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Autore: Mareggiata_Dorabella27    15/12/2022    17 recensioni
Questa storia nasce da una idea comune a due autrici, che hanno pensato a un racconto a quattro mani. La storia vede protagonisti un André e una Oscar ancora giovani, lontani dalla drammaticità dei mesi passati con i Soldati della Guardia Metropolitana. Qui ci troviamo negli anni Settanta del Settecento, in un assolato mattino di giugno ...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mauvais réveil – Cattivo risveglio
 
Di Mareggiata_Dorabella27
 
1 - Aprì gli occhi con fastidio, perché i raggi del sole che filtravano dagli scuri solo accostati fendevano senza pietà il suo sonno.
Un sonno cupo, torbido, da cui riemergeva con la bocca impastata, un gran mal di testa, e sudato fradicio, da quando, la notte scorsa, prima di buttarsi a letto, aveva trovato le residue energie per spogliarsi, disseminando la stanza di marsina, stivali, camicia, coulottes, biancheria, proprio lui, che era sempre stato così ordinato e minuzioso, da essere portato a esempio a Palazzo Jarjayes, sino a meritarsi fra la servitù, e non solo, il nomignolo, in verità non troppo affettuoso, di Monsieur La Précision.
André allungò la mano verso la brocca e il bicchiere sul comodino, per bere un goccio d’acqua: oltre alla bocca impastata, si sentiva la gola riarsa. Ma la mattinata era così calda, e quell’acqua così tiepida, che gli diede disgusto:
“Sembra … di bere da un pitale!”, aveva detto una volta Oscar, quando, poco più che bambini, erano riusciti a mettere le mani, nel capanno del giardiniere, su una bottiglia di sidro rimasta aperta in un pomeriggio afoso[1].
“E tu che cosa ne sai, scusa? Hai mai provato?”, le aveva chiesto, provocatorio, mentre lei si ripuliva la bocca col dorso della mano, e facendo una smorfia.
“Stupido!”, aveva esclamato lei, dandogli una gomitata nelle costole, mentre lui le ricordava che il futuro Conte de Jarjayes non poteva certo esprimersi come l’ultimo dei soldati che puliscono le latrine della caserma. Oscar ... possibile che non ci fosse una singola frase, un modo di dire, una situazione, che non gliela ricordassero? Che non gli evocassero un momento passato insieme?
Posò il bicchiere sul comodino e si sollevò dai cuscini, fradici. Mise le gambe giù dal letto e si sedette sulle lenzuola gualcite, puntando i gomiti sulle cosce e serrandosi il volto fra le mani. Dallo stomaco in subbuglio e poi dalla gola risaliva un che di acido, e si sentiva indolenzito, con un vago bruciore che lo infastidiva da quando aveva aperto gli occhi.
In quel momento, appena un attimo dopo aver bussato, come sua abitudine, la nonna era entrata come un tornado, con in mano una pila della sua biancheria stirata -Oh André! Ma sei ancora a letto, fannullone?!?- lo aveva rimbrottato, andando a posare le lenzuola piegate nel baule posto nell’angolo e le camicie dentro la cassettiera. -Ma guarda un po’! Ma cosa è successo in questa stanza? Come è mai possibile un tale disordine?
Si era piegata quindi, sbuffando, a raccogliere i vestiti sparsi e a posarli piegati a modo sulla sedia della scrivania.
Tornando indietro verso la porta, però, la vecchina si era fermata di colpo, attratta dall’immobilità del giovane nipote che era rimasto tutto il tempo, senza muoversi, seduto sul bordo del letto a sostenere la testa, senza neanche tentare di trovare una giustificazione o una rimostranza qualsiasi per la sua eccessiva severità. -André… Ma che cosa ti succede? - gli aveva allora domandato la nonna, cambiando il tono della voce, che ora era invece carico di preoccupazione
-Non mi sento bene- aveva risposto lui, lasciandosi ricadere sul cuscino e tirandosi addosso le lenzuola  -Non fa poi così freddo - aveva constatato la nonna ancor più preoccupata, osservando il viso livido del nipote. Si era quindi avvicinata al letto e gli aveva posato la sua piccola mano callosa sulla fronte -Non sembra che tu abbia la febbre, sei fresco, ma sei anche tutto sudato… Che strano. Che cosa ti senti?-
-Ho male al collo, sotto alle ascelle e all’inguine ...-, aveva risposto André, con una smorfia
-Fammi vedere- gli aveva chiesto la nonna, tutta allarmata, cominciando a tastargli il collo -Sei gonfio- aveva constatato con la voce spezzata dalla tensione. E poi aveva incalzato: -Ma questi noduli li hai anche negli altri posti dove senti male?- Sì- le aveva risposto il ragazzo, con un filo di voce, spossato come mai si era sentito in vita sua. Quindi aveva aggiunto, lui, che non si lamentava, mai, di nulla: -E ho anche tanto mal di gola-
 -Fammi vedere!- aveva esclamato lei. E mentre parlava, la nonna aveva abbassato energicamente le lenzuola e aveva afferrato l’orlo della camicia da notte, per sollevarla.
- Nonna! Ma che fai?!, si era riscosso André, con improvvisa energia, bloccando la mano della vecchina.
-Controllo le tue condizioni, anche là sotto! – aveva risposto lei, la voce animata dalla decisione implacabile delle grandi occasioni.
-Nonna! Non è necessario!-, aveva protestato il ragazzo.
- Oh, via, André! Non fare lo sciocco! Ti ho visto nudo mille volte da bambino!, ribatté lei.
-Appunto! Da bambino! Ora ho quasi ventidue anni, e non mi pare il caso... , disse André. Ma quando la nonna si metteva in testa qualcosa, nulla poteva distoglierla, e così, dopo aver schiaffeggiato la mano del nipote con una energia che gli risvegliava amari ricordi d’infanzia, Marie gli aveva sollevato la camicia da notte, senza nessun imbarazzo, lei, sino a lasciarlo nudo come mamma lo aveva fatto.
 Era rimasta ad osservarlo senza tralasciare nessun punto del suo corpo e poi si era portata le mani alla bocca, spaventata -André, io ho già visto questa cosa. Speriamo che non sia vero!!- aveva detto facendosi il segno della croce.
-Ma cosa??- le aveva chiesto lui, preoccupatissimo nel vedere la nonna tanto agitata -Dimmi… Ti fa male urinare? Hai visto degli strani segni sul tuo… sul tuo…?- -Sul mio che cosa??- l’aveva incalzata lui, sempre più costernato. –
-Oh! Accidenti, André!! Indovina un po’ che cosa!!- Lui l’aveva fissata sempre più perplesso -Intendi dire… il mio…zizi?- -Sììì! Sul tuo petit zizi![2]- era esplosa quasi sollevata che fosse stato lui a dirlo. Si rendeva conto Marie che un tempo era stato normale parlare con André bambino del suo “petit zizi” , ma ora che piccolo non era più, in tutti i sensi… soprattutto in un senso, per lei era molto imbarazzante chiamare quella sua parte anatomica con qualsiasi termine, peggio ancora con un termine fanciullesco. Ma non era riuscita a trovarne un altro!
-Forse un po’ di bruciore l’ho sentito quando ho usato il pitale…- aveva ammesso lui, mentre la sua confusione cresceva.
-Vergine santissima!! Lo sapevo che questa tua ostinazione a non voler prendere moglie, alla lunga, ti avrebbe portato alla perdizione!- aveva esclamato la nonna accompagnando le sue parole con il segno della croce -Speriamo che non sia vero!- -Ma cosa…?- aveva tentato di chiederle André, ma invano: perché Marie era corsa alla porta e, senza lasciargli possibilità di replica gli aveva intimato -Tu resta a letto! Non ti muovere e non dire a nessuno che cosa ti sta succedendo. Penserò io a trovare una scusa con madamigella Oscar. Intanto faccio chiamare il dottor Lassonne con urgenza!- Ed era uscita sbattendo la porta, nel chiuderla con troppa veemenza.
 
