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Autore: Brume    12/02/2023    2 recensioni
Alain prova, per la prima volta nella sua vita, cosa significhi la parola 'amare'. Ha occhi coloro nocciola, quasi d' oro, ed è bella, tanto bella, da sconvolgerli l' anima...
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Febbraio 1788

La sera stava scendendo.

In città, chiunque avesse una abitazione  un luogo da definire tale - fosse anche uno scantinato dove potere allungare le gambe e bersi un bicchiere di vino scadente in santa pace – si era oramai rintanato da tempo; luci fioche, giallastre, andavano accendendosi qui e là, una ad una, illuminando palazzi fino a poco prima grigiastri, come il cielo di quei giorni. Da una finestra ancora buia Alain osservava , una tazza di vino speziato tra le mani , la vita al di là del vetro punteggiato da gocce di pioggia.
Sto invecchiandouna volta avrei…avrei spaccato il mondo!  pensò sorridendo,  bevendo un goccio del caldo vino speziato; considerazione, questa, dettata dal fatto che dopo aver passato una intera giornata di licenza a bighellonare per la città si sentiva stanco, fisicamente, mentalmente: eppure non aveva che ventotto anni, un’ età di tutto rispetto  per essere nato in una famiglia povera anche se di ricchi natali dove i bambini a stento raggiungevano i cinque, forse sei anni di vita…
Il punto…il punto era che lui, da tempo, era stanco.

No, non era il lavoro, né le condizioni di vita all’ interno della caserma o le tensioni che potevano esserci; era stanco di stare solo, di rientrare in una casa dal focolare sempre spento ed il silenzio a farla da padrone. Ma, del resto, cosa avrebbe potuto fare? Non erano, quelle, cose che si potevano decidere a priori o risolvere nel giro di poco tempo. E poi lui, lui!, da sempre libero come il vento di posarsi su qualsiasi fiore, sempre con rispetto e senza mai prendere in giro donzella alcuna…no, non sono tipo che si accasa; io, Alain de Soisson, uomo, pensatore, amante libero e senza costrizioni di sorta…

“…a chi la vuoi ancora raccontare, questa storia, Alain?” si trovò a dire interrompendo il fiume di pensieri, posando la tazza  vuota sul piano del piccolo buffet alla sua destra.

Stupito della propria e istintiva affermazione, voce inaspettata arrivata dai recessi dell’ anima più profonda, si discostò dalla finestra raggiungendo il giaciglio dalla parte opposta della stanza, dove si sedette; li, il corpo molle e stanco e l’ animo oramai smosso non trovarono però, la sperata pace, anzi…

“Adrienne….”

Si era sforzato di non pensarci, di non ricordare gli occhi nocciola, quasi d’ oro della ragazza che una sera di circa  quattro mesi prima aveva conosciuto alla Maison des Chantants , la Maison di Madame Duranton – Bonnet, ex cantante di infima categoria ma con grande senso per gli affari; si era sforzato, ma non era riuscito, affatto, a dimenticarla…
“Adrienne, che magia hai fatto su di me?” ripeté, come una cantilena, più di una volta, riflettendo che quella donna gli era entrata nel sangue… No, non posso, non devo. Che ne sarà di me? Non voglio finire a fare da servo ad una donna ed ai suoi marmocchi, ritrovandomi tutte le sere a discutere sul prezzo del pane, a riprende l’uno e l’ altro perché hanno combinato dei guai, a….

“Ma che diavolo stai dicendo, Alain?” disse, per fermare i pensieri; si alzò financo in piedi, come se servisse a qualcosa, iniziò a camminare avanti e indietro per quello spazio angusto, ma nulla, proprio niente cancellò dalla mente i pensieri, niente riuscì a fermare il cuore che aveva iniziato a battere
all’ impazzata. Alain era quasi spaventato dalla portata di quelle emozioni, di quelle sensazioni.
Tornò allora a sedersi.
Le mani raccolte, le braccia stese ciondolanti davanti a sé, fissò la finestra dalla quale poco prima  aveva osservato le luci giocare. Le stesse luci che appartenevano – almeno una, quella in alto a destra – alla stanza della donna, al suo luogo di lavoro…

“Adrienne…”. Ancora, ancora lei. Ancora il suo nome, ancora il suo nome a togliergli il fiato!

