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Autore: Narcyssa89    01/01/2023    7 recensioni
Ciao a tutti/tutte! Questa è la mia prima storia, spero che la gradirete. Mi sono cimentata in un what if un po' OCC che vede la nostra eroina in una situazione particolarmente drammatica durante la Rivoluzione. Chiedo venia sin da ora se i fatti non rispetteranno del tutto la verità storica, ma ho amato immaginarli così. Leggete e commentate e, vi prego, siate clementi. Non sono brava come voi!
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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STRADA SENZA USCITA Versailles, novembre 1787. Questa è una strada senza uscita. Così, pochi giorni prima, André aveva motivato la decisione di prendere congedo dal suo servizio di attendente. Dal servizio a palazzo. Da lei. Come poteva farle questo proprio adesso? Così le dimostrava la sua amicizia, lasciandola sola nel momento più difficile della sua vita? Oscar si guardava allo specchio, l’aria sfinita, gli occhi orlati di scuro per la nottata insonne, l’espressione attonita. Si sentiva tradita, fremeva di rabbia e di delusione. Non poteva credere che fosse successo di nuovo. Dopo il sogno d’amore infranto anche l’amicizia, ora, l’abbandonava. Avrebbe voluto riempirlo di botte, conficcare le unghie in quel bel viso. Ucciderlo magari. Bussarono alla porta. Era lui, lo sapeva. Oscar interruppe il flusso di pensieri rancorosi, e andò decisa verso la finestra: non voleva guardarlo in faccia. Lo sentì entrare, lo sentì parlare con voce calma. “Sono venuto a salutarti”. Un attimo di silenzio. “Mi dispiace che tu l’abbia presa così male”. Ancora silenzio, un po’ più lungo. “Che tu non abbia capito” aggiunse poi. Lei continuò a tacere. Lottava contro le lacrime, un duello silenzioso. Che cosa devo capire? Dimmelo, André. Un nodo doloroso alla gola le impediva di parlare. “Voltati per piacere, e guardami” fu la risposta di lui alla sua tacita domanda. Non aveva avuto bisogno che lei gli parlasse, sapeva interpretare i suoi silenzi, da sempre. “No”. Non l’avrebbe guardato, si disse Oscar mentre le prime lacrime oltrepassavano la barriera delle ciglia. Aveva perso. Lo sentì sospirare “Va bene….addio. Ti auguro con tutto il cuore di essere felice.” “Io no, io spero che tu sia infelice e disperato per il resto dei tuoi giorni”. Oscar non lo disse, non gli avrebbe concesso la sua rabbia, lui non la meritava. “Fa come ti pare” rispose invece tra i denti, gelidamente. “Davvero non mi vuoi salutare?” insistette André. Sembrava addolorato, ne fu contenta. Ma cosa vuoi ancora? Sparisci, maledetto, sparisci e basta. Lei non disse più niente, sperava che se ne andasse prima che il pianto prendesse il sopravvento. “Come vuoi. Spero tanto che tu capisca, un giorno.” riprese André, la voce desolata, ma ferma. La voce di chi aveva preso una decisione. Oscar trattenne il respiro mentre sentiva i passi di lui che raggiungevano la porta, e solo quando questa si richiuse lasciò che le lacrime trionfassero su di lei e si accasciò a terra tra i singhiozzi Parigi, Aprile 1794 E così l’avevano arrestata. No, non era esatto: lei si era fatta arrestare. Forse non di proposito ma, inconsciamente, era sicura che il suo scopo, in tutti quei mesi, fosse stato proprio quello di farla finita. Avrebbe potuto facilmente fuggire. Le occasioni non erano mancate: aveva ancora la sua famiglia, aveva conoscenze pronte ad aiutarla. Ma lei era rimasta in Francia. Era il suo Paese, perché scappare come una ladra? E ora era lì, davanti al Tribunale Rivoluzionario in quel processo farsa che si sarebbe concluso con il riconoscimento di una colpevolezza senza appello e una sicura condanna a morte. Oscar sollevò