Si ringrazia Bombay per il titolo,
perché io sono veramente una ceppa
e, come molto spesso accadde,
ci ho messo più tempo a trovare il titolo
che a scrivere la flash.
Bene, ma non benissimo.

Attrazione fatale

È sempre così quando c’è una rete di mezzo a dividerli.
È come se quella rete fosse un muro che pone una distanza tra di loro.
Perché non bastano il loro orgoglio, il loro amor proprio, la loro dignità a tenerli distanti fuori dal campo. Anche se sanno che, ogni volta, è qualcosa che li devasta sempre di più. Che frantuma ulteriormente la loro anima.

Una parte di Tooru si sente colpevole, perché sa benissimo che sta sfruttando l’ascendente che ha nei confronti di Tobio per ottenere ciò che vuole. Anche se è come un veleno che lo corrode da dentro e che fa aumentare ancora di più il desiderio, il bisogno, la necessità di aver lo sguardo adorante dell’altro su di sé.

D’altro canto, Tobio si chiede quando riuscirà a sganciarsi dall’orbita di Oikawa.
Molto probabilmente mai…

Sanno perfettamente che non dovrebbero. E non solo per se stessi… Ma è un una forza superiore che li muove, che li attira l’uno verso l’altro.
E ci cascano inesorabilmente di nuovo. E di nuovo ancora.
Tooru è come se cercasse di scaldare (sciogliere) l’inverno che ha dentro di sé.
Tobio, invece, le vuole quelle mani, quelle labbra sapienti su di sé, bramoso, e si maledice per questo.

Ogni volta è qualcosa di sempre più selvaggio, animalesco, rispetto alla volta precedente. Fa quasi male. Ma è proprio in questo dolore che tengono viva la loro consapevolezza, che alimentano quella fiamma che arde tra di loro.
Non smettono mai di fissarsi negli occhi, per tutto il tempo, anche se è sempre qualcosa di veloce e fugace. Nella maggior parte della volte non arrivano nemmeno a togliersi i vestiti, se non lo stretto indispensabile. Non c’è tempo, vogliono appartenersi, imprimersi nell’altro, nell’animo dell’altro.
Vogliono piegare, travolgere, abbattere l’altro anche se i loro gesti tradiscono le loro vere intenzioni e nelle loro labbra, per tutto il tempo, oltre ai gemiti e agli ansiti, è il nome dell’altro che sgorga come una dolce litania.

Sanno che non è sano.
Sanno che dovrebbero smettere.
Ma semplicemente non vogliono.
Ne hanno bisogno.

E si amano così...