Non posso, non devo…io non sono una donnicciola, non ho bisogno di nessuno…!  Ancora una scusa, ancora la paura…si rese conto che  Adrienne non era esattamente un  ‘nessuno’:  minuta, esile, i capelli raccolti in una semplice e modesta acconciatura, la pelle diafana, gli occhi - oh, dio, e che occhi!-  lei…Lei non era nata per stare li, alla mercè di turpi individui che spesso portavano il De come suffisso e che ne disponevano a seconda delle voglie.

Lei era…un angelo, un angelo!

Alain tornò alla finestra.
Pensò che l’ indomani sarebbe dovuto tornare in caserma, avrebbe rivisto André, il suo migliore amico, avrebbe rivisto lei, Oscar, che più di una volta aveva smosso a sua volta animi e visceri…
Però, tutto, all’ improvviso, sembrò non importargli.In quel momento voleva capire solo cosa stesse provando e, si, se davvero anche lui era cascato nella rete che di tanto in tanto Cupido lanciava, per un suo gioco sadico.

Voleva capire…

Ma cosa c’è da capire, nell’ amore? ‘Amore’?Questa parola…questa parola raramente è uscita dalle mie labbra?


Inquieto, rimase ad osservare la finestra finché il buio non scese a coprire ogni cosa ed il portone della Maison iniziò ad essere luogo di ritrovo di chi, sicuro o titubante, aveva deciso per quella sera di dimenticare magagne o semplicemente dare sfogo ad un corpo da troppo tempo senza una femmina; e non si accorse, Alain, che ad ogni sguardo, ad ogni persona, le proprie mani si stringevano in un pugno sempre più forte, quasi impossibile da sciogliere.
Quando lo fece, ogni pensiero venne cancellato dalla sua mente e si ritrovò a scendere la scale di tutta fretta, senza nemmeno una giacca posata sulle spalle per il freddo e per decenza….




“Madame, devo vedere Adrienne” aveva detto  con voce sicura davanti alla signora di mezza età, abbigliata come si usava forse una trentina di anni prima, il viso talmente truccato da sembrare   una maschera. Lei lo aveva squadrato da cima a fondo.
“Mi spiace, Alain, ma così vestito non puoi entrare” aveva risposto, infine.
Nel salone non vi era nessuno se non qualche fanciulla in attesa… chi , chi mai avrebbe dovuto sconvolgersi per una camicia slacciata ed un fazzoletto rosso al collo?

Alain fissò la donna.

“Veramente volete impedirmi l’ accesso solo perché non indosso una giacca? Siete così ricca da potervi permettere di perdere un cliente?” disse: Madame sbuffò, ma poi si fece da parte.
“E’ nella sua solita stanza. Fa alla svelta, Alain, che Adrienne stasera è destinata ad un  uomo molto importante, non posso permettermi di perdere questo affare….”

Un affare? Adrienne, un affare?

Lui sapeva benissimo come girava il mondo, tuttavia, sentir parlare così di lei…
Alain attraversò il salone e prese subito le scale che portavano verso la mansarda.
La porta era chiusa.

“Adrienne, sono io, Alain!” disse bussando, sperando che la donna aprisse “ sono qui…sono qui per te…!”

La ragazza non si era fatta attendere; dopo alcuni istanti aveva aperto, coperta solo una vestaglia trasparente. Non appena vide Alain cercò di coprirsi.

“Io…io…stavo iniziando a lavorare, mi stavo preparando” disse, quasi una scusa, quasi ce ne fosse bisogno. Era tutto così surreale…
Alain domandò se poteva entrare.
“Aspetta, cerco qualcosa con cui coprirmi…” rispose lei afferrando una vestaglia più pesante “ vieni, entra, Alain…ma…come mai, come mai sei qui?”

Lui la guardò con infinita dolcezza.

L’ atteggiamento di Adrienne, i suoi occhi lucidi…forse rappresentavano una speranza?
Le gambe inaspettatamente molli, una improvvisa felicità mista a timore, il fiato corto…Alain prese forza, rispose.

