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Autore: drisinil    31/12/2022    4 recensioni
Tsukishima Akiteru ha una figlia. Tsukishima Kei ha una nipote. Anche Kuroo Tetsurou ha una nipote. La cosa che hanno in comune questi tre è che la adorano. E quando lei ha un problema, serve una riunione di famiglia.
Per chi ha letto Tsuki no Hikari, questa storia è da intendersi come uno spinoff nel futuro.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Akiteru Tsukishima, Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia nasce come spinoff di "Tsuki No Hikari" e richiama situazioni e dinamiche di quel contesto. Può essere letta anche in modo indipendente tenendo conto che:

1) Tsukishima Kei e Kuroo Tetsurou stanno insieme dai tempi del liceo.

2) Kuroo ha una sorella di otto anni più grande, Ayumi, sposata con due figli: Leon nato nel 2013 e Tomo nato nel 2022. 

3) Akiteru, il fratello di Kei, si è sposato e ha una figlia, Keimi, nata nel 2017.


****



A ogni sbuffo di Tetsurou, seduto sul sedile del passeggero, l'irritazione di Kei aumenta.

«Dobbiamo andarci per forza?» esala querulo Kuroo, come se la destinazione fosse il patibolo.

«Sì» risponde asciutto Kei.

Hanno di nuovo cambiato i sensi di marcia del labirinto escheriano vicino all'aeroporto di Sendai e stanno girando a vuoto da dieci minuti, come pesci rossi in una boccia.

Finalmente, un minuscolo cartello giallo, seminascosto dal fogliame, indica a Kei una qualche deviazione provvisoria.

«Sono stato via due settimane. Faceva caldissimo. Sono esausto. Voglio farmi una doccia di tre ore e poi...»

«Piantala! Non attacca» lo interrompe Kei seccato.

E' seccato per finta, lo sanno tutti e due. Cosa venga dopo la doccia di tre ore è piuttosto chiaro. Kei non pensa ad altro da giorni. E per quel che lo riguarda, può anche cominciare durante la doccia di tre ore. Di sicuro non è per niente contento di rimandare.

«Si può sapere almeno che vuole da noi?» sbuffa Tetsurou, mentre si ammira a distanza ravvicinata nello specchio dell'aletta parasole. «Guarda qua, ho le occhiaie, sembro un cadavere. E ho anche la pancia gonfia.»

«Non è grave, stai solo invecchiando» risponde Kei, con un'occhiata laterale carica di sarcasmo.

La verità è che, a venti come a quarant'anni Tetsurou resta uno degli uomini più sfacciatamente belli che abbia mai conosciuto. E visto che violare le leggi della fisica e il senso comune è uno dei tratti principali della sua natura, si fa beffe anche del tempo, che su di lui riesce a operare soltanto miglioramenti.

Kei si aggiusta le lenti sul naso, con una smorfia di stanchezza: essere innamorato perso come un deficiente da più di vent'anni è faticoso.

«Quindi che vuole tuo fratello?»

«Non ne ho idea. Lo sai com'è fatto.»

Tetsurou sospira insofferente. Sa benissimo com'è fatto suo cognato. Le tre A: affettuoso, amabile, allarmista.

«Ripetimi perché lui schiocca le dita e noi dobbiamo obbedirgli?»

Kei sospira. «Perché è l'unico fratello che ho? Perché sua moglie ti ha procurato un contratto che ti ha portato dritto dritto nell'ufficio all'ultimo piano? O magari perché ti lasciano viziare Keimi-chan in modi abietti dal giorno che è nata...»

Basta nominarla, perché i lineamenti di Tetsurou si distendano. Adesso ha stampato in faccia un mezzo sorriso.

«C'è anche lei?»

«Ha diciassette anni ed è sabato sera. Risponditi da solo.»

«Cosa potrebbe avere di meglio da fare che cenare con suo zio?»

«Non so. Tu alla sua età che facevi?»

«Cercavo di portarti a letto» risponde Tetsurou ammiccante.

«Esatto.» Kei ghigna.

Tetsurou si acciglia. «Non è la stessa cosa.»

