Anime & Manga > Yuukoku no Moriarty/Moriarty the Patriot
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Autore: Lacus Clyne    10/02/2023    2 recensioni
Dopo tre anni, Sherlock, il gran detective, è tornato. Ma tornare al 221B ha un significato molto più profondo. I ricordi, i desideri mai sopiti, qualcosa rimasto in sospeso. E, nella notte di Londra, accade qualcosa.
Post capitolo 76, in attesa della seconda parte del manga!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Irene Adler/James Bond, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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TUTTO IN UNA NOTTE

 

 

Parleremo di ciò che ci aspetta un’altra volta, Sherly.

Ok.

Erano state queste le parole che William e Sherlock, al termine della cena che aveva sancito il ritorno a casa di tutti i coinvolti e la scoperta di una nuova alleanza, si erano scambiati. Una promessa di un nuovo inizio, ora che la notizia di quello che i giornali avevano titolato “Il miracoloso ritorno di Sherlock Holmes” si era diffusa nell’arco di nemmeno quarantott’ore.

Sherlock, allora, aveva fatto ritorno al 221B di Baker Street, a sera inoltrata, al termine di giornate tanto ricche di eventi da non avergli ancora permesso di metabolizzare, del tutto, le implicazioni del suo ritorno.

Aveva messo piede nel suo appartamento in silenzio, dopo aver augurato la buona notte a una gongolante Miss Hudson. La sua espressione era inconfondibilmente quella di chi sarebbe stata volentieri in piedi per ascoltare qualcosa in più ma, per la prima volta in vita sua, Sherlock Holmes desiderava soltanto godersi qualche momento di tranquillità. E di tranquillità ne trovò, dato che lo stesso John non si era fermato lì. Gli venne fuori uno sbuffo sghembo: dopotutto, erano almeno tre anni che John si era sposato e dunque, era del tutto naturale che trascorresse la notte con sua moglie. In fondo, lui stesso gli aveva raccontato di utilizzare il loro vecchio appartamento come studio di scrittura. Una piccola parte della sua mente si chiese, non senza un pizzico di vanesia curiosità, quali sarebbero state le prossime opere venute fuori dalla penna di quell’autore che aveva raggiunto la celebrità. Arthur Conan Doyle oppure… ?

Lasciando andare quel pensiero, tolse il soprabito e lo lanciò sul divanetto che gli aveva fatto da letto per tanto tempo, poi allentò il nodo della cravatta e sbottonò il gilet, prima di dare un’occhiata in giro. Miss Hudson, e questo l’aveva sconvolto, aveva tenuto l’appartamento in ordine, pronto per il giorno in cui vi avesse fatto nuovamente ritorno. Sherlock passò la mano sullo schienale del divano, poi si avvicinò al suo violino, ciò che gli era mancato più di ogni altra cosa. Un tempo, senza curarsi del fastidio, si sarebbe messo a suonare anche a notte fonda. Ma in quel momento, non ne aveva voglia. Desiderava gustare fino all’ultimo quel riappropriarsi della normalità di quel luogo che per lui non significava semplicemente casa. Era qualcosa di più di un concetto così scontato. Era il luogo in cui aveva scelto di vivere, lontano dalla sua famiglia, dall’ostentato classismo di Mycroft. Era il luogo in cui poteva dare sfogo alla sconfinata sfrenatezza della sua mente geniale. Era il luogo in cui aveva conosciuto John, quell’uomo che era diventato il suo migliore amico e con cui, un tempo, aveva discusso di questioni quanto più lontane da ciò che lo rendeva “la più perfetta macchina pensante e ponderante”, come l’aveva descritto nei suoi libri. A pensarci, proprio quelle questioni gli erano ironicamente servite per comunicare di esser sopravvissuto, senza destare sospetti. E quel luogo era quello che aveva praticamente fatto saltare in aria per proteggere Irene Adler.