“Non potevo più aspettare, perdonami. Non so cosa mi prenda, non ridere di me…ma io non…non riesco a pensarti altre braccia se non le mie…”

Adrienne – a cui il mondo non andava di certo spiegato – rispose allo sguardo dell’ uomo con altrettanta dolcezza, tuttavia, all’ improvviso…rise. Sguaiatamente, improvvisamente…rise.

“Alain, sai benissimo che non è possibile, non sono donna per te, io…”  si sentì dire l’ uomo con una voce dura, tagliente come il filo di un’ ascia che ma aveva ascoltato “ non capisco…non capisco perché tu sia arrivato fino a qui per dirmi questo…”

Lui pensò fosse tutto frutto di uno scherzo.

Ma come: la tua espressione, i tuoi occhi… il tuo modo di fare…tutto mi lascia pensare ad una cosa e poi…tu mi uccidi così?
Uccidi
‘ si: utilizzò esattamente tale parola perché tanto era il dolore che poteva essere paragonato solo a quello di una ferita…

“Adrienne, io credevo che… “

Lo sguardo della donna divenne di ghiaccio, cambiò radicalmente espressione; altro che angelo: il viso divenne duro, spigoloso.
Lei voltò le spalle all’ uomo.

“Vai via, Alain. Tu non puoi capire questo mondo, non puoi capire cosa si provi. Devo mantenere due genitori anziani, mia sorella non può fare tutto da sola, lei già li ha in casa…non posso perdermi in simili faccende…” disse.

Eppure la tua voce non trasmette la stessa cosa delle tue parole, Adrienne, la tua voce…ti sta tradendo…che posso fare per te, per farti cambiare idea?
Alain rimase basito, incerto sul da farsi. L’orgoglio, in ogni caso, incerto non fu: parole uscirono dalle sue labbra senza che nemmeno se ne accorgesse:

Adrienne, è la tua ultima parola?    domandò.
La ragazza nemmeno si voltò e Alain, che stupido non lo era affatto, uscì dalla stanza e da quella casa con passo spedito, sotto lo sguardo attonito della tenutaria che in quel momento si stava dando il belletto; attraversò la strada, risalì in casa e giurò a sé stesso che mai e poi mai avrebbe ripetuto lo stesso errore.




Febbraio 1790

Qualche anno più tardi, più o meno nello stesso periodo, Alain decise che la sua vita a Parigi era arrivata al capolinea: dopo i fatti di luglio non aveva più senso restare in una città che nonostante discorsi altisonanti e facce nuove non aveva intenzione di cambiare e dove le persone preposte al cambiamento non facevano altro che litigare… così, nel giro di una settimana, raccolti i pochi averi e recuperato un mulo decrepito e un carretto nelle stesse condizioni, iniziò a svuotare la mansarda. Senza nemmeno sapere dove andare, decise di vendere tutto ciò che non fosse essenziale ed una delle mattine seguenti, nonostante il freddo, caricò tutto sulle assi malandate ed in equilibrio precario recandosi poi  dove sapeva vi fosse una sorta di mercato e…gli andò bene: nel giro di due ore riuscì a vendere tutto  regalando la rimanenza , più che altro vecchie stoffe e alcune coperte,  alle monache che andavano questuando pro bono publico dunque, intorno a mezzogiorno, senza indugiare , uscì dal faubourg o almeno ci provò. Una voce conosciuta, triste, infatti lo chiamò a gran voce.

“Alain! Alain!”

Era una donna, coperta di stracci, un bimbo piccolo tra le braccia.

L’ uomo fermò il mulo e guardò la figura alla sua destra, seduta sulla pietra fredda.

“Ci conosciamo?” domandò lui. Generalmente non badava a tutti i poveri e gli straccioni che incrociavano il suo cammino, ma quella voce…l’ aver sentito il suo nome…

La figura annuì.

Alain osservò con più attenzione e, quando capì chi poteva essere la persona davanti a sé, il fiato gli venne quasi a mancare.
“Sei tu, Adrienne?”

