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Autore: Mitsukai    25/05/2005    2 recensioni
"....ogni tanto vorrei abbracciarti follemente, stringerti a me gelosamente e sussurrarti in un orecchio la canzone del mio cuore scritta su un foglio stropicciato, bagnato già gettato fra i rifiuti, e forse già dimenticato...."
Genere: Drammatico, Malinconico, Poesia, Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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...~*Storia di un amore impossibile*~...

 

Nella mia vita,
non avrei mai creduto
che il tuo viso e la tua anima
avrebbero segnato
profondamente il mio cuore.
Quando ti ho visto
per la prima volta,
non avevo mai
neanche lontanamente avvertito
quella futile scintilla
che esplose lentamente,
quasi accanitamente
in quel piccolo angolo segreto
del mio cuore.
Ai miei occhi avevi l’aspetto
di un dolce angioletto
immerso in un mare
di nuvole bianche,
con un sorriso mielato sulle labbra
e due profondi occhi azzurri,
araldi imperscrutabili dei tuoi umori.
Un volto perfetto,
un’immagine impenetrabile,
troppo morbida e confusa
per capirne il significato.
Mi illudevo del fatto che
quell’atmosfera così pallida e dolce
fosse solo parte di un sogno quasi irrealizzabile,
un sogno magico e imprevedibile
che avrei rivisto nelle notti insonni e incurabili
di una perversa e crudele mezzaluna
oscurata da nembi angoscianti ed amari.
Mi riflettevo continuamente
sullo specchio di un cielo annebbiato,
subdolo, falso fremente
allo sguardo indistinto delle stelle
che spuntavano come fiori perpetui
in un prato dipinto di verde
durante la primavera.
Il suono maligno
di una risata perfida e crudele,
piano, piano echeggiava
nei misteriosi labirinti
di un incubo a venire,
tralasciava crudeli ricordi
nei miei illeggibili pensieri
che riaffioravano
in ogni lacrima rigata sul mio viso
in giorni bui e senza fine;
gli sguardi taglienti
lentamente
aprivano dentro di me,
una piaga inguaribile,
una ferita lacerante,
amara, senza scrupoli.
Urlavo nell’ignoto,
cinica al sol pensiero
che il tuo maledetto orgoglio
avrebbe sparso sale
su quella ferita ancora fresca,
sofferente all’idea
di non poter esserti accanto
nel tentativo di parlarti,
di farti ragionare,
mesta del sol fatto
che io avevo risvegliato in te
quella carica d’odio nei miei confronti;
avrei dovuto meditare,
prima di scrivere parole senza significato
su fogli astratti mai esistiti
che tu stesso hai scovato
nei cassetti più remoti della mia anima.
Quelle parole senza vergogna,
senza nessuna paura,
un inchiostro amaro che vorrei cancellare,
ma nulla me lo permise.
Ci soffro
se ripenso a quei sguardi fugaci e penetranti
che ci scambiavamo,
ambedue pieni di amarezza reciproca
ma con una sottile differenza:
i miei si nascondevano
dietro un timido guizzo di debolezza nei tuoi confronti,
riverberata tra le stelle luminose del cielo
ancora prigioniero di odio,
quel cielo astratto dei miei incubi,
quelle stelle incantate dei miei sogni
che sembrano parlare di te,
accompagnate da una dolce e cadenzante melodia
che risuona familiare
alla mia attenzione poco sconcertata;
e io ascolto il loro canto
sdraiata sul letto del peccato
ove ho trascorso notti intere a pensare,
a piangere per un amore impossibile.
Mi viene sempre in mente
che cosa tu stia facendo,
nel momento in cui
venero la mia stessa forza d’animo
che se ne fa beffe dei tuoi insulti inutili e dilaniati,
buttati a pesce
come se ineluttabilmente sperassi in una mia implorazione.