Prese posto allo scrittoio, anch’esso rimasto tale e quale a come l’aveva lasciato. Nella parte più interna di un cassetto, posto che soltanto lui conosceva, vi era la fotografia che Irene gli aveva lasciato la notte in cui si erano congedati. Era ancora piegata in due. Lo sguardò si posò sul re di Boemia, che lei stessa si era finta una volta. Un sorriso gli spuntò inaspettatamente sul volto. Quella donna che ne sapeva una più del diavolo. La donna che voleva cambiare il mondo. Voltò la fotografia e incontrò il viso più bello che mai avesse visto. John aveva scritto di lei che aveva il volto più bello tra quello di tutte le donne e la mente più acuta di quella di tutti gli uomini. Come dargli torto? Anche lei, come lui, era stata data per morta. Eppure, non smetteva mai di sorprenderlo.

Posò la fotografia e accese una sigaretta. Una di quelle che gli era caduta di bocca nel vederla, con indosso un abito azzurro, incantevole come la ricordava. Soltanto due giorni prima, si era presentato presso la Universal Export, sotto mentite spoglie, smascherando l’inganno di James. Non gli era sfuggito il suo sguardo quando si era rivelato nella sua vera identità. E, per quella sua insanabile voglia di sfida, si era rimesso in pari: se Irene Adler gli aveva augurato la buona notte come James Bond, lui le aveva augurato il nascere di un nuovo giorno, un nuovo inizio come se stesso, tornando a casa. Ma aveva commesso ancora una volta l’errore di sottovalutarla e così, Irene era comparsa davanti ai suoi occhi, così come la ricordava: i biondi capelli intrecciati, lo sguardo vivace, il rouge scarlatto sulle labbra e i gioielli delicati… e quel vestito azzurro che esaltava la sua bellezza. Non era stato soltanto un battito a saltargli. Lui era Sherlock Holmes e non era interessato alle donne. Ma quella donna era la donna. Lei soltanto era in grado di stravolgergli i pensieri, più di quanto potesse credere ragionevolmente possibile.

Mentre faceva un tiro, si ritrovò a guardarsi la mano sinistra, che aveva inavvertitamente teso verso di lei, mentre lei stessa era stretta al suo braccio. Giocò con le dita, immaginando di toccare le ciocche intrecciate. Certo, indossava una parrucca, ma tutto il resto era assolutamente concreto e reale. Il suo sguardo basso che fissava la strada davanti a sé. Sherlock si era chiesto quali pensieri stessero attraversando la sua mente. I soli che non era in grado di decifrare, nonostante gli anni fossero trascorsi. Voleva conoscerli. Sapere se le era mancato. Le sue labbra carnose, chiuse nel silenzio dopo avergli chiesto, in un sussurro soltanto, di poter stare per un po’ accanto a lui. Si era chiesto, per la prima volta in tutta la sua esistenza, come sarebbe stato catturare quelle labbra in un bacio. E quel pensiero l’aveva sconvolto tanto quanto il sentire le curve di Irene strette al suo braccio. Una macchina pensante e ponderante che aborriva l’amore… che ne conosceva il significato su base chimica, certo, ma da lì a sperimentare… eppure, si era teso verso di lei prima ancora che la sua razionalità potesse prendere il sopravvento. Ma Irene si era voltata, infine, riportando tutto a una più neutra conclusione. Il fumo della sigaretta aleggiò davanti a lui, poi tornò a guardare la fotografia.

“Siamo vivi… alla fine, siamo tutti vivi.”

