The
end of the fucking world
Take
me out tonight
Oh,
take me anywhere, I don't care, I don't care, I don't care
Driving
in your car
I
never, never want to go home
Because
I haven't got one, la-di-dum, oh, I haven't got one
There
is a light that never goes out, The Smiths
Steve
Harrington sa che,
dal momento in cui confessa i suoi sentimenti a Nancy Wheeler, non
potrà più
guardare Jonathan Byers in faccia. Lo pensa brevemente mentre Nancy
sussurra il
suo nome e lo guarda con quegli enormi occhi blu, e vorrebbe scrollare
le
spalle, dire ad alta voce che non gli importa. Robin li chiama,
salvandolo in
calcio d’angolo. Gli occhi di Nancy sono così
grandi e belli e a lui è sempre
piaciuto come diceva il suo nome, ma… lo sa. Sa che stava
per essere rifiutato.
Si rimette in marcia e cerca di non pensarci. Si dice che non
è ancora detto,
sono passati anni, magari non la conosce più così
bene. Si rimette in marcia e
va incontro alla fine del mondo.
(Il
mondo non finisce,
non proprio, ma quando tornano all’area dei van e vede Dustin
piangere sul
corpo di Eddie sembra un po’ che lo faccia.)
Non
riesce proprio a
farlo e la cosa lo irrita. Non riesce a guardare Jonathan nemmeno di
sfuggita,
non dopo aver visto l’espressione di Nancy appena lo ha
scorto dietro Mike.
Come se non ci fosse nessun altro al mondo e Steve sa che è
così, sa che è
sempre stato così. Un po’ è finita per
questo, oltre che per Barb. Ha sperato
così tanto che fosse finita perché lui non era
abbastanza: abbastanza maturo,
abbastanza alternativo, abbastanza responsabile, abbastanza punto, ed
è così
tanto arrabbiato con se stesso per aver sperato, anche solo per un
piccolo
secondo, che le cose potessero cambiare.
(È
arrabbiato con Eddie
anche. Per avergli fatto credere di essere abbastanza, ma soprattutto
per
essere morto.)
A
quanto pare, Jonathan
non prova lo stesso fastidio per lui. È passato un giorno
dall’inizio della
fine, un giorno da quando il cielo si è squarciato e
l’esercito è arrivato ad
Hawkins e letteralmente nient’altro è successo e
lui se ne sta rintanato nella
sua casa vuota con Robin, quando sente bussare alla porta. Apre con la
sua
vecchia mazza chiodata in pugno – la vecchia mazza chiodata
di Jonathan – e lo
vorrebbe quasi colpire quando se lo trova davanti. Non
perché lo odia, ma
perché odia la sua espressione, quel sopracciglio inarcato
come a dirgli davvero,
fratello?
Sì,
davvero,
vorrebbe rispondere, ma poi nota quel suo amico – Harry? Aro?
Archibald? Argyle
– ed è il suo momento di fare un movimento con le
sopracciglia, che aggrotta
confuso.
“Vieni
a fare un giro?”
domanda Jonathan, indicando il van di Argyle alle sue spalle. Steve
guarda
dietro di sé, verso una Robin confusa quanto lui e batte le
palpebre un paio di
volte quando Jonathan dice: “Può venire anche
lei.”
“C’è
un coprifuoco,”
replica stupidamente, perché l’orario del
coprifuoco è lontano e perché…
“Il
mondo sta finendo,
Steve,” dice Jonathan infastidito, scrollando le spalle.
“A chi importa?”
E
quindi lui e Robin
vanno a fare un giro.