2 – Dov’è André? Fra poco dovremo essere alla Reggia ...
La domanda di Oscar era stata pronunciata con tono neutro e naturale, ancorché incuriosito: André era sempre così puntuale, e in oltre sei anni da che lei rivestiva il ruolo di comandante delle Guardie Reali non si era mai dato il caso che fosse in ritardo al mattino.
L’imbarazzo di Marie era palpabile, e traspariva dal tono alterato della voce. E per fortuna Oscar sedeva, come sempre, al tavolo del salottino, davanti alla sua consueta tazza di caffé mattutina, mentre la vecchina, con il bricco fumante nella mano destra, le era alle spalle.
“André? Oh ... beh  ... André non si sente molto bene questa mattina  ... nulla di grave, beninteso, ma ... ma ... forse sarebbe meglio se questa volta non ti accompagnasse a Versailles; potresti forse chiedere all’attendente del Generale, che oggi è di riposo, se, solo per questa giornata, può scortarti alla reggia ...”
“Ma no, non è necessario: in fondo, per una volta, posso benissimo andare e tornare da sola”, ribatté lei, conciliante. Poi, però, la nota imbarazzata e offuscata nella voce della governante, seguita dal profondo sospiro con cui aveva accolto la replica della ragazza, fece volgere Oscar: “Ma ... Nonna, dimmi: sei sicura che vada tutto bene?”
“Benissimo, bambina! Benissimo ... cioè.... non ti devi preoccupare di nulla, tu: è giusto una indisposizione momentanea ...”
“Allora”, disse Oscar, alzandosi, “potrei andare a salutare André prima di ...”
“NO!!!! NO!”, scattò  la vecchia governante, quasi con furia.
“E perché mai...?”. Oscar era interdetta.
“Perché ... perché ..., oh, lo sai: è poco dignitoso che una damigella entri nelle stanze private di un uomo, non ti sembra? E non ti dico che guazzabuglio ha lasciato quel fannullone!”. E, così dicendo, sospingeva una Oscar sempre più stranita e incuriosita, poggiandole le mani sulla schiena, fuori dalla cucina, verso l’atrio di Palazzo Jarjayes, invitandola, senza troppe cerimonie, a infilare la porta.
“Ma ... veramente …  io....”
“Tu, tu …. Tu non preoccuparti di nulla, e  ... e cerca di fare il tuo dovere senza distrazioni, oggi!” fu il brusco saluto della governante a Oscar.
“Mah! Chissà che gran novità deve essere accaduta!”, si domandò la giovane, mentre guadagnava le scuderie.
E, poco dopo essere uscita dal cancello monumentale di Palazzo Jarjayes, avviata in sella a César lungo la strada che conduceva alla Reggia, incrociò la carrozza, a lei ben nota, del dottor Lassonne, il quale, dal finestrino, a stento rispose al cenno di saluto che lei gli fece.
Poi, una volta giunta a Corte, il carico dei suoi doveri e il tourbillon dei suoi impegni e degli incontri della giornata le fecero uscire di mente la stranezza del mattino. E così Oscar non seppe mai che cosa era accaduto nel corso della visita del famoso medico ad André
3 – “Oh, dottor Lassonne, dottor Lassonne!”, lo aveva accolto fra le lacrime Marie, mordendo il fazzoletto in preda alla disperazione, “Vi prego, vi prego! Venite, venite, e rincuorate una povera vecchia prossima a morire di crepacuore!”
“Che cosa è accaduto, Madame?”, chiese il dottor Lassonne, varcando la soglia della dimora nobiliare. “Il vostro biglietto mi accennava a un grave sospetto circa la salute di vostro nipote, una diagnosi terribile e implacabile, se fosse così”
“Oh, dottor Lassonne,”, continuava a lagnarsi la vecchina, “solo voi potete togliermi da queste ambasce! Vi prego, venite!”, e così dicendo faceva strada al famoso archiatra lungo lo scalone d’onore sino al piano nobile, dove si trovava la stanza di André, da sempre, per singolare privilegio accordatogli dal Generale, accanto a quella di Oscar.
Quando la nonna spalancò la porta, André si levò a sedere sul letto.
“Nonna! Dottor Lassone! Siete già qui...”, disse con un filo di voce il ragazzo, con l’aria sbattuta e sofferente.
“Zitto! Debosciato!”, lo aggredì la vecchina, che sembrava avere completamente dimenticato il tono affranto e preoccupato di pochi istanti prima
“Spogliati, ora, e fatti visitare”, gli intimò, con voce dura.
E mentre il medico gli esaminava la lingua, il collo e le ascelle con sguardo attento, e strizzando ogni tanto gli occhi dietro al pince-nez come a mettere meglio a fuoco quanto vedeva, Marie non faceva che ripetere: “E dunque? E allora?”
“Madame, lasciate che visiti con tutta calma vostro nipote, vi prego di aspettare fuori”, rispose il Dottor Lassonne accompagnandola alla porta. E poi, tornato da André, chiedeva:
“Da quanto avete questi rigonfiamenti ai lati del collo, André?”
“Io non  ... non saprei, dottore  ,... in verità, me ne sono accorto solo stamattina... forse anche un poco ieri sera mi davano noia, ma appena appena  ...”, rispose lui, stranito, e confuso. “E i dolori durante la minzione?”, chiese serio Lassonne.
“Mah, quelli solo da questa mattina ...”, rispose il giovane; ma il tono dubitabondo di André  - del resto, chi di fronte a un interrogatorio medico tanto serrato non viene colto da qualche dubbio sul primo apparire di certi sintomi? -  non fece altro che rendere più incalzante l’interrogatorio del medico: “Ne siete sicuro? Ne siete davvero certo?”
“Oh, certo. Almeno, credo....”
“Ah! Credete! Dunque non ne siete certo nemmeno voi, André. Quindi, mi state dicendo che forse anche qualche giorno fa potreste avere avuto disagi durante la minzione, giusto?”
“Beh, forse. Ma, dottore, non c’è nulla di che stupirsi: sono state giornate eccezionalmente calde, e, impegnato come sono a Versailles come attendente di Oscar devo aver avuto poca cura nel bere, e dunque nessuna meraviglia se...”
“Ecco qui”, lo interruppe bruscamente Lassonne. “come al solito, un paziente che cerca di farsi da solo la diagnosi!”
“Ma no, via, ma che dite, dottore!”
“Mi spiace André, ma dovete mostrarmi anche le vostre parti intime”, rispose Lassonne, concentratissimo, con una espressione tale che anche André, per la prima volta, iniziò a essere un poco impaurito.
“Eppure qui non ci sono quei segni… Avete osservato qualche sorta di piccola ferita?” chiese il dottore chinandosi su di lui.
“Cosa??? Ma certo che no!!! Ma insomma, si può sapere a cosa state pensando?!”, chiese allora André spazientito per mascherare la preoccupazione che stava crescendo.
“Pazienza, pazienza, giovanotto. Adesso fatemi concludere la visita, e poi ne parleremo”, lo ammonì Lassonne. E poi, in modo apparentemente incongruo, gli chiese: “Ecco… ditemi André… voi avete l’abitudine di frequentare, ecco, come dire… certe case?”
Certe case?, Ma ... non capisco, Dottore. Che razza di senso ha questa domanda?, provò a protestare André, coprendosi ancora con la camicia da notte che il medico gli aveva sollevato sin sotto il collo per visitarlo, “Ma avete tutti perso il senno? Cos’è tutta questa agitazione?”
“Caro André, vi conosco da quando siete un bambino,  e pertanto vi voglio parlare come farebbe un buon padre, con assoluta franchezza. Ebbene anche io sono stato giovane e conosco le pulsioni e i bisogni carnali. È assolutamente normale. Ma dovevate stare attento. Ha ragione vostra nonna a lamentare che voi non abbiate ancora una moglie. Perché non ci avete pensato? Siete un bel giovane, non avreste certo difficoltà a trovare una sposa giovane e carina”.
“Ma … ma … Non vi sembrano affari miei?” chiese un André costernato e un poco irritato. La sua vita intima era un aspetto di cui non aveva mai parlato con nessuno. Non era il tipo di ragazzo che amava condividere le bravate con gli altri giovani, né vantarsi di ipotetiche conquiste. Tanto meno tollerava l’ingerenza di chi lo canzonava chiedendogli perché fosse ancora scapolo alla sua età.
Erano affari suoi e solamente suoi e riteneva di non dover dare spiegazioni ad alcuno, nemmeno a un medico che, sebbene mosso dalle migliori intenzioni, adesso veniva a fargli la paternale, chissà per quale motivo … O meglio: un pensiero gli attraversò solo in quel momento, fulmineo, la testa: non è che per caso il Dottor Lassonne sta pensando a…
“Dottore, ma voi credete che io abbia…??” domandò allora André, colto da un dubbio atroce.
E la parola, quella parola gli morì in gola.
 