Sorridendo, rimise al sicuro quel dono prezioso e spense la sigaretta, prima di rialzarsi e raggiungere la finestra più lontana. La fumosa notte di Londra, quanto gli era mancata? Portò la mano sul cuore, poi le sollevò entrambe, sciogliendo i capelli d’ebano che gli ricaddero, lunghi e morbidi, sulle spalle. Non era ancora certo se tagliargli o meno. Dopotutto, gli erano serviti per celare la sua identità in quegli anni ed ora che era ufficialmente tornato, non ne aveva più bisogno. Guardò in lontananza il tagliacarte, ma sentì la stanchezza prendere il sopravvento. Volse gli occhi al divanetto, poi vi si gettò senza troppi problemi. Era scomodo, come sempre, ma familiare. Portò un braccio dietro la testa e sollevò l’altro. Non sapeva ancora cosa aspettarsi, ma certamente, qualcosa era cambiato. Lui era cambiato in quei tre anni. Sacrificio, abnegazione, lontananza, amicizia, relazioni… ora tutto aveva un significato più profondo.

Provò a chiudere gli occhi, ma non riuscì a trovare conforto, nonostante fosse letteralmente esausto. E, sapeva, che nemmeno una striscia di cocaina gli sarebbe stata d’aiuto. Sentiva che qualcosa ancora gli mancava. Era inutile: Sherlock Holmes non poteva riposare senza risposte. Quella, in particolare, era rimasta a mezz’aria.

Si rialzò e infilò il soprabito nero. L’orologio non segnava ancora la mezzanotte. Si affrettò ad aprire la porta dell’appartamento, sgranando gli occhi non appena si ritrovò davanti la figura avvolta in un mantello che, alla sola luce della luna, appariva del colore della notte. Si rese conto, in pochi, ma interminabili istanti, di chi fosse, ricordando che le chiavi del 221B erano ancora in suo possesso. Soltanto, non si aspettava un tale tempismo. Ma d’altronde, era sempre un passo avanti a lui.

“Pensavo che la notte di Cenerentola avesse avuto termine dopo Kensington, Mr. Bond” disse, con tono sinceramente allettato.

James… Irene, sollevò il viso, lasciando cadere il mantello. Indossava l’abito che avevano acquistato insieme, lo stesso con cui si era gettata nel Tamigi dando prova di straordinaria audacia, per salvare una ragazzina. Quel giorno, la sua determinazione l’aveva impressionato. Intelligenza e bellezza, un connubio raro, di quei tempi. Eppure, in quel momento c’era qualcosa di diverso: delle sue lunghe onde biondo miele, non rimanevano altro che quegli sbarazzini capelli corti.

“Non è ancora mezzanotte. E tu vai via troppo presto.”

Già. L’aveva fatto al Kensington, lasciando ogni cosa nelle mani di Mycroft, per ricongiungersi a William, perché questi potesse, a sua volta, raggiungere e salvare da se stesso il suo amato fratello maggiore, chiuso nella Torre di Londra. L’aveva fatto poco prima, al termine di una cena piena di colpi di scena.

Ma in quel momento, non c’era alcun bisogno di scappar via. Nessun compagno di squadra da accogliere, nessun altro annuncio da dare… soltanto quell’incipiente bisogno di avere risposte dalla sola persona la cui imprevedibilità era fonte di eterna ammirazione ed eterno arrovellamento. E quella stessa persona, di fronte a lui, nel silenzio di una notte al primo quarto di luna, sembrava incerta.

“Ire--  

Si sentì abbracciare, senza che potesse in alcun modo reagire. L’inaspettata forza lo fece indietreggiare di qualche passo. Sherlock inspirò quel profumo che sapeva di rose e concesse a se stesso di chiudere gli occhi mentre chiudeva la porta alle spalle di Irene, per poi, finalmente, ritrovare quel contatto che era rimasto in sospeso. Cosa rimaneva di quell’uomo che aveva fatto della razionalità assoluta la sua fede? Forse avrebbe avuto bisogno di vent’anni ancora per capirlo… in quel momento, tutto ciò che capiva era il fremito adrenalinico sulle sue mani, voraci, tra i capelli di Irene. Le sollevò il viso, pensando tra sé e sé che nessuna donna poteva eguagliarla. E quel viso gli restituiva l’espressione della gioia, velata da lacrime di commozione. Quel suo sopracciglio sinistro birichino non si inarcava mentre gli confessava di aver bisogno di sentire che non si trattava di un sogno ma che, era davvero lui. Sgranò gli occhi, Sherlock, nel rendersi conto di star provando lo stesso, salvo realizzare che, vivi per quanto fossero, la magia di Cenerentola sarebbe davvero durata soltanto per quella notte… del resto, il suo ritorno aveva eclissato persino la presenza di una rediviva Irene Adler al suo fianco. Eppure, lei era lì, viva… per una notte.