«Ah no?»

Il silenzio è riempito dal suono ritmico della freccia. L'auto svolta nel vialetto.

Akiteru abita in una di quelle periferie residenziali che ricordano molto la casa d'infanzia dove lui e Kei sono cresciuti, a Osaki. Tradizionale, ma non troppo. E con qualcosa di vagamente occidentale.

E' proprio Keimi ad aprire la porta. Il suo sorriso è un cielo di primavera. E l'innegabile somiglianza con Kei, occhiali rettangolari compresi, è uno dei centocinquanta milioni di motivi per cui Tetsurou la adora.

Ma adesso non ha gli occhiali. Non ha la tuta della scuola. Non ha la treccia bionda lunghissima che cade sulla spalla e oscilla allegramente a ogni movimento.

Ha un vestito. Celeste. Un vestito qualsiasi, né troppo corto, né troppo scollato. Un vestito carino.

Ed è...diversa. Tetsurou allarga gli occhi. Quando è successo? Quando è diventata così?

Non ha i tacchi, del resto è già altissima. E non è nemmeno truccata, grazie al cielo. Ma il problema è che non ne ha alcun bisogno. Tsukishima Keimi vestita da femmina, con i capelli sciolti che le arrivano ai fianchi e gli occhi che ridono è un capolavoro della natura. Porta un reggiseno a balconcino invece di quelli sportivi che appiattiscono tutto. E si vede, per la miseria.

L'apparecchio per i denti, che scintilla fra un sorriso e l'altro, è un relitto galleggiante dell'infanzia cui Tetsurou si aggrappa con gratitudine.

«E' orrendo, vero zio?» domanda lei avvilita, seguendo il suo sguardo. «Ma il dentista ha detto che fra sei mesi lo togliamo!» annuncia, raggiante.

Tetsurou tossisce convulso, Kei sopprime una risata.

Aki si affaccia dal soggiorno e saluta con la mano.

Si tolgono le scarpe ed entrano in casa. E' confortevole, calda e accogliente, proprio come le persone che ci vivono.

Keimi fa da scorta agli zii, aggrappata al braccio di Tetsurou. Gli sta parlando all'orecchio e lui sorride, con un'espressione beata e un po' ebete che Kei ama alla follia.

«Tutto bene?» domanda Kei al fratello, a mezza voce, mentre si siedono.

Aki annuisce, ma ha la mascella contratta e gli occhi cupi. Dietro le sue spalle, la moglie lancia a Kei un sorriso complice, alzando le sopracciglia.

Significa che non è niente di veramente grave.

Kei si rilassa impercettibilmente, abbassando il livello di guardia.

«E' pronto fra poco» comunica la padrona di casa, sparendo in cucina. «Tu tesoro dovresti andare, o farai tardi!» prosegue, dall'altra stanza.

«Sì, mamma. Sto andando!» risponde Keimi. «Ciao papà, ciao zii.»

L'unico a meritarsi un bacio, sulla tempia, è Tetsurou. L'adorazione, evidentemente, è ricambiata.

«Dove vai di bello?» le chiede lui, con una carezza.

«In centro, a prendere un gelato. E poi hanno aperto un nuovo negozio di sport enorme, bellissimo.» Keimi allarga le braccia per contenere quel volume immenso di meraviglia e di divertimento.

«Vai con la squadra?»

«Mn mn» annuisce lei.

Non è una bugia. Ma non è nemmeno tutta la verità. L'esitazione è durata meno di un attimo, ma Kei l'ha colta perfettamente. Non sarà il suo zio preferito, ma la conosce palmo a palmo: tutti i lineamenti, tutte le espressioni, tutti i sorrisi.

Dal bovindo, la vedono camminare spedita nel vialetto; si muove danzando, il sole del tramonto la avvolge tutta, i capelli sembrano oro filato. Restano tutti e tre a fissarla innamorati, finché non sparisce dietro l'angolo.

«E' cresciuta parecchio» mugugna Tetsurou. Sembra un rimprovero rivolto ad Akiteru, come se fermare il tempo e trattenerla bambina fosse compito suo.

