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Autore: Melisanna    09/02/2023    3 recensioni
“Ma… tu sei Miya…” i puntini sospensivi aleggiarono nel silenzio imbarazzato che seguì. L’uomo con l’occhio nero non parve intenzionato a fare niente per alleviare il suo disagio e lasciò che i secondi si allungassero sgradevolmente, finché Daichi non azzardò un “Ats…”
“Osamu” lo interruppe secco l’altro.
Storia scritta per la challenge Come as you are not sul gruppo facebook Non solo Sherlock - Gruppo eventi Multifandom. Prompt: Ma come sei conciato? Che ci fai qui?" "Un imbecille mi ha scambiato per mio fratello e mi ha picchiato, voglio sporgere denuncia."
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daichi Sawamura, Osamu Miya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sotto le palpebre

 
Bilanciò con cura sulla destra il vassoio con le tazze di tè e caffè, mentre con la sinistra apriva la porta della guardina. Spinse delicatamente l’anta con la spalla e si affacciò nella stanzetta. Il collega era voltato e gli sentì dire con scarso entusiasmo, rivolto a qualcuno che Daichi non poteva vedere “Cosa posso fare per lei?” .

Fece per uscire silenziosamente, ripromettendosi di tornare più tardi, quando un’altra voce lo raggiunse.

“Voglio sporgere denuncia per aggressione”

C’era qualcosa… qualcosa di familiare. Daichi si sporse all’indietro e gettò un’occhiata oltre l’anta. A parlare era stato un giovane bruno, più o meno della sua età, occhi sonnolenti dalle palpebre calanti in un viso attraente nonostante il livido violaceo intorno all’orbita sinistra e una benda fissata con un cerotto all’angolo della bocca

“Ma… tu sei Miya…” i puntini sospensivi aleggiarono nel silenzio imbarazzato che seguì. L’uomo con l’occhio nero non parve intenzionato a fare niente per alleviare il suo disagio e lasciò che i secondi si allungassero sgradevolmente, finché Daichi non azzardò un “Ats…”

“Osamu” lo interruppe secco l’altro.

“Certo, certo, scusami” disse ridacchiando nel tentativo di alleviare la tensione “È che siete… “

“Identici?”

Daichi si sentì avvampare “Volevo dire molto simili…”

Osamu lo fissò impassibile, finché Daichi non sentì il calore raggiungergli le orecchie, solo allora lo sguardo dell’altro si ammorbidì e gli sfuggì uno sbuffo divertito “Scherzavo… ma guardati, sei rosso come un pomodoro. Pensavo fosse Azumane quello timido”.

“È un amico tuo, Sawamura?”

 Si voltò verso il collega, cercando di riguadagnare la sua compostezza “Mhmh, dei tempi delle superiori”.

“Allora vorrai pensarci tu alla sua denuncia. Signor Miya se prosegue e gira a destra trova la porta per entrare. Il mio collega l’aspetterà lì. Daichi, c’è del caffè americano lì in mezzo?”

Daichi allungò il vassoio verso il collega “Toh, prendilo tu. Questo è il mio” afferrò una tazza di tè verde e si affrettò incontro a Osamu.

L’altro lo stava aspettando all’ingresso e Daichi lo guidò fino alla sua scrivania, zizzagando fra quelle dei colleghi.

“Non sapevo lavorassi qui” commentò Miya guardandosi intorno “Ti ci vedo a fare il poliziotto. Sempre a guardare le spalle agli altri e a preoccuparsi per tutti. Il capitano responsabile”.

Lo guardò con un sorrisetto canzonatorio che Daichi accolse con un sopracciglio alzato e uno sguardo imperturbabile. Non era intenzionato a farsi prendere ancora in giro.

“So che la tua attività va alla grande invece. Dell’ultima partita dei Black Jackal ricordo soprattutto i tuoi onigiri”.

“Sì, va tutto bene, qualche screzio con la Federazione per i proventi, ma non mi posso lamentare”.

Daichi si avvicinò la tastiera del computer e con un gesto vago indicò il viso di Osamu “E… uhm… questo? Vuoi dirmi cos’è successo?”

“Ieri sera quando uscivo dal palazzetto dopo la partita. Mi ero fermato a parlare con Atsumu, non era rimasto più nessuno e l’uscita principale era già chiusa, perciò sono passato da dietro, dall’uscita dei giocatori, mi conoscono e chi non mi conosce mi prende per Atsumu”.

Daichi annuì, cercando di mostrare il suo interessamento mentre prendeva appunti.

“E questo matto era lì che mi faceva la posta. Appena mi vede mi salta addosso, mi prende per il colletto e inizia a urlarmi in faccia. Io faccio per liberarmi e, lo sai, non sono certo un fuscello, ma questo era proprio grosso e sapeva fare con i pugni. Me n’è arrivato uno nello stomaco prima che capissi cosa stava succedendo. Sono rimasto senza fiato. E poi, bam, pieno in faccio, destro e sinistro. Sono rimasta piegato in mezzo alla strada, cercando di controllare di avere ancora tutti i pezzi a loro posto. Quello mi ha urlato addosso ancora un po’, mi ha mollato un calcio e se n’è andato”.

Daichi distolse lo sguardo dallo schermo per studiare il volto malridotto di Osamu. Casi di violenza come quella erano rari. Non si trovavano mica in U.S.A. “Doveva essere parecchio arrabbiato”.

Osamu si strinse nelle spalle “Immagino di sì”.

“Sai perché ce l’avesse con te?”

“Ah, ma non ce l’aveva mica con me”.

Daichi si trattenne a stento dal corrugare le sopracciglia. Non avrebbe lasciato che l’altro intuisse la sua confusione “Cosa vuoi dire?”