Il palmo della sua mano scese sulla guancia di Irene e col pollice ne percorse i contorni. Era dimagrita in quegli anni. Poi, quando sentì la mano di lei sulla sua e la vide accomodare il viso socchiudendo gli occhi imperlati, si tese appena in avanti e le sue labbra furono prima sulla sua fronte, provocandole un sussulto. Ne baciò con gentilezza uno zigomo, poi la punta del naso delicato, poi… Irene riaprì gli occhi: il blu di una notte tempestosa si rifletté nel cielo primaverile degli occhi di lei.

“Oh, Sherlock…”

Sorrise, nel sentire il suo nome pronunciato in un fiato.

Aveva desiderato catturarne le labbra in un bacio. Dare sfogo a un desiderio… lui che conosceva i meccanismi della passione, ma che non l’aveva mai vissuta se non in altre sfumature. L’orologio al piano inferiore prese a scoccare i rintocchi della mezzanotte. Sherlock ne tenne conto, fino a che non arrivò l’ultimo.

“Non ho mai creduto nella magia… ma se questa dovesse per caso esistere, allora… non desidererei altro che rimanere così per sempre.”

Toccò a Irene sgranare gli occhi alle sole parole che mai avrebbe creduto di sentir pronunciare da lui. E il suo cuore saltò non un battito, ma solo il primo di tanti, quando le labbra di Sherlock le impedirono di pronunciare qualunque risposta… sempre ammesso che ve ne fossero.

***

Il mattino colse Sherlock preda di un languore che mai, nella sua vita, aveva provato. Quasi più delizioso del risolvere un caso. Certamente, fisicamente più impegnativo ma, inaspettatamente alquanto piacevole. Riaprì gli occhi pigramente, mentre la luce giungeva dalla finestra retrostante il letto. Sollevò il braccio nudo, osservando la mano sinistra, prima di richiuderla e osservare il monotono soffitto. Riconobbe, tra gli odori della notte, la traccia del profumo di rose di Irene, prima di fissare lo sguardo su un dettaglio luminoso. Il fermacravatta con una pietra azzurra posato sul cuscino, accanto a lui. L’azzurro dei suoi occhi. Quegli occhi che gli avevano regalato sguardi che avrebbe portato impressi per sempre… impossibili da dimenticare, neanche se avesse voluto. Raccolse il fermacravatta, rigirandolo tra le dita.

“Una scarpetta alquanto non convenzionale… per una Cenerentola che lo è altrettanto.”

Sherlock agitò quel prezioso gioiellino, poco prima di sentirsi chiamare a gran voce dal piano inferiore. Quale spiegazione avrebbe dovuto inventare con Miss Hudson alla quale, evidentemente, l’affascinante Bond aveva lasciato un qualche pensiero? Si voltò a guardare fuori dalla finestra alle sue spalle. Il mattino di Londra era già iniziato e presto, sarebbero sorti anche nuovi casi su cui indagare.

Ma Sherlock Holmes ormai, non era più soltanto un uomo che risolveva misteri.

 

 

 

 

 

 

NdA:

Eccomi con questa seconda storia (non credevo che ci sarei mai riuscita) che, in un certo senso, si ricollega a Cuore di Donna, ma come completamento, in qualche modo, perché desideravo davvero inserire un PoV su Sherlock che, ultimamente, è il vero mistero da risolvere… Niente, come per l’altra, spero di sentire qualche fan della Adlock… mi sento davvero sola! ç_ç

 

 

  
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