4 -  “Che cosa ha detto oggi il dottore a proposito di André?”, chiese Oscar, con il tono più naturale del mondo, mentre Marie sollevava la coupole d’argento che teneva in caldo l’arrosto di vitello, il piatto forte della cena che la giovane si era fatta servire in camera.
“Nulla, Oscar, nulla. Cose da uomini”, tagliò corto la vecchina, che era stranamente taciturna e con un viso tirato, tale da suscitare uno sguardo incuriosito negli occhi azzurrissimi di Oscar.
Cose da uomini  ...”, ripeté lei, meditabonda, mentre tagliava la carne, dopo che la nonna si era allontanata in tutta fretta, quasi scappando. Di solito, rifletté, l’espressione con cui si copriva una realtà fisiologica sgradevole, o che non si nominava volentieri, a Palazzo, era “cose da donne”, un eufemismo che, nel tempo, era servito a Marie per definire l’indisposizione mensile di Oscar, quando, dai tredici anni in poi, un paio di giorni al mese si trovava bloccata a letto con mal di pancia e mal di testa, e ad André toccava il compito di portarle una tisana che avrebbe un poco lenito i suoi malesseri; oppure, sempre con l’espressione “cose da donne” erano pudicamente indicati gli aborti ricorrenti di una delle sorelle di Oscar, Hortense, che qualche volta aveva trascorso la convalescenza nella dimora dei suoi genitori; infine, erano sempre “cose da donne” a determinare gli scatti di nervi e l’improvvisa ricerca di aria fresca da parte della sorella del Generale, la zia Euphrosyne, che, da quando aveva passato i cinquant’anni, abbinava un’indole vieppiù bisbetica a vampate di calore che le coloravano improvvisamente le guance e che la costringevano, anche nel corso di una fredda serata invernale, ad aprire le finestre e ad allentare i lacci del corsetto, quando non a precipitarsi sul terrazzo, oltre che a trangugiare dosi massicce di tintura di agnocasto.
Ma che cosa poteva mai indicare l’espressione “cose da uomini”?, si chiese Oscar. La quale, per sua fortuna, non aveva assistito al teso colloquio fra Marie e Lassonne che era seguito alla visita ad André.
Incurante delle raccomandazioni della nonna, sempre più preoccupata e, nello stesso tempo, incuriosita, Oscar bussò alla porta di André. Non poteva certamente andare a dormire senza scambiare due parole con lui.
“Avanti”: la voce di André risuonò mesta e scoraggiata oltre la porta.
La giovane entrò circospetta e si avvicinò al letto illuminato da un doppiere acceso sul comodino.
“Oscar…” mormorò il giovane con una voce affranta
“André…” sussurrò lei; e poi, vincendo la sua naturale ritrosia e il suo inveterato riserbo, Oscar si indusse a chiedere direttamente: “Come ti senti?”
“A pezzi” rispose il ragazzo.
“Mi spiace. Che cosa ti ha detto Lassonne?”
Il lungo silenzio seguito a questa domanda preoccupò ancora di più la giovane
“Ti prego, Oscar…” bofonchiò il poveretto, imbarazzatissimo, cercando di non doverle dare delle spiegazioni.
Cogliendo il dolore nella voce dell’amico, Oscar si avvicinò ancora di più per prendergli una mano fra le sue e sedersi sul bordo del letto.
“Se mi vedesse tua nonna …” provò a ironizzare lei, per stemperare la tensione del momento. Poi, rivolgendo uno sguardo imbarazzato al volto dell’amico di sempre, emise un singulto, strabuzzando gli occhi: “André, ma si può sapere che cos’hai??”
“Cosa???” chiese lui spaventato dalla sua reazione. Possibile che tutti impazzissero appena entrati nella sua stanza?!?
“Sei pieno di puntini su tutto il volto e il collo!!”.
“Eh?!!!”. André aveva afferrato lo specchio che teneva sul comodino, ma, non appena si era visto riflesso, aveva cacciato un urlo.
“Aspettami qui!”, aveva detto Oscar, simulando una calma che stava in realtà perdendo, e si era avviata a passo spedito a cercare la nonna di André. “Torno subito”.
“E dove vuoi che me ne vada?”, aveva pensato, con amarezza, André, mentre Oscar si chiudeva la porta dietro le spalle.
“Nonna, ti prego, entra nella camera di André . Lui… beh, ecco … devi vederlo”. Erano bastate queste poche parole di Oscar, rivolta alla governante che, in cucina, stava dando istruzioni per i pasti del giorno dopo, perché la povera vecchina si inerpicasse trafelata su per lo scalone, reggendosi le gonne mentre Oscar la inseguiva col candelabro in mano gridandole di fare intenzione a non inciampare.
Giunta sulla porta del nipote, la governante si era fermata di colpo, rubando dalle mani di Oscar la fonte di luce e intimandole, come fosse stata lei un capitano, di restare fuori.
Un minuto dopo era riapparsa sulla soglia, da cui Oscar non si era mai allontanata, gridando a squarciagola verso il resto della servitù che era accorsa al rumore di quei tacchi che salivano di corsa lo scalone: “Correte a chiamare il dottor Lassonne!!!”
 
