A Bruno Carani che con eroico slancio sacrificò la sua giovane vita. Il padre inconsolabile.
Dietro il foglio, si allunga un ramo di palma dal fogliame fitto e lanceolato, su cui spiccano le nervature. Sul basamento, è appoggiato un vaso di ceramica lucida, colmo d’acqua pulita, in cui risaltano gigli e orchidee bianchi e rossi, circondati da viole, anemoni e soffioni. Un mezzo sorriso solleva le labbra della suora. I gigli e le orchidee sono un dono di Guido, mentre gli altri fiori sono stati portati da sua figlia. Non c’è nessuna armonia in quel mazzo, eppure le sembra meraviglioso. Anna ha cercato di donare al suo sfortunato fratello maggiore i fiori per lei più belli. Gli ha voluto bene, anche se lo ha conosciuto per troppo poco tempo. E anche Guido non ha mai dimenticato il suo primo, sventurato figlio. Con calma, posa le margherite nel vaso. Guido, quando verrà al cimitero, troverà quei fiori, ma non si arrabbierà. Il suo cuore, per quanto provato, non ha perduto la sua gentilezza. Anzi, vedrà in quella strana, estemporanea composizione floreale un omaggio alla memoria del loro figlio perduto. Forse, cercherà un’esile speranza di riannodare un legame spezzato.
Ma non gliene può fare una colpa. Il loro amore si è concluso, ma restano i genitori di Bruno. Giunge le mani e mormora una preghiera. Bruno, dal Paradiso, osserva le loro vite. E il suo animo puro può avvertire le emozioni da loro provate. Potrà anche aiutare entrambi a sopportare questo peso crudele e a proseguire con le loro vite? Poco dopo, si alza, lancia un ultimo, fuggevole sguardo alla tomba e si allontana dal cimitero.