lo sguardo, non aveva capito la domanda che le era stata rivolta. “Scusatemi signore, temo di non aver compreso.” “Qui non ci sono signori” le fu risposto con alterigia. “Potreste ripetere?” replicò lei stancamente “per favore?” Era stanca, davvero. Che bisogno c’era di prolungare quella recita inutile? Si vedeva che non vedevano l’ora di condurla alla ghigliottina, non potevano credere ai loro occhi: avevano preso la bellissima, leggendaria donna comandante delle Guardie Reali. Molti ne avevano sentito parlare, altri l’avevano anche vista, anni prima, alla testa del corteo reale in occasione della visita a Parigi della Delfina di Francia. L’avevano vista attraversare superba le vie della città su uno splendido destriero bianco. L’avevano ammirata persino, poiché l’astio e il livore verso la corona e i nobili non avevano ancora raggiunto i loro cuori. Avevano contemplato quell’immagine che richiamava alla memoria racconti di eroi e cavalieri senza macchia e senza paura. Ma ora tutto era cambiato, l’ammirazione era mutata in odio verso l’Austriaca, prima di tutto, e verso tutti quelli che le erano stati vicino. Ora quel tribunale aveva davanti il Colonnello De Jarjayes, una fortuna insperata dato che quasi tutti gli aristocratici erano scappati all’estero o erano già stati ghigliottinati. Rimaneva, forse, qualche nobile di mezza tacca. Ma lei, di mezza tacca non era di certo. Lei veniva direttamente da Versailles, profumava di Versailles. Le donne la scrutavano malignamente, godendo della sua disgrazia. “L’amica dell’Austriaca” “Una donna vestita da uomo” “Una sgualdrina” “Una contessa”. “Ancora per poco” ghignarono soddisfatte. Non era tanto diverso il loro veleno da quello delle dame di corte. La volevano morta, sarebbero state accontentate. Attenti a quello che desiderate. Tra poco i nobili sarebbero finiti, che cosa sarebbe successo allora? La Rivoluzione avrebbe placato la sua sete di sangue? Sapevano che non sarebbe stato così. essa aveva già cominciato a divorare i suoi figli…. Si destò da quelle riflessioni, i suoi accusatori avevano ripetuto la domanda, e sarebbe stato maleducato non rispondere. “Mio marito? No, non so dove sia. E poi a voi che interessa?” “Dacché ha complottato con te per far fuggire all’estero l’Austriaca è un traditore della Francia, e vorremmo sapere se si trova ancora sul suolo francese.” Le sfuggì un lieve sorriso “e se non ve lo dico che farete, mi ucciderete?” “Ti diverti, cittadina, a prenderti gioco di questo tribunale? Ti assicuro che a breve ci divertiremo noi” Oscar si cancellò il sorriso dalle labbra. I rivoluzionari mancavano totalmente di senso dell’umorismo. “Non intendevo affatto ridere di voi” si scusò, educata. Chissà che mi importa di voi miserabili imbecilli. “Allora puoi rispondere seriamente alla domanda, cittadina?” Oscar cominciava veramente a stancarsi “Davvero non so dove sia, probabilmente è tornato in Svezia.” Per quello che le importava. Attenta a quello che desideri, Oscar. Quando il conte di Fersen, pochi mesi dopo aver ballato con lei in quella notte di follia, le aveva chiesto di sposarlo, lei aveva accettato, felice, ma non quanto avrebbe creduto Lo aveva sposato perché lo voleva. Perché lo voleva suo padre. Perché lo voleva la regina, stanca dei pettegolezzi su di lei e sullo svedese. Se lui si fosse sposato, lo scandalo sarebbe finito. Forse. E se doveva sposarsi, meglio con Oscar che con un’altra. Ma lei era stata infelice e disperata in ogni giorno di quel matrimonio nato dal calcolo degli altri e dal suo senso di solitudine diventato intollerabile. Non lo amava, era un altro colui che amava. Non si reagisce con tanta rabbia e dolore per la perdita di un amicizia. Di un amore, sì. Non ci