Ci illudiamo entrambi, lo so.
Sì, lo so.
E’ lacerante
vedere come una sciocca come me
possa ancora starti dietro
dopo le pene del tuo inferno.
Eppure si vede che
l’illusione ti è sfuggita di mano
come un passerotto intrappolato
da un paio di perfide mani
che si libra nel cielo azzurro e limpido,
coronato da tiepidi raggi di sole.
Tu non lo sai,
credi che io mi stia mettendo ai tuoi piedi.
Errore.
La guerra la sto vincendo io
e sembra proprio che tu
ti stia buttando la zappa sui piedi.
Incredibile.
Sto vincendo io,
IO che per uno schiaffo mi lamento,
che per un’imprecazione urlo,
che però ai tuoi insulti
rimango inerte ad ascoltare
ciò che dici senza criterio.
Dopo ciò che mi hai fatto passare
senza essere alla conoscenza dei miei sentimenti,
c’è un angolino misterioso dentro me
che ti ama ancora..
Giuseppe… un nome comune, come gli altri
facile da scrivere,
semplice da pronunciare,
eppure a volte non riesco a dirlo per richiamare te.
Ero e sono abituata a chiamarti con nomi diversi,
nomi con cui gli altri ti hanno ribattezzato,
nomignoli stupidi e inutili
che per quanto insulsi possano sembrare
ti irritano a tal punto da farti imbestialire.
Succede anche a me,
da quando tu hai messo in giro certe voci
che preferivo non ascoltare,
succedeva ogni giorno
che gli altri mi chiamassero
con quel epiteto senza significato e poco fine nei miei riguardi..
Ma come vedi quasi più nessuno mi chiama così,
perché tutti hanno perso lo sfizio di chiamarmi in quel modo,
perché tu credevi che mi avresti abbattuto moralmente,
quando invece ad infrangerti sono io….
Ma non voglio continuare a prenderti in giro
per quello che sei,
perché io ti amo…
Ho detto la cosa più grande del mondo,
tu non te ne rendi conto,
credi solo che siano parole al vento;
ma io sono certa
che tu le abbia prese in considerazione,
pur superficialmente,
sono sicura che tu ci abbia un po’ pensato.
In fondo per me
sei sempre quell’angioletto biondo e bello
(anche se macchiato dall’odio)
che con l’agitare delle sue ali morbide e piumate
riaccende in me un barlume di speranza.
Nei miei sogni,
sei quell’angioletto che mi viene a fare compagnia,
che si siede al mio fianco,
che mi guarda…
I miei occhi nei tuoi occhi,
uguali alla luna riflessa sul mare,
così indistinti e inespressivi….
mi trafiggono il cuore come aculei letali,
come denti di vampiro affamato della mia felicità,
intento a succhiare l’essenza e la gioia della vita,
come un morso di serpente
che inietta dolenza nel sangue delle mie vene già avvelenate…
Ogni tanto vorrei urlare apertamente al cielo
per sfogare la tristezza
che conservo a stento dentro l’anima…
ogni tanto vorrei abbracciarti follemente,
stringerti a me gelosamente
e sussurrarti in un orecchio
la canzone del mio cuore
scritta su un foglio stropicciato,
bagnato già gettato fra i rifiuti,
e forse già dimenticato;
per poi guardarti a lungo,
mentre prendi leggermente vita..
insieme sorridiamo e piangiamo
come due bambini al culmine della felicità…
contenti di iniziare finalmente una nuova vita.
Ma sono solo sogni,
solo favole raccontate dal vento…
quand’è che ti avrò con me?
Quand’è che ti accorgerai veramente di me?...
Aspetterò quel fatidico giorno
seduta sotto l’albero della speranza,
mangiando il frutto della vita,
per resuscitare dopo ogni rimpianto, dopo ogni lamento….
…Ti amo Giuseppe…non dimenticarlo mai.

 

...~*For a boy that I love...by Mitsukai*~...

 

  
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