora Kagome, ripresasi un minimo dallo shock di quei ricordi, la sua domanda un’eco di quella che gli aveva già rivolto. “Allora perché?” Sentì i suoi occhi inumidirsi, forse perché ancora non capiva il motivo del suo atteggiamento, perché era ancora tutto così strano.  

“Perché?” ripeté lui. “Come sarebbe a dire perché? Come avrei dovuto comportarmi secondo te dopo aver sentito ciò che pensavi di me? Pensi che io sia uno sciocco? Sarei io a doverti chiedere spiegazioni, non viceversa.” 

“C-cosa? Ma che significa? Io non ho avuto altro che belle parole per te da quando hai messo piede in questa azienda! Sei tu che da un giorno all’altro sei cambiato del tutto, trattandomi come se ti avessi fatto il torto peggiore di sempre. E ho dovuto subire le tue angherie fino ad adesso!” sbottò avvicinandosi e puntandogli il dito contro. 

“Perché lo hai fatto!” urlò lui di rimando, bloccandole di nuovo il polso con una mano, facendo sì che la sua mano si rilassasse e si appiattisse contro il suo petto. “Ti ho sentita mentre sparlavi di me con quel lupastro, come se non vedessi l’ora di liberarti di me. E ora dovrei credere al fatto che ti sono sempre piaciuto? Non sarò l’uomo più intelligente di questo mondo, sarò pure un mezzo demone, ma ne capisco abbastanza da sapere che non parli così di qualcuno per cui provi attrazione!” 

Kagome boccheggiò. “Non ho mai parlato male di te, per quale motivo avrei dovuto farlo?” A quel punto erano così vicini che il loro fiato si mischiava e nemmeno se ne erano accorti, tanto accaldati erano da quel confronto che, pur senza saperlo, avevano desiderato da sempre.  

“Perché non me lo spieghi tu?” chiese lui di rimando, abbassando ancora di più il viso tanto da far sfiorare le loro fronti e il corpo che gli tremava a causa della rabbia, della tensione e sì, anche dell’eccitazione data dal vederla così agitata e arrabbiata. Sperava solo che non si accorgesse di quanto il suo corpo ne era affetto. “Perché non mi dici cosa ne pensi dei miei capelli bianchi che avresti voluto tanto bruciare o dei miei occhi gelidi?” Stava ansimando ora e non pensava avrebbe resistito ancora un secondo di più senza baciarla e premere il suo corpo contro quello di lei. Non gli importava più di ricevere una risposta, voleva solo assaggiarla di nuovo e inspirare i loro odori mescolati così da tanto da non poter riconoscere più dove iniziava lui e finiva lei. 

“Ma io non-” provò a rispondere lei, senza fiato, affetta allo stesso modo dalla vicinanza di lui che le stava mandando così tanto in pappa il cervello da non riuscire nemmeno a riconoscere l’evidente incomprensione che aveva causato tutto. Ma non aveva importanza, non se un secondo dopo lui aveva mandato all’aria ogni proposito e la stava baciando.  

Inuyasha le bloccò la vita con entrambe le mani e finalmente le catturò le labbra, imprimendo in quel bacio tutto il desiderio che aveva represso fino ad adesso, in quei mesi, modellando il corpo di lei contro il suo, così che sentisse cosa provava ogni volta che era nei suoi paraggi. Gemette quando Kagome aprì la bocca e lasciò che le loro lingue si accarezzassero e inseguissero, mentre le sue mani ora libere si stringevano attorno al suo collo.  

Pian piano, cominciò ad accarezzarle le cosce, spingendosi fra di esse e cercando un qualche tipo di attrito che lo soddisfacesse e, al tempo stesso, aumentasse il suo desiderio al punto da farlo impazzire. In risposta, sentì i mugolii di lei quando si separarono per prendere aria e li sentì aumentare sempre più quando posò le labbra sul suo collo, inspirando il suo odore, ancora più intenso ora che era eccitata. La mente si stava spegnando in favore della passione che lo stava dominando tutto, insieme al subbuglio di emozioni impossibile da gestire, ma riuscì comunque a pronunciare le ultime parole sensate mentre la trascinava verso l’unico divanetto nella stanza. “Al diavolo, non me ne frega in ogni caso!” 

“No,” ansimò lei stringendosi di più a lui. “Non importa.” 

Il malinteso fu del tutto dimenticato dopo quel giorno, forse perché i due erano troppo occupati a recuperare il tempo perso. Eppure, quando settimane dopo Sesshomaru lì trovò a darsi da fare in una sala fotocopie ancora addobbata a tema e Kagome gli risolve le stesse parole che aveva detto un tempo a Koga, Inuyasha scoppiò a ridere, comprendendo il suo errore. Come non avesse afferrato subito che fossero riferite al fratellastro non lo capì mai, soprattutto visto che gli si addicevano fin troppo bene. 

 


 


N/A: Questa storia partecipa al Calendario dell'Avvento indetto da Fanwriter.it.
Siccome in Giappone il Natale non è una festa intesa come la nostra, mi è piaciuta l'idea di ambientarla durante un party aziendale. In più, essendo il trope "Enemies to Lovers" uno dei miei preferiti di sempre, era da tempo che volevo scrivere qualcosa del genere, soprattutto perché Inuyasha e Kagome penso siano perfetti come protagonisti. Certo, qui l'ho mischiato un po' a un sacco di altri trope, ma è stato divertente comunque. 

Spero vi sia piaciuto e chissà che non riesca a scrivere ancora altro a tema natalizio. 

A presto ❤.

 

   
 
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