Non
sembra sbagliata
l’assenza di Nancy. Lei non è tagliata per questa
roba, per fumare erba e
fregarsene del mondo. E Steve non credeva che fosse roba da Jonathan,
ma a
quanto pare lo è. E si sente in pace, sul tettuccio del van
con lui, la testa
che svolazza, le mani addormentate, tutto il corpo addormentato, come
se nulla
potesse ferirlo, con le risate rauche di Argyle e Robin che vengono da
sotto di
loro. Il cielo è rosso e Jonathan è troppo serio
e Steve gli chiede: “Dove
l’avete presa questa roba?” solo per sentire la sua
voce, solo per indurlo a
parlare e insultarlo e chiedergli come ha osato dire quelle cose a
Nancy e
litigarci e picchiarsi forse, come hanno fatto due anni e mezzo fa in
quel
vicolo. Jonathan gli spiega di come Argyle sia ossessionato
dall’erba e abbia
una vasta scorta, accenna qualcosa sul college e Nancy e sulla
California e
alla fine dice: “Il resto lo abbiamo preso da casa di Eddie,
non è giusto che
suo zio trovi quella roba o che lo faccia la polizia”
(E
questo lo sente,
questo fa male e Steve vorrebbe che pizzicasse come pizzica il pensiero
che
Nancy sia di Jonathan e lo sarà sempre e non che scavi una
voragine in lui e lo
porti ad avere gli occhi lucidi e il respiro corto e…)
“Lo
conoscevi?” chiede,
prendendo un altro tiro dalla canna per non pensare e si lascia andare
alla
voce di Jonathan che gli racconta della sua prima birra e di un Eddie
con i
capelli corti e una canzone dei The Clash che piace molto a Will e
Steve
sorride, beato, dicendo: “Vorrei aver vissuto io questa
cosa,” e
improvvisamente si stanno fissando e nel farlo si stanno passando
troppe
informazioni e la voragine dentro di lui fa un capitombolo quando
Jonathan
distoglie lo sguardo, arrossisce e dice: “Sarebbe stato forte
se ci fossi stato
anche tu.”
L’ennesima
risata di
Robin e Argyle rompe il silenzio che segue e Steve salta giù
dal tettuccio
senza dire una parola: ha davvero bisogno di un abbraccio di Robin.
(“Povero,
Stevie,”
canticchia Robin mentre lo tiene stretto a sé e Steve si
chiede come sia stare
così stretto ad un ragazzo. A Jonathan, forse. Ad Eddie,
sicuramente, ma Eddie
è morto e non dovrebbe esserlo, dovrebbe stare qui e loro
dovrebbero creare
insieme dei ricordi simili a quelli di Jonathan. Dei ricordi che non lo
facciano
sentire patetico.)
Diventa
un’abitudine.
Ogni due, tre giorni, Jonathan e Argyle sono alla sua porta e Steve va
a fare
un giro con loro, che Robin ci sia oppure no. Porta delle birre,
perché ha
bisogno di crearsi dei ricordi, ed è contento quando vede
Jonathan lentamente
passare dalle canne alle birre, come se fossero più sane.
Glielo fa presente e
Jonathan ghigna e gli dice che è solo che Argyle
impazzirebbe senza erba ed è
meglio lasciarla tutta a lui.
“Tu
non impazziresti?”
gli chiede Steve una sera, ironico. Sono nel loro solito posto, sul
tettuccio,
cosa che ad Argyle stranamente non dà fastidio. Argyle
è divertente e buono e…
(Non
è geloso delle
risate di Jonathan come lo è Steve. Non si infastidisce se
Steve fa ridere
Jonathan, si unisce a loro, ride anche se non capisce. Steve no. Steve
indurisce la mascella, dice: “Divertente” con
sarcasmo e odia una persona così
pura e divertente come Argyle per un secondo. Solo un secondo, ma
è un secondo
di troppo.)
Jonathan
scrolla le
spalle, calcia una lattina di birra vuota giù dal tettuccio.
“Nah,”
dice ma ha
un’espressione strana e Steve gli chiede:
“Perché?” con il sorriso sulle
labbra, ma meno ironico ora, più dolce.
“Non
mi devo preoccupare
più come in California,” spiega brevemente
Jonathan. “Hopper è tornato, si
prende lui cura di tutti. Di mamma, dei miei fratelli –
qualcosa nel petto di
Steve si scioglie a sentire Jonathan riferirsi a El come sua sorella
per la
prima volta – Dei ragazzini. Della
città.” Poi Jonathan esita e Steve lo
capisce fin troppo quando sente il tono con cui sussurra: “Di
me,” come se non
si volesse far sentire, come se non lo volesse ammettere nemmeno a se
stesso,
ma lo sta ammettendo a lui, quindi Steve evita di dirgli che ora ha
anche di
nuovo Nancy, perché probabilmente Jonathan sta ammettendo di
aver voluto
qualcuno che si prendesse cura di lui per la prima volta nella sua vita
e lo
sta ammettendo a Steve.
(Prendi
questo,
Argyle!)
“Hopper
è un grande,”
dice invece, sorseggiando la birra. Jonathan sorride in modo
così dolce e
timido che Steve per la prima volta capisce davvero Nancy per aver
scelto lui,
per aver sempre scelto lui.
“Sì,
lo è.”
