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Autore: lolloshima    01/01/2023    1 recensioni
Nessuno potrà dimenticare quel particolare periodo del recente passato, in cui il mondo intero è stato costretto a fermarsi, ostaggio della pandemia da Covid 19.
Insieme a Tsukishima e Kuroo, con questo piccolo racconto ho cercato di ripercorrere tutte le sensazioni, le incertezze, le paure, i dubbi di quei primi giorni di emergenza, quando nessuno sapeva con che cosa avevamo a che fare.
*
Questo racconto partecipa all’evento del Gruppo Faceboock Hurt / Comfort
#adventcalendar2022
Prompt: Non voglio morire (85)
Warnings: argomento delicato (Covid 19)
Genere: Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La natura è impazzita.

E il mondo si è fermato.

Il paesaggio è apocalittico. Le strade sono deserte, non c’è anima viva, nessuna auto, nessun rumore.

Il silenzio ha ripreso il suo spazio, il cielo sembra estendersi oltre l’orizzonte, il sole illumina lo spettacolo di un mondo finalmente fermo. Immobile.

Kei guarda tristemente oltre i vetri della finestra. E’ solo nella stanza d’albergo, eppure indossa una mascherina chirurgica, come se potesse contagiare i soprammobili o le foto alle pareti.

Alle sue spalle, il televisore acceso diffonde, da giorni, le stesse immagini di morte e desolazione, ripetendo all’infinito la stessa cantilena: quanti contagi, quanti ricoveri, quanti morti. Così ieri,oggi, domani, chissà per quanto.

Nessuno lo conosce, questo virus, nessuno sa come affrontarlo.

E così, impotente, il mondo ha deciso di fermarsi davanti ad un nemico invisibile ed insidioso. Che, per la prima volta, unisce tutti i popoli della terra dietro un’unica bandiera: quella della paura.

E la paura l’ha provata anche lui, è vero, quando nel referto del medico ha letto quella maledetta parola.

Aveva trovato curioso che un aggettivo solitamente usato in contesti di gioia e speranza, adesso portasse con sé tanti dubbi, incertezza e dolore: “Positivo”.

Eppure, nonostante tutto, lui si ritiene ancora fortunato.

Sono passate pochissime settimane da quanto il virus si è diffuso, ma non c’è amico o conoscente che non abbia perso qualcuno. Un nonno, uno zio, un genitore. Se ne sono andati senza che i loro cari li potessero neppure salutare, o almeno vedere.

Finora nessuno della sua famiglia, eccetto lui, è stato contagiato. E sapere di non poter far del male ai propri cari, grazie al forzato isolamento che lo costringe a rimanere a Tokyo, è l’unico sollievo al dolore di non poterli raggiungere.

Ogni tanto un colpo di tosse gli squassa il torace e qualche volta si sente mancare l’aria.

Sul tavolino ha appoggiato il sacchetto con le medicine, che gli addetti della Prefettura hanno lasciato quella mattina dietro la porta.

Non l’ha ancora aperto. Non c’è alcuna certezza che il miscuglio di farmaci che gli è stato prescritto sia realmente efficace contro quella nuova malattia.

Kei guarda l’orologio. Non che abbia importanza. Tutte le ore sono uguali, chiuso là dentro, da solo.

Tutte, tranne quelle che sta per trascorrere. Aspetta con ansia questi momenti, anche se non lo dà a vedere neppure a se stesso. Gli ricordano che lui non è solo ad affrontare questa battaglia.

Raggiunge la porta chiusa. Appoggia una mano sul legno bianco e avvicina un orecchio. Nel silenzio assoluto della città, riesce a distinguere i passi, seppur flebili, lungo il corridoio esterno, sempre più vicini, finché si fermano davanti al suo uscio.

“Kei, ci sei?”

Kuroo.

Da giorni vìola il divieto di spostamento imposto dalla autorità per andare da lui.

“E dove vuoi che vada, idiota?”

“Adesso ci sono qui io. Stai tranquillo.”

“Tetsurou, non dovevi venire, è pericoloso.”

“Smettila, tanto lo sai che vengo lo stesso. Come stai?”

“Come un fiore...” riesce a dire, prima che un attacco di tosse gli tolga il respiro.

Tetsurou, dall’altra parte della porta, si zittisce. Kei, pur non potendolo vedere, se lo immagina mentre contrae le mascelle, infuriato con se stesso e con il mondo per la propria impotenza di fronte a quella malattia, e preoccupato per il fatto di non poter stare più vicino di così alla persona che ama.

“Kei, amore, fammi entrare, voglio aiutarti.”

“Non se ne parla! Non ti voglio contagiare. A proposito, hai messo la mascherina? Hai igienizzato le mani?”

“Sì e sì”. Kei sente un fruscio lungo la porta. Tetsurou si è seduto sul pavimento del corridoio, con la schiena appoggiata alla porta.

A sua volta si siede a terra, e appoggia la schiena in corrispondenza di quella dell’altro.

Il loro nuovo rituale.

“Kei, come va la febbre?”

“38,5”

“E la saturazione?”

“90”

“Ancora un po’ bassina… Tosse?”

“Beh, insomma…”

“Direi meglio di ieri. Hai preso le medicine che ti hanno portato?”

“Sì…. No”, inutile mentire a Tetsurou, se ne accorgerebbe subito. “La verità è che non mi fido...”

“Allora, Tsukki, adesso vai a prendere tutte le scatole di farmaci che ti hanno consegnato, vediamo insieme di cosa si tratta, e poi mi fai sentire che le prendi. Hai mangiato?”

“Tetsurou…”

“Si?”

“Ho paura… Io non voglio morire.”

“Non morirai, quattrocchi. Dobbiamo ancora fare tantissime cose insieme. Presto potrai tornare a casa nostra, e tutto questo sarà dimenticato. Il tuo fisico è forte, resisterà a un banale raffreddore.” Le ultima parole sono avvolte da un velo di tristezza e preoccupazione che neppure la consueta spocchia di Kuroo è in grado di nascondere.

“E poi, considerando quanto sei polemico, ostinato e testardo, vedrai che l’avrai vinta anche su questo stupido miserabile virus”.

Kei non risponde.

Kuroo, percepisce dall’altra parte della porta, un gemito soffocato, quasi un singulto.

“Kei non piangere… Io sono qui...”

“Certo che tu non sei proprio bravo a tirare su le persone, vero? Magari eri anche convinto di avermi fatto un complimento…” finalmente Kei scoppia in una risata liberatoria, che presto contagia anche Tetsurou oltre la parete che li divide.

L’immagine di loro due, seduti a terra, separati da una porta, bardati di tutto punto con guanti di gomma e mascherina, che ridono a crepapelle, è la migliore medicina che Kei possa assumere.

Si sente molto più forte, e determinato.

Ce la farà, questo subdolo nemico non avrà la meglio né sul suo corpo nè sul suo spirito. Supererà la malattia e tornerà tra le braccia di Tetsurou. E il mondo ricomincerà a vivere.

Presto, prestissimo.

 

 

   
 
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