5 -  “Bambina, ma che cosa ti è saltato in mente: tu, entrare nella stanza di André?!”.
La nonna, uscendo dalla camera del nipote, aveva incrociato, sopra di lei, gli occhi azzurrissimi, ghiacciati dalla preoccupazione, di Oscar, che aveva atteso, a capo chino, le braccia conserte, un piede davanti all’altro, nel corridoio, con le spalle contro il muro davanti alla porta che la separava da André, e dietro la quale aveva visto sparire prima l’anziana governante e poi il dottore.
“Mah, veramente, nonna, tu mi avevi detto che si trattava di “cose da uomini”; e allora ho pensato di poter entrare senza problemi!”, rispose Oscar, con l’aria più naturale del mondo, e ottenendo, a sua volta, uno sguardo tra il feroce e lo scandalizzato della sua vecchia governante, che la lasciò interdetta, e sul quale rimuginò a lungo, dopo aver seguito con lo sguardo la piccola figura che si allontanava lungo il corridoio. Che cosa aveva detto, di male?, si domandava, inconsapevole dell’incongruità e della contraddizione implicita della sua risposta.
L’anziana governante, che pensava di aver ormai visto e sentito le cose più strane in quella casa, ora si trovava a rimuginare, una volta in più, sull’assurdità della situazione in cui si trovava questa giovane fanciulla che, per quanto cresciuta fin da piccola secondo un’educazione maschile, restava di fatto, inevitabilmente, confusa su molti aspetti che erano al confine tra l’universo femminile e quello maschile.
  Non si rendeva conto, infatti, che, se si stava parlando di una questione da uomini, ella, per costituzione, ne risultava inevitabilmente tagliata fuori, e sarebbe stato dunque meglio girare al largo da argomenti delicati e, anzi, in potenza esclusivi; oppure, essendo la sua vita atteggiata a un modello maschile, non avrebbe nemmeno dovuto essere sfiorata dall’ombra di un dubbio su quale fosse il problema insorto a carico di André, ma avrebbe invece dovuto, ancora una volta, et à plus fort raison, girare al largo, comprendendo la situazione intima e delicata che si era creata, nel momento in cui si adombravano, a carico della persona e del fisico, sino a quel momento sempre tanto robusto, di André, imprevisti segni di una malattia tanto dolorosa quanto diffusa e oggetto di biasimo. Così ragionava fra sé e sé l’anziana governante, tra un sospiro di preoccupazione e l’altro per le sorti del nipote, quasi incredula del fatto che Oscar si dimostrasse tanto avventata  … o tanto cristallinamente ingenua, e intanto malediceva, nel suo animo semplice e limpido, il Generale e le sue balzante idee.
Idee balzane che, non solo avevano generato equivoci nella testa della giovane Oscar, ma avevano creato anche situazioni altrettanto paradossali: scientemente, si era messa la paglia vicino al fuoco!  Di conseguenza, che cosa avrebbe mai potuto fare suo nipote, vivendo accanto a una ragazza così raggiante di bellezza come Oscar, se non innamorarsene? Oh, lo sapeva bene, lei, per quale motivo suo nipote, nonostante la fila lunghissima di ragazze di ogni tipo e di ogni condizione che avevano manifestato, negli anni, il loro interesse per André, era ancora celibe, a un’età in cui un giovane uomo sano e dal fisico e dagli appetiti robusti e vigorosi avrebbe dovuto essere ammogliato e già  almeno con un paio di figli! Lo sapeva e, maledizione al suo riserbo!, non aveva mai voluto affrontare direttamente la questione, lasciando così che gli eventi precipitassero. Eh, già, perché, rifletteva accigliata la povera donna, mentre, per sfogare la sua rabbia, spiumava il pollo che aveva strappato dalle mani della stupitissima sguattera, addetta a quelle umili mansioni, se un ragazzo,  - ma che, un uomo!  Il suo André ormai era un UOMO, e che uomo! – alla sua età doveva ridursi a sospirare appresso alla sua padrona, certo doveva anche trovare qualche sfogo per la sua passione tanto priva di speranza e sempre sigillata nel suo petto.
Stupida, stupida, STUPIDA!, si diceva la povera vecchia, e mentre sussurrava, con rabbia, queste parole, all’indirizzo di se stessa, sotto gli occhi della sempre più smarrita sguattera, strappava con crescente energia le piume dal pollo che avrebbe dovuto essere servito, il giorno dopo, ben cotto e ripieno di prugne e spezie, sulla tavola del Generale.
Si sentiva in colpa, la poveretta: perché, se avesse parlato con maggiore chiarezza, se avesse vinto il suo riserbo, se non avesse lasciato il suo André in balìa, - lo sapeva bene, lei, come andavano le cose! – dello stalliere, del giardiniere, del cameriere personale del Generale, e di tutto il personale di servizio di sesso maschile, le cose sarebbero andate in modo diverso! Se avesse avuto il coraggio di affrontare certi argomenti in modo diretto con suo nipote – ma che! Ma come poteva?, si chiedeva la povera vecchia, e scuoteva la testa, continuando a strappare piume! -oppure se solo avesse trovato il coraggio, vincendo la sua naturale ritrosia, di ammonirlo direttamente circa la pericolosità di certe condotte, e di certe frequentazioni, in ambienti poco sicuri e malsani, il suo André, che le era tanto affezionato, non si sarebbe lasciato traviare da Jacques, da Thomas, da Pierre, e da chi sa altro, finendo in chi sa quale luogo di malaffare (ma com’era, poi, precisamente, un luogo di malaffare? La povera, linda vecchina poteva soltanto immaginarseli con vaghe fantasie e lacerti di conversazioni udite qua e là) dove una di quelle donne impudiche doveva averlo contagiato con il morbo fatale! E qui, al pensiero della bellezza virile di suo nipote, del suo bel viso che presto sarebbe stato deturpato, del suo fisico possente e insieme aggraziato, che tanto le ricordava il suo defunto marito; alla sola immaginazione che lo scempio che la malattia avrebbe fatto negli anni del suo adorato André, gli occhi le si riempirono di lacrime: lacrime di dolore e insieme di rabbia, che cadevano copiose sul povero pollo, che le giaceva in grembo, irregolarmente spiumato, e indecorosamente ridotto, fin nella morte, a un pallido simulacro di quel che era stato, impettito e vivace, sino a poche ore prima.
6 - E Oscar? Che cosa stava facendo Oscar?
Ritornata mesta nella sua stanza, si era incupita riflettendo: quella era la prima volta, da che ne avesse avuto memoria, che a essere malato era stato André.
Nel corso della sua infanzia ricordava le sue grandi febbri – e la nonna ci pensava sempre a ricordargliele, ogni volta che, ancora adesso, rientrava a casa zuppa di pioggia, o senza mantello in una serata gelida – insieme ad altre sue malattie occorse nella primissima infanzia, di cui poteva avere solo una pallida memoria. Ma, dai cinque anni in avanti, ogni volta che era stata colta da una febbre, da una infreddatura, e, più avanti, ogni volta che era stata ferita, o vittima di incidenti, accanto al suo letto c’era André. Era dunque normale che ora, quando il malato era lui – ancorché non riuscisse a raccapezzarsi su quale strana malattia l’avesse colto – Oscar desiderasse essergli vicina, e la stupiva il cipiglio con cui la nonna l’aveva allontanata dalla camera del nipote.
Sospirò e si alzò dalla poltrona posta davanti al camino, dove aveva cercato riparo cercando, senza successo, di vedere più chiaro in quella faccenda forse non particolarmente ingarbugliata, ma per lei molto misteriosa, questo sì, e andò verso il leggio, traendo il violino dalla sua custodia. Ma la preoccupazione, oltre che il malumore dovuto al sentirsi così smaccatamente, inspiegabilmente esclusa, per la prima volta, dalla vita di André, e da qualcosa, qualcosa di evidentemente grave e importante, che stava accadendogli, le impedivano di concentrarsi; così, ben presto lo strumento tornò a dormire nella sua custodia, e Oscar a sedersi sulla poltrona, davanti alle fiamme, che scoppiettavano incongruamente allegre, mentre la poveretta si reggeva la fronte con il pugno della mano destra, il gomito appoggiato al bracciolo della poltrona damascata di porpora e d’oro, e si chiedeva, con accenti scorati: “Oh, André! Ma che accidente hai?!”
 
