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Autore: lolloshima    08/02/2023    1 recensioni
PREMESSA
Non mi assumo nessuna responsabilità per quello che è scritto. Sono certamente sotto l’influsso dell’alcool, esattamente come uno dei personaggi.
A vostro rischio e pericolo... ;-)
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Questa storia partecipa alla challenge "Comeasyouarnot2023" indetta dal gruppo facebook Non Solo Scherlock gruppo Multifandom.
Personaggi abbinati: Kei Tsukishima e Daichi Sawamura
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daichi Sawamura, Kei Tsukishima
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Prompt: farò quello che mi chiedi, mio capitano

* * *

Daichi si chiuse la porta alle spalle.

Finalmente quella lunga giornata di lavoro era finita! Tra scartoffie e chiamate di intervento, non aveva avuto un attimo di tregua. E come se non bastasse, non aveva smesso un attimo di piovere. Era zuppo fino al midollo.

Tolse il berretto della divisa, grondante di acqua e lo appoggiò sulla panca di ingresso, insieme alla scarpe fradicie.

Sfilò la pistola dalla fondina e la chiuse a chiave nello scomparto incassato nel muro. Si spogliò in fretta, e si buttò sotto la doccia.

Si stava ancora tamponando i capelli, avvolto nell’accappatoio, quando sentì bussare alla porta.

Un tocco leggero ma allo stesso tempo deciso, che da tanto tempo non sentiva, ma che ricordava bene.

Così com’era, andò ad aprire alla porta.

“Capitano…”

Davanti a sé, un Kei Tsukishima completamente bagnato, gli occhi rossi dietro gli occhiali, e una faccia mogia. La stessa faccia che aveva sempre avuto, in passato, quando sentiva la necessità di bussare alla sua porta.

Fece un passo indietro e spalancò l’uscio, come a seguire un copione tante volte messo in scena.

“Avanti, entra”.

Il suo lato più fragile, le sue insicurezze e le sue indecisioni, erano uno spettacolo che Tsukishima riservava solo al suo capitano. Per tutti gli altri, Yamaguchi compreso, doveva rimanere lo stronzo cinico e imperturbabile che voleva essere.

La prima volta che era successo, Tsukishima era appena entrato in squadra.

Aveva bussato alla porta di casa Sawamura senza esitazione, ma con quel suo fare sempre contenuto, mai esagerato, che riusciva a celare tutto il turbamento che doveva sentire per convincersi a fare un passo del genere.

“Capitano..” aveva detto quando Daichi aveva aperto la porta stupefatto.

“Avanti, entra” gli aveva detto il capitano. Seduti uno di fronte all’altro sulle poltrone del salotto, il capitano lo aveva ascoltato, parlando poco.

Tsukishima voleva capire se quello che stava facendo fosse la cosa giusta: entrare in una club di cui non gli importava niente, per praticare uno sport per il quale non aveva alcun trasporto, con dei compagni di cui non aveva nessuna considerazione. O se non fosse, piuttosto, meglio che si ritirasse e si iscrivesse ad un club dedito allo studio degli haiku.

Uscendo, Tsukishima si era limitato a dire “Mi raccomando, non…”

“Tranquillo, sarà il nostro segreto”, lo aveva rassicurato Daichi.

La seconda volta era stato per lamentarsi di Kageyama, il Re dispotico e insopportabile.

Aveva bussato nel suo modo inconfondibile.

“Capitano…”

“Avanti, entra”.

Poi era cominciato il lungo e tormentato periodo successivo al primo ritiro a Tokyo. Lì Tsukishima aveva approfondito la conoscenza con il capitano del Nekoma, e questo aveva lasciato un segno nella sua anima già confusa e insicura.

“Capitano…”

“Avanti, entra”.

Al suo capitano Tsukishima aveva confidato di provare attrazione per i ragazzi, di provare attrazione soprattutto per un ragazzo, di non sapere come fare per conquistare il cuore di quella persona o al contrario toglierselo definitivamente dalla testa.

