Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Green Star 90    01/01/2023    1 recensioni
[Caesar] Sbatté le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco chi gli stava insozzando la faccia: quello che aveva scambiato per la Morte era proprio l’ultimo degli scemi. Non appena le costole fratturate gli diedero un attimo di tregua, ne approfittò per dirgli quanto ci tenesse a rivederlo.
«Proprio non ce la fai a mangiare senza fare rumore?».
Per tutta risposta, lo scemo ingoiò un boccone molto grande e profferì così:
«Lo vuoi un po’ di pandoro? Guarda che se non rispondi subito lo mangio tutto io».
Caesar voleva mandarlo a quel paese, ma una nuova fitta al costato gli fece emettere soltanto un rantolo di dolore. Chiuse gli occhi ed emise una smorfia; quando pensava alla Dolce Morte non si riferiva di certo a Joseph con i vestiti imbrattati di zucchero a velo e briciole di pandoro.
***
[One-shot partecipante alla Goose AU indetta da Siluvaine]
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Caesar Anthonio Zeppeli, Jonathan Joestar
Note: Nonsense, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le bizzarre avventure di Gina'
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Gina e il pandoro

 

 

 

Se si fosse trattato solo di uno scherzo non avrebbe riso, però sarebbe rimasto tutto intero.
 

Quando la sua maestra gli aveva spiegato la sfida di quel giorno, Caesar l’aveva guardata come a dirle “ma sei scema?”. Peccato, tuttavia, che quando si era visto Messina portare una cassa di legno contenente l’avversario della giornata la stizza si era convertita subito in incredulità.
 

«Quindi non mi stai prendendo in giro» Caesar si era massaggiato una tempia e aveva guardato sia Lisa Lisa che Messina con espressione tocca. Una parte di lui stava ostinandosi a non credere a quello che avrebbe dovuto affrontare.
 

«Caesar» gli aveva detto impassibile Lisa Lisa «che tu ci creda o no, quest’oca è la chiave per il raggiungimento della felicità dell’essere umano. Sconfiggila ed essa si mostrerà a te in tutto il suo devastante splendore».
 

Ma che cazzo stai dicendo? Gli era venuto in mente di sputare. Guardandosi però dal pronunziarlo ad alta voce, aveva deciso di rimangiarsi quella provocazione.
Adesso, caspita, se ne stava pentendo amaramente.
Perché quella non era un’oca, ma l’emanazione del Demonio fatta e finita.

 

Con quelle zampe palmate, quel becco sormontato da occhietti all’apparenza innocenti che teneva un coltello macchiato del suo sangue, quel ventre tondeggiante e quella codina graziosa, avrebbe tratto in inganno persino gli uomini del pilastro. A giudicare dall’andatura non sembrava, ma correva maledettamente veloce. E come sapeva schivare bene, la maledetta! Riusciva a evitare alla perfezione tutte le bolle che Caesar le aveva scagliato contro, era come se una forza a lui invisibile si attivasse per proteggere la bestia malefica dai colpi mortali. La stessa forza misteriosa che, adesso, le permetteva di avvicinarsi al centro dell’arena con fare spavaldo e con quel coltello tenuto fieramente nel becco.
Dannata lei e la sua – deliziosa – codina all’insù!

 

«Felicità un corno!» urlò a un tratto Caesar più a Lisa Lisa, che se l’era svignata assieme a Messina subito dopo aver aperto la cassa, che all’oca, mentre si teneva il braccio ferito e respirava affannosamente; qualsiasi tattica era inutile contro l’uccello di Satana, ma era anche vero che fuggire avrebbe decretato la sua sconfitta e, di conseguenza, il congedo disonorevole dall’arena.
No, non poteva assolutamente permetterselo, ne andava del nome degli Zeppeli e della sua stessa dignità.
«Giuro che ti prenderò, ti tirerò il collo e ti farò arrosto con le patate! Vieni qua, disgraziata! Vieni qua e combatti!».

 

Rimessosi in piedi dalla posizione carponi, Caesar protrasse il busto in avanti in assetto da combattimento. Com’era da aspettarsi, l’oca continuava ad avanzare sulla terra battuta come se niente fosse, tronfia nella sua pingue arroganza di uccellaccio da cortile.
 

«Ti spennerò quella coda e ci farò un bellissimo piumino!» aggiunse Caesar con la rabbia che montava sempre di più «E poi lo farò usare a Suzie per le faccende domestiche!».
A quelle ingiurie l’oca non sembrava per niente intimorita: anzi, appariva piuttosto compiaciuta della situazione poiché, e Caesar giurò di averlo sentito, dalla sua gola irruppe il verso sincopato – inequivocabile – di una risata.