7 – Nemmeno la mattina dopo André si palesò in cucina.
Oscar si avviò dunque mestamente verso la Reggia senza il suo attendente, ma al suo ritorno, la sera, vinte le proprie resistenze interiori, e dopo aver debitamente controllato che la nonna non fosse nei paraggi, entrò nella stanza di André. Inizialmente aveva pensato che sarebbe stato un pensiero gentile portargli una gustosa e invitante cioccolata calda … ma questo implicava scendere nelle cucine, cogliendo un momento in cui la governante non fosse nei paraggi, e preparare la dolce bevanda: una prospettiva che aveva fatto desistere Oscar, la quale non aveva mai nemmeno cotto un uovo in vita sua.
Certo, si era detta inizialmente, quella sua incertezza era ridicola, assolutamente ridicola: che diamine! Era o non era un colonnello? Non comandava forse un reggimento? E poi, non era forse capace di maneggiare la spada e di battersi a duello? Aveva una mira infallibile con ogni tipo di arma da fuoco … e doveva sentirsi sguarnita e impotente di fronte all’ardua impresa che consisteva nello scaldare in un pentolino acqua … o latte? (e qui la sua incertezza cominciava a palesarsi) e cioccolato da sciogliere ….oppure cacao? E poi, in che dosi? E lo zucchero, lo zucchero: quanto ne doveva mettere? E la panna, di preciso, dove stava? E il cacao? Doveva chiederli? E, se sì, a chi? I ricordi dei lontani pomeriggi in cui lei e André, bambini, erano sgattaiolati in cucina preparandosi da soli la merenda stingevano ormai irrimediabilmente nella sua testa, ma, ne era sicura, tutte le volte che l’avevano fatta in barba alla nonna, era stato sempre André a preparare la cioccolata, oppure, se era stata Oscar a compiere materialmente qualche fase del procedimento, era stata istradata da André che le dava istruzioni. Da sola, non era proprio in grado di fare nulla. Forse solo un the. Ma anche ammesso che avesse preparato il the e non la cioccolata, avrebbe dovuto ricorrere a una delle cameriere di casa, se non per preparare la bevanda, almeno per portare il vassoio con le due tazze, il bricco del latte, i cucchiaini e la zuccheriera sino alla camera di André. E allora, altro che impresa segreta! Sarebbe stato facilissimo che una ragazza che si muove lenta e cadenzata con un vassoio fra le mani seguita dal figlio del padrone di casa venisse notata, e se la governante avesse saputo che Oscar voleva violare il limite della soglia della camera di André … no, no, non poteva nemmeno pensarci. A meno che non avesse portato lei stessa il vassoio con il the caldo e due tazze, per sorbirlo in compagnia di André: ma Oscar scartò istintivamente anche quest’idea, perché già si vedeva costernata, a osservare cocci di porcellana e grandi chiazze di liquido aromatico e bollente spandersi sul pavimento del piano nobile, mentre la servitù, e la nonna insieme, arrivavano attirate dal fracasso. Ritenne dunque più elegante e semplice arpionare due bicchieri di cristallo, che nascose nella tasca interna sotto la falda dell’uniforme, e, una volta scesa nella cantina, prelevare un Bordeaux di un’annata specialissima dalla riserva approntata dal Generale per le grandi occasioni[3].
Poi, una volta restata in agguato, scivolò davanti alla porta della camera di André. Entrare senza bussare non era proprio questione, nonostante la segretezza dell’impresa, per cui batté le nocche sul legno con tre colpi ravvicinati e uno più distanziato, secondo il codice segreto concordato fra di loro fin dai primi mesi della loro amicizia. Da dentro le rispose una voce tetra, che sembrava provenire dall’Oltretomba.
“Entra, Oscar, entra pure”.
 
 
 
 
 
8 – E André, come si sentiva? Come aveva passato gli ultimi due giorni?
La prostrazione in cui era caduto era profonda, venata com’era dalla naturale preoccupazione che lo aveva colto quando la nonna e, soprattutto, il Dottor Lassonne, gli avevano fatto balenare davanti agli occhi la prospettiva di quella malattia che era diventata un autentico flagello, una sciagura, una condanna.
Al solo pensiero, anche soltanto ricordando quanto aveva sentito oscuramente circa i suoi effetti nefasti e ripugnanti, quanto aveva orecchiato nelle conversazioni degli uomini di casa, ma anche dalle parole di alcune cameriere fra di loro, si sentiva un brivido freddo correre lungo la schiena, e deglutiva sconvolto. Aveva sempre pensato, in fondo, che certe cose accadano agli “altri”, non a lui, no, certo …  ma sulla base di quali riflessioni?
La prima era un’amara considerazione: come era mai possibile che proprio a lui fosse accaduto di contrarre questo morbo, proprio lui che non poteva certo essere definito un frequentatore assiduo di case di piacere?
 
