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Autore: Zia Palla    06/01/2023    0 recensioni
“Perché vuoi uscire con me?”
È una domanda molto semplice. È una domanda che lo perseguita. [...] Quindi non ha bisogno di queste uscite, anche se ridere e bere e creare ricordi non patetici gli fa piacere. La verità è che non ne ha bisogno, ma le vuole ed è terrorizzato che finiscano. Quindi ha bisogno di sapere cosa vuole Jonathan. Se lui ne ha bisogno, se lui vuole e basta, se c’è un secondo fine, come Steve purtroppo sospetta… Jonathan sbuffa dal naso e Steve sorride, perché già sa cosa sta per dire.
“Il mondo sta finendo, Steve.”
//
Steve Harrington va incontro alla fine del mondo. Jonathan Byers gli mostra che ci sono modi peggiori in cui potrebbe finire.
[Post-S4. Pre-S5. Steve Harrington x Jonathan Byers. 5k parole]
Genere: Hurt/Comfort, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jonathan Byers, Nancy Wheeler, Robin Buckley, Steve Harrington
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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The end of the fucking world

 

Take me out tonight

Oh, take me anywhere, I don't care, I don't care, I don't care

Driving in your car

I never, never want to go home

Because I haven't got one, la-di-dum, oh, I haven't got one

There is a light that never goes out, The Smiths

 

Steve Harrington sa che, dal momento in cui confessa i suoi sentimenti a Nancy Wheeler, non potrà più guardare Jonathan Byers in faccia. Lo pensa brevemente mentre Nancy sussurra il suo nome e lo guarda con quegli enormi occhi blu, e vorrebbe scrollare le spalle, dire ad alta voce che non gli importa. Robin li chiama, salvandolo in calcio d’angolo. Gli occhi di Nancy sono così grandi e belli e a lui è sempre piaciuto come diceva il suo nome, ma… lo sa. Sa che stava per essere rifiutato. Si rimette in marcia e cerca di non pensarci. Si dice che non è ancora detto, sono passati anni, magari non la conosce più così bene. Si rimette in marcia e va incontro alla fine del mondo.

 

(Il mondo non finisce, non proprio, ma quando tornano all’area dei van e vede Dustin piangere sul corpo di Eddie sembra un po’ che lo faccia.)

 

Non riesce proprio a farlo e la cosa lo irrita. Non riesce a guardare Jonathan nemmeno di sfuggita, non dopo aver visto l’espressione di Nancy appena lo ha scorto dietro Mike. Come se non ci fosse nessun altro al mondo e Steve sa che è così, sa che è sempre stato così. Un po’ è finita per questo, oltre che per Barb. Ha sperato così tanto che fosse finita perché lui non era abbastanza: abbastanza maturo, abbastanza alternativo, abbastanza responsabile, abbastanza punto, ed è così tanto arrabbiato con se stesso per aver sperato, anche solo per un piccolo secondo, che le cose potessero cambiare.

 

(È arrabbiato con Eddie anche. Per avergli fatto credere di essere abbastanza, ma soprattutto per essere morto.)

 

A quanto pare, Jonathan non prova lo stesso fastidio per lui. È passato un giorno dall’inizio della fine, un giorno da quando il cielo si è squarciato e l’esercito è arrivato ad Hawkins e letteralmente nient’altro è successo e lui se ne sta rintanato nella sua casa vuota con Robin, quando sente bussare alla porta. Apre con la sua vecchia mazza chiodata in pugno – la vecchia mazza chiodata di Jonathan – e lo vorrebbe quasi colpire quando se lo trova davanti. Non perché lo odia, ma perché odia la sua espressione, quel sopracciglio inarcato come a dirgli davvero, fratello?

Sì, davvero, vorrebbe rispondere, ma poi nota quel suo amico – Harry? Aro? Archibald? Argyle – ed è il suo momento di fare un movimento con le sopracciglia, che aggrotta confuso.

“Vieni a fare un giro?” domanda Jonathan, indicando il van di Argyle alle sue spalle. Steve guarda dietro di sé, verso una Robin confusa quanto lui e batte le palpebre un paio di volte quando Jonathan dice: “Può venire anche lei.”

“C’è un coprifuoco,” replica stupidamente, perché l’orario del coprifuoco è lontano e perché…

“Il mondo sta finendo, Steve,” dice Jonathan infastidito, scrollando le spalle. “A chi importa?”