Lo sguardo che Aki lancia al cognato è ostile.

Kei impreca mentalmente. Così presto?

Tsukishima Akiteru si sente nervoso.  Non è un discorso facile, quello di stasera, ma deve pur farlo. Dopo tutti questi anni, Kuroo lo mette ancora un po' in ansia. E poi c'è il fatto che Kei è sempre e comunque dalla sua parte, anche quando litigano, si danno contro e sembra il contrario. Sono un fronte compatto, in tutte le cose.

Significa che anziché affrontarne uno, li deve affrontare entrambi. E senza nemmeno l'aiuto di Koko.

Evocata dal suo pensiero, la moglie si presenta con piatti e bacchette per tre e li appoggia al centro della tavola. «Allora, di là è tutto pronto» spiega sorridendo, mentre si toglie il grembiule. Sotto, porta la solita tuta fosforescente. «Io dovrei tornare per le undici. Mi dispiace non essere dei vostri, ma Aki ha organizzato tutto all'improvviso e non sono riuscita a cambiare i turni.»

Fa volontariato sulle ambulanze da sempre. Era su uno dei treni travolti dal maremoto del Tohoku e sarebbe stata l'ennesima vittima se, dopo il deragliamento, il personale paramedico di un'ambulanza non l'avesse tenuta in vita di forza.

E' così che si sono conosciuti. Sopra a un'ambulanza, dopo un tamponamento a catena. Akiteru aveva bisogno più di rassicurazioni che di cure mediche e lei l'ha capito subito. Lo ha calmato e consolato in dieci parole e un mochi. Alla quarta parola e al primo morso di mochi, lui aveva deciso di sposarla.

Il resto è storia familiare, una di quelle semplici e felici, in cui non c'è poi molto da raccontare, ma chiunque sia sano di mente ci metterebbe la firma.

La faccenda dei turni non è un caso, e forse Kei l'ha anche capito.  Non che Aki abbia dei segreti con sua moglie, ma Tsukishima Kokoro tende a sottostimare l'importanza di molte cose. E' così abituata alle questioni di vita o di morte, che il resto le sembra sempre tutto gestibile. E Aki non vuole che questa faccenda sia liquidata dalle parole imbonitrici del cognato. Perché a Kuroo basta aprire bocca per rigirarsi tutti e tutto fra le mani, a partire da Kei e Keimi, che pendono dalle sue labbra come allocchi.

Mentre mangiano onigiri e korokke, e solo Kei fa onore alle verdure lesse (saporite, colorate, sistemate per bene, come piacciono a lui) parlano del più e del meno: le prossime vacanze, il lavoro, le partite di Keimi, visto che i nazionali interhigh sono alle porte.

In quella casa si discute di pallavolo liceale come fossero Olimpiadi. Il che è piuttosto comico, tranne per il fatto che è vero che Keimi-chan è brava. Molto brava.

E' una centrale, ovviamente.

Intelligente, lucida, agile, da sua madre ha preso un'infinita riserva di pazienza e di energie. Se fosse anche soltanto un pochino più aggressiva, sarebbe da nazionale giovanile. Invece Keimi è tenera, in tutte le cose, e la sua ambizione finisce dove iniziano i sentimenti altrui.

Tetsurou la vorrebbe con una medaglia olimpica al collo e allo stesso tempo non è disposto a vederla cambiare neanche di un capello. Per lui, sarà sempre la bambina bionda allampanata  a cui ha insegnato a saltare a muro in cortile e a fare le facce cattive e spavalde alle avversarie.

A murare, ha imparato bene. Le sue facce cattive fanno venire voglia di abbracciarla.

Al terzo onigiri che sparisce fra le fauci di Tetsurou, Kei decide che è arrivato il momento di togliersi il dente. Se per colpa di Aki e delle sue paranoie andrà in bianco stanotte, domani lo ammazzerà.

«Quindi, Aki? Cosa volevi dirci di così importante?»

Akiteru smette di masticare. Deglutisce a fatica.

Perché deve essere sempre così? Mai una volta che suo fratello gli facesse il favore di attenersi a una qualsiasi delle sue mille sceneggiature mentali. Kei non fa che anticipare i tempi e scagliarlo al di fuori dalla sua zona di conforto.