… E se anche qualche rara volta, ancora giovane e incapace di disciplinare i suoi impulsi, tanto più che i tormenti di un amore palesemente tanto impossibile quanto radicato cercavano dei lenimenti, aveva tentato di trovare una consolazione passeggera in certe case, era stato anni prima.
Altre occasioni, in fondo, le aveva avute, non certo cercate, con donne tediate, sole, o non soddisfatte dal marito, vecchio o sposato solo per imposizione. Ma si era trattato, sempre, di donne presumibilmente sane, non certo di mercenarie del sesso; donne che erano state attratte, semplicemente, dalla sua persona: in fondo, era ormai un uomo adulto e solo[4]… E comunque, anche in questo secondo caso, non erano state davvero così tante volte, e da tempo non accadeva più…
Per questo, forse ingenuamente, aveva ritenuto così di essere al sicuro.
Ed ecco il motivo anche per il quale non aveva mai condiviso con nessuno, tanto meno con il dottore, le confidenze sulla propria vita intima: non era davvero il tipo di uomo da mettere in piazza i suoi fatti privati, e nemmeno voleva compromettere la reputazione di qualche donna che aveva ceduto a uno sporadico momento di debolezza, venendo meno ai suoi doveri coniugali.
Ma, se davvero, come sembrava, le cose stavano in questi termini, e cioè a dispetto di tutto aveva contratto questa malattia, allora, allora … allora era proprio finita, per lui! Addio salute, addio vita da attendente di Oscar, il che, poi, in fondo, era il solo modo che potesse immaginare per stare ogni giorno accanto alla donna che amava!
Però, se proprio questa era la terribile realtà con cui fare i conti, beh, allora, prima che la situazione si aggravasse e diventasse un mostro pustoloso, devastato dalla malattia, come aveva sentito con raccapriccio raccontare talvolta a bassa voce dal personale di casa, voleva, doveva salutarla, vederla ancora, almeno una volta; e questo in barba alle disposizioni di sua nonna, che lo voleva tenere confinato, e anzi, sigillato in quella stanza!
Ah, no!
Si sarebbe imposto, almeno su questo punto!
E così, quando André sentì un lieve rumore alla porta, riconosciuto dal loro codice segreto come quello delle nocche di Oscar che bussava, non gli parve vero: aveva giusto appena riposto sul comodino lo specchio, accompagnando il gesto con una smorfia, dopo aver visto che i puntini che ricoprivano il suo viso, il collo e il torace, lungi dall’essere spariti, erano, se possibile, anche aumentati di numero; e, per giunta, il loro colore, complice il disperato prurito che faceva, da ore, grattare convulsamente il povero ragazzo, era virato verso il paonazzo, o addirittura verso una inquietante sfumatura violacea.
André si dispose dunque a ricevere Oscar, con la rassegnazione di chi teme di essere presto allontanato, come in una novella cacciata dall’Eden, dal solo luogo dove avrebbe potuto essere felice.
“Ciao André”, disse, esitante, Oscar, avanzando nella stanza con passo incerto, e levando dalla tasca con la mano destra i due bicchieri, che furono appoggiati, con molto garbo, insieme alla bottiglia, che stava nella mano sinistra, sul comodino, mentre Oscar prendeva posto, lentamente e con disagio, come se si stesse sedendo sulle uova, sulla poltroncina imbottita, rivestita di velluto verde un poco consunto, posta accanto al letto dell’ammalato.
“Ciao, Oscar”, le rispose la voce di lui, abbattuta, senza che egli trovasse le energie nemmeno per levare il capo dal cuscino.
“Come stai?”, chiese lei, insofferente, come sempre, ai preamboli e ai giri di parole.
“Così”, le disse di rimando lui, laconico.
Un breve silenzio, a marcare un disagio nuovo fra i due.
André osservava le ciocche bionde ricciute di lei, che brillavano nella penombra come oro fino; guardava il suo incarnato eburneo, senza la scalfitura di un neo, di una macchia, di un solo punto di quella pelle che fosse men che bianchissimo; e, per contrasto, davanti a quella perfezione, non poteva che sentirsi inadeguato, vergognoso e disperato per la sua pelle deturpata, per il momento, da quello sfogo così inopportuno, e così rivelatore del disastro ancor maggiore che presto l’avrebbe devastata; e, mentre gli occhi di Oscar vagavano sul suo volto contristato, e dall’aria depressa, quelli di André bevevano dal blu cristallino delle iridi di lei la dolcezza che seduce e la bellezza che uccide.
L’ammalato sospirò.
“André … tu … stai soffrendo?”, chiese Oscar, quasi con timidezza.
“No, no; non preoccuparti. Al momento, no”.
AL MOMENTO?!”. Ora il tono di lei si era fatto allarmato, la voce più acuta: era scattata in piedi, stringendo i pugni all’altezza del petto per la rabbia, rabbia dovuta al non comprendere, al non capire, all’essere tenuta all’oscuro … come tante altre volte, nella sua vita: in tutte le precedenti occasioni, come davanti al sopruso vigliacco e crudele del Duca de Guiche, c’era sempre stato André a ricondurla alla tranquillità, a placare lo spirito guerriero che le ruggiva dentro il petto; ora, invece, André era parte del mistero che la rendeva così nervosa e adirata con quell’assurda situazione.
“Ma che significa, AL MOMENTO, André?! Vuol dire che potresti in futuro soffrire?! Peggiorare?!”.
L’altro taceva, mortificato, intimidito, cercando di scegliere le parole: e, nella confusione, non gli riusciva di dire nulla.
“Insomma, André!”, incalzò Oscar. “Vuoi rispondermi, una buona volta? È importante, per me!”.
“Oscar”, sospirò lui, alzandosi a sedere sul letto, la schiena appoggiata ai cuscini. Era così pallido, sotto quello sfogo paonazzo, annotò mentalmente Oscar, vacillando nella sua furia; e poi, André aveva un’aria tanto abbattuta, quale lei non gli aveva mai visto da che lo conosceva.
“Oscar”, ripeté André, dopo aver preso fiato e aver penosamente agguantato il coraggio a due mani, “apprezzo molto la tua visita, e anche il tuo gentile pensiero, ma  … uhm,  il vino potrebbe non essere la cosa migliore per me, in questo momento”.
“Certo, certo”, mormorò lei, abbassando il capo, le braccia lungo i fianchi, i pugni sempre stretti, ma un poco più allentati. “Perdonami, se sono stata importuna … Io …  Io ... André, io..:”. E avrebbe voluto dire molte cose, tutte condensate in due frasi molto semplici: “Sono molto in ansia per te”, e “mi manchi”, ma non poté nemmeno valutare se fosse il caso di dirle, e in che termini, se proprio in quella forma essenziale o se con qualche perifrasi, quando la porta si spalancò!