E quindi lui e Robin vanno a fare un giro.

 

Non sembra sbagliata l’assenza di Nancy. Lei non è tagliata per questa roba, per fumare erba e fregarsene del mondo. E Steve non credeva che fosse roba da Jonathan, ma a quanto pare lo è. E si sente in pace, sul tettuccio del van con lui, la testa che svolazza, le mani addormentate, tutto il corpo addormentato, come se nulla potesse ferirlo, con le risate rauche di Argyle e Robin che vengono da sotto di loro. Il cielo è rosso e Jonathan è troppo serio e Steve gli chiede: “Dove l’avete presa questa roba?” solo per sentire la sua voce, solo per indurlo a parlare e insultarlo e chiedergli come ha osato dire quelle cose a Nancy e litigarci e picchiarsi forse, come hanno fatto due anni e mezzo fa in quel vicolo. Jonathan gli spiega di come Argyle sia ossessionato dall’erba e abbia una vasta scorta, accenna qualcosa sul college e Nancy e sulla California e alla fine dice: “Il resto lo abbiamo preso da casa di Eddie, non è giusto che suo zio trovi quella roba o che lo faccia la polizia”

 

(E questo lo sente, questo fa male e Steve vorrebbe che pizzicasse come pizzica il pensiero che Nancy sia di Jonathan e lo sarà sempre e non che scavi una voragine in lui e lo porti ad avere gli occhi lucidi e il respiro corto e…)

 

“Lo conoscevi?” chiede, prendendo un altro tiro dalla canna per non pensare e si lascia andare alla voce di Jonathan che gli racconta della sua prima birra e di un Eddie con i capelli corti e una canzone dei The Clash che piace molto a Will e Steve sorride, beato, dicendo: “Vorrei aver vissuto io questa cosa,” e improvvisamente si stanno fissando e nel farlo si stanno passando troppe informazioni e la voragine dentro di lui fa un capitombolo quando Jonathan distoglie lo sguardo, arrossisce e dice: “Sarebbe stato forte se ci fossi stato anche tu.”

L’ennesima risata di Robin e Argyle rompe il silenzio che segue e Steve salta giù dal tettuccio senza dire una parola: ha davvero bisogno di un abbraccio di Robin.

 

(“Povero, Stevie,” canticchia Robin mentre lo tiene stretto a sé e Steve si chiede come sia stare così stretto ad un ragazzo. A Jonathan, forse. Ad Eddie, sicuramente, ma Eddie è morto e non dovrebbe esserlo, dovrebbe stare qui e loro dovrebbero creare insieme dei ricordi simili a quelli di Jonathan. Dei ricordi che non lo facciano sentire patetico.)

 

Diventa un’abitudine. Ogni due, tre giorni, Jonathan e Argyle sono alla sua porta e Steve va a fare un giro con loro, che Robin ci sia oppure no. Porta delle birre, perché ha bisogno di crearsi dei ricordi, ed è contento quando vede Jonathan lentamente passare dalle canne alle birre, come se fossero più sane. Glielo fa presente e Jonathan ghigna e gli dice che è solo che Argyle impazzirebbe senza erba ed è meglio lasciarla tutta a lui.

“Tu non impazziresti?” gli chiede Steve una sera, ironico. Sono nel loro solito posto, sul tettuccio, cosa che ad Argyle stranamente non dà fastidio. Argyle è divertente e buono e…

 

(Non è geloso delle risate di Jonathan come lo è Steve. Non si infastidisce se Steve fa ridere Jonathan, si unisce a loro, ride anche se non capisce. Steve no. Steve indurisce la mascella, dice: “Divertente” con sarcasmo e odia una persona così pura e divertente come Argyle per un secondo. Solo un secondo, ma è un secondo di troppo.)

 

Jonathan scrolla le spalle, calcia una lattina di birra vuota giù dal tettuccio.

“Nah,” dice ma ha un’espressione strana e Steve gli chiede: “Perché?” con il sorriso sulle labbra, ma meno ironico ora, più dolce.