E dire che si era preparato un così bel discorso! Serio, pacato, che non drammatizza, ma dà alla questione il giusto peso. E a ciascuno le proprie responsabilità.

E adesso, invece, gli tocca improvvisare.

«Era un sacco di tempo che non venivate a cena» balbetta, con la bocca piena di riso.

Lo guardano entrambi perplessi.

«Però mi dispiace che non ci siano Kokoro e Kei-chan» dice Tetsurou.

«Ci vuole tutti per sé» suggerisce Kei, infilandosi in bocca un polipo di wurstel.

Niente, i copioni mentali con quei due sono uno spreco di energie. Meglio andare al punto. «Volevo parlare con voi di una cosa che riguarda Keimi.»

Il primo a scattare è Kuroo. Le sue bacchette si fermano sull'orlo del piatto, gli occhi diventano penetranti e indagatori e gli frugano il viso in cerca di indizi. «Qualcosa non va? Keimi-chan ha qualche problema?»

Kei continua a pescare chicchi di riso dal piatto e a masticare.

«Sta bene?» incalza Kuroo, pericoloso. Se Aki dovesse rispondere qualcosa di diverso da un sì a quella domanda, avrebbe paura.

«Sta benissimo.»

Kuroo sorride e riprende a mangiare.

Kei guarda il fratello con condiscendenza. «Ma...?»

«Penso che esca con qualcuno» sputa fuori Akiteru.

A Kuroo va il boccone di traverso, Kei gli assesta pacche violente sulle spalle.

«Chi?» domanda Kuroo appena riprende a respirare.

«E quindi?» chiede Kei in contemporanea.

La prima domanda è troppo difficile. Aki vorrebbe rispondere alla seconda, ma il cognato lo precede.

«E quindi? Come e quindi? Kei! Tua nipote ha solo diciassette anni. Si deve diplomare. Deve entrare alla Todai. Deve giocare da professionista. Non può uscire con qualcuno

«E lo hai deciso tu che deve fare tutte queste cose?» ribatte Kei.

«No! Sono quelle che vuole fare lei! Non è vero, Aki?»

Aki. Quando gli fa comodo è Aki. Altrimenti è Akiteru, Oppure il padre di Kei-chan. Qualche volta addirittura tuo fratello. «In realtà non... »

«Eddai, non scherziamo, Kei. E' troppo giovane per uscire con qualcuno!»

Aki li detesta quando fanno così: lo interpellano e poi lo interrompono per gestirsi fra loro il discorso.

«Alla sua età, Tetsu, noi stavamo insieme. Ci siamo diplomati, mi pare. Tu sei entrato alla Todai e io ho giocato come professionista.»

«Ma nessuno di noi ha fatto entrambe le cose insieme.»

«Stai dicendo che la Tohoku vale così poco rispetto alla Todai che studiare e giocare pro in seconda divisione era una passeggiata di salute? Oppure che se fossi entrato alla Todai avrei dovuto lasciarti?»

Si stanno guardando come se dovessero spararsi addosso, e allo stesso tempo come se non esistesse nessun altro nella galassia. Figuriamoci Akiteru seduto a un metro da loro. 

Aki prova a richiamare l'attenzione con un colpetto di tosse. Ma non basterebbe una granata.

«Non dire cazzate, Kei, per favore. Lascia perdere noi. Stiamo parlando di Kei-chan, lo hai capito o no? Tu a sedici anni eri uno stronzo di prima categoria e sapevi difenderti da chiunque. Io anche ero uno stronzo di prima categoria, forse peggio di te. Ma Kei-chan? E' una bambina, per la miseria!»

Kei lascia andare una sonora espirazione nasale, come fa quando è seriamente irritato. «Non è una stupida, Tetsu, smetti di trattarla come se avesse sei anni! Keimi ha il sacrosanto diritto di decidere da sola dove studiare, se e come giocare a pallavolo e soprattutto con chi scopare!»