(Anche
Eddie aveva un
sorriso del genere, Steve l’ha visto qualche volta quando
parlava con Dustin.
Gli manca, un pochino. Forse più di un pochino.)
È
ironico che pochi
minuti dopo avvenga il primo attacco di democani,
di demo-qualsiasi-cosa,
e siano proprio loro le vittime. Scappano e urlano e Steve sa che
Jonathan
vorrebbe quanto lui che ci fosse Nancy con le sue pistole,
perché in equilibrio
sul tettuccio del van mentre Argyle guida come un pazzo è
l’unico modo in cui
potrebbero fare fuori i demo-cosi. Argyle sta guidando verso casa di
Jonathan e
loro per fortuna lo realizzano in tempo e Steve si sente patetico nel
trovare
carino Jonathan mentre urla: “Non portiamoli da
loro!” quando da loro c’è El,
letteralmente l’arma segreta. Che in qualche modo li trova,
mentre sfrecciano
sulla main street, e fa fuori i demo-cosi
in un secondo. Steve
non è sorpreso quando Hopper scende dall’auto da
cui è venuta fuori El e dice
un esausto: “Ragazzi, c’è un
coprifuoco”. È terrorizzato per un attimo, spera
che Jonathan non dica sprezzante che il mondo sta finendo, ma poi
Argyle dice,
la testa fuori dal finestrino, rivolto a Jonathan: “Oh amico,
sei davvero nei
guai,” e Steve ed El scoppiano a ridere.
(I
loro giri dovrebbero
finire lì, quella sera, perché la fine del mondo
sta davvero arrivando. Ma non
finiscono. Si portano delle armi, una pistola, la mazza chiodata, bombe
molotov
e concordano un piano d’azione con Argyle che devono
ripetergli cinque volte
prima che lo capisca, ma continuano.)
“Perché
vuoi uscire con
me?”
È
una domanda molto
semplice. È una domanda che lo perseguita. Steve non ha
esattamente bisogno di
amici, la sua vita è già piena di impegni e
persone da vedere. Dustin, Robin e
qualche volta Nancy, che la prima si porta dietro a tradimento, bastano
e
avanzano. Le assemblee cittadine, sempre supervisionate
dall’esercito, anche occupano
un bel po’ del suo tempo, per non parlare delle ronde. Quindi
non ha bisogno di
queste uscite, anche se ridere e bere e creare ricordi non patetici gli
fa
piacere. La verità è che non ne ha bisogno, ma le
vuole ed è terrorizzato che finiscano.
Quindi ha bisogno di sapere cosa vuole Jonathan. Se lui ne ha bisogno,
se lui
vuole e basta, se c’è un secondo fine, come Steve
purtroppo sospetta… Jonathan
sbuffa dal naso e Steve sorride, perché già sa
cosa sta per dire.
“Il
mondo sta finendo,
Steve.”
(È
ciò che si dice Steve
quella notte, quando fa il primo non-incubo da un mese a questa parte.
Si era
dimenticato come fosse sognare, semplicemente sognare. È un
sogno felice,
semplicemente lui e tutte le persone a cui vuole bene su un camper,
pulite e
felici di andare in vacanza. Il sole splende, la guida di Jonathan
è rilassata,
Steve ride e tutto il camper intona American Pie.
Jonathan sorride
affettuoso e Steve è felice di condividere la
responsabilità degli altri
passeggeri con lui.)
Le
persone cominciano a
farsi domande. Steve sospetta che questo stia succedendo per tutti gli
abitanti
di Hawkins, ma per chi sa già tanto, le domande sono
diverse. La prima ad
affrontare l’argomento è ovviamente la persona in
assoluto più vicina a lui:
Robin.
“Che
cosa state facendo?”
domanda durante una ronda, dopo che Steve ha appena finito di dire a
Jonathan
tramite walkie talkie che si vedranno più tardi,
al solito posto.
“Niente,”
risponde Steve
sulla difensiva e Robin inarca un sopracciglio, al che lui insiste:
“Io non chiedo
a te cosa fai con Nancy o con Vickie.” Robin arrossisce
furiosamente, ma la sua
espressione prende una piega confusa.
“Non
è la stessa cosa,”
commenta guardandosi attorno, cercando di mantenersi
all’allerta, al contrario
di Steve che è in panico per una semplice domanda della sua
migliore amica.
“Che
vuol dire non è la
stessa cosa?” continua lui irritato, ancora sulla difensiva,
abbassando lo
sguardo.
