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Autore: pampa98    28/12/2022    4 recensioni
"Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2024 indetti sul forum Ferisce la penna."
Per Carmaux_95 ❤
Prima dell'inizio della vacanze di Natale, il Karasuno e il Nekoma si incontrano per un'amichevole. Tanaka ne approfitta per ricevere un bacio dalla ragazza dei suoi sogni. Appende un ramoscello di vischio sopra la porta della palestra e attende l'arrivo di Shimizu. Riuscirà a raggiungere il suo obiettivo? E, soprattutto, la sua strategia quante vittime inconsapevoli mieterà?
~ AsaNoya; KageHina; TsukkiYama; UkaTake; KuroKen; YakuLev ~
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Asahi Azumane, Keishin Ukai, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un piano perfetto… per gli altri

A Bea,
buon compleanno 💚


Tanaka si allontanò di tre passi dalla porta, sorridendo soddisfatto davanti al suo lavoro.

«Guarda che non funzionerà» gli disse Nishinoya, ma il ragazzo agitò il dito indice davanti a lui. Avrebbe funzionato: il libero era solo geloso perché quell’idea geniale non era venuta a lui e, di conseguenza, non sarebbe potuto essere lui a baciare Shimizu.

«Aspetta e vedrai» disse Tanaka, appoggiandosi alla parete accanto alla porta.

Il sole stava tramontando e presto i membri delle squadre del Karasuno e del Nekoma sarebbero arrivati per l’ultima partita di allenamento prima delle vacanze natalizie. Sperò che Yamamoto arrivasse per primo, così avrebbe potuto assistere al suo momento di gloria e fare il tifo per lui.

– – –

«Ti ho detto che non puoi stare qui!»

«Posso eccome, pelato! Questa è proprietà pubblica.»

«Mettiti di lato, non vedi che… Ecco, appunto. Scusa, Asahi-san, ma qualcuno ha deciso di piantarsi proprio in mezzo al passaggio, rubando la proprietà intellettuale altrui.»

Nishinoya sbuffò. «È dall’alba dei tempi che i disperati usano il vischio per ottenere un bacio, tu non hai pianificato niente di innovativo.»

Asahi spostò lo sguardo incerto tra i suoi compagni di squadra. Fuori aveva iniziato a nevicare e l’unica cosa che aveva desiderato, attraversando i cancelli della scuola, era stato rifugiarsi all’asciutto e al tepore della palestra. Quella strana lite tra Tanaka e Nishinoya lo stava tenendo fuori dalla porta a infreddolirsi sempre di più.

«Sono stato comunque più furbo di te» concluse Tanaka. Fece un passo indietro, aprendo la via per Asahi che subito ne approfittò per entrare. Abbassò il cappuccio del suo giaccone e si passò una mano tra i capelli per assicurarsi che non si fossero bagnati.

«Ehm, posso chiedervi di cosa stavate discutendo? Va tutto bene?»

«Sì, solo che quell’idiota ha deciso…» Tanaka si zittì all’istante, guardando sopra la sua testa. Asahi seguì il suo sguardo e notò un ramoscello di vischio appeso sopra l’ingresso.

«Oh, cavolo…» mormorò Nishinoya, dietro di lui. La sua imprecazione fece scoppiare a ridere il suo compagno – e quella reazione rese Asahi ancora più confuso.

«Ben ti sta!» esclamò Tanaka, reggendosi la pancia. «Così impari a intrufolarti nei momenti di gloria altrui. Adesso ti tocca baciare Asahi-san.»

Il volto di Nishinoya assunse una decisa tonalità rossa, mentre Asahi inarcò un sopracciglio, non capendo perché il ragazzo dovesse baciarlo.

Poi realizzò.