Quella volta Daichi avrebbe voluto rispondergli che lui non era proprio la persona adatta a cui fare questa domanda. Lui che per ben tre anni aveva trattenuto a stento i suoi sentimenti nei confronti di quello che agli occhi di tutti era il suo migliore amico. Cosa mai poteva saperne lui?

Eppure, Tsukishima si fidava di lui, lo considerava un guida, l’unico di fronte al quale rivelarsi la persona fragile e insicura che era.

“Tranquillo, sarà il nostro segreto”.

Dopo il diploma, il suo ingresso in Polizia e la scelta che un po’ tutti avevano fatto di intraprendere strade diverse, Tsukishima era andato a trovarlo molto più di rado.

Era capitato prima di andare a convivere con Kuroo-san, quando probabilmente la sua visita aveva avuto più che altro lo scopo di spronarlo a fare le sue scelte, e di fargli capire che in fin dei conti sì, era possibile, amare un altro uomo ed essere felici.

E poi un altro paio di volte, in occasione dei rari litigi tra di loro.

Era il loro segreto.

Per questo motivo, vederlo lì davanti, con quello sguardo triste, lo stupì.

“Avanti, entra”.

Appena entrato Kei si tolse le scarpe, come fosse un gesto consueto e del tutto normale. Teneva lo sguardo basso, si capiva chiaramente che un magone ingombrante si era accasato nello stomaco e gli impediva di parlare.

“Si tratta di Kuroo-san?” chiese Daichi con dolcezza. Kei mosse lievemente la testa in un cenno affermativo.

Kei entrò in casa e fece per accomodarsi nella solita poltrona.

“Fermo lì, sei tutto bagnato. Ti porto un asciugamano”.

In un attimo Daichi tornò con un grande telo, che avvolse intorno le spalle di Kei.

“Vuoi qualcosa da bere?” Ancora un piccolo cenno affermativo della testa.

“Forte” aggiunse Kei, quando Daichi fu in cucina. Il capitano tornò con due bicchieri e una bottiglia di vino rosso.

“Questo lo tenevo per le emergenze. Allora, che succede?”

“E’ Kuroo…” tentò di dire Kei, ma non finì la frase preferendo dare una lunga sorsata di vino che nel frattempo l’altro aveva versato nel bicchiere.

“Che ha fatto stavolta?”

“E’ andato via… E’ in Argentina. Con quello lì… quell’alsciatore rubauomini…” Kei alzò su di lui due occhi liquidi e arrossati.

“Kei, ma… tu hai bevuto?”

Sciolo un goccetto!”

“Allora è meglio se questa la mettiamo via per un’altra volta” Daichi provò a prendere la bottiglia di vino, ma Kei era riuscito ad afferrarla prima di lui e la teneva dietro la schiena. Numerosi schizzi erano finiti sulla tappezzeria della poltrona.

“Non sci provare, capitano. Avrò pure il diritto di farmi un bicchierino mentre quel debosciato del mio ragascio sce la spassa con gli alsciatori rubauomini...”

Sawamura non ricordava di aver mai visto Kei in quelle condizioni. Nè di aver mai sentito qualcuno pronunciare la parola ‘debosciato’. “Non dire così, Kei. Kuroo ti ama, lo sai. E’ in argentina per lavoro, non farà niente di male. Di sicuro gli mancherai molto, penserà a te tutto il tempo”.

“Anche sce è con Oikawa Tooru?”

“Ah”. Per un attimo che sembrò eterno calò il silenzio tra loro, interrotto solo dal rumore di Kei che tirava su con il naso. “Non vuol dire niente. Anche Toruu ha i suoi pensieri, sono sicuro che i loro rapporti sono solo professionali”.

Penscieri? Tipo quello di scoparsi tutti i giocatori giapponesi che vanno a trovarlo?” urlò.

“Questo non succederà con Kuroo, ne sono sicuro”.

