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Autore: Dorabella27    25/12/2022    19 recensioni
Un Natale triste per due uomini che, a modo loro, hanno amato la nostra eroina, in una casa spopolata e solitaria, che mettono a nudo il loro cuore, con la sobrietà di sentimenti che sempre li contraddistingue.
Perché "assenza più acuta presenza"
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Victor Clemente Girodelle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Santo Natale 1789
 
L’uomo, la figura alta e diritta, il passo sicuro nonostante gli anni, uscì dal suo studio.
Non era mai stato un amante delle feste comandate, né degli anniversari, ma il 25 dicembre per lui rivestiva sempre un significato particolare. Almeno, sino all’anno prima.
Quei dodici mesi avevano determinato tanti, troppi cambiamenti.
In altri tempi, sarebbe stato a Versailles, a omaggiare il re e la regina, che ora, invece, risiedevano a Parigi, nel vecchio palazzo delle Tuileries, ospiti sorvegliati, prigionieri della feccia rivoluzionaria.
Poi, sarebbe tornato a casa, nel suo Palazzo, anfitrione di una festa natalizia elegantemente fastosa,  cui avrebbero partecipato ospiti importanti, la crema della nobiltà, le figlie con i generi e le nipoti, sua moglie, e cui avrebbe sovrinteso la sua fidata governante. Ma gli aristocratici, ormai, cercavano di espatriare, o tenevano un bassissimo profilo, quando addirittura non simpatizzavano con Robespierre e compagni; e la sua famiglia, del resto, ai primi venti della rivoluzione si era dispersa; la moglie, la contessa Marguerite, era riparata in Svizzera – gliel’aveva imposto lui, in fondo, non poteva incolparla della sua solitudine; e la governante, che era stata in anni lontani la sua balia, quella vecchina che sembrava indistruttibile, tanto più resistente agli anni quanto più il tempo ne assottigliava la figura, non era sopravvissuta all’estate: una mattina, semplicemente, non si era svegliata. L’avevano trovata a letto, già fredda e rigida, con una espressione sorridente sul volto, come se si fosse già riunita con quelli che, dopo oltre trent’anni, si ostinava a chiamare i suoi bambini.
Quanto a lei, lei era la perdita più dolorosa: la consapevolezza che quello sarebbe stato il primo Natale senza i festeggiamenti, sempre sobri come era nel suo, nel loro stile, per il suo compleanno, gli dava una pena che raramente aveva ammesso di saper provare nel suo cuore di soldato.
Da quel quattordici luglio, si poteva dire che la sua vita fosse finita. Restava un simulacro, una buccia vuota, che avrebbe dovuto mettere al servizio della Corona, per quello che ancora poteva, per fedeltà alla tradizione e alla storia di famiglia.
Ma senza di lei, inutile tentare di ingannarsi, nulla aveva più senso.
Una bottiglia in mano – in altri tempi, ci avrebbe pensato la sua governante, ma adesso non era il caso di formalizzarsi con la nuova servitù, trascurata e maldisposta -, entrò nel salotto che era stato della contessa Marguerite: un ambiente chiaro, luminoso, dall’eleganza raffinata, dove adesso si recava spesso, e dove aveva fatto sistemare il grande quadro che il pittore Armand aveva concluso in un afoso pomeriggio di luglio. Gli sembrava, così, di stare un po’ più vicino a loro, a quella famiglia cui non aveva mai dedicato gesti di affetto troppo appariscenti, e nemmeno troppo numerosi; a dire il vero, forse nessuno, a parte qualche bacio d’impeto alla moglie, quando, da poco sposati, passeggiavano a braccetto fra i roseti, nelle sere estive.
Il gentiluomo, più giovane e dalla figura non meno elegante di quella dell’uomo anziano, si alzò, in segno di rispetto, all’ingresso del suo anfitrione.
“Generale de Jarjayes ...”
“Comodo, Colonnello Girodelle, state comodo”.
Sedettero l’uno di fronte all’altro, e nei due bicchieri già preparati sul basso tavolino di legno di rosa il Generale versò, dalla pregiata bottiglia che custodiva nel suo studio per le occasioni speciali, due generose dosi di cognac.
“Questa vostra visita è davvero molto cortese”, disse, prima di porre le labbra sull’orlo del cristallo.
“In verità, Generale, temevo di riuscire importuno...”. Il tono dubitabondo non apparteneva al giovane ufficiale dai lunghi capelli, in altri tempi sempre elegantemente sicuro e padrone di sé. Ma quei mesi difficili avevano inferto un colpo pesante alle certezze di tutti, non meno che alle sue.
“Al contrario, Colonnello de Girodelle. Come vedete, non avete certo interrotto nessun festeggiamento familiare”. Il tono era amaro, da vecchio, e il Generale si stupì di se stesso.
Girodelle si alzò. Il bicchiere fra le mani, fece qualche passo, in direzione del grande quadro di Oscar in veste di Marte. La osservò pensoso – nessuno sapeva che, quando il Re aveva lasciato Versailles, Girodelle si era portato via il piccolo ritratto d’ordinanza di Oscar nella sua divisa rossa, un quadro di maniera, realizzato senza nessuna posa, che stava negli uffici del comandante della Guardia Reale, e ora lo teneva nella sua camera da letto, sul fondo dell’armadio, e se lo andava a riguardare spesso. Addirittura, una notte Girodelle l’aveva appoggiato sulla poltrona ai piedi del letto, per provare l’emozione di vedere lei non appena aperti gli occhi, al mattino, mentre era ancora disteso sotto le coltri: una stinta e misera imitazione di quello che aveva desiderato per tanti anni e sperato per una breve stagione, quando l’aveva chiesta in moglie.
Poi, in quel mattino novembrino così grigio, aveva rimesso, il quadro nell’armadio, nascondendolo per bene, con un sospiro depresso.
 Nessuno avrebbe notato quel piccolo furto gentile compiuto in una reggia ormai abbandonata dal re e dalla nobiltà, nessuno avrebbe capito il suo gesto.
Ma dalla grande tela a soggetto mitologico spiravano una solennità e una bellezza senza eguali, che avevano in sé qualcosa di sacro.
“È veramente un’opera splendida, Generale de Jarjayes. La bellezza e la nobiltà di vostra figlia sono messe in luce in modo veramente eccezionale”, disse Girodelle, pentendosi subito dopo: in fondo, non era una tortura per il padre, sentire decantare le doti della figlia morta troppo giovane?
Il Generale raggiunse il giovane ufficiale e si fermò accanto a lui.
“Avrei dovuto insistere, Girodelle. Se solo avessi insistito, se mi fossi imposto, se l’avessi forzata a sposarvi toccando i tasti giusti, forse … se le avessi presentato con decisione l’argomento dei suoi obblighi di obbedienza alle ragioni della famiglia, e a me, forse Oscar sarebbe ancora viva, sarebbe con voi”.
“Ma non sarebbe felice”, ammise Girodelle, amaro.
Bevvero in silenzio, brindando mestamente a Oscar, e al coraggio delle sue scelte.
 
