Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PerseoeAndromeda    09/01/2023    1 recensioni
“Io… resto… ma resta anche tu. O portami con te, dovunque tu voglia andare…”.
Aggiunge tra sé:
“Nel tuo incubo, se il sogno, davvero, non esiste più”.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Fanfic scritta per il writober indetto da Fanwriter.it.
Lista: Pumpnight
Prompt: 15. “Con te”
Titolo: “Con te”
Fandom: Attack on titan
Personaggi: Eren e Armin
Rating: Giallo
Genere: angst, introspettivo, sentimentale, hurt/comfort
Avvisi: spoiler ultima stagione

 

 
“CON TE”


 
Gli arriva alle spalle, ma non ha il coraggio di chiamarlo, non subito.
Si ferma ad osservarlo, come quella prima volta al mare, come allora vede solo la sua schiena e immagina il suo sguardo perso sull’orizzonte che, presto, andranno ad esplorare.
Armin lo sa che avrebbe dovuto accorgersene prima.
Forse, in realtà, lo sapeva, ma aveva finto di non vedere: non voleva neanche immaginare che lui ed Eren non sognavano più insieme.
Quando si era infranta quella comunione di anime che aveva caratterizzato il loro legame fin dalla prima volta in cui i loro occhi si erano incrociati?
Ormai, Armin si è convinto che le loro strade abbiano cominciato a percorrere sentieri paralleli, ben prima di quel giorno al mare.
La cantina…
Tutta colpa di quella cantina, di quelle memorie di Grisha?
Questo non può saperlo, perché Eren non gli parla…
Non gli parla più…
Non come prima.
Li tiene distanti, sempre di più, non riescono ad arrivare a lui.
Ad Armin manca, in un modo che gli dilania il cuore.
Fa un passo, immerge i piedi nudi nei flutti, compie altri passi in direzione di Eren, lo chiama, senza ottenere risposta.
Troppo bassa la voce, troppa paura in quel sussurro appena accennato.
Allora ci riprova, fa in modo che la sua voce si innalzi al di sopra dello sciabordio delle onde e, questa volta, Eren si gira, lo osserva, mentre Armin gli si porta accanto.
“Perché non mi sorridi?” vorrebbe chiedere Armin. “Una volta mi sorridevi, quando mi vedevi mi salutavi sempre con un sorriso, eri felice di stare con me…”.
Ora, quell’espressione rimane impassibile, all’apparenza priva di emozioni, ma Armin sa che non è così. Le emozioni ci sono, solo che lui non le vede più, Eren non gli permette di vederle. È chiuso, nello sguardo, così come nello spirito, chiuso a loro… a lui.
Armin si sente in colpa, perché lui continua a sognare e finge di farlo ancora con Eren, finge che Eren non abbia mai smesso, si comporta come se niente fosse, perché è l’unico modo che ha per difendere se stesso, altrimenti sarebbe già impazzito.
Da tempo.
“È sempre stato il nostro sogno che ci ha permesso di andare avanti”.
Lo dice senza neanche accorgersi quando ha cominciato a parlare, mentre anche i suoi occhi si perdono lontano.
Sa che Eren non ha più smesso di fissarlo e quello sguardo sembra volerlo affondare in lui, come un coltello: quasi Armin lo sente che si rigira nel petto.
Allora prova a ricambiarlo e quello di Eren fugge di nuovo sull’orizzonte.
Sembra che non riescano più a lasciare che i loro occhi si perdano gli uni in quelli dell’altro.
Era così facile un tempo…
Era facile quando parlavano, quando giocavano da bambini, quando si addestravano fianco a fianco e scherzavano insieme…
Quando facevano l’amore, nei momenti che riuscivano a ritagliare solo per loro due.
“Eren… forse per te non è mai stato così, dopotutto?”.