“Non mi devo preoccupare più come in California,” spiega brevemente Jonathan. “Hopper è tornato, si prende lui cura di tutti. Di mamma, dei miei fratelli – qualcosa nel petto di Steve si scioglie a sentire Jonathan riferirsi a El come sua sorella per la prima volta – Dei ragazzini. Della città.” Poi Jonathan esita e Steve lo capisce fin troppo quando sente il tono con cui sussurra: “Di me,” come se non si volesse far sentire, come se non lo volesse ammettere nemmeno a se stesso, ma lo sta ammettendo a lui, quindi Steve evita di dirgli che ora ha anche di nuovo Nancy, perché probabilmente Jonathan sta ammettendo di aver voluto qualcuno che si prendesse cura di lui per la prima volta nella sua vita e lo sta ammettendo a Steve.

 

(Prendi questo, Argyle!)

 

“Hopper è un grande,” dice invece, sorseggiando la birra. Jonathan sorride in modo così dolce e timido che Steve per la prima volta capisce davvero Nancy per aver scelto lui, per aver sempre scelto lui.

“Sì, lo è.”

 

(Anche Eddie aveva un sorriso del genere, Steve l’ha visto qualche volta quando parlava con Dustin. Gli manca, un pochino. Forse più di un pochino.)

 

È ironico che pochi minuti dopo avvenga il primo attacco di democani, di demo-qualsiasi-cosa, e siano proprio loro le vittime. Scappano e urlano e Steve sa che Jonathan vorrebbe quanto lui che ci fosse Nancy con le sue pistole, perché in equilibrio sul tettuccio del van mentre Argyle guida come un pazzo è l’unico modo in cui potrebbero fare fuori i demo-cosi. Argyle sta guidando verso casa di Jonathan e loro per fortuna lo realizzano in tempo e Steve si sente patetico nel trovare carino Jonathan mentre urla: “Non portiamoli da loro!” quando da loro c’è El, letteralmente l’arma segreta. Che in qualche modo li trova, mentre sfrecciano sulla main street, e fa fuori i demo-cosi in un secondo. Steve non è sorpreso quando Hopper scende dall’auto da cui è venuta fuori El e dice un esausto: “Ragazzi, c’è un coprifuoco”. È terrorizzato per un attimo, spera che Jonathan non dica sprezzante che il mondo sta finendo, ma poi Argyle dice, la testa fuori dal finestrino, rivolto a Jonathan: “Oh amico, sei davvero nei guai,” e Steve ed El scoppiano a ridere.

 

(I loro giri dovrebbero finire lì, quella sera, perché la fine del mondo sta davvero arrivando. Ma non finiscono. Si portano delle armi, una pistola, la mazza chiodata, bombe molotov e concordano un piano d’azione con Argyle che devono ripetergli cinque volte prima che lo capisca, ma continuano.)

 

“Perché vuoi uscire con me?”

È una domanda molto semplice. È una domanda che lo perseguita. Steve non ha esattamente bisogno di amici, la sua vita è già piena di impegni e persone da vedere. Dustin, Robin e qualche volta Nancy, che la prima si porta dietro a tradimento, bastano e avanzano. Le assemblee cittadine, sempre supervisionate dall’esercito, anche occupano un bel po’ del suo tempo, per non parlare delle ronde. Quindi non ha bisogno di queste uscite, anche se ridere e bere e creare ricordi non patetici gli fa piacere. La verità è che non ne ha bisogno, ma le vuole ed è terrorizzato che finiscano. Quindi ha bisogno di sapere cosa vuole Jonathan. Se lui ne ha bisogno, se lui vuole e basta, se c’è un secondo fine, come Steve purtroppo sospetta… Jonathan sbuffa dal naso e Steve sorride, perché già sa cosa sta per dire.

“Il mondo sta finendo, Steve.”

 

(È ciò che si dice Steve quella notte, quando fa il primo non-incubo da un mese a questa parte. Si era dimenticato come fosse sognare, semplicemente sognare. È un sogno felice, semplicemente lui e tutte le persone a cui vuole bene su un camper, pulite e felici di andare in vacanza. Il sole splende, la guida di Jonathan è rilassata, Steve ride e tutto il camper intona American Pie. Jonathan sorride affettuoso e Steve è felice di condividere la responsabilità degli altri passeggeri con lui.)

 

Le persone cominciano a farsi domande. Steve sospetta che questo stia succedendo per tutti gli abitanti di Hawkins, ma per chi sa già tanto, le domande sono diverse. La prima ad affrontare l’argomento è ovviamente la persona in assoluto più vicina a lui: Robin.