 

«Che tu sia dannata!» disse ancora Caesar lanciandosi in una corsa disperata per sferrare uno dei suoi attacchi. Uno contro una, Homo Sapiens Sapiens contro Anser Anser Domesticus, una lotta fino all’ultima piuma che avrebbe sparso molto sangue e rotto qualche osso.
 

Inutile dire che l’oca malefica ebbe la meglio e il povero Caesar si ritrovò cornuto e mazziato, steso a terra, con le braccia spalancate come un novello Cristo e la vincitrice comodamente appollaiata sul suo petto a pulirsi le piume dalla polvere, del tutto ignara dei lamenti dell’avversario sconfitto.
 

Al povero Homo Sapiens Cornutus, quindi, privato delle forze, non restava che attendere la Morte come un soldato annientato dall’esercito avversario attende l’affondo finale dritto al cuore. Gli sembrava di sentire i suoi passi lenti, la Madre Benigna che tutti accoglie, che non fa distinzioni tra uomini valorosi e vili, che con la sua voce leggiadra e le vesti tessute dalla Notte è compagna di viaggio verso la landa dei defunti…
 

Questa Morte deve calzare un piede bello grosso. Azzardo un quarantacinque come minimo.
 

La – non – leggiadra Morte si arrestò a pochi centimetri dal capo del quasi morto, lo squadrò con fare poco misericordioso e poi farfugliò qualcosa di incomprensibile:
«O vuoi ippaggnoro?».

 

Caesar schiuse appena gli occhi. Alla vista della Morte l’oca starnazzò lieta e scese dal petto del disgraziato per farsi prendere in braccio. La figura sfocata che lo sovrastava appariva tutt’altro che leggiadra e femminile, emetteva anzi dei suoni disgustosi con la bocca come se si stesse ingozzando di qualcosa.
 

Il volto di Caesar venne sfiorato da una polverina bianca e sottile che si depositò in parte sulle labbra dischiuse e sulla lingua.
Zucchero a velo?

 

Sbatté le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco chi gli stava insozzando la faccia: quello che aveva scambiato per la Morte era proprio l’ultimo degli scemi. Non appena le costole fratturate gli diedero un attimo di tregua, ne approfittò per dirgli quanto ci tenesse a rivederlo.
«Proprio non ce la fai a mangiare senza fare rumore?».
Per tutta risposta, lo scemo ingoiò un boccone molto grande e profferì così:
«Lo vuoi un po’ di pandoro? Guarda che se non rispondi subito lo mangio tutto io».
Caesar voleva mandarlo a quel paese, ma una nuova fitta al costato gli fece emettere soltanto un rantolo di dolore. Chiuse gli occhi ed emise una smorfia; quando pensava alla Dolce Morte non si riferiva di certo a Joseph con i vestiti imbrattati di zucchero a velo e briciole di pandoro.

 

«Allora, lo vuoi un po’ di pandoro?» domandò ancora Joseph.
«Oh, ma vai a cagare!» sbottò Caesar tra un lamento e l’altro, desideroso soltanto di essere lasciato in pace.
«Va bene, però non c’è bisogno di essere sgarbati, sai! Vuol dire che lo dividerò con Gina! Ah, a proposito, lo sai che Gina ha il superpotere di fare incontrare le anime gemelle?».

 

L’oca starnazzo di nuovo e scodinzolò tutta contenta. Caesar Anthonio Zeppeli, erede primogenito della famiglia Zeppeli, era stato sconfitto da un’oca e dall’amore, che, beffarda, si era presentato a lui in forma di cretinone che sconosce l’usco dei tovaglioli.
«Sappiate che» rantolò un’ultima volta prima di svenire «preferisco il panettone»
«L’ho detto io che non capisci niente» sbuffò Joseph mentre ingoiava l’ultimo pezzo di pandoro e posava Gina a terra per raccogliere Caesar per le caviglie «mi fai compagnia mentre lo porto in infermeria?» chiese all’oca «Dopo ti preparo una ciotola strapiena di piselli!».

 

Gina schioccò il becco e agitò le ali. Raccolse il coltello col quale aveva combattuto valorosamente e, ondeggiando un po’ di qua e un po’ di là, seguì l’amico cretinone fuori dall’arena, felice di aver appaiato una nuova, splendida, ma soprattutto spaiata, coppia di innamorati.

 

 

***

 

 


Ho scritto questa cosina delirante per partecipare alla Goose AU, la challenge altrettanto delirante della cui esistenza devo ringraziare Siluvaine. Non pensavo che avrei scritto qualcosa a tema CaeJoe, ma ehi, mai dire mai, e poi oltre all’oca ne ho approfittato per inserire surrettiziamente l’eterna faida tra amanti del pandoro e amanti del panettone.

In soldoni, pubblico questo breve racconto per augurarvi buon anno e tanta serenità, che di questi tempi mi sa che ne abbiamo bisogno tutti.

 

Arrivederci!

 

Green Star.

   
 
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