“Beh,
per cominciare…
Nancy è mia amica, mentre Vickie… beh, lo
sai,” conclude in fretta ed è il
turno di Steve di arrossire, mentre mormora delle scuse che Robin
ignora mentre
dice: “E poi tu mi chiedi di loro.”
Passano
un paio di
secondi di silenzio (o un paio d’ore) e alla fine Robin dice:
“Beh, Argyle è
decisamente un Nancy, ma Jonathan… è un
Vickie?”
“Zitta,”
risponde Steve,
troppo velocemente, con la punta delle orecchie che vanno a fuoco.
“Capito,”
dice Robin.
Steve non può vederla, non vuole vederla, ma
c’è un sorriso nella sua voce.
(Anche
lui sorride quando
ripensa allo scambio. Non riesce a non sorridere e non sa
perché. Forse per lo
stesso motivo per cui un leggero sorriso appare sulle sue labbra quando
pensa a
Robin e Vickie, a Tammy Voce-Da-Muppet, il bagno dello Startcourt,
Nancy sul
proprio letto che gli dà dell’idiota, Eddie che lo
chiama ragazzone.
Stranamente lo stesso sorriso leggero e divertito che ha quando ripensa
al
primo pugno che Jonathan gli ha tirato nel vicolo.)
Il
secondo a chiedere è
Dustin, ovviamente. È troppo intelligente per non capire,
anche se Steve per un
secondo ha sperato fosse troppo distratto per notare. Ma, in fondo,
quando mai
qualcosa è sfuggito a Dustin?
“Aaaaah,
è un casino,”
inizia Dustin sul sedile del passeggero, mentre Steve lo riporta a casa
dopo
una riunione d’emergenza nella vecchia casa Byers, ora
diventata Byers-Hopper,
come recita la cassetta postale (“Come se qualcuno ci
mandasse posta” ha
commentato Jonathan, con lo stesso sorriso affettuoso che Steve sogna
spesso
gli venga rivolto).
“Cosa
è un casino?”
domanda Steve, confuso, ripensando al piano per la settimana seguente.
“Questo,”
dice Dustin,
indicando la radio da cui viene fuori Dancing with myself
di Billy Joel,
una delle canzoni preferite di Steve inserita con accortezza da
Jonathan nel mixtape
creato per lui.
“È
a prova di Vecna,”
commenta Steve, non capendo.
“È
strano,” insiste
Dustin.
“Quindi
io dovevo essere
l’unico a non averlo perché sono l’ex
della sua attuale fidanzata?” domanda
Steve, incredulo. Jonathan ha fatto un mixtape per ognuno di loro.
“Pensi così
male di Jonathan che credi mi avrebbe lasciato morire?”
chiede ancora, cercando
di spingere sul senso di colpa.
“No!”
esclama Dustin,
indignato “Certo che no. Non è quello ad essere un
casino o strano. Jonathan
non farebbe male a una mosca… di solito,”
conclude, perché forse Dustin sarà
sempre un po’ arrabbiato con Jonathan per la questione di
Nancy. Più di lui
sicuramente.
“Non
ti capisco,”
commenta solo Steve, evitando il suo sguardo, ma ben consapevole
dell’espressione tra lo scettico e l’esausto di
Dustin.
“È
un casino la
situazione in generale. Entrambi guardate Nancy con gli occhi da
cucciolo, il
che lo capisco insomma, lei è fantastica,
non quanto Suzie ma comunque…
è come vi comportate tra di voi che non capisco.”
“Non
c’è niente da
capire!”
“Stasera
eravate
vicinissimi, stavi per sederti in braccio a lui.”
“Non
lo avevo visto,
credevo che la sedia fosse vuota.”
“Ma
se non lo perdi mai
di vista! Due calamite, lui si muove, tu ti muovi e viceversa. Anche
Nancy se
n’è accorta.”
“Ma
che dici?”
“Vi
completavate le frasi
a vicenda. Lei era irritatissima.”
“Sei
pazzo.”
“Appena
entrati in auto
hai infilato il mixtape nello stereo così velocemente che ti
è caduto.”
Silenzio.
Eccezion fatta
per Billy Joel che canta: “Well, I looked all over
the world / And there’s
every type of girl / But your empty eyes seem to pass me by / Leave me
dancing
with myself.”
“Che
succede tra voi,
Steve?” la voce di Dustin è divertita ora. Lo sta
prendendo in giro.