“Che cosa state facendo?” domanda durante una ronda, dopo che Steve ha appena finito di dire a Jonathan tramite walkie talkie che si vedranno più tardi, al solito posto.

“Niente,” risponde Steve sulla difensiva e Robin inarca un sopracciglio, al che lui insiste: “Io non chiedo a te cosa fai con Nancy o con Vickie.” Robin arrossisce furiosamente, ma la sua espressione prende una piega confusa.

“Non è la stessa cosa,” commenta guardandosi attorno, cercando di mantenersi all’allerta, al contrario di Steve che è in panico per una semplice domanda della sua migliore amica.

“Che vuol dire non è la stessa cosa?” continua lui irritato, ancora sulla difensiva, abbassando lo sguardo.

“Beh, per cominciare… Nancy è mia amica, mentre Vickie… beh, lo sai,” conclude in fretta ed è il turno di Steve di arrossire, mentre mormora delle scuse che Robin ignora mentre dice: “E poi tu mi chiedi di loro.”

Passano un paio di secondi di silenzio (o un paio d’ore) e alla fine Robin dice: “Beh, Argyle è decisamente un Nancy, ma Jonathan… è un Vickie?”

“Zitta,” risponde Steve, troppo velocemente, con la punta delle orecchie che vanno a fuoco.

“Capito,” dice Robin. Steve non può vederla, non vuole vederla, ma c’è un sorriso nella sua voce.

 

(Anche lui sorride quando ripensa allo scambio. Non riesce a non sorridere e non sa perché. Forse per lo stesso motivo per cui un leggero sorriso appare sulle sue labbra quando pensa a Robin e Vickie, a Tammy Voce-Da-Muppet, il bagno dello Startcourt, Nancy sul proprio letto che gli dà dell’idiota, Eddie che lo chiama ragazzone. Stranamente lo stesso sorriso leggero e divertito che ha quando ripensa al primo pugno che Jonathan gli ha tirato nel vicolo.)

 

Il secondo a chiedere è Dustin, ovviamente. È troppo intelligente per non capire, anche se Steve per un secondo ha sperato fosse troppo distratto per notare. Ma, in fondo, quando mai qualcosa è sfuggito a Dustin?

“Aaaaah, è un casino,” inizia Dustin sul sedile del passeggero, mentre Steve lo riporta a casa dopo una riunione d’emergenza nella vecchia casa Byers, ora diventata Byers-Hopper, come recita la cassetta postale (“Come se qualcuno ci mandasse posta” ha commentato Jonathan, con lo stesso sorriso affettuoso che Steve sogna spesso gli venga rivolto).

“Cosa è un casino?” domanda Steve, confuso, ripensando al piano per la settimana seguente.

“Questo,” dice Dustin, indicando la radio da cui viene fuori Dancing with myself di Billy Joel, una delle canzoni preferite di Steve inserita con accortezza da Jonathan nel mixtape creato per lui.

“È a prova di Vecna,” commenta Steve, non capendo.

“È strano,” insiste Dustin.

“Quindi io dovevo essere l’unico a non averlo perché sono l’ex della sua attuale fidanzata?” domanda Steve, incredulo. Jonathan ha fatto un mixtape per ognuno di loro. “Pensi così male di Jonathan che credi mi avrebbe lasciato morire?” chiede ancora, cercando di spingere sul senso di colpa.

“No!” esclama Dustin, indignato “Certo che no. Non è quello ad essere un casino o strano. Jonathan non farebbe male a una mosca… di solito,” conclude, perché forse Dustin sarà sempre un po’ arrabbiato con Jonathan per la questione di Nancy. Più di lui sicuramente.

“Non ti capisco,” commenta solo Steve, evitando il suo sguardo, ma ben consapevole dell’espressione tra lo scettico e l’esausto di Dustin.

“È un casino la situazione in generale. Entrambi guardate Nancy con gli occhi da cucciolo, il che lo capisco insomma, lei è fantastica, non quanto Suzie ma comunque… è come vi comportate tra di voi che non capisco.”

“Non c’è niente da capire!”

“Stasera eravate vicinissimi, stavi per sederti in braccio a lui.”

“Non lo avevo visto, credevo che la sedia fosse vuota.”

“Ma se non lo perdi mai di vista! Due calamite, lui si muove, tu ti muovi e viceversa. Anche Nancy se n’è accorta.”

