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Autore: Albascura_    13/12/2022    2 recensioni
Perché il tatto è una cosa concreta, il calore non si può fingere.
Scritta per l'advent calendar 2022 del gruppo fb h/c Italia. Prompt: Non devi amarmi per forza.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la serie
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Warnings: contesto vago post Shippuden, NO Boruto & Co., terrore notturno, sindrome da stress post traumatico.
 

Comforting touch

 

Succede anche quella volta, come tutte le notti, diverse ore prima del sorgere del sole. 

Sasuke non si sveglia per il rumore, ma per il dolore: la gola brucia, la testa scoppia, il petto è stretto in una morsa.

Il corpo è madido di sudore e scosso dai brividi. 

Sta urlando.

Si tira faticosamente a sedere con il respiro spezzato, mentre cerca di capire dove si trova, di mettere a fuoco la realtà. 

La prima cosa che vede, come tutte le notti, è Naruto: ha acceso la lampada da notte, il suo viso è solo ombre gialle e labbra tese. 

Il suo braccio, l’unico che gli è rimasto, è sulla sua schiena prima ancora che possa sbattere le palpebre. 

La sua mano, posata con delicata fermezza tra le sue scapole, è calda e rassicurante. È qualcosa di tangibile, di vero, di reale.

Sentirla lo aiuta istantaneamente a rallentare il respiro. 

Sasuke chiude gli occhi e si concentra solo su quella sensazione: cinque dita calde, immobili, contro la sua schiena. Perché il tatto è una cosa concreta, il calore non si può fingere. E il concreto lo aiuta a discernere la realtà dall’incubo, il presente dal passato, quello che è stato da quel che non è più.      

Poi sente anche la sua voce: è incredibilmente calma, e calda, come tutto di lui, nonostante sia impastata di sonno e apprensione. Ma la sente lontana, come un sussurro. Ed è allora che Sasuke si accorge di star ancora gridando. Spalanca gli occhi, serra le labbra. Le parole di Naruto sembrano lontanissime mentre tace, ma continua ad urlare nella sua testa. 

Debole, debole, debole.

Naruto si è fatto più vicino, preme sulla sua schiena finché non è costretto ad abbandonarsi contro al suo petto, la fronte contro la sua spalla, l’orecchio contro le sue labbra. E Naruto parla, parla, parla. Sasuke non lo sa cosa sta dicendo, in quel momento è troppo confuso per capire ma non è quello che importa. L’importante è sentire la sua voce, è sapere che quello è il presente, che quella è la verità, e che è calda, è reale, è al suo fianco e non si lamenta mai, mai, mai. Ogni notte quella storia patetica si ripete e senza un biasimo Naruto è pronto ad accoglierla e gestirla. 

Di giorno non ne parlano mai. Non ce n’è bisogno. Sasuke non vuole parlarne e Naruto lo sa, come del resto sa sempre tutto quando si tratta di lui, senza che ci sia bisogno di dirlo a voce alta. Conosco il tuo cuore e tu conosci il mio.

Ma di notte, quando l’unica luce è quella fioca della lampada e al mondo, quello vero, quello del presente, sembrano esserci solo loro due, essere debole sembra una concessione più facile da fare a se stessi.

«Hai sognato Itachi, stavolta. Vero?» Naruto in certi momenti sa essere incredibilmente serio. Le sue crisi sono uno di quelli.

«Si. Era di nuovo quella volta.» Un’ombra stagliata contro la luna, occhi rossi, sangue, dolore. Poi un sorriso, - non devi perdonarmi, Sasuke -, un fantasma che si disgrega come polvere al vento. E dolore, dolore, dolore. Tra tutti gli incubi che gli tengono compagnia, il peggiore. Peggio di quelli con Orochimaru, peggio di quelli con Tobi, peggio di quelli dove è solo Sasuke di fronte a tutto ciò che ha calpestato. «Ma come fai a saperlo?»

«Lo capisco dal modo in cui urli.»

Sasuke scioglie l’abbraccio. È davvero così facile, ormai, leggerlo? Sono davvero a mio agio a mostrarmi così debole, così nudo, di fronte a te? Si domanda abbassando lo sguardo. 

«Saprai spieghermi prima o poi perché perdi ancora tempo con me? Sono rotto, Naruto. Non lo vedi?»

«Forse lo sei. Forse lo siamo.» Ammette con un mezzo sorriso rassegnato. Poi cerca la sua mano ancora tremante e le stringe tra nella sua. «Ma questo non mi impedisce di amare ciascuno dei tuoi pezzi.»

Sasuke strizza le palpebre. Tra le tante cose che vorrebbe cambiare, c’è anche quella di smettere di farsi vedere piangere. Ma quella è una battaglia che notte dopo notte sembra continuare inesorabilmente a perdere.

«Perché? C’è sicuramente qualcuno con cui puoi avere una vita più facile. Ormai sono tornato. Sono qui,» mormora tra i singhiozzi. «Non devi amarmi per forza.»

«Oh, Sasuke…» è indulgente e amaro il sorriso che piega le sue labbra, ma nei suoi occhi non c’è traccia di rimpianto. «Se potessi smettere, non credi che l’avrei già fatto anni fa? Questa cosa che sento per te, qui al centro del petto, è più incontrollabile di qualsiasi cercotero, ed è dolorosa molto più spesso di quanto è piacevole. Eppure è ancora qui, nonostante tutto. Sempre qui. Io ti amo, Sasuke. Forse non sono fatto per le cose facili.» Scrolla le spalle con un mezzo sorriso, come se dopo tutto fosse tutta una questione di inevitabilità. Poi gli asciuga le guance con il dorso della mano. «Ora dormiamo, ‘tebayo?»

Sasuke annuisce. Abbozza addirittura un debole sorriso. 

Naruto spegne la lampada e si stende alle sue spalle. 

Il suo ampio torace contro la schiena tremane è caldo e rassicurante. È qualcosa di tangibile, di vero, di reale. 

Sasuke chiude gli occhi e si concentra solo su quell’abbraccio. La gola duole ancora, la testa pulsa, gli occhi bruciano. Ma il petto, finalmente, è più leggero. Perché il tatto è una cosa concreta, il calore non si può fingere. Così come l’amore.


 
   
 
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