«Oh. Oh, a-accidenti, scusa, Nishinoya» disse, voltandosi verso di lui. Si passò una mano dietro la nuca, sentendo tutto il suo corpo andare a fuoco; forse era il caso che tornasse fuori sotto la neve. «Non… Non lo avevo visto. Ma non… non siamo costretti, eh! Cioè, la tradizione e… e…» io vorrei baciarti, lo vorrei con tutto il cuore, ma non se non lo desideri anche tu «Insomma, è un caso che siamo qui, sotto il vischio, insieme, perciò…»

«Accidenti, quanto la fai lunga!» esclamò Nishinoya. «Ti fa così schifo l’idea di baciarmi?»

Asahi sbatté le palpebre. «No, per niente.»

Quell’ammissione lasciò le sue labbra d’istinto, diretta e sincera. Sentì il volto farsi ancora più caldo e notò che anche Nishinoya era rimasto sorpreso, arrossendo a sua volta. Ma il suo imbarazzo durò solo un momento.

«E allora facciamolo e basta!»

Prima che Asahi potesse chiedere cosa intendesse, il libero lo afferrò per il bavero della giacca e lo tirò verso di sé, facendo aderire le loro labbra. L’asso ebbe appena il tempo di realizzare cosa stesse accadendo prima che il contatto si interrompesse e lui si ritrovasse a fissare il ciuffo biondo di Nishinoya.

«Ora… Ora andiamo a scaldarci o quegli stupidi gatti ci faranno a pezzi» borbottò, continuando a tenere la testa bassa e le mani strette saldamente alla sua giacca.

Asahi si lasciò sfuggire una risata. Posò le mani sulle sue, allontanandole dal suo collo ma tenendole strette tra le sue dita.

«Sì, mi sembra un’ottima idea.»

~

Hinata atterrò sulla soglia della palestra e sollevò le braccia, euforico, mentre accanto a lui Kageyama esultò stringendo i pugni. I due ragazzi si voltarono contemporaneamente uno verso l’altro.

«Sono arrivato prima io!» esclamarono.

«Non barare, Bakeyama. Quando sono entrato, tu ancora non c’eri.»

«Allora sei anche cieco oltre che lento, sono stato io il primo ad arrivare.»

«A me sembra che siate arrivati esattamente nello stesso istante» disse Tanaka, attirando la loro attenzione.

«Non è possibile» protestò Hinata. «Comunque, va tutto bene? Che ci fai appoggiato lì al muro?»

«Aspetto. Ah, credo che dovreste spostarvi da lì, siete sotto il vischio» disse, indicando sopra le loro teste.

Hinata guardò in alto. Non aveva notato la pianta dai pallini rossi che decorava la porta della palestra. Aveva già sentito il nome “vischio” ma non ne aveva mai visto uno – se lo aspettava più tipo un fiore, ma dovette ammettere che era comunque molto carino e univa alla perfezione i colori del Natale.

«Che bello!» esclamò, dimenticando all’istante della sua gara con Kageyama. «Hai decorato la palestra per la nostra partita, Tanaka-senpai?» Guardandosi attorno, però, Hinata notò che non c’erano altri addobbi nella stanza. Forse Tanaka aveva appena iniziato a decorare oppure temeva che potessero perdere il controllo della palla e colpire qualche bella ghirlanda, e aveva addobbato solo il punto più sicuro.

«Ma naturalmente, mio kohai» rispose Tanaka, dandogli una sonora pacca sulla spalla, fiero dell’appellativo con cui Hinata gli si era rivolto. «Però non volevo togliere il divertimento al resto della squadra, per cui io ho solo dato un piccolo contributo.»

«Woah! È geniale!» Hinata adorava il Natale, riempire le stanze di luci e colori, e sapere che avrebbe potuto farlo anche nel luogo che più amava con i suoi migliori amici lo riempiva di gioia. «Hai sentito, Kageyama? Che ne dici se ci sfidiamo a…»

Hinata inclinò la testa di lato, fissando il suo compagno. Aveva gli occhi puntati sul vischio sopra di loro, tremava e il suo volto aveva assunto la tonalità dei capelli dell’inquietante amico di Japan.