fu un solo giorno in cui non avesse maledetto se stessa. E Fersen. E il mondo intero. Che andasse pure in malora tutto quanto. Rispose con dignità e con voce sicura a tutte le altre domande, disse sempre la verità Sì, aveva complottato per far fuggire la famiglia reale nel tentativo fallito di Varennes. Sì, aveva tentato ancora di far scappare la regina quando quest’ultima si trovava alla Conciergerie la sua ultima prigione. Sì aveva tramato contro la Repubblica. Sì, era colpevole di tutto. Fate presto. Si fece silenzio, il momento era giunto. Si preparò ad ascoltare la sua sentenza di morte. E in quel silenzio che precedeva le parole che avrebbero sancito la sua fine, dopo tutto quel tempo, sentì di nuovo quella voce. “Fermatevi, vi prego” “Hai qualcosa da dire, cittadino?” “Sì, signore”. "Non ci sono signori, qui" “Chiedo scusa cittadino, è l’abitudine: sono stato per anni l’attendente di un ufficiale” “Il tuo nome, cittadino” “Sono André Grandier, faccio il commerciante e vivo in Inghilterra” “Possiamo sapere perché hai interrotto l’attività di un tribunale della Repubblica?” “Perché la cittadina non deve essere giustiziata, non lo merita” “Si è macchiata di colpe molto gravi, che lei stessa ha riconosciuto” osservò serio uno degli accusatori. “Tuttavia lei non è come gli altri nobili” riprese André, per niente intimorito dai sussurri indignati che si levarono tra i presenti. “Che cosa vuoi dire, cittadino?”, lo incalzò un’altra voce. André si avvicinò al palco dell’accusa. Da dov’era Oscar poteva vederlo bene, adesso. Non era cambiato. Ringraziò Dio perché prima di morire aveva potuto rivedere i suoi occhi limpidi, il suo sguardo sereno, i suoi bei lineamenti. Sì sentì in pace. “Potrei dire molte cose in sua difesa. Potrei dire che la cittadina, anni fa , ha punito un nobile che aveva ucciso un bambino.” Ci furono altri bisbigli, questa volta di assenso: qualcuno ricordava il fatto. “Potrei dire che l’imputata è stata a lungo la benefattrice di una povera orfana, la cittadina Rosalie Lamorlière. Altri parole e gesti d’assenso. “Se questo non vi basta, mi ha salvato la vita, quando ero al suo servizio, mettendo in pericolo la sua. A me che ero solo un servo della sua famiglia.” La guardò negli occhi. “E se questo ancora non vi basta, dico lo stesso che non potete ucciderla perché…. “Perché?” Tutto il tribunale rimase in attesa di chissà quale risposta. André semplicemente sorrise, continuando a guardarla negli occhi “Perché io la amo” Alcune donne sorrisero a loro volta, un po’ emozionate. La ragazza al banco degli imputati si mise una mano sul cuore e disse piano: “anch’io ti amo”. Inghilterra giugno 1794 Guardava come incantata i grappoli di glicini in fiore. Erano così delicati, come il loro profumo. Li carezzò con mani timide. Presa da quel contemplare, Oscar non si accorse che era cominciato a piovere. Non se ne curò e rimase tra i glicini sotto la pioggia lieve. Respirava, finalmente. Sentiva le gocce leggere sul viso, sui capelli , sul vestito, un semplice abito femminile di un azzurro tenue come era stato il cielo fino a pochi attimi prima. André le si avvicinò con un mantello in mano e un espressione interrogativa sul volto “Che fai qui? Non vedi che piove?” Lei gli rispose con un sorriso smagliante “Sono felice”. “E quindi vuoi prendere un malanno?”La fissava perplesso. Lei continuava a sorridergli, gli occhi splendenti di una gioia e di un amore infinito. “Sono viva e sono felice” pensò . André le pose il mantello sulle spalle con l’affetto e la dolcezza che le aveva sempre riservato. Si avviarono verso il loro cottage tutti e due sotto il mantello. Non era una strada senza uscita.
   
 
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