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Autore: Shireith    03/02/2023    0 recensioni
Resta con me. Resta con me, mamma: resta e mi racconterai del Grande Drago che milioni di anni fa fu alito di vita e fu oceano e mari e laghi e piante ed esseri viventi, ultimo respiro che esalò in queste terre, dove le acque sono limpide e non mi possono incatenare.
O anche: Daphne e i sedici anni passati sul fondo del lago Roccaluce.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Daphne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Acque vuote


 L’oceano, il mare, i laghi e i fiumi. L’acqua.
 Acqua e fuoco.
 Fuoco: forza della natura che brucia e distrugge. Linfa di vita.
 Fuoco e acqua, opposti ma complementari.
 Quando Marion le aveva passato il potere della Fiamma del Drago, c’era stata una scintilla, energia flebile, germogli di pianta che escono timidi dal terreno umidi. Poi, l’incendio. Vita che sa di acqua, di venti, di mari in tempesta e animali che respirano. Miliardi di esseri vitali che sono uno, un cuore che batte di altrettanti battiti. Non pompa sangue ma pompa fuoco. Il fuoco che è quello che brucia (bruciava) in Daphne ed è (era) l’essenza stessa di Domino.
 Le fate con poteri acquatici hanno il mare dentro. Le fate della natura respirano con essa, con lei; le radici degli alberi sono come una madre.
 Madre. Una parola che le è sempre stata scomoda sulle labbra: madre. Suggerisce un distacco che Daphne non ha mai apprezzato. Madre, diceva, e guardava la regina, il mento all’insù nonostante il fardello della corona. Padre, diceva, e guardava il re al suo fianco, amore nei suoi occhi ma freddezza nell’atteggiamento.
 Il fardello della corona, oro che cola sulla testa e s’insinua perfido come denti aguzzi, artigli affilati. Un’ombra che non ti lascia mai.
 Daphne fruga nei ricordi; cerca sua madre, non la regina. Mamma. Papà. Oritel muove le dita, scattano come omini che si rincorrono. Una melodia pervade la stanza, allarga queste mura che sono così vuote e le riempie, scaccia il silenzio. La guerra, qui, non c’è. Non ci può raggiungere.
 Oritel sbaglia una nota; Daphne ride, Oritel le lancia un’occhiata che sa di ammonimento ma non la ammonisce davvero. Marion canticchia qualcosa, la bambina in braccio; si muove lenta come una barca cullata dalle onde del mare.
 Il mare, i laghi e i fiumi. L’acqua. A Daphne piace nuotare. I fiumi e i laghi e i mari sono così limpidi su Domino, chiari come l’istantanea di un ricordo.
 Cosa ricorda Daphne?
 Ricorda, ricorda.
 Ricorda. Le dita di Oritel si muovono ancora, la loro musica è risate d’avorio. Tasti bianconeri che generano mille colori. Paradosso di musica; fine ultimo dell’arte. C’è il rosso del fuoco e l’azzurro del mare e il giallo delle pareti e – è il mondo in una stanza. La guerra, qui, non c’è. Non ci può raggiungere.
 Un ricordo sfugge alla memoria e congela l’istante: istantanea di una vita insieme. Il mondo perde identità e vive nell’istante. L’istante è adesso. Adesso è per sempre. Se adesso dura per sempre, allora la guerra non ci raggiungerà mai.
 Dietro al ricordo c’è un mondo. Daphne lo annichilisce.
 Resta con me. Resta con me, mamma: resta e mi racconterai del Grande Drago che milioni di anni fa fu alito di vita e fu oceano e mari e laghi e piante ed esseri viventi, ultimo respiro che esalò in queste terre, dove le acque sono limpide e non mi possono incatenare.
 Resta con me, non mi lasciare: l’istante è adesso, ma adesso sta passando e io non ti sento più mia. Canta: non voglio dimenticare la tua voce. La tua voce catalizza la memoria, terreno fertile in cui affondano le radici di me stessa.
 Vita non è solo respiro e battito. Vita è essere, esistere: negli altri. Daphne ci si aggrappa disperata. Affonda le radici in un terreno molle e instabile. Si trasforma in acqua e fluisce nelle viscere di casa: tutto è casa. Oltre queste mura, là fuori c’è la guerra. Sta arrivando. Daphne immobilizza l’istante, ma l’istante passa: e domani, mamma e papà saranno là fuori.
