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Autore: Shion108    28/01/2023    1 recensioni
La vita prima o poi ha fine, ma non sempre vuol dire che è la fine vera e propria. Se il desiderio è forte, lo spirito può vivere ancora.
Prequel de "Il Vero Sacrificio"
Storia ispirata dal corto di Miota su Re Deshret.
Genere: Angst, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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   Essere Re non sempre è facile, ma può anche rivelarsi interessante.
   La storia di oggi successe prima della venuta della maledizione, ma dopo la morte della Dea dei Fiori, anche se la fine potrebbe sorprendervi.
Ovviamente sta a voi lettori credervi o meno, ma magari potrebbe illuminarvi.
 
   Nabu Malikata era morta da non molto tempo, ma Sua Maestà sembrava stare abbastanza bene in merito, continuava a vivere la propria vita come sempre, adempiendo ai propri doveri e sollazzandosi ogni tanto con musica e donne. Non era comunque riuscito nel proprio intento di aver prole, purtroppo per un essere potente come lui non era di certo una cosa facile, ma ciò non lo scoraggiava.
   La sera prima del suo compleanno, egli stava rivedendo dei documenti nei propri alloggi come spesso accadeva; i rotoli di papiro si susseguivano uno dopo l’altro molto rapidamente, ma, ben presto, finirono permettendo a Sua Maestà di prendersi un attimo di meritata pausa. La pace della sera lo rendeva tranquillo, quindi decise di mettersi sul terrazzo per godersi il venticello che soffiava dal mare.
   Fu allora che vide qualcosa di strano, alle porte della cittadina c’era una luce fioca, simile al fuoco di una torcia, ferma in un punto. Quel qualcosa lo insospettì e preferì prendere la khopesh per poi calarsi da lì fin sui tetti delle case; saltando agilmente da un tetto all’altro, l’uomo arrivò alle porte della città, o meglio alla cima del muro che teneva su le porte. Da lì poté vedere meglio quel bagliore, esso apparteneva ad una lanterna attaccata ad una bestia da soma che pareva sola; la curiosità ed il senso di protezione verso il proprio popolo lo spinsero ad andare a controllare, sempre con molta cautela. Arrivato vicino alla bestia, notò qualcuno svenuto, mezzo coperto di sabbia, segno che era lì da almeno qualche ora; provò a far rinvenire questo qualcuno, un uomo di mezz’età, versandogli piano dell’acqua sulla faccia.
   L’uomo, che pareva un ricercatore dell’Akademiya, ci mise non poco a riprendersi, ma poi scattò a sedere cominciando a sproloquiare di una sorta di “incantesimo” di vita eterna; il Re si vide costretto a dargli un colpo al retro del collo per farlo svenire di nuovo, era convinto che quel tipo avesse temporaneamente perso il senno. Con tutta la tranquillità, caricò la persona sulla bestia da soma e la condusse alle porte della città dove venne fermato dai Matra; dopo una rapida spiegazione (e diverse scuse dai Matra che non lo avevano riconosciuto subito), il sovrano passò e si decise a portare l’ospite all’interno del palazzo per assicurarsi che ricevesse le cure adeguate.
   Quando si riprese, il povero sventurato si ritrovò in una stanza molto tranquilla. Vicino a sé trovò pure il giovane uomo che lo aveva aiutato; ringraziò molto accoratamente, ora di certo più lucido, ma fu lì che Sua Maestà chiese di quelle parole senza senso che l’ospite aveva pronunciato precedentemente. Venne così a conoscenza di un incantesimo molto potente che permetteva a qualcuno di tramandare i propri geni ad una persona compatibile per avere vita futura, purtroppo, però, solo qualcuno coi poteri di un Dio o un Archon avrebbe potuto compierlo, in quanto esso richiedeva troppo potere per esser attivato.
   Il sovrano parve non dare molto peso a quelle parole, ma comunque non le avrebbe dimenticate molto facilmente. Volle comunque dare tregua a quel povero tipo e lo lasciò riposare mentre lui tornava nelle proprie stanza.
   Una volta messo a letto, si mise a pensare molto a quell’incantesimo; non gli sarebbe mai servito, ma qualcosa gli diceva che forse era una di quelle cose che è bene sapere per un motivo o per l’altro.
 
 
   La lotta contro la maledizione continuava ormai da molte ore ed il Re cominciava a comprendere che ormai la fine era giunta. Dunque si fermò per un momento, un sorriso appena accennato si dipinse sulle sue labbra e delle parole cominciarono a sentirsi in quel silenzio.
   “Io sono Deshret, Re dei Guerrieri, Signore del Deserto e della Sabbia; qui pronuncio le mie ultime parole: la vita non ha fine, come è vero che la sabbia scorre! Il mio Io vivrà nella mia discendenza, arrivi essa ora o tra mille anni! I Figli del Deserto cammineranno su questa terra ancora ed ancora ed io sarò con loro! Quindi, mia volontà, piega il destino che è stato scritto! Dà vita al mio futuro!”.
   Queste furono le parole del giovane uomo, del Re, del Dio. Esse lasciarono quel posto come una fine polvere dorata che si disperse nel vento, proprio mentre Sua Maestà si chiudeva in una bolla con quella mostruosità, pronto a dare la vita per la salvezza.
 
 
   Molti secoli dopo, millenni forse, in una capanna al limitare del Deserto Ipostilo, una donna diede alla luce un bambino, un piccolo miracolo coi capelli bianchi e gli occhi rossi. Il destino di quella creatura era già stato scritto; sarebbe diventato un leader saggio e premuroso, lo Sciacallo del Grande Deserto, Cyno, il Generale Mahamatra.
   
 
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