«Kageyama?» Hinata gli posò una mano sul braccio. «Ehi, immaginavo che fossi un Grinch, ma non ti sembra di esagerare per una semplice piantina?»

«Una… Una semplice…» Kageyama balbettò alcune parole incomprensibili prima di fissare il suo sguardo su di lui, sconvolto. «Razza di imbecille, ma ti rendi conto che siamo sotto al vischio?»

Hinata spostò lo sguardo da lui alla pianta sopra di loro. «E quindi?»

«Non… Non conosci la tradizione legata a questa pianta?» chiese Kageyama, sgranando gli occhi.

«No. Cosa dice?»

Kageyama imprecò e si passò le mani sul viso, sempre rosso come un peperone. Tanaka, accanto a lui, si mise a ridere.

«Dai, Asahi e Noya l’hanno fatto, ma a voi due concedo il permesso di evitarlo» disse, atteggiandosi a saggio.

«No, no, io la voglio fare!» esclamò Hinata. «Sono curioso. Cosa dobbiamo fare?»

«Oh, niente di complicato: dovete baciarvi.»

Hinata sbatté le palpebre.

Baciarsi. Lui e Kageyama. Baciare Kageyama.

Finalmente comprese l’agitazione del ragazzo e si ritrovò a provarla in egual misura.

«Guarda cos’hai combinato, cretino!» lo attaccò l’alzatore. «E tutto perché non hai voluto ammettere che avevo vinto io.»

«Tu non hai voluto ammettere la sconfitta!» ribatté Hinata, puntandogli un indice accusatore sul petto. «E scommetto che non mi hai detto subito di questa tradizione perché sapevi che avresti perso anche qui.»

«Cosa? Pensi che io non sia bravo a baciare, forse?»

«Sono sicuro che non lo sei.»

Kageyama aprì la bocca per ribattere, ma poi ci ripensò, rimanendo in silenzio. Hinata la prese coma una vittoria – per sua fortuna, perché lui non aveva mai baciato nessuno e, anche se era ovvio che sarebbe stato migliore del suo compagno, non doverlo dimostrare coi fatti era un sollievo.

«Visto? Non è difficile ammettere…»

Le sue parole furono inghiottite dalle labbra dell’altro. Aveva stretto una mano sulla stoffa della sua felpa e lo aveva attirato a sé, approfittando della sua momentanea distrazione. Hinata non sapeva se essere più sconvolto, terrorizzato o felice per ciò che stava accadendo. Quando gli occhi di Kageyama si aprirono e osò ghignare sulle sue labbra, Hinata capì cosa doveva fare. Portò le braccia intorno al collo dell’altro, impedendogli di allontanarsi, e ricambiò il bacio con tutta la forza che aveva in corpo. Fu solo quando avvertì un’aura oscura alle sue spalle che Hinata ricordò dove fossero e cosa stessero facendo.

«Hinata, Kageyama.» Daichi si rivolse loro gentilmente, con un sorriso sul volto. Entrambi i ragazzi avvertirono un brivido di puro terrore correre lungo le loro schiene. «Sareste così gentili da andare ad amoreggiare altrove?»

Hinata deglutì a vuoto. Provò a parlare, ma l’unica cosa che riusciva a fare era stringersi a Kageyama.

«C-Certo. S-S-Scusaci» disse l’alzatore, e prima che Daichi potesse muovere un muscolo afferrò Hinata e scappò con lui verso gli spogliatoi.

~

«Oh, buonasera, Tanaka-san» lo salutò Yamaguchi, sorpreso di trovarsi accanto al ragazzo appena varcata la soglia della palestra. «Va tutto bene?»

«Sì, sì» rispose lui. Fissò lo sguardo su Tsukishima, che si era fermato dietro di lui mentre la neve riempiva di bianco il cortile e si adagiava anche sui suoi capelli biondi.

