Fanfic scritta per il writober indetto da Fanwriter.it.
Lista: Pumpink
Prompt: 12. Orgoglio
Titolo: L’unica scelta
Fandom: Attack on titan
Personaggi: Armin Arlert, Erwin Smith
Rating: giallo
Genere: Introspettivo, angst, drammatico, guerra.
 
 
 

 
 
La mano sinistra sale verso il petto, quel pugno vuoto sembra stringere un pugnale che affonda nella carne, perché quel gesto è il simbolo del sacrificio: offrite il vostro cuore, viene chiesto a questi ragazzi.
Offrite le vostre vite.
E loro lo fanno.
Sono giovani cadetti, i pochi rimasti, i pochi che hanno sconfitto la loro paura e accettano di offrire il loro cuore, davanti al comandante Erwin Smith.
L’uomo non biasima chi se ne è andato, li rispetta, perché lui conosce bene quell’inferno che loro hanno solo intravisto e che ha spezzato irrimediabilmente le loro anime.
Erwin sa che è crudele la strada verso cui guida i propri soldati, sa che non dovrà avere pietà, che non potrà averla e a questa crudeltà non vuole obbligare nessuno.
Lui chiede, li invita alla morte, li incoraggia ad affrontarla, li attrae con il suo orgoglio, un carisma che usa come arma per procurare alla causa nuova carne da macello.
Lo sa…
Ne è consapevole…
Lo fa con la morte nel cuore, ma senza rimpianto, perché non ha scelta.
Chi se ne è andato ha scelto la vita.
Se quei pochi sono rimasti, forse, come lui, non hanno scelta o sentono di non averla.
Non illude nessuno, non edulcora niente, rispetta chi se ne va e ammira, con sincero trasporto, i pochi che restano.
Legge nei loro occhi la disperazione, la consapevolezza di aver segnato, con i loro piedi fermi sul posto e quei pugnali invisibili affondati nel cuore, la loro probabile condanna a morte.
Non sono tutti uguali quegli sguardi, le disperazioni sono diverse, alcune più evidenti, altre celate sotto una fierezza che, forse, nasconde anche un po’ di incoscienza, o semplice autoconvincimento e tentativo di mentire a se stessi.
Alcuni piangono.
Altri, il pianto riescono, con fatica, a trattenerlo, ma i loro occhi sono lucidi e i corpi tremanti.
Sono ragazzi, non può fare a meno di pensare Erwin, quasi bambini.
Probabilmente, i loro cuori così offerti e già sanguinanti pulsano come a voler fuggire dalla gabbia toracica, nella speranza ormai remota di salvarsi.
E tra tutti c’è lui.
Non può fare a meno, Erwin, di notarlo.
Cerca sempre di non fare preferenze tra i soldati più giovani a lui sottoposti, affezionarsi è terribile, loro sono strumenti dopotutto, non è vero?
Eppure, anche Erwin è umano, prova trasporto anche quando cerca di evitarlo e quel viso, quegli occhi azzurri che sono tra i più complessi che abbia mai incontrato, quel corpicino minuscolo che sembra già quello di un condannato a morte, tale è la sua evidente fragilità, attirano la sua attenzione in una maniera anomala.
Lo fissa, lo scruta, vede la sua paura, l’orrore che prova, la fiuta perché quella paura è palpabile.
Ma allo stesso modo è palpabile l’orgoglio, il coraggio, la generosità, la dedizione…
E il bisogno di realizzare un sogno…
Erwin sa perché quel cadetto è lì: per una promessa da mantenere, per un sogno da realizzare, per la sete di conoscenza…
Non può scappare, non può tirarsi indietro, perché non se lo perdonerebbe mai. Gli sembra di sentirlo il suo pensiero, quasi fosse un urlo disperato:
Probabilmente morirò, il mio corpo morirà, verrò fatto a pezzi… ma se mi ritiro… morirò lo stesso, morirò dentro… non sarò più nulla… non ho altra scelta per rimanere integro.
Così, in quegli occhi, Erwin vede il proprio riflesso.
Dentro di lui sa di non volere che quel ragazzino muoia.
Erwin vuole che realizzi il suo sogno, qualunque esso sia.