“Niente
succede,”
risponde Steve, irritato. “Siamo amici.”
“Beh,
se dovessi
cominciare a comportarmi così con Lucas, avvisa Suzie per
favore.”
“Idiota.”
(Sorride
tra sé e sé
ascoltando la cassetta per tutta la strada verso casa, dopo aver
scaricato
Dustin. Il suo piccolo miglior amico Dustin che non ha bisogno di
sapere, che
oltre a Nancy, Will e forse El, lui è stato
l’unico a non dare una lista di
canzoni a Jonathan. “Indovinale,” era stata la
sfida e Steve sapeva che l’altro
avrebbe vinto già solo da come gli erano brillati gli occhi
nel dire: “E così
mi affidi la tua vita, Harrington? Capisco.” Steve spera che
Jonathan capisca
davvero. A giudicare dalla cassetta, è sulla buona strada
per farlo.)
Steve
sente che El
e Will vogliono chiedere. Lo sente anche attraverso Mike, come se i due
parlassero un po’ troppo spesso con lui di Jonathan e
Steve. Il pensiero
che per loro sia un problema così pressante, con la fine del
mondo così vicina,
lo diverte parecchio. Sa che anche Joyce vuole chiedere, tanto quanto
sa che
non lo farà mai o al massimo avrà
l’accortezza di chiederlo direttamente a
Jonathan. Steve ha sempre pensato che l’unico che non volesse
chiedere fosse
Hopper, così è un’enorme sorpresa
quando è proprio lui quello della famiglia a farlo.
È
la fine di una ronda
notturna nei boschi, la luce del mattino che fa quel che può
per attraversare
la coltre di nubi sempre più spessa, combattendo contro i
fulmini rossi del
Sottosopra, quando Hopper rompe il silenzio tra loro dicendo:
“Tu e Jonathan
siete davvero amici?”
L’incredulità
nella voce
di Hopper dovrebbe offenderlo, ma lo fa solo sorridere mentre risponde
un pigro
e divertito: “Sì.”
Si
volta a guardare Hopper
con quel sorriso e indietreggia spaventato quando nota che
l’uomo gli sta
puntando casualmente il fucile contro.
“Non
ferirlo. Ci sono fin
troppe bestie a cui dare la colpa se tu sparissi.”
Una
serie di emozioni
attraversa Steve a quelle parole, tenerezza, paura e indignazione che
formano
una strana e pesante massa che gli si deposita sullo stomaco e lo porta
a dire,
con aria di sfida: “Jonathan ti odierebbe.”
È
facile credere alle
proprie parole mentre ha la loro mazza chiodata
sulla schiena, pronta
all’uso. Per un minuto intero si guardano, sfidandosi, e alla
fine Hopper dà in
una risata rauca e dice: “Non sarebbe il primo dei miei figli
ad odiarmi. Gli
passerebbe”.
E
poi riprende la marcia,
come se le poche parole che si sono detti non avessero le implicazioni
più
pesanti del mondo. Steve sorride allo stesso modo, seguendolo, felice
che
almeno uno tra lui e Jonathan abbia un padre a cui importi davvero.
(Quella
mattina, mentre
cerca di prendere sonno, pensa al fatto che anche Eddie aveva un padre
a cui
importava di lui, anche se era in realtà uno zio. Pensa che
ha assolutamente
senso che loro due lo abbiano e lui no. Sente l’immediato
bisogno di parlare di
questo sentimento a qualcuno, a Robin o a Dustin, ora. Desidera le
braccia di
Nancy che lo stringono e la sua voce che lo culla verso il sonno. Sa
che solo
uno sguardo comprensivo di Eddie o Jonathan potrebbe farlo sentire
davvero
meglio.)
La
peggior domanda viene
da Nancy, che vomita uno scontroso: “Che cazzo stai facendo
con Jonathan?”, nel
bel mezzo del loro turno di ronda insieme. Turno verso il quale Steve
ha
guardato per tutta la settimana con impazienza, speranza e contentezza
all’idea
di stare insieme. Di passare qualche ora nel semplice piacere di
respirare la
sua stessa aria. La delusione dello scoprire che per lei non
è lo stesso, ma
anzi l’esatto opposto, è troppo cocente per
poterla descrivere a parole, quindi
è felice che lei abbia fatto la domanda dopo quarantacinque
minuti di silenzio,
ad esclusione di qualche comunicazione via walkie talkie con gli altri
e dei
secchi qui libero ribalzati tra l’uno e
l’altra.