«Tsukki!» lo chiamò Yamaguchi, armeggiando con l’ombrello che aveva appena chiuso. «Dai, che aspetti a entrare?»

«Stavo solo ponderando il da farsi» rispose.

«Non mi sembra tanto complicato: dobbiamo andare a cambiarci, poi possiamo riscaldarci un po’ prima dell’arrivo del Nekoma. Io vorrei fare qualche battuta di prova, non si sa mai.»

«Mi sa che stava riflettendo su come comportarsi adesso» disse Tanaka, indicando sopra la sua testa con un sorriso divertito.

Yamaguchi seguì il suo sguardo e vide il vischio appeso sopra la porta. Avvampò, ricordando la tradizione legata a quella pianta – adesso capiva perché Tanaka stava in agguato accanto alla porta, lontano dal raggio d’azione del vischio.

«Oh. Oh, scusate, non l’avevo vis-»

Fece per muovere un passo indietro, in modo da permettere a Tsukishima di entrare senza essere costretto a baciarlo, ma il ragazzo era già dentro. Lo prese per un braccio, costringendolo a restare dov’era – in piedi, davanti a lui, con un vischio che pendeva sopra le loro teste in una tacita sentenza.

«T-Tsukki?»

Il ragazzo gli portò due dita sotto il mento, si chinò verso di lui e lo baciò. Fu un tocco veloce, delicato, ma abbastanza intenso perché si espandesse in tutto il suo corpo e lo facesse sentire vivo. Quando Tsukishima si allontanò, Yamaguchi notò il rossore sul suo volto.

«Bene» disse, aggiustandosi gli occhiali sul naso. «Andiamo a prepararci. Volevi esercitarti nelle battute, giusto?»

Yamaguchi impiegò qualche secondo a riprendersi e registrare le sue parole. Poi sorrise e annuì, prendendo sottobraccio il suo amico d’infanzia.

«Non starmi così appiccicato» si lamentò lui, mentre si dirigevano insieme agli spogliatoi.

«Sta’ zitto, Tsukki.»

~

Ukai entrò dentro la palestra subito dopo Takeda e scosse testa e spalle per liberarle dalla neve che vi si era accumulata nel tragitto, prima che l’altro lo raggiungesse e gli offrisse riparo sotto il suo ombrello.

«Sembri un corgi quando ti asciughi in questo modo» rise il professore, facendo sorridere anche lui. «Dammi un secondo, vado a cercarti un asciugamano.»

«Non è necessario, sensei. Un po’ di neve non mi ammazzerà di certo. Ehi, Tanaka» disse, notando solo in quel momento il ragazzo appoggiato alla parete. Lui abbozzò un sorriso, ma sembrava triste. «Stai bene? Non ti alleni un po’ prima della partita? Il Nekoma sarà qui a momenti.»

«Vado appena arriva una persona, Ukai-san, non si preoccupi. Comunque, vi conviene spostarvi dalla porta.»

«Ah, g-giusto, stiamo intralciando il passaggio» disse Takeda, ma Tanaka scosse la testa e indicò sopra di loro.

«No, mi riferivo a quello.»

Ukai e Takeda guardarono in alto nello stesso istante. L’allenatore riconobbe subito la pianta appesa sopra le loro teste e provò un misto di eccitazione e timore all’idea di essere sotto al vischio insieme a Takeda. Potrebbe essere la mia occasione, si disse, abbassando lo sguardo verso il professore. Si portò una mano davanti alla bocca per impedirsi di ridere: il suo collega aveva assunto la tonalità dei capelli di Hinata e fissava i pallini rossi come se fossero le fauci di un inferocito drago. Era così agitato che Ukai temette che baciarlo gli avrebbe dato il colpo di grazia. Lo guardò aprire e chiudere la bocca a intermittenza, godendosi quel momento di imbarazzo prima di decidersi a salvarlo. Gli posò una mano sulla spalla, facendolo voltare di scatto verso di sé.