“Chiedilo a Atsumu. È con lui che ce l’aveva”.

“Ti ha scambiato per tuo fratello?” Daichi non poté nascondere la sorpresa.

“L’hai detto tu, siamo identici”.

“Ho detto molto simili… e comunque questa sembra la trama di una brutta serie televisiva. Sei sicuro che ce l’avesse con Atsumu?”.

“Abbastanza. Mi ha accusato di essermi fatto la sua ragazza e ha detto che il fatto di essere famoso non mi dava il diritto di fare quello che mi pareva. Decisamente Atsumu”.

Daichi trascrisse in silenzio, riflettendo “Sei piuttosto famoso anche tu. Quella trasmissione sullo street food del mese scorso…”

“Più che altro è la parte della ragazza che mi ha fatto capire che si trattava di uno scambio di persona”.

Daichi si voltò di nuovo a fissarlo. Era così sicuro che una qualche conquista non gli avesse taciuto di eventuali legami? Da quel che si ricordava i gemelli avevano quasi altrettante fan di Oikawa alle superiori e… bè che Osamu fosse maledettamente sexy poteva vederlo anche da solo. Non sarebbe stato strano. Qualcosa gli sfuggiva.

Il sorrisetto canzonatorio apparve di nuovo all’angolo visibile della bocca di Osamu.

Daichi spalancò gli occhi “Vuoi dire… che tu… le ragazze, non…?”

Osamu lo fissò impassibile “Sono gay, puoi dirlo, non mi imbarazzo”.

Daichi cercò di ignorare la sensazione di calore che avvertiva alla punta delle orecchie “Uhm… sì, immagino che questo chiarisca la situazione”. Scrisse un paio di volte “Karasuno torna a volare” e “Battaglia all’ultimo rifiuto!”, sperando di apparire impegnato e imperturbabile. “Quindi vuoi sporgere denuncia contro ignoti? Non hai parlato con tuo fratello? La sua testimonianza sarebbe cruciale”.

“Stamattina aveva un’altra partita, spero di sentirlo nel pomeriggio e che mi aiuti a identificare quello stronzo” Osamu sbuffò “Mio fratello è un cretino, ma vorrei almeno non finirci io in mezzo ai suoi casini”.

“Spero che non succeda spesso, almeno” Daichi sorrise divertito dall’espressione stizzita di Osamu.

“Più spesso di quanto tu creda” rispose l’altro “Devo sempre spazzare i suoi cocci”. Fece roteare gli occhi, in una manifestazione di eccessiva esasperazione e Daichi questa volta rise apertamente. Non immaginava che Osamu Miya fosse così simpatico, si era sempre immaginato i due gemelli snob e arroganti. Ma forse erano solo quei loro occhi all’in giù che gli davano quell’aria supponente e un po’ annoiata.

E sensuale.

Sbatté gli occhi e cercò di ricacciare il pensiero indietro. Il fatto che Osamu fosse gay e ci tenesse a farlo sapere non voleva dire niente. Proprio niente.

“Devi compilare qualche modulo, tieni… “ indicò un contenitore irto di penne all’angolo della scrivania. “Usa una di quelle. Io intanto inserisco la denuncia”.

Mentre Osamu scriveva, Daichi si concentrò sui suoi compiti, felice che la burocrazia lo distraesse da pensieri poco ortodossi e sollevato da non dover parlare con Osamu, finché non si fosse ricomposto.

“Finito” Osamu gli allungò i fogli. Daichi li controllò; erano stati tutti compilati in una calligrafia spigolosa e precisa. “Tutto bene, vieni ti accompagno all’uscita”.

“Oh, penso di poterci arrivare anche da solo, ma gentile da parte tua” Osamu gli lanciò uno sguardo allusivo da sotto quelle sue palpebre maledette.

Daichi rimase fermo, indeciso se Osamu avesse inteso salutarlo o volesse essere accompagnato.

L’altro inarcò un sopracciglio “Allora, non mi vieni?”

Annuì rapidamente e fece nuovamente strada a Osamu attraverso le scrivanie, fino all’ingresso e alla porta.

Daichi gli porse la mano “Bè, è stato un piacere rivederti, nonostante le circostanze. Di’ a tuo fratello di chiamarci, se identifica quel tizio sarà una passeggiata beccarlo”.

Osamu annuì “Sarà fatto” poi gli afferrò la mano e Daichi si trovò il suo volto a fianco del proprio, le labbra che gli solleticavano le orecchie “Sarebbe un peccato aspettare un’altra aggressione per rivedersi. A che ora stacchi, capitano?”

Daichi strinse le labbra, non avrebbe permesso a Osamu Miya di farlo arrossire la terza volta di fila. Sapeva giocare a quel gioco anche lui. Voltò appena il viso verso di lui, le bocche che quasi si toccavano “Farò tardi e mi devo alzare presto, questi giorni, ma venerdì ho la mattina libera, se riesci ad aspettare”.

Le labbra di Osamu si arricciarono in un sorriso soddisfatto “Ci vediamo venerdì, allora. Ti offro il pranzo”.

Fece per sfilare la mano, ma Daichi lo trattenne “Venerdì?” chiese ingenuamente “Ma io intendevo giovedì sera”.

Con soddisfazione vide le pupille, sotto quelle palpebre pesanti, sensuali, oh sì, così sensuali, farsi grandi e nere e le labbra schiudersi in un sospiro sorpreso.

“Giovedì, certo giovedì”.

E mentre Osamu si voltava per andarsene, Daichi fu certo di aver scorto un rossore sulle sue guance.
 
 

 
  
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