“Ma che dici?”

“Vi completavate le frasi a vicenda. Lei era irritatissima.”

“Sei pazzo.”

“Appena entrati in auto hai infilato il mixtape nello stereo così velocemente che ti è caduto.”

Silenzio. Eccezion fatta per Billy Joel che canta: “Well, I looked all over the world / And there’s every type of girl / But your empty eyes seem to pass me by / Leave me dancing with myself.”

“Che succede tra voi, Steve?” la voce di Dustin è divertita ora. Lo sta prendendo in giro.

“Niente succede,” risponde Steve, irritato. “Siamo amici.”

“Beh, se dovessi cominciare a comportarmi così con Lucas, avvisa Suzie per favore.”

“Idiota.”

 

(Sorride tra sé e sé ascoltando la cassetta per tutta la strada verso casa, dopo aver scaricato Dustin. Il suo piccolo miglior amico Dustin che non ha bisogno di sapere, che oltre a Nancy, Will e forse El, lui è stato l’unico a non dare una lista di canzoni a Jonathan. “Indovinale,” era stata la sfida e Steve sapeva che l’altro avrebbe vinto già solo da come gli erano brillati gli occhi nel dire: “E così mi affidi la tua vita, Harrington? Capisco.” Steve spera che Jonathan capisca davvero. A giudicare dalla cassetta, è sulla buona strada per farlo.)

 

Steve sente che El e Will vogliono chiedere. Lo sente anche attraverso Mike, come se i due parlassero un po’ troppo spesso con lui di Jonathan e Steve. Il pensiero che per loro sia un problema così pressante, con la fine del mondo così vicina, lo diverte parecchio. Sa che anche Joyce vuole chiedere, tanto quanto sa che non lo farà mai o al massimo avrà l’accortezza di chiederlo direttamente a Jonathan. Steve ha sempre pensato che l’unico che non volesse chiedere fosse Hopper, così è un’enorme sorpresa quando è proprio lui quello della famiglia a farlo.

È la fine di una ronda notturna nei boschi, la luce del mattino che fa quel che può per attraversare la coltre di nubi sempre più spessa, combattendo contro i fulmini rossi del Sottosopra, quando Hopper rompe il silenzio tra loro dicendo: “Tu e Jonathan siete davvero amici?”

L’incredulità nella voce di Hopper dovrebbe offenderlo, ma lo fa solo sorridere mentre risponde un pigro e divertito: “Sì.”

Si volta a guardare Hopper con quel sorriso e indietreggia spaventato quando nota che l’uomo gli sta puntando casualmente il fucile contro.

“Non ferirlo. Ci sono fin troppe bestie a cui dare la colpa se tu sparissi.”

Una serie di emozioni attraversa Steve a quelle parole, tenerezza, paura e indignazione che formano una strana e pesante massa che gli si deposita sullo stomaco e lo porta a dire, con aria di sfida: “Jonathan ti odierebbe.”

È facile credere alle proprie parole mentre ha la loro mazza chiodata sulla schiena, pronta all’uso. Per un minuto intero si guardano, sfidandosi, e alla fine Hopper dà in una risata rauca e dice: “Non sarebbe il primo dei miei figli ad odiarmi. Gli passerebbe”.

E poi riprende la marcia, come se le poche parole che si sono detti non avessero le implicazioni più pesanti del mondo. Steve sorride allo stesso modo, seguendolo, felice che almeno uno tra lui e Jonathan abbia un padre a cui importi davvero.

 

(Quella mattina, mentre cerca di prendere sonno, pensa al fatto che anche Eddie aveva un padre a cui importava di lui, anche se era in realtà uno zio. Pensa che ha assolutamente senso che loro due lo abbiano e lui no. Sente l’immediato bisogno di parlare di questo sentimento a qualcuno, a Robin o a Dustin, ora. Desidera le braccia di Nancy che lo stringono e la sua voce che lo culla verso il sonno. Sa che solo uno sguardo comprensivo di Eddie o Jonathan potrebbe farlo sentire davvero meglio.)