Eren torna ad osservarlo e, nei suoi occhi, un accenno di cambiamento c’è, come un punto interrogativo, un dubbio che gli attraversa la mente.
“Di cosa parli?”.
È la prima volta, da quando Armin si è avvicinato, che ode la sua voce. Deglutisce, si sente un po’ tremare mentre consente alla paura di salire in superficie:
“Hai mai sognato davvero con me, Eren?”.
Intanto, le mani si chiudono in pugni lungo i fianchi e le dita si muovono nervosamente.
“Sì, Armin… l’ho fatto…”.
Armin sussulta, non sa cosa dire, ma gli crede: sa ancora capire quando Eren è sincero.
Vorrebbe chiedergli quando ha smesso di farlo, ma ha paura, la voce non esce: non vuole avere la conferma, davvero, che lui ed Eren non sono più anime gemelle, come hanno sempre amato definirsi.
“Sai, Armin…”.
Eren gli parla e Armin sta in silenzio, lo guarda, può solo ascoltare perché se si mettesse a parlare, probabilmente, piangerebbe.
“Io credo in te, non ho mai smesso di farlo, vorrei che questo ti rimanesse bene in testa, qualunque cosa accada”.
Le labbra di Armin si stringono, insieme al suo cuore.
Eren parla ancora a lui, ma è all’orizzonte che rivolge di nuovo i suoi occhi:
“Io so che sei il più forte di tutti e ce la farai…”.
I denti di Armin affondano nel labbro inferiore, non ce la fa più: non è molto bravo, lui, a controllare in ogni istante le proprie emozioni.
Una mano, prima stretta a pugno, scatta in avanti e cerca quella di Eren, la afferra, la trova rigida e tesa e anche l’espressione del compagno, ora, non è più impassibile. Per un attimo è l’Eren di un tempo, che libera ciò che ha dentro, che sa sorprendersi ed anche commuoversi.
“Ce la faremo… ce la faremo insieme, Eren!”.
Anche l’altra mano raggiunge quella di Eren, Armin la racchiude tra le proprie, la solleva, se la porta al cuore:
“Se non ho mai smesso di sognare è perché c’eri tu. Il mio sogno ha valore solo se posso continuare a sognare… con te…”.
Lo sente tremare, gli occhi verdi si fanno lucidi. Eren non sostiene lo sguardo di Armin e lo lascia fuggire a terra, le palpebre si chiudono e quella tristezza diventa insopportabile per il giovane Arlert.
Per lui è una conferma di ciò che ha sempre temuto.
“Eren…” sussurra con voce incrinata.
Gli occhi si levano e trovano il coraggio di cercare i suoi: ora, sul volto di Eren compare un sorriso mesto, sconfitto, più doloroso ancora della precedente espressione.
Ad Armin quell’espressione sembra smarrita, quella del piccolo Eren nei momenti più bui del suo passato.
È spaventato.
Da cosa?
Da chi?
“Hai paura di te stesso, Eren?” vorrebbe chiedergli.
Ma non fa in tempo, perché Eren lo attira verso di sé con uno strattone, lo fa cadere in avanti e lo accoglie in un abbraccio così intenso, così possente, che in esso ad Armin sembra di andare in pezzi.
Non gli importa, se è ciò di cui Eren ha bisogno.
“Con me…” lo sente sussurrare. La voce arriva velata, perché lui lo tiene stretto, il viso contro il petto, quasi Armin non respira. “Resta con me…”.
È una richiesta di aiuto e Armin ricambia l’abbraccio.
Quando, finalmente, la stretta si allenta e il suo volto può tornare libero, Armin lo lascia comunque lì, tiene poggiata la fronte all’altezza del cuore di Eren, la strofina, nella sua risposta infonde una supplica disperata.
“Io… resto… ma resta anche tu. O portami con te, dovunque tu voglia andare…”.
Aggiunge tra sé:
“Nel tuo incubo, se il sogno, davvero, non esiste più”.
 
 
 

 
   
 
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