Alain si abbassò per poterla vedere, per poter vedere il fagotto che teneva stretta a sé.
La donna, forse vergognandosi di mostrarsi in quelle condizioni, abbassò lo sguardo.
Alain non l’ aveva mai dimenticata; non aveva dimenticato che quel giorno, alla Bastiglia, si era più volte rivolto a Dio affinché lo salvasse e salvasse le persone a lui care, compresa la donna che nonostante tutto sentiva di amare da tempo.

 Si avvicinò, con una mano le accarezzò il viso, bruciato dal freddo.
“Che ci fai qui?” le domandò pur avendo paura di una risposta.
“Non ho più una casa, non mangio da giorni; oggi c’è il mercato e… e volevo cercare una famiglia per mio figlio. Se resterà con me, rischierebbe di morire…”

L’ uomo sentì gelarsi il sangue.

Istintivamente, prese tra le braccia il piccolo; lui, che nemmeno sapeva come fare, lo prese e lo strinse a sé; poi, con molta attenzione, aiutò anche lei ad alzarsi.

“Che fai, Alain? “ domandò Adrienne, sconvolta.

“Ti porto via…con me!” rispose, lui, mai così sicuro…

La donna lo fissò, ferma, incerta sulle gambe.

“Dopo quello che ti ho fatto? Dopo che ti ho trattato così male?’”

Alain aiutò Adrienne a salire sul carretto dopo di che le affidò il piccolo e risalì a sua volta sul mezzo.
“C’è stato un tempo in cui ti ho odiato, Adrienne, ti ho davvero odiato, o almeno così pensavo; tuttavia, con il tempo mi sono reso conto che non era odio, anzi…era rabbia, una rabbia forte, perché sei stata la prima persona a farmi battere il cuore, ero confuso, quando ho trovato coraggio di parlarti mi hai cacciato, con una scusa… ma non sai quanto ti ho pensata, quanto ho pregato per rivederti?”

Buttò fuori tutto, Alain, furono parole confuse ma sincere, senza filtri, quelle pronunciate davanti a lei. Sul volto di Adrienne , che iniziava solo allora a realizzare, iniziarono a scendere lacrime.

“Alain, Alain! Si, ho usato una scusa…all’ inizio pensavo fosse la cosa migliore da fare; ma non potevo obbligarti a sobbarcarti del mio peso e di quello della mia famiglia; sembrava davvero l’ unica cosa sensata da fare. Ma anche io…anche io ti ho sempre voluto bene. Ho davvero fatto fatica a lasciarti andare… “

L’ uomo prese per mano la donna e rivolse un tenero sguardo al bambino.

“ …e lui? Come si chiama?” chiese.
Adrienne abbozzò un sorriso.
“Denis…ha otto mesi” rispose.

Alain non domandò oltre, nel caso sarebbe stata lei a parlargliene; ma si tolse la giacca e coprì la donna, infine, mosse le redini ed il mulo ricominciò a camminare.

“Ascolta, Adrienne: il destino ci sta dando una seconda possibilità. Ci vogliamo bene, potremo anche avere una vita felice, insieme; naturalmente a nessuno è dato saperlo. Tuttavia, non per questo io demordo: se vuoi, se mi accetterai nella tua, nella vostra vita, io sarò felice. Accoglierò te e tuo figlio nella casa che prima o poi troverò, lontano da qui, lontano da tutti. Che ne dici?” domandò.
Adrienne appoggiò la testa sulla spalla dell’uomo.

“Sei sicuro?”  domandò lei.
“Si” rispose Adrienne.


Alain guardò davanti a sé la strada e le case che andavano man mano diradandosi; sorrise, liberò una mano dalle redini e abbracciò la donna.

“Andiamo, allora…” disse.
Adrienne continuò a piangere, il cuore leggero.  
Era reale ciò che le stava succedendo?
Osservò Alain, lo sguardo fisso, una espressione rilassata sul volto e pensò si al loro passato, ma anche al futuro che li attendeva; entrambi, anche se non potevano saperlo, avevano il cuore leggero ma , soprattutto, erano tornati a sperare in un mondo migliore. 
   
 
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