“Nonna!”, esclamò André.
“Dottor Lassonne!”, esclamò Oscar.
“Madamigella Oscar!”, esclamarono all’unisono la nonna e il medico.
 “Non  ti avevo detto di lasciare André in pace, e di non entrare nella sua stanza?” disse la nonna con un tono quieto e freddo, che Oscar le aveva sentito molto raramente e che per questo incuteva un timore ancora maggiore delle sue esplosioni di autoritarismo buffamente marcate da minacce proferite col mestolo alla mano.
Ascoltare queste parole, con una punta di senso di colpa per la trasgressione compiuta, e trovarsi fuori dalla porta, travolta da una ridda di sentimenti, furono un tutt’uno: e ora, mentre si mordeva il labbro inferiore, camminando meccanicamente, un passo dopo l’altro, lungo il corridoio, e poi giù per le scale, e quindi nel vasto atrio di Palazzo Jarjayes, Oscar era preda di preoccupazione, sdegno, ansia, mortificazione. Misurò a passi tardi e lenti l’atrio per qualche minuto, quando, a un tratto, udì un grido (esultanza? dolore per un salasso troppo violento? che altro?), proveniente dal piano nobile, che le fece alzare il bel viso angelico, contratto in una smorfia preoccupata, verso quanto si intravedeva del vasto corridoio su cui si affacciavano, fra le altre, la sua stanza e quella di André.
“Dio sia lodato! Dio sia lodato!”, gridava la nonna di André, scendendo di corsa le scale, reggendo con le due mani l’ampia gonna, tenuta leggermente sollevata sin sopra le caviglie per non cadere lungo i gradini.
“Nonna, attenta!”, riuscì solo ad ammonirla Oscar, ma la vecchia governante si precipitò in cucina, seguita, con andatura allarmata, dalla giovane, che la trovò, poco dopo, inginocchiata a mani giunte davanti a una stinta immagine sacra rappresentante la Vergine Maria, appesa da tempo immemorabile sulla cappa del camino, mentre pregava fervorosamente, con le guance rigate da lacrime copiose: “Grazie, o grazie! Sapevo che non ci avresti abbandonato! Oh, grazie!”.
Oscar era perplessa, ma, di fronte a quel turbamento così forte, non ritenne opportuno indagare, distogliendo la povera donna dalle sue preghiere di ringraziamento per chi sa che; girò i tacchi e si allontanò silenziosamente dalla cucina.
 
 
 
9 – Che cosa era dunque accaduto nella camera di André?
Non appena la porta si era    richiusa dietro le spalle di Oscar, il Dottor Lassonne si era disposto a visitare il ragazzo, che aveva un’aria assolutamente depressa, anche a causa dello sguardo di ghiaccio che la nonna gli aveva rivolto per rimproverarlo di aver ammesso nella sua stanza Oscar.
La vecchia governante, subito dopo, volse le spalle al nipote, non  senza aver scosso la testa, avendo lanciato un’occhiata in direzione della bottiglia di vino che André aveva però rifiutato di bere, ed era in atto di andarsene, quando il medico la bloccò.
“Vi prego, Madame, restate: devo comunicare a vostro nipote qualcosa che interesserà anche voi. Lassonne si dispose quindi a visitare André, mentre l’anziana nonna si teneva in disparte, senza staccare gli occhi di dosso al nipote. Il medico scoprì il petto di André, gli controllò lo stato dello sfogo, tastò ai lati della mandibola, sotto le ascelle e all’inguine, e poi, lasciandosi cadere sulla stessa poltroncina dove aveva poco prima preso posto Oscar, scoppiò in una bonaria risata.
André era senza parole e scrutava in volto Lassonne, cercando di comprendere il senso di quella reazione.
“Dottore!”, esclamò scandalizzata la governante, “Ma vi sembra il modo di comportarsi?! E proprio mentre siamo in queste ambasce, di fronte a questa prospettiva, così tremenda!”
“Ecco, Madame, ascoltatemi brevemente: nella mia prima visita, riscontrando un ingrossamento delle glandole ai lati della mandibola, generale spossatezza e irritazione cutanea, oltre che arrossamento e dolore alla minzione, avevo pensato, come ben sapete, alla Syphilis, o lue, volgarmente detta anche “male napoletano”[5]. Del resto, nonostante il nostro André, essendo un giovanotto alquanto riservato e discreto, non mi abbia mai dato pieno ed esplicito riscontro, nonostante i miei ripetuti inviti a confidarsi, su possibili, rischiose frequentazioni, il quadro clinico era compatibile, anche per età e verosimili … esperienze del paziente, con una diagnosi di tale tipo. Ma, una volta giunto a casa, rileggendo con attenzione il manuale di Boissier de Sauvages[6], nostro grande e indimenticato maestro,, sono stato colto dal sospetto di avere con troppa sicurezza effettuato la mia diagnosi, della qual cosa mi scuso, giacché i sintomi di André sono compatibili anche con una rara affezione nota come Robigo purulenta minor: per accertarmene, dovevo attendere qualche tempo, per rendermi conto dell’aspetto che avrebbero assunto le microscopiche pustule che costellano il volto e il corpo di André. E ora, con assoluta certezza, posso, in fede mia, garantirvi che vostro nipote è affetto non da Syphilis, ma da Robigo purulenta minor[7]
“Dio sia lodato! Dio sia lodato!”, aveva esclamato la nonna, con le mani giunte e un filo di voce, mentre André tirava un sospiro di sollievo e sentiva ritornare a scorrergli il sangue nelle vene.
“Ma, Dottor Lassonne, questa Robago…”, azzardò a chiedere la povera governante, con aria preoccupata, stringendo gli occhi da dietro le lenti degli occhialetti con espressione intenta.
Robigo, Madame Grandier, Robigo purulenta minor, la corresse il Dottor Lassonne, bonario.
“Sì, scusatemi, Dottore, ma questa … malattia”, continuò la poveretta, cui sembrava che il nipote fosse stato restituito, dopo essere stato strappato dalla soglia degli Inferi, “è grave? Come si può curare? E soprattutto, come può averla contratta il mio povero nipote?”.
“Ah, Madame Grandier, vi prego, tranquillizzatevi”, spiegò sorridendo il medico, “la malattia insorge semplicemente quando il soggetto ingerisce qualche cibo verso cui ha una certa inopportuna sensibilità. In particolare, questa affezione si manifesta soprattutto in seguito all’ingestione di una grande quantità di frutti rossi, come lamponi e ribes, e dura assai poco: in qualche giorno, sempre che il soggetto interessato non mangi ancora di questi cibi, regredisce sino a scomparire. “André” – disse quindi il dottore, interpellando direttamente il paziente – “almeno su questo punto potrete certo dirmi tutto senza pudori: avete di recente ingerito delle grandi quantità di lamponi, o di ribes?”.
“Ehm, veramente”, rispose André, confuso e come intimidito dalla confessione che stava per fare, sotto gli occhi della nonna: “Vedete, Dottor Lassonne, e vedi, cara nonna, tre giorni fa è stato consegnato il raccolto dei cespugli di ribes del parco della tenuta Jarjayes: erano dodici cestini e io, beh… non potevo certo farne sparire uno, visto che i registri delle cucine riportano accuratamente le quantità di tutte le derrate che giungono a Palazzo … ma li ho alleggeriti sistematicamente, mentre nessuno badava a me, in cucina, pescando dall’uno e dall’altro cestino, e arrivando a mangiare in totale ben più del contenuto di una singola cesta!”.
“AH, DISGRAZIATO!”, esclamò la nonna!. “Ecco perché i cestini quest’anno mi sembravano meno colmi che negli anni precedenti!! Ora per colpa tua potrò fare meno marmellata del solito …e prega solo Dio, sfaccendato di un nipote!, che non venga a mancare per la colazione della Contessa Marguerite, quest’inverno!”. Ma nonostante le ultime parole fossero state proferite dalla nonna in tono di minaccia, con il pugno levato in direzione di André, il sollievo per la notizia ricevuta era stato troppo forte, e la poveretta, subito dopo, colta da un attimo di irrefrenabile commozione, dovette asciugarsi con i lembi del grembiule gli occhi umidi di lacrime di sollievo, per poi uscire di corsa e precipitarsi, in preda a un senso di leggerezza raramente provata prima, giù per le scale, senza badare, come abbiamo visto, alle raccomandazioni di Oscar, preoccupata che la vecchietta potesse inciampare e cadere.
 