“Niente,”
risponde e
vorrebbe che venisse fuori più leggero, sicuro, oppure
aggressivo come il tono
di lei, ma invece lo dice in modo patetico, stanco di rispondere a
questa
domanda di nuovo. O forse stanco di farlo così.
“Non
ti credo,” dice
subito Nancy, scuotendo la testa e stringendo le labbra, e Steve le
guarda i
capelli rimbalzare attorno al viso stupendosi che la permanente stia
tenendo
così a lungo.
“Beh,
non è un problema
mio,” ribadisce Steve ora irritato, perché che
cosa fanno lui e Jonathan non è
affare di nessuno. Ma anche perché davvero non fanno niente.
“Stai
pianificando
qualcosa, lo so,” continua Nancy, fuori di sé
dalla paranoia e dall’irritazione
e Steve deve trattenersi dallo sputarle contro un Come si ci
sente a stare
dall’altra parte? e cerca di mantenere la calma
mentre dice: “O forse la
sta pianificando lui. Succede quando ti metti insieme ad
un…” ma si ferma,
perché non riesce più a identificare Jonathan con
qualsivoglia aggettivo
negativo, perché davvero è cambiato e
l’espressione di Nancy sta gridando che
dopo queste frasi non crede più nemmeno a questo. E Steve
è così frustrato
perché lui non si merita questa sfiducia e Jonathan non si
merita niente di
tutto questo e Nancy forse merita più di quanto loro due
possono offrirle e
Steve è spaventato al pensiero che a volte desidera che lei
lo capisca, lo
ammetta, li lasci andare e che tutto il mondo sparisca così
che lui e Jonathan
possano… Sente le lacrime agli occhi e volta le spalle a
Nancy non appena vede
la sua espressione addolcirsi.
“Steve,”
sussurra lei di
nuovo, come quel giorno nel Sottosopra, il giorno in cui Eddie
è morto, in cui
per un secondo hanno creduto di aver fermato l’apocalisse.
“Il
mondo sta finendo,
Nance. Ecco che cosa succede tra me e Jonathan.”
Non
si dicono più nulla
per il resto della ronda.
(La
verità è che, a
volte, Steve riesce ad ammettere a se stesso cosa gli sta succedendo.
La verità
è che, anche se perdere Nancy definitivamente lo getterebbe
in un baratro di
disperazione senza ritorno, a volte… desidera solo tenersi
Jonathan come non ha
potuto fare con Eddie.)
Quando
rivede Jonathan un
paio di giorni dopo, quasi si strozza con la propria saliva quando lui
gli dice:
“Io e Nancy abbiamo rotto.”
Sono
nel loro
solito posto, a fare il loro solito niente e per
una volta sono soli,
senza Argyle, che molto svogliatamente starà facendo una
ronda con Robin.
Jonathan ridacchia della sua reazione e Steve arrossisce per come
dicono
all’unisono:
“Non
sembri triste.”
“Pensavo
la notizia ti
avrebbe fatto più piacere.”
L’ilarità
di Jonathan cresce
fino ad esplodere in una risata vera e propria, piena e libera, e Steve
arrossisce ancora di più, per poi sorridere senza poterci
fare molto.
“Sono
triste,” chiarisce
Jonathan, quando la sua risata si placa e riesce a parlare.
“Ma al momento sono
arrabbiato.”
Steve
lo guarda con un
sopracciglio inarcato, perché che lui sappia ci sono solo
due cose che fanno
arrabbiare Jonathan: Lonnie Byers e Steve Harrington.
“Con
chi?” chiede quindi e
Jonathan sbuffa, come se non ne volesse parlare ma poi dice comunque:
“Con me
stesso. Con Nancy. Con tutti, forse”
Rimangono
in silenzio
perché Steve non sa bene come rispondere, ma dopo un bel
po’ dice: “Beh, è
impossibile che tu sia arrabbiato con Argyle.”
“Steve,”
si lamenta
l’altro, ma lui continua perché sta sorridendo e
sa di star andando nella
giusta direzione quando sul viso di Jonathan spunta quel
sorriso.
“E
credo sia difficile
che tu sia arrabbiato anche con Will ed El.”
“Oh
beh, su questo ti
sbagli.”
Un
secondo di silenzio,
ma forse una vita intera sconvolta, quella di Steve.
“Andiamo,
non ci credo!