 
Questa storia nasce mesi fa, insieme a “Era una notte buia e tempestosa”, pure ambientata nel corso di un Natale molto, molto particolare, e con il Generale come protagonista. Ma l’estate e il primo autunno non mi sembravano adeguati per la pubblicazione, dato il tono desolato di questa OS, e così l’ho lasciata nel cassetto, a sedimentare, e per correggerla, visto che mi era venuta di getto, ma piena di refusi e incongruenze. Certo, lo so, questa è un’ottica triste con cui guardare alla Natività, che vedo, però, che consente di approfondire il personaggio del padre di Oscar, come ha fatto di recente anche Elena Bastet con la sua vibrante “Cuore di Ghiaccio”, che presenta però l’ultimo Natale del Generale, qualche anno dopo il 1789; e, soprattutto per me, questa storia è un’occasione per tornare sul personaggio di Girodelle. Questi, in fondo, benché ogni tanto  - sempre – lo strapazzi e punzecchi un poco (limoni per le unghie e spaventi notturni inclusi), è assai patetico: è, infatti, il solo innamorato di RoV che non solo sia condannato all’infelicità, ma che non abbia nemmeno quasi mai modo di presentare le proprie ragioni, dato che, dopo le prime puntate dell’anime, viene relegato in secondo piano, per poi ricomparire brevemente nei mesi tesi della primavera-prima estate 1789, congedandosi dopo il bel gesto davanti alla Sala della Pallacorda, quando cede di fronte alla determinazione di puro acciaio di Oscar.
Doverosamente, ringrazio qui tutte le persone, e sono tante, che hanno letto la storia in anteprima negli scorsi mesi e nelle scorse settimane, e mi hanno segnalato refusi, virgole ballerine, ripetizioni e giri di frase scorretti.
Ringrazio anche chi, in questi mesi, mi ha seguito e ha dedicato tempo ed entusiasmo alle mie storie. Prometto che ce ne saranno di più liete: per prima cosa, abbiamo due vecchie conoscenze che si stanno avviando, da qualche settimana!, in una locanda di Lille.
Infine, faccio con questa mia OS gli auguri, magari un poco anticonvenzionali, a chi, con coraggio, e a costo di inerpicarsi per sentieri ardui e solitari, autentici avia Pieridum, obbedisce sempre al suo cuore e alla sua testa, e persegue sempre, come Oscar, quel che per lui è Giusto e Vero.
 A tutti, Buon Natale, e a presto, nel 2023,  ancora con RoV… e non solo.
D.
   
 
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