«Rilassati, sensei. È una tradizione infantile, non siamo obbligati a rispettarla.»

L’altro scosse la testa, con tanta energia che rischiò di staccarsela dal collo.

«N-No, è… è una bella t-tradizione. Va fatto!» sentenziò, con una sicurezza che sorprese Ukai. Quando Takeda mosse un passo verso di lui, avvicinandosi fino a sfiorargli la punta del naso, lui rimase immobile, in trepidante attesa. L’insegnante gli mise le mani sulle spalle, sempre più rosso, e si sollevò sulle punte, posando le labbra all’angolo delle sue.

«B-Bene, ora pensiamo ai… ai nostri ragazzi» disse. Si diresse verso la squadra a testa china, ancora sopraffatto dalle emozioni che lo avevano colto in quei pochi minuti. Ukai lo guardò scappare via mentre il fantasma del suo tocco aleggiava ancora sulla sua pelle. Poi scoppiò a ridere.

«Ukai-san?» Tanaka lo guardò preoccupato.

L’uomo si passò una mano tra i capelli, senza riuscire a smettere di sorridere.

«Va tutto bene. Senti, lascia qui il vischio quando te ne vai, d’accordo? Ci pensiamo io e il sensei a toglierlo.»

Il ragazzo sembrò incerto, ma poi annuì. Ukai riportò lo sguardo su Takeda, che stava parlando con il gruppo del terzo anno, e sorrise: il professore aveva evitato di rispettare la tradizione nel modo classico e lui non intendeva lasciarlo tornare a casa se prima non gli avesse dato un vero bacio.

~

Il Nekoma arrivò in perfetto orario e, entrando in palestra insieme, la maggior parte di loro riuscì a evitare il bacio del vischio. Tanaka non si prese nemmeno la briga di avvisarli: ma quando arrivava Shimizu?

«Tanaka!» Taketora si piazzò davanti a lui. «Ehi, amico, tutto bene?»

«Ma naturalmente» rispose subito. Gli passò un braccio intorno alle spalle, trattenendolo accanto a sé. «Sto aspettando l’arrivo di un miracolo. Sarà qui a momenti, perciò che ne dici di assistere al mio trionfo in prima persona?»

Il ragazzo inarcò un sopracciglio. «Sarà sicuramente una disfatta» disse. «Assisto con molto piacere.»

Intanto, Kuroo aveva avuto tempo di notare il vischio appeso sopra la porta e trattenere Kenma – distratto dal suo videogioco – per lasciar entrare gli altri per primi. Lev e Yaku erano rimasti indietro, a discutere perché solo il libero aveva pensato di portare un ombrello che ovviamente l’altro gli aveva rubato perché Yaku era troppo basso per coprire entrambi. Kuroo decise di non aspettare anche loro ed entrò insieme a Kenma.

«Ehi, non noti niente qua sopra?» chiese all’alzatore.

L’altro lo ignorò, reazione che non lo sorprese. Senza tante cerimonie, Kuroo gli sollevò il viso e lo baciò. L’angolazione non era delle migliori, ma ottenne comunque il risultato sperato – e anche di più, dal momento che Kenma lo fissò con le guance che lentamente si arrossavano.

«Perché l’hai fatto?» chiese.

«Siamo sotto al vischio, non ho avuto scelta.»

«Oh. D’accordo.»

«Kenma!» Entrambi furono distratti dalla voce di Hinata, che saltava e si sbracciava in direzione del suo amico.

«Ciao, Shoyo» lo salutò Kenma. Ripose la console nello zaino e lo raggiunse. Kuroo sbuffò: gli dava fastidio che solo quel pulcino arancione riuscisse a distrarlo dai suoi videogiochi.

«Ehi, capitano, stai intralciando il passo» lo rimproverò Yaku.

Kuroo si fece subito da parte, sorridendo divertito quando anche Lev entrò. Il ragazzo dovette abbassare la testa per passare dalla porta e si ritrovò faccia a faccia con il vischio.