Jonathan Byers, il fratello dell’anno per gli ultimi quindici
anni, arrabbiato
con i suoi fratelli? Impossibile. Come è impossibile
arrabbiarsi con un fattone.”
Jonathan
ride di nuovo e
magari la vita di Steve è sconvolta, ma vale la pena essere
vissuta.
(Questi
sono i momenti
più spaventosi. Quelli in cui non solo Steve sa che potrebbe
fare qualcosa di
stupido da un secondo all’altro, ma anche che vorrebbe farlo.)
“Sono
arrabbiato con loro
perché a volte è frustrante… essere il
fratello maggiore. A volte mi sembra di…
poter essere solo quello e di non essere abbastanza bravo, di
non… di non
essere un riferimento per loro, ma solo una figura irritante che non sa
bene
cosa fare con se stessa. E sono arrabbiato con mia madre
perché non è giusta
tutta questa responsabilità, perché non ho mai
avuto una vera e propria infanzia
e perché ho paura di finire come lei e mio padre e
perché non sono mai stato
altro se non un fratello maggiore, il primogenito a cui affidarsi e
questo mi
fa arrabbiare con Hopper, perché anche se dovrebbe essere
bello avere qualcuno
che si preoccupa, è come se non avessi più uno
scopo adesso. Come se fossi
davvero inutile. E poi mi arrabbio con tutti loro, solo
perché esistono e
perché li amo, perché è per loro che
non ho fatto domanda alla fottuta Emerson
e ho mentito a Nancy e… e… tutto questo non
dovrebbe avere nessuna fottuta
importanza perché il mondo sta finendo. Il mondo sta
finendo, cazzo, e sì, è
ruotato attorno a lei in qualche momento, come quando ho deciso di
avvicinarmi
a te perché ti temevo ancora o perché volevo
capire se davvero tu fossi
cambiato e alla fine mi sono ritrovato a pensare che forse è
vero che volevo
semplicemente avere un amico che sembrasse affidabile.
Perché il mondo sta
finendo e magari, dato che sono una persona pessima che pensa tutte
queste
cattiverie, potevo redimermi, no? E poi che so? Perdonare
l’ex della mia
ragazza per avere una faccia più bella della mia e vedere
effettivamente se
dietro quella faccia c’è il bullo a cui le ho
suonate o l’idiota che mi ha
salvato la vita più di una volta.”
(Steve
vuole abbracciarlo.
Vuole spazzare via dal suo viso quell’espressione corrucciata
e dirgli…
dirgli…)
Non
sa cosa dirgli, ma a
Jonathan non sembra dispiacere, fa un sospiro stanco alla fine dello
sfogo e
poi gli riserva un sorriso. Un vero sorriso, come a ringraziarlo per
aver
ascoltato… ma per Steve ascoltare è troppo poco.
Sta per aprire bocca e vedere
cosa ne esce, quando Jonathan chiede:
“C’è qualcosa che fa rabbia anche a
te?”
Steve
sbuffa dal naso, si
gratta la nuca e scuote la testa, come se non ne volesse parlare ma poi
dice:
“Il fatto che il mondo stia finendo mi fa abbastanza
innervosire effettivamente.”
Jonathan
ride e poi
annuisce solennemente, ma Steve non può fermarsi e continua:
“Il fatto che i
miei genitori mi abbiano lasciato qui a morire anche mi fa rabbia.
Così come mi
fa rabbia che mio padre non ci sia mai stato e mia madre si sia
annullata per
lui. E mi fa rabbia essere figlio unico ed è per questo che
voglio sei piccoli nuggets,
così che possano farsi compagnia e non sentirsi mai soli. E
poi sono incazzato
con me stesso per aver detto quella cosa a Nancy, perché non
è stato giusto,
per nessuno, e ora che siamo amici vorrei così tanto
cancellare quel momento…”
si ferma, aspettando che Jonathan replichi qualcosa ma non lo fa,
quindi Steve
decide di tuffarsi a capofitto nella tana del coniglio e continua:
“Sono
arrabbiato con me stesso perché sono ancora innamorato di
Nancy, per come ho
gestito le cose all’epoca, per non aver fatto uno sforzo in
più quando anch’io
ho cercato di avvicinarmi a te perché temevo che me
l’avresti portata via…”
(Ricorda
quel Natale.
Ricorda le proprie mani sudate mentre chiedeva alla commessa di vedere
l’ultimo
modello di Reflex. Ricorda la confusione mentre la ragazza gli spiegava
tutte
le funzionalità, quella litania nella testa di non
ci capisco niente ma
spero che gli piaccia spero che gli piaccia spero che gli piaccia.