10 .
“E dunque, André, si torna alla normalità?”, chiese Oscar, due giorni dopo, raggiungendo nelle scuderie il giovane, impegnato a sellare i cavalli per la giornata.
“Si torna alla normalità!”, confermò lui con un sorriso, ma senza dilungarsi ulteriormente. Che bisogno ce ne sarebbe stato, del resto?, pensò.
La giornata di fine giugno prometteva di essere splendida, limpida e tersa.
Oscar sentiva nel suo animo, senza saper dare un nome a quel sentimento, il sollievo (ma era davvero solo sollievo?) per aver recuperato la presenza, accanto a sé, dell’eterno compagno e testimone delle sue giornate … il cui volto, a sole quarantotto ore dall’ultima visita del Dottor Lassonne, mostrava ormai soltanto qualche isolato puntino di un color rosato, sintomo di quella malattia che alla fine era stata svelata, strappando anche a lei un sorriso.…
“Che ne dici, André, per festeggiare la tua guarigione, potremmo chiedere alla nonna di cucinarci uno dei suoi fenomenali gâteaux? Magari una torta di ribes, eh?! I cespugli del nostro bosco ne hanno prodotti in quantità e ….” lo provocò con quel tono ironico e canzonatorio che, ancora qualche volta, riservava solo a lui…
“Oscar, DECISAMENTE NO!”, rispose André, ridendo a sua volta
“Beh… Almeno la tua malattia non mi pare proprio possa essere ascritta tra le cose da uomini” osservò lei con un poco di stizza per non aver ancora risolto il mistero di quella affermazione.
Colto alla sprovvista, André smise di ridere e salì in groppa al cavallo, disponendosi ad affiancare Oscar senza ben comprendere, ma immaginando a cosa alludesse, ignaro dei dialoghi intercorsi nella sala da pranzo, mentre lui giaceva a letto. Possibile che la nonna o il dottor Lassonne avessero condiviso le loro preoccupazioni con lei, spiattellando una così incredibile ipotesi, rischiando di rovinargli l’immagine irreprensibile che aveva sempre cercato di conservare con lei, che, ne era convinto, era così ingenua e candida intorno a queste cose?
Dopo aver mosso qualche passo verso l’uscita, Oscar tirò improvvisamente le redini: non aveva alcuna intenzione di mollare la presa.
“Cosa si intende esattamente per cose da uomini, André?”
Se il giovane aveva creduto di aver ritrovato la propria serenità, avendo scampato un grave pericolo, adesso si ritrovava turbato per l’incresciosa domanda, con la bocca aperta in un’espressione imbarazzata e sorpresa.
Annaspando, non sapendo cosa rispondere, cercò di prendere tempo facendo finta di indagare.
“Riferito a che cosa in particolare?”
“Alla tua presunta malattia” rispose Oscar stringendo gli occhi con la chiara espressione che assumeva quando non ammetteva di non ottenere quello che voleva “così l’ha definita tua nonna quando non si sapeva ancora che cosa fosse …”
Non sapendo più come cavarsi d’impiccio, colto da un improvviso senso di panico, il giovane diede un colpo di tacchi e spronò il cavallo al galoppo, gridando:
“Così su due piedi non saprei proprio! È meglio se lo chiedi a lei!”
Presa in contropiede dalla vergognosa e pavida fuga del suo amico, dopo un attimo, anche lei spronò il cavallo al galoppo intimandogli:
“André Grandier! Non credere di farla franca! Se non mi rispondi, ti faccio affondare la testa in un secchio colmo fino all’orlo di pruriginosissimo ribes!!!”
 
FINE
 
LE AUTRICI A CHI LEGGE:
Cari i nostri venticinque lettori, come avete avuto modo di constatare, ci siamo prese la libertà di prendere un po’ in giro tutti i protagonisti di questa ff, toccando anche un tema spinoso che non è solo quello della frequentazione di certi luoghi di svago maschile – diciamo così -, ma anche quello della conseguente ansia derivante dalla paura di contrarre qualche nefasta malattia, all’epoca molto diffusa e che mieteva, ahinoi, molte vittime.
Abbiamo giocato sui sintomi e ci siamo prese la libertà di essere assolutamente non “scientifiche”, oltre che un poco OOC, sia per André che per Oscar, per la quale, questa volta ci siamo divertite a immaginare un candore e una ingenuità forse davvero eccessive. Per quanto riguarda il misterioso morbo di André, invece, non ci interessava trovare una malattia verosimile che potesse davvero spiegare sintomi simili alla sifilide. Ci siamo quindi concesse voli di fantasia senza troppo curarci di questo aspetto. Ci divertiva di più che, invece che una brutta malattia di origine venerea, il nostro bell’Andre fosse stato vittima più da pulsioni fanciullesche, da bravo golosone: si sa, un ribes tira l’altro…
Oltre a queste considerazioni, il nostro racconto nasce come consolidamento di una conoscenza e di una consonanza di sentire e di sensibilità nata sulle pagine virtuali di efp, che sono sfociate in una amicizia e collaborazione: chi sa, forse non la sola! E, per reagire a questo momento tetro, in cui il Natale arriva avvolto da mille notizie cupe e allarmanti, abbiamo pensato a un racconto in cui la drammaticità che si profila nelle battute iniziali finisse per stemperarsi nel finale: come diceva qualcuno che se ne intendeva: “HABET MUNDUS ISTE SUAS NOCTES, ET NON PAUCAS”; pertanto, ben venga, abbiamo pensato, una storia leggera con i protagonisti di RoV.
Insomma, non prendete tanto sul serio noi e, questa volta, nemmeno i nostri personaggi…
A tutti, un saluto e grazie per essere arrivati in fondo a queste righe!
Mareggiata e Dorabella27
 
 
 
 
[1] Perdonerete il riferimento a una avventura infantile di Oscar e André immaginata nel mio “Natale ad Arras”.
[2] Voce colloquiale francese dalla traduzione facilmente intuibile. Ovviamente, Marie si rivolge ad André usando lo stesso lessico di quando il nipote era ancora un bambino ... mentre forse tanto “piccolo” ormai l’oggetto in questione non è più…
[3] Sì, esattamente come William Holden con la bottiglia di champagne e le coppe di cristallo in “Sabrina”, di Billy Wilder: ma qui, ve lo anticipiamo, Oscar non si siederà sui bicchieri di cristallo.
[4] Prendiamo a prestito l’espressione da quanto dice André stesso in un punto di “Non sarà un’avventura”, di Lella73, presente su questa piattaforma.
[5] Così era detta la sifilide in Francia: naturalmente, non la si poteva chiamare, Oltralpe, “mal francese”, come avveniva, invece, in Italia. In tutta Europa, del resto, la sifilide veniva evocata con nomi che ne rimbalzavano la paternità e la responsabilità dall’una all’altra nazione.
[6] Autore, di una Nosologia methodica sistens morborum classes, genera et species, edita nel 1763.
[7] Ovviamente, se il manuale che citiamo è veramente esistito, la malattia è completamente inventata: gli storici della medicina ci perdoneranno per questo piccolo divertissement!
   
 
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