«E questo cos’è?» chiese, curioso.

«Vischio» rispose Kuroo.

«Ah, è questo? Bello, non lo avevo mai visto. Tu l’hai visto, Yaku?»

Il libero abbassò lo sguardo, ma prima che potesse rispondere Lev fece qualcosa che, Kuroo ne era certo, avrebbe siglato la sua condanna a morte. Prese Yaku sotto le ascelle e lo sollevò, portando il suo volto al livello del vischio.

«Scusa, da laggiù non potevi vederlo» disse, serio. «È carino, non trovi? Ora ci dobbiamo baciare, giusto?» chiese, rivolto a Kuroo, che non sapeva cosa rispondere. Lev era un idiota, ma la sua altezza e la sua forza erano utili alla squadra: non voleva perderlo solo per farsi una risata.

Fortunamente, fu Yaku a intervenire.

«Ma che cavolo fai, brutto spilungone nordico?» esclamò. «Rimettimi subito a terra!» E, per enfatizzare il suo ordine, gli mollò anche un calcio in piena pancia. Lev si piegò, in parte per fare ciò che gli aveva detto e in parte per il dolore.

«Sei stato cattivo, Yaku! Io volevo solo farti un favore.»

«Guarda che il vischio lo vedo benissimo anche da qui, scemo!»

Lev sorrise. «Oh. Allora perfetto.» Si chinò verso di lui e gli posò le labbra sulle sue. Il contatto durò più a lungo di quanto Kuroo avrebbe immaginato – il rossore sul volto di Yaku gli fece supporre che fosse troppo sconvolto per reagire come suo solito. Quando Lev si allontanò, il sorriso campeggiava ancora sulle sue labbra.

«Forza, andiamo a giocare» disse, raggiungendo il resto della squadra, non prima però di aver accarezzato la testa di Yaku come se fosse un cagnolino.

Il libero rimase immobile, tanto che sia Kuroo che Taketora si avvicinarono per assicurarsi che respirasse ancora; poi tornò il ragazzo che tutti conoscevano.

«LEV!»

Corse verso di lui e Kuroo gli andò dietro, per godersi lo spettacolo e cercare, se possibile, di salvare la vita al loro compagno.

– – –

«Tanaka, dai, dobbiamo iniziare la partita» lo spronò Taketora.

Lui scosse la testa. Sarebbe arrivata, ne era certo. E, di fatti, in quel momento una figura femminile fece capolino dentro la palestra.

Tanaka le si affiancò all’istante, solo per scoprire che si trattava di Yachi.

«S-S-Scusate per il ritardo!» esclamò la ragazza, prostrandosi in un inchino.

«Non preoccuparti, non abbiamo ancora iniziato. Senti, piuttosto» le chiese, sporgendosi oltre la porta per cercare la persona che stava aspettando, «Shimizu è venuta con te? Non l’ho ancora vista.»

«Oh. Shimizu ha un brutto raffreddore ed è più sicuro per tutti se resta a casa. Faccio… Faccio io le sue veci.»

Yachi gli rivolse un sorriso caloroso, ma le sue parole gli gelarono l’anima. Taketora, dietro di lui, scoppiò a ridere senza ritegno ed era certo che anche Nishinoya non avrebbe perso l’occasione di deriderlo. Il suo piano per ottenere un bacio dalla ragazza dei suoi sogni – perfetto, dal momento che tutti i presenti ne avevano testato la validità – era andato in fumo. Si avviò verso il campo con l’umore sotto terra, animato dalla sola speranza di non dimostrarsi un completo fallimento durante la partita.






Note: Auguri, Bea! Spero che la storia ti sia piaciuta e che passi una bella giornata ❤
Grazie a chiunque abbia letto fin qui e soprattutto a leila91 per aver letto in anteprima la storia e avermi dato il suo parere.

   
 
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