 La guerra scorre come lava; è fuoco nelle vene che si mischia al fuoco del Grande Drago. La guerra è ovunque: negli sguardi furtivi che si sostituiscono al silenzio e che Daphne intercetta come guidata.
 Prodigio, l’hanno spesso chiamata. Daphne pensa tante cose ma raramente ne dice una. È nell’aria come alito di vento, assorbe come spugna: assorbe acqua e gli sguardi di suoi genitori e lo spazio tra i loro corpi fatto di vuoti e parole tessute su di esso che Daphne scuce e fa proprie. Cerca di sciogliere nodi intricati, tossisce quando le ragnatele le si incastrano in gola.
 L’istante è adesso. Adesso è per sempre. Per sempre si ripete all’infinito. L’istante di un ricordo è sempre lo stesso ma mai uguale a sé stesso. Oritel muove le dita, note d’avorio li proiettano (loro quattro) in un mondo in cui la guerra non c’è. Un’incrinatura, una crepa. L’istante si spacca, l’istantanea si strappa. È la guerra che non esiste o è il mondo che non esiste?
 Daphne si sforza di ricordare. Ricorda, ricorda.
 Cosa ricorda?
 Sua madre canta. Ha la piccola in braccio. Prima di cantare, racconta una storia. Folklore di Domino. Draghi e mari e piante e – fuoco. Fluisce come lava. Daphne è fuoco. Domino è fuoco e incendia dentro di lei.
 Non lo dimenticherà: non lo dimenticherà.
 Marion è l’immagine sfocata di un istante: non te andare. Raccontami della linfa di vita che fu milioni di anni fa. Riempi l’istante che dura per sempre.
 Ma l’istante se ne va. Un altro appare. Daphne è piccola, Marion stringe le sue mani tra le proprie. Dice: si fa così. Le sta spiegando come controllare il fuoco linfa di vita, il potere della famiglia reale. Il fardello della corona e il fardello del fuoco e – il fardello della figlia maggiore.
 Istante. Un altro. Daphne ricorda: un seme piccolo come un fagotto. Proteggila, Daphne: proteggi tua sorella.
 Daphne ricorda. Ricorda per non dimenticare. Un filo a unirle: fuoco. Scintilla di vita che non si è spenta perché ha fatto in tempo a tramandarla.
 Daphne la cerca: non la trova.
 Istante. Storia del passato che si rinnova: il tempo si piega e cicatrizza l’istante. L’istante è: (è) Oritel che suona il pianoforte; (è) Marion che canta; (è) sua sorella che emette un gemito.
 L’istante è adesso. Adesso non è per sempre. Adesso finisce.
 I ricordi si piegano su sé stessi, carta straccia al fuoco.
 Daphne si sforza di ricordare. Ricorda, ricorda.
 Ricorda: devo ricordare.
 Ma – adesso è passato. L’istante è perito. La guerra ci ha raggiunti
 Ha freddo. Affonda nell’acqua, manto che l’avvolge, la riempie senza colmarla. Il vuoto dentro, pieno solo di ricordi. La memoria si allarga, tentacoli che tentano di acchiapparli prima che fuggano.
 Ricorda: devo ricordare.
 Risate d’avorio: sembrano lacrime.
 «Lei» piangeva spesso – chi piangeva?
 È  buio. È buio e Daphne ha freddo. Fuoco: linfa di vita che l’ha abbandonata.
 Ricorda: devo ricordare.
 La scintilla non l’ha abbandonata, Daphne l’ha tramandata. Linfa di vita che passa di corpo in corpo, speranza ultima della sua gente.
 Qualcuno la tiene per mano. Dice: si fa così.
 Daphne fa così. Estende la mente, cerca la scintilla: non la trova.
 L’istante è adesso. Adesso finisce.
 Ricorda: devo ricordare – cosa devo ricordare?
 Tutto è adesso ma adesso sfugge alla mente come sabbia tra le dita. Il vuoto dentro. È leggera, ammasso uniforme che fluttua in acqua. Eppure è pesante. Come metallo: oro che si scioglie sulla testa.
 Ricorda: devo ricordare.
 E ricorda. L’estensione di sé cattura l’istante e lo fissa, Daphne torna ad ancorarsi alla realtà. Lacrime d’avorio. Folklore di draghi e fate e ninfe. Vagiti.
 La guerra ci ha raggiunti. 
 Non ricorda: non ricorda che deve ricordare.
 
 L’istante è adesso. Ad ogni istante Daphne muore: ed è una morte piena di vita. Acqua che la avvolge e la trascina verso il basso.
 Questa sensazione di pesantezza le è familiare – perché le è familiare?
 Il fardello della corona; il fardello della figlia maggiore: il fardello di tutto. Pesante come tutta quest’acqua.
 L’istante è passato. Più spesso che no, Daphne non ricorda.
   
 
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