 

La peggior domanda viene da Nancy, che vomita uno scontroso: “Che cazzo stai facendo con Jonathan?”, nel bel mezzo del loro turno di ronda insieme. Turno verso il quale Steve ha guardato per tutta la settimana con impazienza, speranza e contentezza all’idea di stare insieme. Di passare qualche ora nel semplice piacere di respirare la sua stessa aria. La delusione dello scoprire che per lei non è lo stesso, ma anzi l’esatto opposto, è troppo cocente per poterla descrivere a parole, quindi è felice che lei abbia fatto la domanda dopo quarantacinque minuti di silenzio, ad esclusione di qualche comunicazione via walkie talkie con gli altri e dei secchi qui libero ribalzati tra l’uno e l’altra.

“Niente,” risponde e vorrebbe che venisse fuori più leggero, sicuro, oppure aggressivo come il tono di lei, ma invece lo dice in modo patetico, stanco di rispondere a questa domanda di nuovo. O forse stanco di farlo così.

“Non ti credo,” dice subito Nancy, scuotendo la testa e stringendo le labbra, e Steve le guarda i capelli rimbalzare attorno al viso stupendosi che la permanente stia tenendo così a lungo.

“Beh, non è un problema mio,” ribadisce Steve ora irritato, perché che cosa fanno lui e Jonathan non è affare di nessuno. Ma anche perché davvero non fanno niente.

“Stai pianificando qualcosa, lo so,” continua Nancy, fuori di sé dalla paranoia e dall’irritazione e Steve deve trattenersi dallo sputarle contro un Come si ci sente a stare dall’altra parte? e cerca di mantenere la calma mentre dice: “O forse la sta pianificando lui. Succede quando ti metti insieme ad un…” ma si ferma, perché non riesce più a identificare Jonathan con qualsivoglia aggettivo negativo, perché davvero è cambiato e l’espressione di Nancy sta gridando che dopo queste frasi non crede più nemmeno a questo. E Steve è così frustrato perché lui non si merita questa sfiducia e Jonathan non si merita niente di tutto questo e Nancy forse merita più di quanto loro due possono offrirle e Steve è spaventato al pensiero che a volte desidera che lei lo capisca, lo ammetta, li lasci andare e che tutto il mondo sparisca così che lui e Jonathan possano… Sente le lacrime agli occhi e volta le spalle a Nancy non appena vede la sua espressione addolcirsi.

“Steve,” sussurra lei di nuovo, come quel giorno nel Sottosopra, il giorno in cui Eddie è morto, in cui per un secondo hanno creduto di aver fermato l’apocalisse.

“Il mondo sta finendo, Nance. Ecco che cosa succede tra me e Jonathan.”

Non si dicono più nulla per il resto della ronda.

 

(La verità è che, a volte, Steve riesce ad ammettere a se stesso cosa gli sta succedendo. La verità è che, anche se perdere Nancy definitivamente lo getterebbe in un baratro di disperazione senza ritorno, a volte… desidera solo tenersi Jonathan come non ha potuto fare con Eddie.)

 

Quando rivede Jonathan un paio di giorni dopo, quasi si strozza con la propria saliva quando lui gli dice: “Io e Nancy abbiamo rotto.”

Sono nel loro solito posto, a fare il loro solito niente e per una volta sono soli, senza Argyle, che molto svogliatamente starà facendo una ronda con Robin. Jonathan ridacchia della sua reazione e Steve arrossisce per come dicono all’unisono:

“Non sembri triste.”

“Pensavo la notizia ti avrebbe fatto più piacere.”

L’ilarità di Jonathan cresce fino ad esplodere in una risata vera e propria, piena e libera, e Steve arrossisce ancora di più, per poi sorridere senza poterci fare molto.

“Sono triste,” chiarisce Jonathan, quando la sua risata si placa e riesce a parlare. “Ma al momento sono arrabbiato.”

Steve lo guarda con un sopracciglio inarcato, perché che lui sappia ci sono solo due cose che fanno arrabbiare Jonathan: Lonnie Byers e Steve Harrington.

“Con chi?” chiede quindi e Jonathan sbuffa, come se non ne volesse parlare ma poi dice comunque: “Con me stesso. Con Nancy. Con tutti, forse”

Rimangono in silenzio perché Steve non sa bene come rispondere, ma dopo un bel po’ dice: “Beh, è impossibile che tu sia arrabbiato con Argyle.”

“Steve,” si lamenta l’altro, ma lui continua perché sta sorridendo e sa di star andando nella giusta direzione quando sul viso di Jonathan spunta quel sorriso.

“E credo sia difficile che tu sia arrabbiato anche con Will ed El.”

