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Autore: Pandora13    27/12/2022    2 recensioni
L'Inarizaki festeggia il Natale a casa dei gemelli Miya... la serata non va proprio per il meglio.
Quasi una flash [562 parole]
TW: Attacco di panico
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Osamu Miya, Rintarō Suna
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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NdA: storia scritta per l'Advent calendar del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction - GRUPPO NUOVO
Prompt 77: Non c'è più nessuno.
Accenni a una possibile SunaOsa
TW: attacco di panico


 


 
𝘕𝘰𝘯 𝘤’𝘦̀ 𝘱𝘪𝘶̀ 𝘯𝘦𝘴𝘴𝘶𝘯𝘰.
𝘚𝘰𝘭𝘰.
Atsumu si sentiva solo nel bel mezzo di quella festa.
𝘝𝘶𝘰𝘵𝘰.
Come quello che avrebbe lasciato l’assenza di suo fratello.
𝘗𝘦𝘴𝘢𝘯𝘵𝘦.
Come il masso che aveva sul petto e gli impediva di respirare.
Un attimo, quale masso?
𝘖𝘩 𝘤𝘢𝘻𝘻𝘰! 𝘕𝘰. 𝘕𝘰𝘯𝘰𝘯𝘰𝘯𝘰𝘯𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘧𝘢𝘷𝘰𝘳𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘢𝘥𝘦𝘴𝘴𝘰, 𝘯𝘰𝘯 𝘪𝘯 𝘮𝘦𝘻𝘻𝘰 𝘢 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘢 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘨𝘦𝘯𝘵𝘦.
 


La festa di Natale dell’Inarizaki era una favola quell’anno ed il cibo era squisito.
Beh del resto era a marchio Miya!
Era il loro secondo anno e sarebbero stati soli per qualche giorno, così si erano proposti come organizzatori della festa e lui si era occupato di buona parte del cibo per la serata.
Erano quasi le nove, quando uno strano movimento di suo fratello aveva catturato la sua attenzione, distraendolo dal cibo.
Atsumu era entrato in cucina troppo velocemente e al tempo stesso con un passo troppo incerto perché tutto andasse bene.
Decise di lasciargli un po’ di tempo, ma la pazienza non era mai stata una delle sue caratteristiche principali e lo stomaco stretto dalla preoccupazione era un fastidio che voleva risolvere in fretta.
Kita-san aveva portato i mochi fatti in casa con il riso di sua nonna e lui non ci avrebbe rinunciato per un po’ di preoccupazione, avrebbe risolto in fretta!
 


𝘙𝘦𝘴𝘱𝘪𝘳𝘢.
𝘊𝘰𝘮’𝘦𝘳𝘢?
𝘜𝘯𝘰, 𝘥𝘶𝘦... 𝘤𝘢𝘻𝘻𝘰!
𝘕𝘰𝘯 𝘢𝘳𝘳𝘪𝘷𝘢𝘷𝘢 𝘯𝘦𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘢 𝘵𝘳𝘦 𝘴𝘦𝘤𝘰𝘯𝘥𝘪 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘪𝘭 𝘳𝘦𝘴𝘱𝘪𝘳𝘰 𝘴𝘪 𝘣𝘭𝘰𝘤𝘤𝘢𝘴𝘴𝘦.
𝘜𝘯𝘰, 𝘥𝘶𝘦, 𝘤𝘢𝘻𝘻𝘰, 𝘥𝘪 𝘯𝘶𝘰𝘷𝘰!
“’Tsumu che cazzo stai- oh Kami!”
Atsumu era rannicchiato a terra in un angolo della cucina.
Aveva provato a rimanere in piedi, respirare sarebbe stato più facile, ma le gambe tremavano, non lo reggevano, si sentiva svenire.
Le braccia stringevano convulsamente il petto, come a voler strappare via quel maledettissimo peso che bloccava il respiro.
Gli occhi lucidi per la fatica e le lacrime.
𝘙𝘦𝘴𝘱𝘪𝘳𝘢.
𝘜𝘯𝘰, 𝘥𝘶𝘦...
“tre, quattro, cinque, sei, sette... cazzo ‘Tsumu, respira con me”.
𝘐𝘯𝘴𝘱𝘪𝘳𝘢.
“Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette...”
𝘌𝘴𝘱𝘪𝘳𝘢.
Sembrava la voce di ‘Samu, ma non poteva essere.
Atsumu era solo, Osamu se ne sarebbe andato, non se ne andavano tutti?
Però la voce di ‘Samu era lì e arrivare prima a cinque secondi e poi a sette sembrava più semplice.
La vista sembrava tornare a fuoco.
L’ovatta stava leggermente abbandonando le orecchie e la mente.
 


“’Tsumu posso toccarti?” chiese per la seconda volta, sperando che il fratello lo sentisse.
Il rumore della porta alle sue spalle lo distrasse, troppo impegnato a nascondere la vulnerabilità di suo fratello dalla vista di chiunque.
Beh, quasi chiunque.
Tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che si trattava di Suna.
L’intesa tra gemelli non era eguagliabile, ma bastò uno sguardo per ricevere un cenno affermativo.
Tanto bastava.
Gli voltò le spalle tornando a dedicare la sua completa attenzione su Atsumu.
Osamu si sarebbe preso cura di suo fratello, Suna di tutti gli altri.
“Sì...” un sussurro tremante.
Osamu quasi non lo riconobbe come la voce di ‘Tsumu.
Ci volle un secondo per capire a cosa stesse acconsentendo, quando lo fece, lo aiutò ad allontanarsi dal muro, mettendosi seduto alle sue spalle e abbracciandolo col proprio corpo, aiutandolo lentamente e con tocchi graduali a rilassare ogni muscolo e respirare sempre meglio.
 


“Tutti fuori!” disse Suna, con una serietà molto diversa dal solito.
C’era qualcosa nel suo sguardo e nel suo tono che portò Aran a non rimproverarlo per i modi e Kita-san a non chiedere spiegazioni e portare tutti fuori da lì, nonostante li stesse cacciando da una casa che non era la sua.
Si affacciò con discrezione alla porta della cucina, scambiandosi di nuovo uno sguardo significativo con ‘Samu.
“Non c’è più nessuno.” disse.
 


𝘕𝘰𝘯 𝘤’𝘦̀ 𝘱𝘪𝘶̀ 𝘯𝘦𝘴𝘴𝘶𝘯𝘰.
𝘚𝘰𝘯𝘰 𝘴𝘰𝘭𝘰.
𝘕𝘰, 𝘯𝘰𝘯 𝘦̀ 𝘷𝘦𝘳𝘰.
𝘓𝘰𝘳𝘰 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘲𝘶𝘪.
   
 
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