Some kind of Poison Prince,            Un Principe velenoso

With your eyes in a daze                 con gli occhi disorientati.

Some kind of Poison Prince,           Un Principe velenoso,

Your life is like a maze                   la tua vita è un groviglio

(Poison Prince, Amy McDonald)        (Poison Prince, Amy McDonald)

SERPENSORTIA

Era stato così felice, quando Severus lo aveva preso bruscamente per la collottola e spinto sulla pedana.

Certo, non era stato granché maestoso o solenne sbatterlo così sul palcoscenico. 

Ma era stato emozionante comunque.

Un po’ come essere scelto quale campione di Serpeverde. 
Un po'.

E lui si era impegnato.

Ce l’aveva messa tutta, in quel duello.
Aveva nascosto agitazione e paura in una smorfia beffarda, in quel “Paura, Potter?" che sperava nessuno capisse che la paura di cui parlava era la sua.

“Ti piacerebbe” gli aveva risposto quell’arrogante.

Eccome se mi piacerebbe. Mi sarebbe piaciuto anche diventare tuo amico. E invece mi hai umiliato davanti a tutti. Rifiutando quella mano tesa, che ancora mi brucia. Che non so se mio padre avrebbe fatto la smorfia peggiore per me che la tendevo o per il rifiuto che ho ottenuto. E adesso, sì, mi piacerebbe tu avessi paura. Tu, cocco di tutti. Mi piacerebbe se tu conoscessi la paura che conosco io. Quella di non essere all’altezza del mio altissimo, bellissimo, elegantissimo, sicurissimo, potentissimo papà.

Ce l’aveva messa tutta, facendo quello che, ne era certo, suo padre avrebbe fatto al posto suo, quello che suo padre avrebbe voluto che lui facesse, al posto suo.

La sua posizione di apertura era impeccabile, degna dei migliori duelli di zia Bella.

E mentre quello stupido Potter gli aveva diretto contro degli stupidi expelliarmus, seguendo senza fantasia le due mosse, attacco e difesa, che aveva appena insegnato Allock, lui aveva osato, di testa sua, un serpensortia. 

Che nessuno a scuola gli aveva mai insegnato, che non era nel programma del secondo anno. 

Che lui aveva provato e riprovato mille volte, a casa, sperando di poterlo sfoggiare un giorno, di poter impressionare quel suo papà che lo guardava sempre come se non si aspettasse poi troppo, da lui.

Aveva evocato un serpente perfetto. 

Lo sapeva. 

Che neanche quella Granger.

 

Quando lo aveva visto rizzarsi per mordere, sulla pedana, avrebbe voluto piangere di felicità. 

Mica roba da bambini del secondo anno, che non sapevano trasfigurare un grillo in un ditale da cucito.
 

Lui aveva evocato un rettile, dal nulla, senza trasfigurarlo. 

Chi altro avrebbe saputo fare qualcosa del genere, alla sua età, al primo duello? 

Draco Malfoy, signore e signori.

Draco Malfoy, papà.

Sì, avrebbe voluto piangere, dall’emozione di esserci riuscito, di aver fatto qualcosa di migliore di quello stupido Potter che tutti idolatravano anche solo per il fatto che respirava.

Sì, avrebbe voluto piangere perché avrebbe voluto che ci fosse suo papà, a vederlo, a sorridere soddisfatto, a posare il bastone che gli teneva sempre impegnate le mani al punto da non avere mai spazio per una carezza per lui, e applaudire.

Guarda il mio incantesimo, papà.

Guardami.

Avrei voluto che mi guardassi, papà.

Lo so, lui ha parlato serpentese.

E con quel sibilo si è preso le attenzioni, le luci, tutto.

E nessuno mi ha più detto niente del mio serpensortia.

Ma io avevo evocato un serpente, perfetto.

E avrei voluto che tu fossi stato lì a vedere.

A posare quel bastone e ad applaudirmi, papà.

FINITE