“Oh beh, su questo ti sbagli.”

Un secondo di silenzio, ma forse una vita intera sconvolta, quella di Steve.

“Andiamo, non ci credo! Jonathan Byers, il fratello dell’anno per gli ultimi quindici anni, arrabbiato con i suoi fratelli? Impossibile. Come è impossibile arrabbiarsi con un fattone.”

Jonathan ride di nuovo e magari la vita di Steve è sconvolta, ma vale la pena essere vissuta.

 

(Questi sono i momenti più spaventosi. Quelli in cui non solo Steve sa che potrebbe fare qualcosa di stupido da un secondo all’altro, ma anche che vorrebbe farlo.)

 

“Sono arrabbiato con loro perché a volte è frustrante… essere il fratello maggiore. A volte mi sembra di… poter essere solo quello e di non essere abbastanza bravo, di non… di non essere un riferimento per loro, ma solo una figura irritante che non sa bene cosa fare con se stessa. E sono arrabbiato con mia madre perché non è giusta tutta questa responsabilità, perché non ho mai avuto una vera e propria infanzia e perché ho paura di finire come lei e mio padre e perché non sono mai stato altro se non un fratello maggiore, il primogenito a cui affidarsi e questo mi fa arrabbiare con Hopper, perché anche se dovrebbe essere bello avere qualcuno che si preoccupa, è come se non avessi più uno scopo adesso. Come se fossi davvero inutile. E poi mi arrabbio con tutti loro, solo perché esistono e perché li amo, perché è per loro che non ho fatto domanda alla fottuta Emerson e ho mentito a Nancy e… e… tutto questo non dovrebbe avere nessuna fottuta importanza perché il mondo sta finendo. Il mondo sta finendo, cazzo, e sì, è ruotato attorno a lei in qualche momento, come quando ho deciso di avvicinarmi a te perché ti temevo ancora o perché volevo capire se davvero tu fossi cambiato e alla fine mi sono ritrovato a pensare che forse è vero che volevo semplicemente avere un amico che sembrasse affidabile. Perché il mondo sta finendo e magari, dato che sono una persona pessima che pensa tutte queste cattiverie, potevo redimermi, no? E poi che so? Perdonare l’ex della mia ragazza per avere una faccia più bella della mia e vedere effettivamente se dietro quella faccia c’è il bullo a cui le ho suonate o l’idiota che mi ha salvato la vita più di una volta.”

 

(Steve vuole abbracciarlo. Vuole spazzare via dal suo viso quell’espressione corrucciata e dirgli… dirgli…)

 

Non sa cosa dirgli, ma a Jonathan non sembra dispiacere, fa un sospiro stanco alla fine dello sfogo e poi gli riserva un sorriso. Un vero sorriso, come a ringraziarlo per aver ascoltato… ma per Steve ascoltare è troppo poco. Sta per aprire bocca e vedere cosa ne esce, quando Jonathan chiede: “C’è qualcosa che fa rabbia anche a te?”

Steve sbuffa dal naso, si gratta la nuca e scuote la testa, come se non ne volesse parlare ma poi dice: “Il fatto che il mondo stia finendo mi fa abbastanza innervosire effettivamente.”

Jonathan ride e poi annuisce solennemente, ma Steve non può fermarsi e continua: “Il fatto che i miei genitori mi abbiano lasciato qui a morire anche mi fa rabbia. Così come mi fa rabbia che mio padre non ci sia mai stato e mia madre si sia annullata per lui. E mi fa rabbia essere figlio unico ed è per questo che voglio sei piccoli nuggets, così che possano farsi compagnia e non sentirsi mai soli. E poi sono incazzato con me stesso per aver detto quella cosa a Nancy, perché non è stato giusto, per nessuno, e ora che siamo amici vorrei così tanto cancellare quel momento…” si ferma, aspettando che Jonathan replichi qualcosa ma non lo fa, quindi Steve decide di tuffarsi a capofitto nella tana del coniglio e continua: “Sono arrabbiato con me stesso perché sono ancora innamorato di Nancy, per come ho gestito le cose all’epoca, per non aver fatto uno sforzo in più quando anch’io ho cercato di avvicinarmi a te perché temevo che me l’avresti portata via…”

 

(Ricorda quel Natale. Ricorda le proprie mani sudate mentre chiedeva alla commessa di vedere l’ultimo modello di Reflex. Ricorda la confusione mentre la ragazza gli spiegava tutte le funzionalità, quella litania nella testa di non ci capisco niente ma spero che gli piaccia spero che gli piaccia spero che gli piaccia. Ricorda come ha piagnucolato quando si è tagliato con la carta da regalo mentre la incartava. Ricorda tutti i sorrisi forzati di Jonathan quando ha provato a parlargli nei corridoi dopo la notte in cui Will è riapparso. E ricorda fin troppo bene come, da pollo, ha affidato il pacchetto a Nancy e le ha detto: “Dagliela tu. Sarà un regalo più gradito da parte tua.”)