“Ah scì? E allora perché non chiama? Perché non risponde ai messaggi? Perchè sciè sciempre la sciegreteria? Eh? Perche?”

Kei era fuori di sé. E molto, molto ubriaco.

“Adesso basta, Kei. Adesso vieni con me. Togliti questi vestiti bagnati e fatti una doccia. Intanto io mi vesto”.

Tsukishima lo seguì obbediente lungo il breve corridoio che portava alla zona notte, iniziando a togliersi il maglione e la camicia. Da dietro le lenti appannate, i suoi occhi si fissarono sulle ampie spalle di Sawamura, e sui suoi glutei che si intuivano attraverso la stoffa dell’accappatoio leggero.

“Ma lo sciai che non scei niente male, capitano…”

“E tu lo sai che sei molto brillo?”

Adescio glielo faccio vedere io a quello stronscio…” da dietro, afferrò con entrambe le mani l’accappatoio di Daichi all’altezza delle spalle e lo tirò verso il basso. Il nodo della cintura si sciolse con facilità, e l’indumento cadde a terra in un solo gesto.

Daichi si ritrovò nudo come un verme nel bel mezzo del corridoio. Kei aprì la bocca davanti alla visione della sua schiena nuda e muscolosa, delle spalle larghe e ben tornite, delle braccia forti leggermente divaricate, delle natiche sode e perfette.

“Mio capitanooooo” urlò ad un certo punto, gettandoglisi a cavalcioni sulla schiena.

“Kei, ti prego… sei ubriaco. Spogliati a vai sotto la doccia”.

“Farò quello che mi chiedi, capitano!” Kei finì di togliersi i pochi vestiti che aveva ancora addosso e si ributtò nudo su di lui, cominciando a leccargli un orecchio.

La sua pelle chiarissima e il suo fisico magro contrastavano con il corpo solido e abbronzato di Sawamura, e la cosa sembrava divertire Kei, che ormai aveva perso ogni controllo.

“Hey capitano! Coscia ne disci sce sci divertiamo un po’? Guarda che scuro sembra il tuo pisello se lo metti in mezzo alle mie chiappe! Hahahah!”. Ridendo, Kei afferrò con una mano i testicoli di Sawamura e li strinse, sentendo il suo membro fremere.

“Uuuuu, sciento una reascione…”

“Kei, ti prego, lascia stare…”

Tsukishima si buttò con tutto il suo peso sull’altro, facendolo sbattere contro la porta della camera da letto, che si aprì.

“Birbante capitano…” sussurrò con un tono strascicato “ e adescio coscia vuoi fare, eh?” lo stuzzicò, facendo una risatina folle.

“Niente, adesso ti copro e ti metto a letto…”

Scì, anch’io voglio venire a letto con te! Facciamo scescio, capitano, e poi mandiamo le foto a Tetsu….” Kei si abbassò, buttando la testa tra le gambe di Daichi e cercando di prendere con la bocca il suo membro non del tutto rigido.

Scei mollo, capitano! Ma come, non ti escito? Cosa vuoi che faccia? Ordina e lo avrai.”

Daichi era riuscito ad afferrare da una sedia una tuta da ginnastica, e l’aveva infilata cercando di allontanare le mani di Kei, che lo stavano toccando dappertutto.

Kei cercava di afferrarlo e di baciarlo e nella foga andò ad urtare una cornice che si trovava sul comodino, che cadde a terra. Dai mille pezzi del vetro rotto, si intravedeva Daichi abbracciato e Sugawara e Ashai, tutti e tre con la divisa del Karasuno.

Scusciami, ho fatto cadere il tuo ragascio… o i tuoi ragasciScei veramente tremendo capitano…” Kei lo guardava con un sorriso malizioso, ridacchiando tra sé.

“Non sai quello che dici, Kei! Adesso mettiti a letto, ti do qualcosa di asciutto da mettere addosso”.