Il verbo si ferma in mezzo alla stanza e ricade in coriandoli di orribili immagini mentali che attraversano le sinapsi di tutti e tre. Persino Kei si pente di averlo pronunciato.

Scopare Keimi nella stessa frase è un affronto a ogni possibile decenza.

«Ma sei scemo?» urla Kuroo fuori di sé.

Aki è impegnato a spegnere l'incendio nel suo cervello con un gallone d'acqua. «Kei, stai parlando di mia figlia» dice, quando anche l'ultima goccia finisce nel suo esofago.

Kei alza le mani in segno di resa e si tappa la bocca.

«Che dice Kokoro?» domanda Tetsurou, appoggiandosi allo schienale.

«Koko pensa che le faccia bene frequentare qualcuno un po' meno ossessionato dalla pallavolo rispetto al suo solito giro.»

«Presumo che includa anche noi, negli ossessionati, Tetsu» chiosa Kei.

Tetsurou non può credere che la sua splendida, illuminata, saggia cognata sia una madre così degenere. «Dipende da che significa frequentare» obietta.

«Per te che significa?» gli chiede Kei, con uno di quei sorrisetti sarcastici che a Tetsurou fanno venire voglia di baciarlo fino a strapparglielo via dalla bocca.

«Facciamo che provate ad ascoltarmi un attimo?» si intromette Akiteru esasperato. Adesso si stanno guardando come se volessero saltarsi addosso nel suo soggiorno. E del brillante discorso che lui ha preparato, non frega niente a nessuno.

«Io penso che Keimi sia una ragazza intelligente ed equilibrata. Che ci possiamo fidare di lei» dice Aki, citando testualmente Kokoro.

«Io di lei mi fido» ribatte Kuroo.

«Anch'io» approva Aki. «Va bene se vuole uscire con qualcuno. Il problema è con chi esce. E' di quella persona che non mi posso fidare.»

«E con chi esce?» Tetsurou lo guarda con gli occhi allargati e le narici dilatate. Ha l'aria di uno pronto a spaccare qualche faccia. «Vuoi che ci vada a parlare io?»

«Sono io suo padre!» ribatte Akiteru piccato. Sembra scontato, ma ogni tanto sente la necessità di ribadirlo.

«Allora parlaci tu. Rimettilo al suo posto.»

«Come ha fatto con te?» insinua Kei, con gli occhi che ridono.

Le immagini surreali della cena in cui Akiteru e Tetsurou si sono conosciuti sono un film tragicomico che nessuno ci tiene a rievocare in quel momento.

«Basta Kei!» lo rimproverano all'unisono, fulminandolo con lo sguardo.

Kei si mette in bocca un cipollotto con aria innocente.

«Il fatto è che...» riprende Akitreru, esitando. Il suo disagio è palpabile.

«Che...?» incalza Kuroo.

«E' più grande di lei.»

«Quanto più grande?»

Nella fantasia di Tetsurou, ora Keimi e il suo vestito celeste sono fra le braccia di un quarantenne lascivo, che perderà la vita non appena Akiteru si deciderà a fare un nome e un cognome.

«Non è solo l'età. La sua famiglia... » riprende Akiteru.

«Cosa? Che famiglia è?»

Il quarantenne si guadagna i tatuaggi della Yakuza.

«I genitori vivono all'estero.»

La Yakuza diventa mafia italiana, il quarantenne porta un berretto ridicolo.

«Dove? Chi cavolo sono?»

«Il fatto è che non posso semplicemente andare lì e parlargli» si lamenta Akiteru.

Tetsurou odia le informazioni che arrivano a spizzichi e bocconi. «Insomma! Dicci chi cavolo è questo tizio. Con ordine. Intanto: quanto è più grande di lei?»

«Quattro anni.»

«Un universitario» conclude Tetsurou. Molto male, come categoria è la più sessualmente inaffidabile del mondo. Appena appena meglio del quarantenne bavoso.

«Uno della Todai» sussurra Kei, in modo che però lo sentano tutti.

«Esatto, uno di Tokyo» si lagna Akiteru.

Kuroo invece ci arriva subito. Il suo viso scatta verso Kei, con gli occhi socchiusi. «E tu che ne sai?»