Ricorda
come ha piagnucolato quando si è tagliato con la carta da
regalo mentre la
incartava. Ricorda tutti i sorrisi forzati di Jonathan quando ha
provato a parlargli
nei corridoi dopo la notte in cui Will è riapparso. E
ricorda fin troppo bene
come, da pollo, ha affidato il pacchetto a Nancy e le ha detto:
“Dagliela tu.
Sarà un regalo più gradito da parte
tua.”)
“Sono
arrabbiato con me
stesso per a volte averla pensata come un oggetto, qualcosa di
scintillante da
avere accanto, quando era molto di più, lei vuole molto di
più e un camper con
sei bambini potrà essere carino, ma mai
abbastanza… Sono arrabbiato perché non
sono abbastanza e perché ho creduto di esserlo in quel
momento e sono
arrabbiato con il fottuto Eddie Munson per avermelo fatto credere. E
sono
arrabbiato con lui anche per essere morto. Sono così
arrabbiato che sia morto,
soprattutto prima che io…” sente le lacrime agli
occhi e quelli di Jonathan puntati
su di sé e lascia cadere l’argomento, dicendo:
“Mi fa incazzare di non essere
riuscito a salvarlo. Mi fa incazzare che chiunque in questa stupida
cittadina
sia morto. Che Barb sia morta e che persino quel pezzo di merda di
Billy Hargrove
lo sia e che non sappiamo se Max tornerà prima o poi da noi.
Mi fa incazzare
che… che uno qualsiasi di noi possa morire da un momento
all’altro e non
voglio, Jonathan. Non voglio che nessuno di noi muoia.”
Finalmente
si guardano e
di nuovo, come sempre, si stanno dicendo troppe cose, davvero troppe e
allora
Steve deve per forza dire: “Sono arrabbiato che Nancy e
Hopper e praticamente
chiunque altro pensino che ti ferirò, che voglio ferirti,
perché non è così, è
l’esatto opposto. Voglio solo che tu stia al sicuro e che sia
felice. E per
questo mi fa incazzare che pensi di avere una faccia più
brutta della mia,
perché non è così… Credo
che abbiamo entrambi una faccia abbastanza bel – ”
(Nemmeno
nei suoi sogni
più sfrenati avrebbe potuto immaginare una cosa del genere,
ma più tardi
scoprirà che è una cosa tipica di Jonathan
prendere il toro per le corna ed
essere quello che bacia per primo.)
Si
baciano per cinque
secondi. E poi, dopo essersi guardati sbalorditi per altri cinque
secondi, si
baciano per circa cinque ore. Steve sta ridacchiando come uno scemo per
quando
scarica Jonathan a casa. Entrambi stanno ridendo. Il mondo sta finendo,
sì, ma…
“And
if a double-decker
bus / Crashes into us / To die by your side / Is such a heavenly way to
die / And
if a ten ton truck / Kills the both of us / To die by your side / Well,
the
pleasure, the privilege is mine,”
canta a squarciagola,
felice, anche se sta guidando verso una casa vuota.
Il
mondo starà anche
finendo, ma ci sono modi peggiori in cui potrebbe finire.
Note
dell’autrice:
Rieccoci
qui! Questa
fanfiction l’ho scritta ormai mesi fa, durante il mio stranger
things
brainrot. Stasera l’ho riletta e ho pensato: perché
no? La pubblico.
Inizialmente avrebbe dovuto essere una stoncy (ovvero una fic sulla
troppia steve-nancy-jonathan),
ma poi l’ispirazione per gli altri due capitoli con i pov di
Nancy e Jonathan è
venuta meno e quindi eccola qui, una bella stonathan, con accenni
steddie e
stancy. Se non conoscete la ship saltate a bordo perché ne
vale davvero la pena
e le fic sono gustosissime, anche meglio della mia ovviamente.
Probabilmente ci
sono delle incongruenze con la quarta stagione di Stranger Things o il
doppiaggio italiano, ma ho fatto del mio meglio. Per quanto riguarda
l’ambientazione
credo sia abbastanza chiara, no? Un post stagione quattro che cerca di
immaginare come potrebbe essere la quinta.
Tutto
è stato detto e
fatto. Le recensioni sono sempre gradite! Fatemi sapere cosa ne
pensate, anche
se negativo, purché sia costruttivo.
Bacioni,
Zia
Palla