Sciono bravo, sciai. Soprattutto con i capitani. Kuroo sci è sciempre divertito… almeno fino a quando non ha trovato quello lì...”

Il pensiero improvviso di Oikawa lo bloccò. Si sedette immobile sul bordo del letto, con le mani raccolte in grembo. Il suo sguardo si fissò a terra e gli occhi si riempirono di lacrime.

“Lui… si è dimenticato di me…” piagnucolò.

Daichi si sedette di fianco, e quasi automaticamente Kei appoggiò la testa sulla sua forte spalla, e iniziò a singhiozzare piano.

*

La mattina dopo, un ringhio soffocato e ripetuto gli fece socchiudere gli occhi. Il sole entrava dalle finestre di una camera che non era la sua.

Kei portò le mani alla testa. Gli stava scoppiando.

Si girò lentamente e accanto a sé vide il corpo di un uomo bruno decisamente attraente. In quel momento Sawamura alzò la testa e si voltò verso di lui sbadigliando.

“Sawamura. Buongiorno. Che ci faccio qui?”

“Non ti ricordi di ieri sera? Sei passato da me a fare sue chiacchiere…”

Nel frattempo Kei si era alzato e aveva recuperato il cellulare. Il suono che aveva sentito prima era della sua suoneria. Erano arrivati alcuni messaggi.

“Sì... ricordo vagamente…” rispose distratto, mentre si tuffava a leggerli.

“Eri tutto bagnato, e poi avevi bevuto un po’, quindi ti ho fatto rimanere...”

“E’ Tetsurou!” lo interruppe senza neanche ascoltarlo. “E’ in aeroporto, entro stasera sarà a casa” esordì tutto contento.

“Lo vedi? Tutto bene, no?”

“Certo, e perché non dovrebbe andare bene? Capitano, ogni tanto sei strano, sai?”.

Kei era ritornato lo stesso di sempre. Trovò tutti i suoi vestiti ordinatamente piegati sulla sedia accanto al letto, e si vestì in fretta.

“Grazie dell’ospitalità, Sawamura. E scusami se ti ho dato disturbo. Adesso devo andare. Voglio che per stasera sia tutto perfetto”.

Si diresse verso la porta di casa, seguito da Daichi. Prima di uscire, si voltò di nuovo verso di lui.

“E, mi raccomando…”

“Tranquillo. Sarà il nostro segreto”.

Daichi rimase a guardare il suo vecchio Kohai allontanarsi. Fortunatamente Kei non ricordava nulla di quanto successo la sera prima, e quindi non c’era la necessità di ritornare sull’argomento.

Si preparò per il lavoro e uscì.

Al suo rientro, mentre stava per togliersi i vestiti prima di fare una doccia, sentì bussare alla porta.

Era un fattorino. Gli consegnò un piccolo pacchettino che Daichi rigirò tra le mani incuriosito prima di aprirlo.

Era una cornice d’argento con una fotografia. Ritraeva il capitano abbracciato a Sugawara e Ashai il giorno del diploma. Era diversa da quella che la sera prima era caduta a terra, ma gli sguardi pieni di vita e di speranza dei tre giocatori all’ultimo anno del liceo erano esattamente gli stessi.

Un bigliettino accompagnava il pacchetto. Diceva semplicemente: “Grazie, mio capitano”.

 

* * *

ANGOLO AUTRICE

Che dire, quando ho visto l’abbinamento, ho pensato subito ad un rapporto un po’ più profondo tra Kei e il suo capitano. D’altra parte, una persona così riservata e diffidente come il nostro Kei, a chi poteva affidare i propri dubbi e le proprie debolezze, se non al suo discreto e affidabile capitano? Quindi ci ho visto una lunga e segreta amicizia, fatta di confidenze e supporto, che per una volta ha rischiato di scivolare in qualcosa di più.

Ma ha solo rischiato?

Non sapremo mai cosa è successo davvero quella notte, perché in fin dei conti… resta un loro segreto.

 

   
 
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