Anche Akiteru ora lo guarda con sospetto.

Kei non ce la fa più. Gli viene da ridere e da piangere insieme. «Me l'ha raccontato lui» risponde, con gli occhi che brillano nel riflesso delle lenti.

Lo sguardo di Akiteru si abbassa. Quello di Tetsurou diventa confuso.

Kei gli appoggia una mano sulla nuca, per avvicinare la sua testa alla propria e guardarlo negli occhi, da molto, molto vicino: «Non lo hai ancora capito? Esce con Leon, scemo!»

Tetsurou ha bisogno di qualche secondo per incassare il colpo. Ha lo sguardo perso nella parete bianca.

«E tu che ti preoccupavi che Leo-chan fosse gay e non avesse il coraggio di dircelo» ghigna Kei.

«Quindi lo sapevi!» sbotta Akiteru. «Da quanto tempo? Dovevi dirmelo!»

«Escono insieme da tre mesi. Ma non credevo si sarebbero fatti beccare così in fretta» sospira Kei. «Gliel'avevo detto di fare attenzione.»

«Kei! E' mia figlia! E tu sei mio fratello! Dovevi dirmelo!»

«Perché? Te lo doveva dire lei, se voleva.»

«A me dovevi dirlo!» si intromette Tetsurou, deluso. «Da quando non mi dici le cose?»

«Da quando tuo nipote mi fa una confidenza e mi prega di tenermela per me.»

Che Leon, con la sua personalità ombrosa, preferisca Kei a Tetsurou è un dato di fatto e di solito non suscita gelosia. Ma in questo caso c'è di mezzo Keimi.

Un altro dato di fatto è che sia figlio di Ayumi, educato bene, cresciuto bene. Un carattere di merda, okay, ma un bravo ragazzo. Intelligente anche troppo. Affidabile quanto basta. 

«Comunque, state tutti calmi. Non sta succedendo niente di male» li rassicura Kei, versando sakè nelle tazze. «Beviamoci sopra.»

«E' un ragazzo difficile» si lamenta Akiteru.

«Parla quattro lingue. Si sta laureando alla Todai con un semestre di anticipo. I suoi dirigono una centrale nucleare. E' la tua definizione di difficile

«E' un hacker! Me lo avete detto voi!»

E' passato solo un minuto, ma Kuroo ha già elaborato l'informazione. E ora sta sogghignando: «Un hacker con un fantastico corredo genetico.»

Kei ride.

«E se la mette nei guai? Se fa cose illegali?»

Che faccia cose illegali è quasi certo, probabilmente con eccellenti motivazioni filantropiche. Per questo, nessuno osa rispondere. Kei e Tetsurou sporgono verso Akiteru le tazze per brindare, con un gesto di tale sincronia che fa spavento.

Akiteru, incompreso, affoga i dispiaceri nel sakè.

«Parlateci, almeno!»

«Tranquillo, ci penso io. Sarò chiarissimo: se si azzarda a toccarla glielo taglio» conferma Tetsurou, con un amabile sorriso.

«E' tutto già risolto: Leo ha giurato niente sesso fino ai diciott'anni» replica Kei, compiaciuto.

Il sospiro di Akiteru risuona in tutta la casa. Diciott'anni Keimi li compie fra sei settimane. E le hanno già dato il permesso di fare un viaggio a Tokyo per il compleanno.

Tetsurou si sta rilassando. Ha ripreso a mangiare. Quando si volta verso Kei il suo sorriso da farabutto promette una prossima regolazione di conti.

Sul fatto che sia esattamente per quel sorriso, ereditato paro paro da Leon, che Keimi si è presa una sbandata, Kei ha pochissimi dubbi.

A tutto il resto, specie a quello che succederà fra sei settimane, meglio non pensarci.


***



NdA - visto che questa storia parla di qualcosa che finisce e qualcosa che inizia, nonché di persone che si vogliono bene, mi sembrava perfetta per essere pubblicata proprio oggi. Buona fine e buon principio e un felice, soddisfacente, sereno anno nuovo.

   
 
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