 

“Sono arrabbiato con me stesso per a volte averla pensata come un oggetto, qualcosa di scintillante da avere accanto, quando era molto di più, lei vuole molto di più e un camper con sei bambini potrà essere carino, ma mai abbastanza… Sono arrabbiato perché non sono abbastanza e perché ho creduto di esserlo in quel momento e sono arrabbiato con il fottuto Eddie Munson per avermelo fatto credere. E sono arrabbiato con lui anche per essere morto. Sono così arrabbiato che sia morto, soprattutto prima che io…” sente le lacrime agli occhi e quelli di Jonathan puntati su di sé e lascia cadere l’argomento, dicendo: “Mi fa incazzare di non essere riuscito a salvarlo. Mi fa incazzare che chiunque in questa stupida cittadina sia morto. Che Barb sia morta e che persino quel pezzo di merda di Billy Hargrove lo sia e che non sappiamo se Max tornerà prima o poi da noi. Mi fa incazzare che… che uno qualsiasi di noi possa morire da un momento all’altro e non voglio, Jonathan. Non voglio che nessuno di noi muoia.”

Finalmente si guardano e di nuovo, come sempre, si stanno dicendo troppe cose, davvero troppe e allora Steve deve per forza dire: “Sono arrabbiato che Nancy e Hopper e praticamente chiunque altro pensino che ti ferirò, che voglio ferirti, perché non è così, è l’esatto opposto. Voglio solo che tu stia al sicuro e che sia felice. E per questo mi fa incazzare che pensi di avere una faccia più brutta della mia, perché non è così… Credo che abbiamo entrambi una faccia abbastanza bel – ”

 

(Nemmeno nei suoi sogni più sfrenati avrebbe potuto immaginare una cosa del genere, ma più tardi scoprirà che è una cosa tipica di Jonathan prendere il toro per le corna ed essere quello che bacia per primo.)

 

Si baciano per cinque secondi. E poi, dopo essersi guardati sbalorditi per altri cinque secondi, si baciano per circa cinque ore. Steve sta ridacchiando come uno scemo per quando scarica Jonathan a casa. Entrambi stanno ridendo. Il mondo sta finendo, sì, ma…

“And if a double-decker bus / Crashes into us / To die by your side / Is such a heavenly way to die / And if a ten ton truck / Kills the both of us / To die by your side / Well, the pleasure, the privilege is mine,” canta a squarciagola, felice, anche se sta guidando verso una casa vuota.

Il mondo starà anche finendo, ma ci sono modi peggiori in cui potrebbe finire.

 

Note dell’autrice:

Rieccoci qui! Questa fanfiction l’ho scritta ormai mesi fa, durante il mio stranger things brainrot. Stasera l’ho riletta e ho pensato: perché no? La pubblico. Inizialmente avrebbe dovuto essere una stoncy (ovvero una fic sulla troppia steve-nancy-jonathan), ma poi l’ispirazione per gli altri due capitoli con i pov di Nancy e Jonathan è venuta meno e quindi eccola qui, una bella stonathan, con accenni steddie e stancy. Se non conoscete la ship saltate a bordo perché ne vale davvero la pena e le fic sono gustosissime, anche meglio della mia ovviamente. Probabilmente ci sono delle incongruenze con la quarta stagione di Stranger Things o il doppiaggio italiano, ma ho fatto del mio meglio. Per quanto riguarda l’ambientazione credo sia abbastanza chiara, no? Un post stagione quattro che cerca di immaginare come potrebbe essere la quinta.

Tutto è stato detto e fatto. Le recensioni sono sempre gradite! Fatemi sapere cosa ne pensate, anche se negativo, purché sia costruttivo.

Bacioni,

Zia Palla

   
 
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